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Arriva quel momento in ogni matrimonio. 3° - Erice


di Membro VIP di Annunci69.it acquainbocca50
02.02.2022    |    15.387    |    12 9.8
"Dissi a Cristina di scendere dalla macchina e ci avvicinammo allo sportello dell’auto dell’uomo..."
Il modo più sicuro per far sapere a tutti un segreto è di bisbigliarlo nell'orecchio di un amico, chiedendogli caldamente di non parlarne con nessuno. Fu così che, volando di bocca in bocca, seppi che in una grande villa di Erice, il primo di ogni mese e sempre dopo la mezzanotte, si svolgeva un incontro segreto i cui invitati erano esclusivamente coppie. In quella villa, si diceva, venivano realizzate straordinarie e travolgenti orge: obbligo per tutti i partecipanti era di indossare una maschera che ne coprisse il volto. Si entrava solo attraverso una parola d’ordine che veniva cambiata ad ogni incontro: chi la conosceva poteva comunicarla ad una coppia amica.

In quel periodo io e Paolo facevamo sesso con Cristina ed Alberto da circa sei mesi. Avevamo provato ad allargare il giro inserendo una coppia, ma non eravamo riusciti a trovarne una in linea con le nostre aspettative. L’idea di partecipare ad un’orgia ci incuriosiva molto e decidemmo di provarci. Ne parlammo con Cristina ed Alberto. Potete immaginare l’entusiasmo di Cristina. Era al settimo cielo. Avevamo però due problemi da risolvere: essendo fuori dal giro dovevamo individuare la villa e conoscere la parola d’ordine. Il primo era facilmente risolvibile. Erice è un piccolo borgo medievale situato sopra un monte alto 800 metri: alle due di notte difficilmente transitano macchine: sarebbe bastato seguirne qualcuna e ci avrebbe condotto dritti alla villa. Il vero problema era scoprire la parola d’ordine.
- “Vedendo facendo” dissi io. All’una di notte, vestiti elegantemente, salimmo per Erice insieme ai nostri due amici con la nostra auto.

Sulla strada, da lontano, vedemmo un’auto che proseguiva lenta. Rimanemmo a debita distanza senza perderla di vista. Potevano essere degli ospiti che ci avrebbero condotto alla villa. Giunti a Erice, la macchina imboccò un sentiero stretto che finiva in un ampio spiazzo nel quale erano parcheggiate diverse auto. Dalla macchina uscì una coppia, vestita con cura e con i visi coperti da una maschera, che si diresse verso il portone della villa. Noi rimanemmo fermi, con i fari spenti e non ci videro. L’uomo bussò e una donna con il volto coperto da una mascherina aprì la porta. Chiese qualcosa, presumo la parola d’ordine, e la coppia entrò. Facemmo marcia indietro e ci riportammo all’inizio del sentiero. Sulla sinistra, nella valle, vedemmo brillare, sfumate nella nebbia, le mille luci della città. Dalla lunga strada che da Trapani si snodava come un lungo serpente verso Erice, un’altra auto stava salendo stavolta a velocità sostenuta.
- “Prendiamo le maschere e indossiamole.” – disse mio marito.
- “Che vuoi fare?” – dissi io.
- “Voglio farmi dare la parola d’ordine da quei due.”
Dopo alcuni minuti, nel momento in cui la macchina imboccava lo stretto sentiero, Paolo, con la maschera sul viso, fece segno loro di fermarsi. Li vedemmo mettersi la maschera in fretta, poi l’uomo abbassò il finestrino.
- “Scusate,” - disse Paolo - “vi chiediamo un favore? Siamo ospiti anche noi nella villa ma abbiamo dimenticato il bigliettino in cui avevo scritto la parola d’ordine e, francamente, non ci va di scendere di nuovo. Potete dircela per cortesia?”
Lui guardò fisso mio marito come se cercasse di capire se stava mentendo. Era quello un momento cruciale. Dissi a Cristina di scendere dalla macchina e ci avvicinammo allo sportello dell’auto dell’uomo. Cristina capì immediatamente la mia intenzione. Appoggiò i gomiti sul finestrino dell’uomo mostrando il suo generoso e prorompente décolleté bianco latte. “Suvvia” – disse con voce mielosa – “davvero volete farci tornare indietro?”
- “La parola d’ordine è Ligny. Spero di rivedervi.” - disse l’uomo e sorrise a Cristina.
- “Ce lo auguriamo anche noi” – disse Paolo e salutò con un sorriso la signora accanto all’uomo.

