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Gay & Bisex

Storia di K - 1


di Holling
19.01.2012    |    15.006    |    3 9.4
"Ma muovendosi, e cercando di staccare di qualche centimetro il suo pube dall’albero per non sfregarsi sulla corteccia, sentiva anche di sollecitare il cugino..."
Quel pomeriggio d’estate in campagna, cercando funghi in un tiepido boschetto deserto, K aveva avuto qualche interessantissima informazione. Paolo, il cugino più grande (già 13 anni, K ne stava per compiere 11 e due anni di più a quell’età sono tanti), gli aveva spiegato alla meglio come erano fatte le donne. Spiccio e diretto, crudo: la fica è un buco, le donne ce l’hanno non proprio al posto del pisello ma in mezzo alle gambe, e il buco deve essere riempito dal pisello dei maschi diventato duro. Un po’ brutale, il cugino Paolo.
Ma a K non importava un bel niente del tono. Era affascinato da quelle rivelazioni. Avrebbe voluto saperne di più. Pensò di fare qualche domanda, ma sentiva troppa agitazione nel petto. Si fermò, e guardò interrogativo l’altro. In verità non c’era bisogno di parlare, di chiedere.
D’altra parte, Paolo non era tipo da perdersi in parole. Paolo andava dritto allo scopo. Sollecitato dall’interesse del cugino piccolo, si tirò giù la lampo dei pantaloni, si frugò lì dentro, e con un certo orgoglio lo tirò fuori. Ammirato, K lo trovò grande, più del suo, e con i primi serici peli che spuntavano lì attorno. Già eretto: nell’età delle tempeste ormonali basta un accenno, anche solo un pensiero, e subito lui si imbizzarrisce.
«Quando è così, alle donne glielo mettiamo dentro – disse Paolo – toccalo, senti com’è duro». K si tirò indietro. Paolo ne ridacchiò. E intanto insisteva: «Toccalo, è così che deve essere quando deve funzionare. E toccalo!».
Intimorito, K fece no con la testa. Ma senza grande convinzione, perchè non voleva neppure che la cosa finisse: intimorito, sì, ma anche attratto. Soprattutto attratto. Si sentì crescere il suo, di arnese, dentro i pantaloni corti. Per non essere da meno, e per continuare, si aprì e anch’egli lo esibì, incerto. Paolo lo schernì: «Ce l’hai piccolo. Scommetto che non è neanche duro come il mio».
Allungò una mano, glielo prese e lo palpò con distaccato interesse. K si sentì avvampare «Invece è bello duretto» stabilì Paolo. Intanto spingeva avanti il suo ventre: invito a K perché la smettesse con le sue vergogne da bambino, e glielo prendesse in mano come lui stava prendendo il suo.
Se voleva essere all’altezza, e se non voleva interrompere quel momento, K non poteva continuare a rifiutarsi. E se gli piaceva che Paolo glielo tenesse in mano, non poteva rifiutarsi di restituire lo stesso piacere. Così mise il palmo della mano sotto il pisello di Paolo, facendovelo appena poggiare. Anche questo gli piacque e lo interessò. E gli dette coraggio: strinse appena le dita e lo saggiò. Sentì sotto la pelle venature e inturgidimento.
«Ma tu lo hai mai messo dentro una donna?» chiese, recuperando la parola. «Un sacco di volte» rispose spavaldamente Paolo. Ma aveva esitato un attimo di troppo: mentiva.
«Adesso tu stai fermo» disse Paolo. Cominciò a muovere il bacino avanti e indietro. K sentiva il pisello del cugino scorrere dentro la pelle che gli teneva in mano. Una percezione strana, di un oggetto morbido all’esterno tenuto dalla mano, ma fermo e duro eppure mobile dentro l’involucro.
«Quando si fa così – spiegò Paolo con una voce non del tutto salda – alla fine esce un po’ di liquido bianco che si lascia nel buco delle donne. Poi quando si diventa più grandi ne esce di più». A me non esce niente, pensò K mentre cominciava ad andare anche lui avanti e dietro nella mano del cugino, imitandolo. Però qualche volta gli era capitato di strofinarsi su qualcosa e aveva sentito un brivido tra le gambe. Una cosa molto piacevole, soprattutto alla fine.
Continuarono per un po’, concentrati. «Anche noi abbiamo un buco – insinuò Paolo – lo possiamo mettere anche lì dentro». K non sentì: taceva, cercando di percepire allo stesso tempo il suo pisello e quello del cugino che si sollecitavano a vicenda. Avevano preso il tempo, si muovevano all’unisuono, e con le mani accompagnavano l’avanti e indietro. «Hai capito che cosa ho detto? Vuoi provare?» insistette Paolo. E subito precisò: «Però te lo metto dentro io». K si riscosse, fece vivamente segno di no. Paolo continuava a muoversi avanti e indietro.
«Va bene – decise – allora te lo appoggio solo».
Fu una successione molto veloce. Paolo si staccò dalla mano di K, gli si avvicinò di un passo, gli liberò il bottone sopra la lampo già aperta, lo spinse vivamente verso un castagno lì a fianco, lo girò di spalle, da dietro gli fece scendere i pantaloni corti fino alle ginocchia. «Abbraccia l’albero» ordinò. K, spaventato ed eccitato, obbedì.
