Racconti Erotici > Gay & Bisex > I due gemelli egiziani
Gay & Bisex

I due gemelli egiziani


di Berto747
15.02.2022    |    13.910    |    7 9.3
"Risaltava invece la squisita perfezione geometrica di quelle tre costruzioni, come fossero diamanti interrati per metà nella superficie sabbiosa del deserto..."
Il mio sguardo si perse nel vuoto mentre la mente cominciava a volare leggera tra i ricordi.
Ciò che mi tornò in mente come prima cosa, non fu un'immagine o un suono, ma una sensazione. La sensazione di quelle quattro mani maschili che esploravano il mio corpo nudo. Il contatto del freddo tavolo di marmo sotto il mio ventre, appena addolcito da quel telo umido steso sotto di me. Il profumo di quell'unguento oleoso, dall'aroma di sandalo e di mille altre spezie esotiche, che permetteva a quelle mani di scivolare piacevolmente sulla pelle. Mani dal tocco leggero, eppure deciso. Discrete e rispettose, ma allo stesso tempo invadenti, curiose, che si prendevano sempre maggiori libertà e si avvicinavano progressivamente alle zone proibite. Ricordavo distintamente il brivido che mi provocava lo strofinarsi di quelle quattro mani sulla schiena, sulle gambe, sulle cosce, e la sensazione ancora più eccitante di sentirmi offerto, indifeso, vulnerabile, passivo, nelle mani, in tutti i sensi, di quei due uomini.
*****
Al Cairo, ad aprile, l'aria era già molto calda. Avevo indossato bermuda molto attillati, bianchi, sopra al ginocchio, e una magliettina, anch’essa molto attillata, sempre bianca. Era la prima volta, che visitavo quel paese
Il mio datore di lavoro era egiziano del Cairo, e mi aveva portato con se in un viaggio di lavoro al Cairo. Cui si sarebbero aggiunti, un week end sul meraviglioso mare di Sharm-el-sheik. Fu così che, mentre il capo sbrigava alcuni affari privati, mi ritrovai, da solo, a passeggiare per la città, osservando curioso come la cultura e la tradizione araba si manifestassero in una città non troppo diversa, per taluni aspetti, dalle metropoli occidentali.
Fu alla casbah che incontrai i due gemelli. Capì subito che si trattava dei figli di qualche ricco locale. I due giovani, appena sopra la ventina, erano seguiti da, quello che sembrava, un servitore che raccoglieva in un grosso cesto tutto quello che i giovani acquistavano per capriccio. La deferenza con cui tutti li riverivano era addirittura grottesca.
Stavo sbirciando la chincaglieria esposta su una bancarella, quando uno dei due si affiancò. Prese un anello tra i più belli e più costosi, scambiò qualche parola incomprensibile con il mercante, e me lo offrì, sussurrandomi compito una frase.
Non c'era arroganza in quel gesto, ma quasi una sottile implorazione. "Ti prego accetta", sembrava che dicesse. Gli spiegai che non capivo l'arabo, che ero italiano. Allora il giovane si rivolse con un inglese zoppicante. "For you". Non ci fu verso di rifiutare quell'omaggio inaspettato, ma quando alla fine capitolai e accettai il dono, l'altro gemello riemerse dalla folla, dove nel frattempo si era eclissato, porgendomi uno stupendo medaglione che aveva appena acquistato ad un'altra bancarella.
Fu l'inizio di una simpatica contesa fra i due. Mi accompagnarono nella passeggiata facendo a gara a regalarmi, di tanto in tanto, ogni oggetto su cui posavo lo sguardo, quasi a corteggiarmi, ma non capivo. Si chiamavano Karim e Said. Facevo fatica a distinguere l'uno dall'altro, tanto erano simili. Alla fine della mattinata mi ritrovai con una quantità impressionante di piccoli doni. Approfittando di un mio commento sul caldo, i due mi invitarono per una nuotata nella loro piscina per quel pomeriggio, offrendosi di venirmi a prendere con la loro jeep all'albergo. Accettai.
Mi aspettavo una piscina all'aperto. Rimasi sconcertato quando i due mi introdussero in un enorme palazzo da Mille e Una Notte. Li seguii per l'inestricabile dedalo di corridoi, incontrando ad ogni angolo un impressionante numero di servi ed ancelle che si inchinavano rispettosi al loro passaggio. Finché non giunsero in un ampia sala, in cui i raggi del caldo sole egiziano erano addolciti da vetrate colorate e arabescate. Al centro, un'enorme piscina.