Venti minuti dopo eravamo dentro anche noi quattro. La donna dal volto coperto ci portò in una sala e ci invitò a spogliarci. I nostri due uomini lo fecero con un certo imbarazzo. Io e Cristina rimanemmo solo con le calze e le scarpe con tacco dodici. Dopo esserci tolti gli abiti la donna ci accompagnò in un grande salone, dove uomini e donne, qui un centinaio, nudi come noi, parlavano, ridevano e bevevano. Sembrava di essere in una spiaggia per nudisti. Diedi un’occhiata circolare. Valutai, guardando quei corpi, che si era dai cinquanta anni in su. Vedevo smagliature come le mie, rughe come le mie, imperfezioni come le mie. Era bello vederli. Sembrava una celebrazione della bellezza “vera” e “naturale”. Trovarsi con trentenni, o addirittura meno, che hanno corpi perfetti e non presentano i naturali cedimenti dell’età, avrebbe creato imbarazzo a molti degli astanti e anche a noi.
Qual è quella cosa che, se inserita in un incontro erotico tra coppie, garantisce il successo? Le tette! Lo sguardo di molti partecipanti si fissò sulla sesta misura di Cristina. Tutti quegli sguardi, seppur di riflesso, verso di noi mi intimidirono un po’ e cercai con lo sguardo dove fosse da bere. Un paio di bicchieri avrebbero sicuramente diminuito le mie inibizioni. Non è facile del resto trovarsi d'emblée nuda davanti a decine di persone con il pisello o le tette esposti ai quattro venti. Ci dirigemmo su un tavolo lungo almeno tre metri, con sopra bottiglie di superalcolici. Ci versammo da bere. Ad un tratto una coppia si avvicinò verso di noi. Entrambi erano di robusta costituzione, depilati nelle parti intime; lei spiccava per la sua magrezza, lui per il suo affare non particolarmente lungo ma dotato di una cappella di grande spessore. Appena ci furono davanti capii che era la coppia che ci aveva dato la parola d’ordine.
- “Grazie per la vostra fiducia,” - dissi “- non ci andava scendere di nuovo in città”.
- È stato un piacere. È la prima volta per voi?”
- “Sì, a proposito, io sono Anna, lei è Cristina, lui è mio marito Paolo e lui è Alberto, il marito di Cristina. Piacere”.
- “Il piacere è nostro. Io sono Roberto e lei è Cinzia.
- “Scusa la domanda” - dissi - “Come funziona qui?”
- “Semplice, puoi approcciare chi ti piace, se però doveste ricevere un rifiuto non insistete e provate con altri.”
- “Cosa stai bevendo?” – disse Roberto a Cristina. Era evidente che sotto la terza per lui non c’era passione. Difatti non mi filò per niente. Sorseggiai il mio whisky e nel frattempo osservavo come agivano gli altri. Notai che l’atmosfera si stava surriscaldando: i piselli cominciavano a sollevarsi, i capezzoli delle donne a indurirsi, le chiacchiere cessavano per cedere il posto a gemiti e risatine. Era tutto un movimento. Cristina si immerse subito nell’atmosfera frizzante ed elettrica afferrando il cazzo di Roberto con una mano, come se stesse prendendo un tubo per innaffiare il giardino. Poi si fece spazio sul tavolo e si sedette a gambe larghe. Roberto, in ginocchio, affondò la sua testa tra le sue cosce e la leccò con avidità. La maiala si aggrappò ai suoi capelli e spinse il bacino contro la lingua di lui. Con la coda dell’occhio vidi Paolo infilare una mano tra le cosce di Cinzia. Lei cominciò a toccarlo, prima sul petto glabro, poi scendendo verso lo stomaco, infine giù, dove il cazzo di mio marito aveva iniziato a pulsare di desiderio. Avvicinò il suo viso a quello di Paolo e cominciò a baciarlo.
Alberto mi si accostò. – “Anna, dovremmo darci da fare anche noi.” – disse. “Non ho fretta” – risposi – “e poi mi diverto a guardare tutto questo movimento. Spostai anch’io un paio di bottiglie dal tavolo e mi sedetti accanto a Cristina che gemeva senza pudore. “Datti da fare intanto con me” – dissi ad Alberto indicando con un dito la mia figa. Alberto si inginocchiò anche lui e allargò delicatamente le mie gambe. Sentii la sua lingua sfiorarmi il clitoride poi a mordicchiarlo. Alzò gli occhi per incontrare il mio sguardo. Lo guardai. Lui continuò a leccare, succhiare, mordicchiare e toccò tutti punti giusti. Quando mi prese il clitoride con le labbra, accarezzandolo con la lingua, chiusi gli occhi. “Non chiudere gli occhi” – mi disse – “Guardami mentre ti faccio venire.” Chiuse la bocca sul mio clitoride e succhiò forte. Sentii tutti i miei muscoli contrarsi mentre venivo travolta da un orgasmo che scosse ogni parte del mio corpo. Rimasi ferma per assaporare al massimo il piacere, poi, quando smisi di godere, lo tirai su e affondai la lingua sulla sua bocca per assaggiare gli umori della mia figa. Il suo cazzo pulsava terribilmente. Lo presi con una mano e lo puntai sulla mia figa bagnata. Ci guardammo fisso negli occhi mentre mi penetrava lentamente. Ci baciammo a lungo mentre il suo cazzo si muoveva dentro e fuori di me. Venne gemendo dentro di me. Rimanemmo fermi, in silenzio, finché i nostri respiri si calmarono.
“Ehi, cos’è tutta questa passione? Ricordatevi che avete una moglie e un marito. – disse Cristina.
“Da quale pulpito…” – risposi. – “Dov’è finita la coppia?”
“Sono andati in giro in cerca di altre coppie.” – rispose Cristina.
“Dovremmo staccarci. Se stiamo tutti insieme pensano che non cerchiamo altro.” – disse Paolo. – “Faccio un giro intorno per vedere un po’ di selvaggina.” – Si riempì il bicchiere e si allontanò.
“Buona idea” – disse Cristina, ma non ebbe il tempo di spostarsi che due uomini si avvicinarono a lei.
“Ciao” – disse uno di loro. – “Tu sei nuova qui, questo è certo.”
“Come l’hai dedotto.” – rispose sorridendo Cristina. Entrambi gli guardarono le tette.
“Oh, capisco. Beh, non credo comunque di essere l’unica qui ad avere un seno florido.” – disse Cristina.
“Non è solo una questione di grandezza. È altrettanto importante tutto quello che c’è intorno al seno, come la schiena dritta, la larghezza delle spalle, la circonferenza della vita, tutte qualità che tu hai.” – disse quello che sembrava il più grande – e il più paraculo - dei due.
“Non l’avevo mai considerato sotto questo aspetto. Grazie, comunque, è bello sentirselo dire. Sì, sono nuova qui.” – disse Cristina.
“Probabilmente non sai che salendo quelle scale ci sono delle stanze libere per chi vuole un po’ di intimità.”
“Davvero? Interessante.” – disse Cristina.
“Possiamo mostrartele se vuoi.”
“Tutti e due?” – disse Cristina.
“Ci piace giocare insieme.”
“Non voglio rovinare una così bella amicizia dividendovi. Andiamo su?” – disse Cristina.
“Andiamo pure” – disse il più grande, sorridendo.
“Amore, vado su con loro.” – disse Cristina ad Alberto.
“Divertiti, tesoro” – rispose Alberto.
“Faremo del nostro meglio.” – disse l’uomo. Ridendo e scherzando i tre mossero verso le scale che conducevano al primo piano
“Vado in bagno” – dissi ad Alberto. Mi tolsi la maschera e mi guardai allo specchio del bagno per vedere se il trucco aveva resistito. Nonostante avessi la maschera non mi sarei sentita a mio agio con un trucco sfatto. Una donna si accostò a me e si tolse anche la maschera e si guardò allo specchio. Il suo profumo inebriante si riversò su di me. La guardai attraverso lo specchio. Era una donna dai capelli rossi che gli scendevano lungo le spalle e lambivano il suo seno piccolo e perfetto. La sua pelle era così chiara che sembrava latte.
“Anche dietro una maschera voglio sentirmi a mio agio.” – mi disse.
“Sono d’accordo” – risposi.
“Sei nuova qui?” – disse-
“Sì, tu?”
“Sono una veterana. Ultimamente siamo statti sempre gli stessi. Tu sei una novità oggi. Sei stata invitata da una coppia?”
“Ehm, no. In realtà siamo infiltrati”
“Sei con tuo marito?”
“Sì e con un’altra coppia”
“Ci scopate?”
“Sì” – dissi.
“Sei bisex?”
“Sì, mi sono scoperta bisex da poco tempo.”
“Ti piace?”
“Molto. Lo sei anche tu?”
“Sì.”
“Sei molto bella” – le dissi.
“Grazie, lo apprezzo molto. Anche tu.”
“Grazie.” – risposi.
“Posso baciarti?”
“Sì” – dissi.

