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Gay & Bisex

Storia di K - 4


di Holling
19.01.2012    |    11.168    |    1 9.9
"Non vorresti riuscire a metterlo dentro? Dentro di me, anche» «Tu me lo faresti fare?» K esitò appena un attimo..."
K e Claudio erano seduti su una panchina, nei giardini a metà strada tra la scuola e la loro casa. Erano usciti alle 11,30, due ore prima del solito, per l’inizio delle vacanze pasquali. L’inverno era passato tra giochi, esplorazioni, scoperte, esperienze, toccate furtive, confidenze sottovoce, strofinamenti sfrenati. Altre volte K era riuscito ad entrare dentro Claudio. Una volta gli sembrò che fosse entrato quasi del tutto. Aveva goduto più intensamente e qualche sera, ripensandoci, si metteva il cuscino tra le gambe.
Quella mattina d’aprile era tiepida, col sole. I due ragazzi chiacchieravano della scuola, dei compagni. Poi, a bruciapelo, Claudio chiese:
«Tu lo avevi già fatto, vero?»
K annuì: «Con un mio cugino» rispose. Ormai tra loro non c’erano più esitazioni, ritrosie, imbarazzi. Tutta roba inutile, spazzata via dai loro giochi.
«E racconta, dài», incitò Claudio.
«Beh, questo mio cugino si chiama Paolo. Una volta me lo ha fatto vedere»
«Com’era?»
«Era grosso, più del tuo e del mio. E anche più lungo. Non tanto, però. E intorno gli stavano crescendo i peli. Ce lo aveva più grosso perché lui è più grande. Ha 14 anni»
«Ah, ecco perché. E te lo ha fatto toccare?»
«Sì, l’ho toccato. Non era liscio come il tuo. Io glielo tenevo in mano, e lui si muoveva. Però anche lui me lo ha preso in mano. Poi me lo ha appoggiato dietro, in piedi, proprio sul buco»
«Come, appoggiato?»
«Appoggiato. Lo fai anche tu con me, no? Me lo appoggi in mezzo, e ti strofini.. E anche io lo faccio con te, quando non te lo metto dentro»
«Ma come, non ha voluto infilartelo?»
«No, sono stato io che non ho voluto»
La sorpresa di Claudio: «Non hai voluto tu? Ma perché, avevi paura?»
«Paura, no. Ma non mi piaceva che fosse più grande di me. Non mi piace quando uno è più grande. Non voglio essere messo sotto»
Claudio ci pensò su. «Io sì», disse poi.
«Che cosa?»
«Mi piace stare sopra, però anche sotto»
«Ma sei stato solo sotto a me, o anche sotto qualcun altro? Io l’ho capito, che anche tu l’avevi già fatto»
«Sì. Questa estate»
«E con chi?»
«Col figlio dell’albergatore dove stavamo in vacanza»
«E col figlio dell’albergatore stavi sotto?»
«Sotto, sì. Me lo voleva infilare, e io glielo ho fatto fare. Me lo ha infilato tutto. Anche lui era più grande, 15 anni, e perciò ce l’aveva lungo. Anche grosso, all’inizio mi ha fatto male. Poco, però: e mi piaceva anche quel po’ di male. Sapeva un sacco di cose, e le faceva. A me non importava che fosse più grande. Anzi mi piaceva»
«Ma quali cose faceva?»
«La prima volta stavamo nella cabina, al mare. Ha steso un asciugamano sul pavimento, mi ha fatto tirare sul petto le ginocchia mentre stavo a pancia in su, come facciamo anche noi. E’ lui che me lo ha insegnato. Mi ha spalmato sul buco un po’ di crema doposole. Poi me lo ha infilato. Lo sentivo entrare piano piano, una piccola spinta alla volta, mentre io mi allargavo. Poi lo tirava fuori quasi tutto, e lo rimetteva dentro fino in fondo con una spinta sola»
«Ti piaceva?»