Non vedendo gli spogliatoi, mi liberai degli indumenti appendendoli su degli attaccapanni nel muro, fino a restare nudo, estrassi, con calma, dallo zaino il costume e un asciugamano. Mi ero depilato completamente per l’occasione, e capii che, forse quel gesto era stato troppo audace solo quando i due gemelli mi fissarono con imbarazzante ammirazione. Mi sentii lusingato da quegli sguardi. Passeggiai, sino al bordo della piscina e mi tuffai. Presto i due mi raggiunsero e subito prese il via la solita universale serie di giochi in piscina, fatta di capriole, spinte, tuffi, scherzi vari, uguali a tutte le latitudini.
Più volte, con la scusa del gioco, i due approfittavano per palparmi e strusciarsi. Ma lo facevano con circospezione. Mi piace sentirmi desiderato in quel modo. Non mi ribellai, anzi.
Dopo il bagno, Karim e Said mi mostrarono una sala attigua, al centro della quale era un tavolo di marmo, coperto da un telo bianco. "Massage" mi spiegò uno dei due indicando il tavolo. "You want?" mi chiese con un sorriso, come fosse una provocazione, uno scherzo. Rispondendo al sorriso, annuii. Mi liberai del costume, esponendomi in tutta la mia nudità, e mi stesi prono sul tavolo, con la testa poggiata sul dorso delle mani. I gemelli erano rimasti di sasso. Li sentii armeggiare dentro un armadietto. Le mie narici furono colpite dall'intenso profumo dell'unguento con cui i due stavano cospargendosi le mani.
Poi sentii il contatto di quelle mani. La pelle fu scossa da un brivido. Il corpo vibrava al tocco, inizialmente timido e rispettoso, di quelle quattro mani su di me. Mi abbandonai al piacere, restando ad occhi chiusi, lasciando che mi esplorassero liberamente.
I due egiziani mi accarezzarono a lungo, sempre evitando di toccare il mio culetto, ma avvicinandosi sempre più. In me l'eccitazione cresceva. Il respiro si stava facendo affannato, la lingua si agitava senza pace nella bocca, mentre istintivamente, mi accorsi, cercavo di spingere il bacino in avanti, come per frenare contro il duro tavolo di marmo l’eccitazione che stava crescendo. Io stesso, ora, bramavo dai due carezze più audaci.
Fu Said il primo ad osare. Prolungò la carezza che stava dedicando alla parte posteriore delle sue cosce, fino a raggiungere e a ricoprire i glutei. Lasciai sfuggire un sospiro che Said interpretò correttamente come un segnale di approvazione ed un invito a proseguire. E proseguì, massaggiando le morbide carni come un fornaio che impasta.
Karim si avvicinò. Anche lui voleva palpare il culetto. I due si disposero ai lati del tavolo e presero a viaggiare con le mani, ognuno dal suo versante, tra la parte superiore delle gambe e la bassa schiena. Le loro dita indugiavano all'interno delle cosce, risalendo lungo la divisione delle natiche e soffermandosi sull’entrata del mio buchetto, che si stava sempre più allargando dalla voglia. Ansimavo. Senza pensarci, allargai maggiormente le gambe, così da mostrare loro le mie palle che si stavano indurendo e increspando . D'un tratto li fermai. "Stop, please!" I due si immobilizzarono intimoriti. Mi girai sulla schiena mostrando la mia eccitazione svettare dritta e umida. Sorrisi provocante ai due e li incoraggiai a riprendere il massaggio. "Go on, now!" Poi richiusi gli occhi e mi lasciai di nuovo andare.
Senza bisogno d'altro i due ripresero a carezzarmi, dedicando molta attenzione ai miei capezzoli, non ancora pienamente turgidi. Poi tornarono al mio uccello esposto, sfiorandolo e solleticandolo con estrema delicatezza. Stavo impazzendo di piacere. La sensazione di quelle quattro mani, venti dita, che giocavano lievi con la mia intimità era indescrivibile. Accolsi l'orgasmo con un urlo liberatorio, mentre Karim e Said sorridevano compiaciuti.
Continuarono a carezzarmi a lungo, ora con molta tenerezza, su tutto il corpo. Finché non giunse il momento di vestirsi e tornarsene via.