Piacere ed eccitazione mi pervasero. Il seno mi si indurì e mi bagnai. Lei si avvicinò. Era più alta di me, almeno di dieci centimetri. Le sue labbra si abbassarono su di me. Sfiorò le mie con infinita gentilezza. Il suo profumo mi riempì le narici. Sentii il suo calore. I nostri seni si toccarono, i nostri ventri si incontrarono. Un profondo brivido attraversò l’intero mio corpo. Lei sollevò la sua mano facendola scivolare sul mio seno, poi avvicinò la sua bocca al mio orecchio e con voce soffusa mi disse: “Vai giù.” L’adrenalina iniziò a scorrere forte nelle mie vene. Mi inginocchiai di fronte a lei e la guardai. I suoi occhi azzurri traboccavano di desiderio. Divaricò le gambe senza interrompere il nostro contatto visivo. Potevo percepire il calore che divampava tra le sue cosce. Avvicinai la bocca al suo sesso. Al tocco della mia lingua sulle sue grandi labbra si contorse dal piacere. Afferrai con i denti la punta del suo clitoride e lo strattonai. Le sue gambe tremarono e la sua schiena si inarcò. Eravamo fermi in mezzo al viavai di donne che entravano e uscivano dal bagno. C’era chi guardava, chi sorrideva, chi diceva qualcosa di carino ma io sentivo solo i suoi gemiti, come se fossimo soli, io e lei, in un’isola deserta. Di tanto in tanto avevo il bisogno di staccarmi dalle sue cosce solo per potermi perdere nell’azzurro dei suoi occhi, grandi come due piscine colme di passione. Poi riprendevo a leccare i suoi umori e a sentire il suo intenso sapore. Tremando e gemendo, la donna dai capelli rossi, raggiunse l’orgasmo. Staccai la bocca dalla sua fica, le baciai le cosce, poi il ventre, poi risalì. Lei mi guardò con quegli occhi da fare invidia al cielo e mi disse: “Voglio rivederti!”” Anch’io. Domani, oltre non saprei aspettare.” – dissi. “Dammi il tuo numero, ti telefono domani.” – disse. Glielo diedi. “Devo andare adesso, tesoro, è stato stupendo”. “Anche per me” – dissi. Dopo esserci dati un piccolo bacio sulle labbra uscimmo dal bagno. Ci salutammo e lei andò via. La guardavo andare e pensavo alle sensazioni che avevo provato e che fino a quel momento non sapevo esistessero.

