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Lui & Lei

Diario di un usuraio 1


di padrone29
18.12.2020    |    8.901    |    1 9.0
"In pratica l’avevo comprata e quando si presentò al lavoro il primo giorno, la cosa fu anche più chiara..."
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Dopo l’incidente che avevo subito, la mia vita era trascorsa tra cure e cercare di campare alla meno peggio.
Il sogno di avere la Ferrari, la Barca, sempre belle donne nel mio letto non era però mai venuto meno negli anni passati a riprendermi e cercare di sopravvivere.
Pensai a organizzare una truffa colossale, ma non mi andava poi di passare la vita a scappare e nascondermi. Avevo voglia di fare un sacco di soldi esibendoli, spassandomela alla faccia dei tanti che mi avevano snobbato, sottovalutato e sfruttato.
Avevo poi tanta voglia di scopare, volevo le più belle e le più giovani, ma non volevo delle puttane. Al contrario volevo delle ragazze per bene da scopare, ma soprattutto da far diventare puttane, mi sarei preso anche le mogli degli altri, ma non di nascosto, me le sarei scopate davanti a mariti e fidanzati. Volevo dare sfogo alla violenza morale che covavo dentro, andando ad insozzare i letti di tante famiglie pudiche, tirando fuori il peggio da ogni donna.
Un giorno davanti alla televisione fui colpito da un servizio in cui si parlava di milioni di euro come fossero noccioline. Si parlava di usura e capii che quella sarebbe stato il modo per appropriarmi di ciò che volevo.
Incominciai a documentarmi e cominciai a redigere un business plan, diventare uno strozzino fu una scelta fatta a tavolino e non mi feci nessun scrupolo morale vista la corazza di acredine e voglia di rivincita che mi ero fatto in tutti questi anni.
Trovare un ufficio in centro fu abbastanza semplice, anche perché scelsi una cittadina di provincia per non dare nell’occhio. L’arredai con assoluta eleganza, le pareti le feci tinteggiare in colori diversi in ogni stanza con un crescendo che si accendeva man mano che si passava dalla sala d’aspetto, alla stanza della segretaria, alla camera da letto che dava accesso al mio studio.
La scrivania era di cristallo, per poter studiare i piedi dei clienti che raccontano molto di più dei volti, perché nessuno riesce a mentire senza assumere delle posizioni precise con i piedi. Inoltre, avrei potuto vedere le gambe delle clienti e far capire loro a cosa ero interessato oltre naturalmente ai loro soldi. Già quello sarebbe stato un piacere: potermi permettere di costringere le donne a mostrarmi le gambe sotto gli occhi dei mariti obbligati dalle situazioni ad essere consenzienti se non addirittura promotori dell’esposizione. Per tenere tutto sotto controllo e gustarmi i particolari dei messaggi che i clienti si sarebbero lanciati non visti da me, in tutta l’area dell’ufficio, compreso lo spazio davanti alla porta di ingresso e il bagno misi delle microtelecamere che manovravo dal computer della mia scrivania.
Un po’ di più tempo ci volle nella scelta della segretaria, anche se in fondo non c’era nulla da fare se non rispondere al telefono e aprire la porta.
Nelle inserzioni misi che doveva essere di bellissima presenza e molto giovane. Le risposte arrivarono numerose e già dalle foto che dovevano obbligatoriamente inserire feci una prima cernita. Tante erano carine e cominciai a riceverle, ma mi colpì molto soprattutto una si chiamava Francesca.
Francesca aveva un bisogno disperato di soldi e fu ben felice di accettare l’unica clausola che imponevo indossare sempre la minigonna e i tacchi alti. Le misi sul tavolo mille euro per il suo guardaroba. Fu felicissima e mi guardò con uno sguardo da cagna quando le dissi che qualsiasi mia richiesta extra sarebbe stata lautamente compensata.
In pratica l’avevo comprata e quando si presentò al lavoro il primo giorno, la cosa fu anche più chiara. Arrivò con le scarpe da ginnastica, ma una volta entrata si tolse il cappotto e si cambiò.
Si presentò in tutta la sua bellezza e disponibilità. Le gambe erano bellissime e valorizzate ancora di più dalla minigonna veramente corta che le arrivava appena sotto il culetto. La presi per mano e la portai nello stanzino in cui c’era il necessario per il caffè e per servire qualche drink. Le chiesi di farmi un caffè e di servirmelo nel mio studio. Arrivò qualche minuto dopo traballando sui tacchi a spillo, ma contenta di recitare quella parte di segretaria cagna. Poggiando il vassoio sul tavolo, mi mostrò il culetto ben sapendo che ero lì a godermi lo spettacolo. Infatti, poco dopo guardando la videoregistrazione dello stanzino del caffè, la vidi fare le prove davanti lo specchio e tirarsi ancora più su la striminzita minigonna.
Quando venne a riprendere il vassoio le feci i complimenti per il servizio, le infilai una mano tra le gambe e andai lentamente su fino ad arrivare alle sue mutandine e lei rimase immobile lasciandomi, guardandomi negli occhi come dicendomi ci sto.
A me però non bastava le dissi:” Quando ti metto le mani tra le gambe, devi aprirle un po’, come per dire, prego si accomodi” e lei spostando leggermente la gamba le aprì quel tanto che bastava per dimostrarmi che ci stava.
Rimasi un po’ a godermi la situazione, ma decisi che non era arrivato il momento di scoparla, doveva essere lei a implorarmi di farlo, per ora mi bastava sapere che fosse a mia completa disposizione.
Era arrivato il momento di cominciare a lavorare, era ora di cominciare a gettare gli ami.
Armato di biglietti da visita di una fantomatica banca svizzera di cui risultavo essere il responsabile in Italia per le pubbliche relazioni, incominciai a distribuirli ai più chiacchieroni. Chiacchera oggi, chiacchera domani cominciarono ad arrivare le prime telefonate e i primi appuntamenti.


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