Il giorno dopo tornai a nuotare con loro e di nuovo accettai l'offerta di un massaggio. Di nuovo mi liberai disinvolto del costume e mi offrì loro nudo. Li incoraggiai con un caldo sorriso e chiusi gli occhi abbandonandomi. Ma stavolta, invece delle mani, i due cominciarono ad omaggiarmi con le bocche e le lingue.
Karim si chinò di lato sul mio viso e prese a leccarmi delicatamente le labbra. Said, più sotto, dopo aver ricoperto di baci il ventre e le cosce, iniziò lo stesso lavoro sulle palle. Entrambi presero a lavorarmi sapientemente il cazzo. Mi lasciai andare al piacere di quell'adorazione, raggiungendo l'orgasmo, mentre i due fratelli non sembravano mai paghi di accarezzarmi con le loro lingue bagnate, dalla testa ai piedi, davanti e dietro, continuando a scambiarsi di posto.
Ero quasi stordito dal piacere quando i due mi fecero alzare con gentilezza, mi porsero una vestaia trasparente bianca, così corta da arrivare appena a coprirmi il pube, e mi accompagnarono di nuovo attraverso il labirinto di corridoi, in un'ampia stanza da letto. Fu eccitante camminare per quelle sale così, praticamente nudo, con la scorta dei due uomini a fianco.
Nella stanza da letto i due si spogliarono, mostrandomi per la prima volta le loro superbe erezioni. Si stesero ai miei lati sul letto e ripresero a dedicarsi a me.
Qui la memoria si fa confusa. Non ricordo più la successione logica degli atti, ma solo dei flash di momenti e una continua sensazione di appagamento e di godimento. Ricordo che più volte, a turno, i due mi furono sopra per possedermi, prima con dolcezza, poi con foga crescente. Ricordo che uno dei due mi prese da dietro, stendendomi di fianco, mentre baciavo l'altro lingua in bocca, masturbandolo contemporaneamente con la mano. Ricordo di essermi ritrovato carponi, con la testa appoggiata al lenzuolo e le natiche esposte, mentre i due si alternavano con le loro verghe dure in brevi penetrazioni di pochi colpi possenti e veloci nella mia tana oscura, ormai aperta, accessibile, disponibile.
* * * * *
La mano scivolò distrattamente verso il basso. In un attimo ebbi ragione del bottone e della zip dei pantaloni che indossavo. Mi avventurai lentamente verso l'elastico delle mutande, sfiorando i peli arricciati. Presi contatto con la dura carne della mia intimità, che sbucava energico fuori dall’elastico, bagnato. Ma, soddisfatta questa curiosità, la mano non si ritirò. Indugiò ancora, immobile, in quel duro e caldo contatto. Poi, con estrema languida lentezza, cominciai impercettibilmente a muovere su e giù le dita cercando abilmente maggiore piacere.
Respiravo forte. La punta della lingua percorse dolcemente il circuito delle labbra. Gli occhi si persero ancora nel vuoto. La mente tornò a volare. I ricordi non erano finiti.
* * * * *
La luna piena illuminava il deserto disegnando un'atmosfera ultraterrena. Solo i fari della jeep, che avanzava ballonzolando sul suolo irregolare, strappavano squarci di giallastra realtà.
Era l'ultima sera al Cairo, quel pomeriggio ero stato con il capo e non avevo potuto accettare il terzo invito in piscina. Ma i due avevano comunque insistito per avermi fuori a cena.
A bordo della jeep noi tre ridevamo e scherzavamo. I due gemelli, sui sedili anteriori, continuavano a rivolgersi a me con quel misto di arabo e inglese stentato, e ridevano ad ogni frase che dicevano. Capivo appena un quinto delle loro battute, ma ridevo di gusto ugualmente.
Con un'audacia figlia del mio stato di ebbrezza, ero stato l’unico a bere vino, mi sfilai gli slip. Poi, come fosse uno scherzo, le porsi ai miei amici, allungando il braccio verso i sedili anteriori. I due tacquero all'improvviso e si guardarono tra di loro con gli occhi fuori dalle orbite. Li osservavo con un sorriso provocante. Poi i due scoppiarono a ridere. Said s'impossessò di quel bianco indumento e se lo portò al naso, aspirando avidamente. Karim, che guidava, cercò di strappare quel trofeo al fratello. La jeep cominciò a sbandare vistosamente. Mi sentivo eccitato dall’ attuale sensazione di essere nudo sotto i vestiti.