Guardai il grande salone. Vidi una donna seduta sul membro di un uomo e altri due uomini davanti a lei con i cazzi vogliosi di essere fagocitati nella sua carnosa bocca. Vidi un uomo sdraiato sul parquet con una donna seduta sulla sua faccia e un’altra seduta sul suo fallo. Vidi persino un uomo che teneva una donna al guinzaglio. Sì, un guinzaglio. Aveva un collare ed era contenta di seguire l’uomo a un metro di distanza, con gli occhi bassi e vogliosi di essere sottomessa al suo padrone. Mi misi a cercare Paolo. Lo trovai seduto su un divano con la faccia stravolta.
- “Andiamo?” dissi.
- “Sì” – disse Paolo - Cerco gli altri e andiamo.”
Cristina e Alberto erano seduti due un divano. Cristina gli stava raccontando quello che aveva fatto con i due uomini.

Ci vestimmo e uscimmo. L'aria era fresca e frizzante. Le stelle, lassù in alto, illuminavano la città ancora addormentata. Salimmo in auto senza parlare. Poi, d’un tratto, scoppiammo tutti e quattro in una risata che non riuscimmo più a controllare. Quando ci calmammo, Paolo accese il motore e lentamente scendemmo a Trapani, ognuno pensando e rivivendo quello che aveva vissuto quella notte in quella villa immersa nel verde di Erice.
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