«Sai quando mi piaceva di più? Quando lo tirava fuori piano prima di spingerlo di nuovo dentro. Più lo sfilava piano e più mi piaceva. Alla fine mi è venuto dentro. Te l’ho detto, mi piace essere preso»
«Ti ha mai fatto stare sopra?»
«No»
«Ma allora tu non sei mai venuto»
«Invece sì. Quando me lo infilava, alla fine venivo anche io»
«Perchè ti toccavi mentre lui ti faceva, o ti toccava lui?»
«Ma no. Io stavo sotto, a pancia in sù, con le ginocchia tirate sul petto. E lui sopra di me. Era steso, capisci? Col suo pisello dentro, ma steso su di me, pancia contro pancia. Così il mio pisello era stretto fra me e lui, e quando si muoveva mi faceva godere. Era bellissimo venire col suo pisello dentro di me. Un’altra volta mi ha fatto stare in piedi, appoggiato con la schiena alla parete della cabina, e lui stava contro di me in modo che i piselli si strusciassero tra loro»
«Ma quante volte lo avete fatto?»
«Ogni volta che potevamo. Lui preferiva farmi stendere, e salirmi sopra. Ma succedeva anche in modi diversi. Per esempio, mi faceva venire quando tornavamo a casa in bicicletta»
«Come, in bicicletta?»
«Sì. Si passava lungo un prato, con molti cespugli di oleandri lungo la strada. Fermavamo le bici, andavamo dietro un cespuglio, lui mi sbottonava e mi faveva venire con la mano. Però mi piaceva di più venire quando mi prendeva, in cabina»
«Ma lì tu stavi sempre sotto. Non vorresti riuscire a metterlo dentro? Dentro di me, anche»
«Tu me lo faresti fare?»
K esitò appena un attimo. «Sì – rispose – te lo farei fare. Qualche volta ne ho voglia. Non sempre, qualche volta. Di mettertelo dentro, ho voglia sempre, di farmelo mettere, qualche volta. Vorrei sapere anche io che cosa si prova»
«Te l’ho detto, se non fa male è bello. E con la crema non fa male. Non tanto»
«Ma a te, perché ti piace di più stare sotto di me?»
«Non lo so. Mi piace sentire il tuo peso. Mi piace anche il tuo pisello che si strofina sulla mia pancia. Poi mi piace quando me lo punti dietro e me ne infili un po’»
«Una volta te l’ho infilato quasi tutto»
«Lo so. Alla fine mi piace quando godi, perché ti faccio godere io»
«A me però piace di più stare sopra, col pisello dentro di te. Forse, se ci metto un po’ di crema come hai detto tu, entro meglio, fino in fondo. E c’è un’altra cosa che mi piace»
«Che cosa?»
«Il nostro odore quando veniamo»
«L’odore lo sento anch’io» concordò Claudio. E aggiunse: «Ma tu non vorresti sapere com’è il sapore?»
«Come, il sapore?»
Claudio restò un momento in silenzio, poi si girò vivamente verso K: «Senti. Oggi sono uscito durante la seconda ora, per andare al bagno. Sono entrato e non c’era nessuno, ma mentre facevo pipì ho sentito dei rumori strani dentro un cesso chiuso. Siccome non c’era nessun altro, mi sono chinato e ho guardato sotto la porta»
K annuì. Aveva presente quelle porte, con un’apertura sotto di una ventina di centimetri. «Che cosa hai visto?»
«Ho visto due piedi, con i calzoni e le mutande giù alle caviglie. E le gambe di un altro, inginocchiato in mezzo, che si muoveva»
«Ma che cosa facevano?»
«Non lo so, non vedevo in alto. Però ho pensato che quello inginocchiato stava prendendo il pisello dell’altro dentro la bocca. Me lo ha detto il figlio dell’albergatore che si può fare anche così»
«Ma che schifo!»