Paolo gli fece scendere anche gli slip. K sentì il fresco dell’aria di campagna sulla pelle scoperta. L’erezione gli pulsò un paio di volte.
Sentì il corpo del cugino appoggiarsi alla sua schiena, poi al suo tenero culo, e aderire cercando il contatto. Sentì il pube armato del cugino appoggiarsi. Paolo cominciò a muoversi. In su e in giù: quando andava su, la pressione aumentava, quando andava giù, diminuiva.
Con le mani aprì le chiappe di K. «No» disse questi. «Ma di che hai paura, te lo appoggio solamente» si sentì soffiare in un orecchio. Sentì che il pisello di Paolo si sistemava per lungo, là nel mezzo. Toccava così proprio nel centro, e K ebbe un sussulto involontario: capì che era piacere.
Paolo si muoveva, e K sentiva tutta quella vita pulsante che premeva su di lui, sulla sua schiena, sul suo buco. Sempre più sul suo buco. Se lo sentiva sfregare, e il buco in qualche modo reagiva, come per vita propria. K avrebbe sempre ricordato quel movimento particolare di Paolo: che quando spingeva in avanti non premeva solo con tutto il corpo, ma alla fine in modo più accentuato col bacino. Paolo cercava, e K cercava. Ah, gli piaceva, eccome. E il piacere cresceva. Era eccitato in tutto il corpo, davanti e dietro.
La mano di Paolo si insinuò davanti, tra l’albero e il corpo di K, e di nuovo gli prese il pisello. «Ah, ce l’hai bello duro. Allora ti piace!» mormorò. K fece segno di sì con la testa: «Ancora» sussurrò. Ancora che cosa? Strofinamelo ancora.
«Muovi il pisello nella mia mano» sollecitò Paolo. E K cominciò. Avanti e indietro. Ma muovendosi, e cercando di staccare di qualche centimetro il suo pube dall’albero per non sfregarsi sulla corteccia, sentiva anche di sollecitare il cugino.
Dimenticò il suo pisello, si concentrò su quello che lo sfregava sul buco. Mosse le chiappe, cercando. «Eccolo. Lo vuoi dentro?» gli chiese Paolo. «No» rispose K tutto d’un fiato. Però, pensò, lo voglio sentire bene, perchè mi piace essere toccato lì in mezzo: più Paolo si muove lì sopra, e più mi piace. In un soffio, girando appena la testa, chiese: «Perchè, tu me lo vorresti mettere dentro?».
Fu così che Paolo staccò un po’ il suo pube, infilò una mano tra i corpi per afferrarselo, e lo puntò dritto sul buco. Mi sto dilatando, pensò K. Adesso me lo infila. Mi farà male? O mi piacerà? Forse mi piacerà. Mosse il culo, cercando. Paolo spinse, ma l’arnese gli scivolò in alto, di nuovo tra le chiappe per lungo, senza entrare. K fremette: no, non così. «Ci vorrebbe un po’ di crema – disse Paolo – perchè ce l’hai stretto. E’ vergine».
Ma ecco che qualcosa stava cambiando. K sentì che Paolo aveva rinunciato a farglielo entrare, preso da una maggiore improvvisa urgenza, e traeva tutto il suo piacere da quella posizione: tenendoglielo tra le chiappe, appoggiato per lungo. Stava cambiando qualcosa anche nel movimento di Paolo: non più soltanto su e giù, ma anche da sotto a sopra, con un breve inarcamento dell’inguine.
Ed ecco che K avvertì un più vivo sfregamento sul buco. Si fermò, cercando di capire. Chiuse gli occhi, per cogliere ogni sensazione di quel momento magico. Paolo accelerò ancora il suo movimento. Poi d’improvviso si bloccò. Adesso erano entrambi immobili, ma l’arnese di Paolo pulsava sul buco di K, e K rispondeva, dilatandosi e richiudendosi. Un piacere infinito, mai provato.
Poi, nell’immobilità dei loro corpi, K si sentì respirare forte sul collo. La bocca di Paolo premette sul suo orecchio. Avvertì una pulsazione del pisello dell’altro lì in mezzo. Tutti i sensi di K si acuirono: che cosa stava succedendo? Spinse all’indietro di nuovo, in una muta domanda. «Adesso, adesso» soffiò Paolo, un attimo prima di un movimento intenso, di un soffocato rantolo.
Restarono un momento così.
Poi, pian piano, lentamente, K sentì diminuire la pressione sul suo corpo. Tutto si spegneva, tutto si rilassava. Chissà che cosa ha provato, pensò. Si staccarono, K si girò e rapidamente si tirò su i pantaloni. Ebbe l’impressione di un po’ di umido, dietro. Era quel liquido, che lui ancora non produceva?
Un po’ discosto, girato di spalle, Paolo si guardava verso l’inguine, in silenzio. Poi, mentre si sistemava, dette un’occhiata a K. «Ti è uscito niente?» chiese. Muto, K fece segno di no con la testa. Paolo alzò le spalle, sbrigativo: «Peggio per te».
Quella sera, partito il cugino, K ripensò agli straordinari avvenimenti della giornata. Gli sembrò di riviverli una seconda volta come una cosa vera, e si toccò a lungo nel letto. Si mise il cuscino tra le gambe, e si strofinò su di esso fin quando sentì quel brivido tra le gambe. Lo vorrei poggiare sul buco di Claudio, pensò, come Paolo lo ha poggiato sul mio.

(continua)
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