Nel frattempo la jeep aveva superato la cima di una collinetta. Lo spettacolo ci colpì con violenza inaspettata. Karim bloccò il veicolo e spense motore e fari. Tutti e tre scendemmo e ci fermammo a contemplare il panorama.
Davanti a noi le tre piramidi di Giza si ergevano imponenti. Nella penombra lunare non erano visibili i segni dell'erosione del tempo sulle superfici dei monumenti. Risaltava invece la squisita perfezione geometrica di quelle tre costruzioni, come fossero diamanti interrati per metà nella superficie sabbiosa del deserto. Ero rimasto senza fiato, ma anche i due gemelli, che pure dovevano conoscere bene quello spettacolo, fissavano stupefatti la magia di quella visione. Una fresca brezza ci sfiorava piacevolmente. Senza accorgermene, i tre si erano disposti come le tre piramidi: i due gemelli uno di fianco all'altro e io, più piccolo, mezzo passo più avanti alla loro destra. Karim, Said e io come Keope, Kefren e Micerino. Mi mossi con una solennità degna di un antico rito pagano, in stridente contrasto con la scomposta euforia dei minuti precedenti. Presi Karim per mano e ci avviammo verso la jeep, mentre Said ci seguiva a pochi passi di distanza. Mi sedetti accanto al ragazzo sui sedili posteriori offrendo le labbra schiuse a quelle di lui. Mentre ci baciavamo liberai la virilità del ragazzo dai pantaloni e, accarezzandola piano con la mano, ne saggiavo la rigidità.
Poi mi disposi a cavalcioni su di lui. Dolcemente mi calai facendo scivolare il pene duro nel mio voglioso ano, voglioso e accogliente. Danzando languidamente sul giovane mi deliziavo e lo deliziavo con il lento sfregamento delle mie morbide pareti interne. L'altro, nel frattempo, mi aveva aiutato con delicatezza a togliermi tutti i vestiti. Ora ero nudo, completamente nudo, mentre mi concedevo a due uomini, sotto il cielo stellato del deserto.
Mi ricordo del ripetersi, con altrettanta passione, della stessa danza anche sul fallo di Said. Poi, di nuovo i ricordi perdono ogni sequenzialità per trasformarsi in un confuso insieme di sensazioni e di immagini accavallate. Le loro mani che frugavano senza posa. Le loro bocche e le loro lingue che esploravano ogni angolo segreto del mio corpo. I loro peni, sempre miracolosamente rigidi, che accoglievo con gioia, a ripetizione, dentro di me. Gli innumerevoli orgasmi che ogni volta mi costringevano a gemere di passione verso le stelle.
A poche centinaia di metri, la Sfinge non sembrava infastidita da quei suoni, e continuava a scrutare enigmatica nel vuoto. Come da migliaia e migliaia di anni.
* * * * *
Dalla finestra della mia stanza, scrutavo nel vuoto. Al di là dei vetri, la nebbiosa pianura padana in quel pomeriggio invernale non aveva un grande spettacolo da offrirle.
Tornai a rivedere il pacchetto che avevo appena ricevuto per posta, e che aveva ridestato in me la spirale dei ricordi. Un papiro disegnato con grande abilità. Sicuramente da un artista, da un maestro, con una raffinatezza di gran lunga superiore rispetto a quella dei papiri che si vendevano sulle bancarelle della casbah del Cairo. In primo piano una rosa stupenda, rossa, tratteggiata sapientemente nei minimi dettagli. Sullo sfondo le tre piramidi di Giza e la Sfinge. Nel cielo, la luna piena. Sotto, vergata con mano incerta, non abituata alla scrittura occidentale, la scritta "Happy Birthday. With love." Più in basso ancora, in caratteri arabi, le due firme, che riconobbi subito.
Karim e Said.
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore. Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Votazione dei Lettori: 9.3
Ti è piaciuto??? SI NO


Commenti per I due gemelli egiziani:

Altri Racconti Erotici in Gay & Bisex:



Sex Extra


® Annunci69.it è un marchio registrato. Tutti i diritti sono riservati e vietate le riproduzioni senza esplicito consenso.

Condizioni del Servizio. | Privacy. | Regolamento della Community | Segnalazioni