«Però quello in ginocchio continuava. Io dico che se gli faceva schifo, smetteva. Invece no. Così non sentiva solo l’odore, sentiva anche il sapore»
K non si orientava, davanti a quella rivelazione. «Ma perché, – chiese – tu lo vorresti provare?»
«Io? …non lo so»
K ci pensò su. Poi chiese: «Ma hai detto la verità? Il figlio dell’albergatore non te lo aveva già fatto fare? O oggi eri tu, quello che lo prendeva in bocca?»
«Ma che dici! Però so che a scuola si fa, quello che facciamo noi e anche questo che ti ho detto. Non li hai visti nei bagni quei due o tre ragazzi di terza media che aspettano, durante le ore di lezione? Secondo te che cosa aspettano? Hai visto come si toccano, quando entra qualcuno di noi più piccoli? Loro fanno molte più cose di noi. Tu gli hai mai dato retta?»
«No, te l’ho detto che non mi piace quando uno è più grande. Però anche io ho capito che lì qualche cosa succede. Una volta, mentre facevo pipì in piedi senza entrare nel cesso che si chiude, uno di quei ragazzi mi ha fatto segno, indicandomi il suo pisello. Io vedevo che era duro dentro i calzoni. Lui ci passava sopra la mano, guardandomi. Allora sono scappato via, sono rientrato in classe»
«Potevi restare: me lo hai detto tu che vorresti fartelo infilare, per sapere che cosa si prova»
«Con te, non con i più grandi. E’ con te che mi piace fare tutto»
«Tutto? Pure a me. Allora dobbiamo anche fare quest’altra cosa, se vogliamo scoprire che sapore ha. Facciamola io e te» disse Claudio.
«Io non voglio» ripetè K, e però non del tutto convinto.
Claudio avvertì l’incertezza dell’amico. Insistè: «Se me lo prendi in bocca, ti prometto che la volta dopo te lo metto dentro io, nel tuo buco. Ci metto la crema. Così anche tu avrai fatto tutto»
«Tanto tu non ci riesci e infilarlo»
«Ti faccio provare una cosa nuova, che ho imparato l’esate scorsa. Io mi metto steso sul pavimento, e tu ti infili da solo il mio pisello nel tuo buco, sedendoci sopra. Guarda che così ti entra di sicuro»
«Allora facciamolo»
Ma Claudio sorrise. «Se vuoi che io te lo metta dentro, prima dobbiamo prendercelo in bocca. Io a te, e tu a me»
K pensò a lungo. Immaginò il suo buco che si allargava per accogliere il pisello di Claudio, allo sfregamento là dentro, ai gemiti dell’amico quando era lui a penetrarlo. Gemeva anche lui, K, quando Claudio gli infilava il dito giù giù in fondo. Ma forse col pisello era diverso. Ebbe una gran voglia. Poi provò ad immaginare il pisello di Claudio che si muoveva nella sua bocca. Il sapore che gli cedeva. Forse non era uno schifo, come aveva detto prima. Forse era persino piacevole.
Restò incerto, la tentazione di provare tutte quelle cose nuove era forte. Pensò di essere sul punto di dire sì.
Ma qualcosa dentro di lui resisteva. Scoprì con sorpresa che la resistenza era più forte della tentazione. Alla fine scosse la testa: «Non mi va»
«Non è che non ti va. Non hai il coraggio»
K restò in silenzio.
«Allora – lo provocò Claudio, deciso – io vado da quei ragazzi più grandi nei bagni della scuola»
K si bagnò le labbra secche: «E vacci»
«Guarda che lo faccio. Basta che vado lì quando non è l’ora della ricreazione. C’è uno che appena mi vede comincia a passarsi la mano sui calzoni. Lascio aperta la porta di un bagno, e lui entra di sicuro. Se vuole mettermelo dentro, glielo faccio fare, ma soprattutto voglio provare a prenderglielo in bocca. Voglio provare quel sapore. Io voglio provare tutto»
Ma ormai K si sentiva leggero. I dubbi erano passati. «Io no» stabilì.

(continua)
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