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La prova di ammissione


di Berto747
02.02.2022    |    1.550    |    3 9.7
"Cosa si aspettavano da me? E io, cosa volevo veramente? "Direi..."
Tutto era cominciato poche settimane prima, quando avevo confidato a Luca, un amico con cui da qualche mese avevo una relazione. Era così nata una complicità man mano sempre più intima basata non esclusivamente sul sesso, ma proprio un bellissimo rapporto. Finché un giorno Luca mi disse "Devi assolutamente entrare nel nostro Gruppo!" spiegandomi che lui, insieme a una mezza dozzina di altri suoi amici, faceva parte di una specie di circolo che si incontravano periodicamente a cena e si scambiavano confidenze, supporto, consigli, sulle rispettive esperienze e incontri. Inoltre, c'era l'impegno di aiutarsi l'un l'altro per fornire eventuali coperture e alibi per le situazioni più complicate, quando, e se, ce ne fosse stato il bisogno.
Quando i miei occhi si posarono su quel grosso cazzo duro, comparso all'improvviso nella parte sinistra del mio campo visivo, sobbalzai. Per un attimo ebbi l'impulso di urlare, spaventato. Repressi l'urlo, ma ero comunque lì lì per alzarmi, di solito mi metto seduto a fare pipì, e scappare via, quando nella mia mente scattarono deii collegamenti.
"Dunque di questo si tratta..." pensai.
Mi tornarono quindi in mente le parole di Luca durante il viaggio in macchina verso il ristorante. "Al momento giusto capirai, e te la caverai alla grande, vedrai!" mi aveva rassicurato, in risposta ai miei tentativi di saperne di più su questa misteriosa prova d'ammissione.
Ripensai alla fugace e furtiva occhiata d'intesa che si erano scambiati a tavola pochi minuti prima, durante la cena, quando avevo espresso il bisogno di andare alla toilette. Ripensai alla sollecitudine con cui Luca si era offerto di accompagnarmi. Ripensai anche a come lo stesso Luca mi avesse con dolcezza, ma anche con una certa decisione, sospinto proprio verso il terzo dei tre WC disponibili. Proprio l'ultimo in fondo. Proprio quello confinante con chissà quale piccolo magazzino, o sgabuzzino, o sottoscala, attraverso una sottile parete di cartongesso. Proprio quello con un foro rotondo in quella parete, del diametro di una palla da tennis, a un metro scarso di distanza dal pavimento.
"Io resto qui fuori di guardia," mi aveva detto. "Tu fai tutto quello che devi fare." Parole che ora assumevano un significato diverso. Molto diverso.
Guardai di nuovo l'intruso. Ora ero più incuriosito che ansioso, ma comunque un po' agitato per quella presenza. Un gran bel cazzo, tra l'altro, lo devo riconoscere. La situazione era talmente grottesca che allo spavento iniziale era subentrata una sorta di assurda ilarità. Quel cazzo che veniva fuori dal muro, come una specie di grossolano attaccapanni, aveva qualcosa di innegabilmente buffo. Probabilmente in un altro momento avrei trovato lo scherzo davvero di pessimo gusto, ma il vino bevuto quella sera a cena, ben più di quanto fosse nelle mie abitudini, mi rendeva allegro e spensierato, incline anche a commettere qualche pazzia in più del normale. Inoltre tutti i discorsi fatti a tavola, tutte le confidenze piccanti che ci eravamo scambiati, mi avevano messo in uno stato d'animo tutto particolare.
Così allungai esitante una mano verso quell'ospite inatteso e gli sfiorai appena la pelle con la punta delle dita. Mi sembrò che reagisse positivamente al contatto. Rinfrancato, continuai a far scorrere delicatamente i polpastrelli su e giù lungo l'asta. Il pene si fece più gonfio e duro, puntando orgogliosamente verso l'alto. Davvero un gran bel cazzo, pensai di nuovo, ancora più convinto.
Lo afferrai. Era piacevole sentirlo così caldo e duro nel palmo della mano. "E cosa dovrei farci adesso, secondo loro? Forse prenderlo in bocca...?" Pensai. Probabilmente in questo consisteva la prova. Un pompino. Non era una sfida che mi potesse spaventare. Sapevo bene come far impazzire un uomo in quel modo. E recentemente con Luca, avevo scoperto e provato nuove abilità.
Stavolta però mi trovavo a farlo con un perfetto estraneo. Un uomo che probabilmente non lo avrei mai nemmeno visto in faccia. Eppure questa circostanza, invece di scoraggiarmi, mi dava uno strano brivido trasgressivo. Non potevo avere la minima idea di chi fosse e come fosse l'uomo di cui stavo tenendo il cazzo nella mano. Magari era anche un bel figo, pensai. E comunque, non posso tirarmi indietro.
Accumulai un po' di saliva tra le fauci, al fine di attutire l'impatto con un eventuale sapore sgradito e, facendomi coraggio, abbassai la testa e imboccai la cappella. Non ce ne sarebbe stato bisogno. Era un cazzo pulito, ben lavato. Pronto all'uso. Sapeva e odorava semplicemente di cazzo, come era giusto che fosse. Un buon sapore di cazzo, ammisi mentre davo le prime succhiate, cominciando a nutrire il sospetto che questa prova d'ammissione mi sarebbe risultata tutt'altro che spiacevole.
Il cazzo riconobbe il contatto umido e si irrigidì ulteriormente. Mi staccai compiaciuto. "Ti piace, eh?" sussurrai pianissimo. Probabilmente continuando in quel modo avrei espletato la pratica in modo molto rapido. Decisi invece di fare le cose con maggior cura e senza fretta. Ci tenevo a dimostrare la mia bravura. "Lascia fare a me" sussurrai ancora, "non avrai di che lamentarti", e cominciai a lavorare sapientemente di lingua sulla punta. "Sono pazzo... Ma con chi sto parlando?... Con un cazzo?". L'uomo non sarebbe mai riuscito ad ascoltare i miei flebili sussurri, né volevo che lui li ascoltasse. Quel muro stabiliva una sorta di tacita convenzione: quella di evitare qualsiasi interazione personale, fatto salvo lo stretto indispensabile. Io non intendevo violarla. Non volevo aver nulla a che fare con l'uomo al di là del muro. Preferivo far finta che non esistesse. Per me, a tutti gli effetti, non esisteva. Esisteva solo quel cazzo che stavo omaggiando con la lingua e le labbra. Un cazzo senza padrone. Il Cazzo allo stato puro.
Già. Cos'altro poteva esserci di più adeguato come rito di iniziazione per far parte di un circolo
"Sto sbocchinando uno sconosciuto nel bagno di un ristorante come l'ultima delle puttane."
Fatto sta che la situazione, sia che la interpretassi come sacro rito di iniziazione, sia che la vedessi come atto degradante e squallido, mi stava eccitando. La vaga sensazione di pulsazione che avevo cominciato a sentire dalle parti basse, era un sintomo molto significativo.
Ero ancora seduto sul water quando fui costretto a portare una mano tra le cosce, continuando a succhiare il cazzo, per tenere il mio cazzo piegato, perché l’erezione che stavo avendo lo portava a contatto delle pareti del water, e mi faceva schifo. Il contatto con la mano mi diede una piacevole sensazione e mi ritrovai a estrarlo da quella posizione scomoda a prenderlo saldamente e a farla scorrere su e giù. "Tanto non mi vede nessuno..."pensai.
Cominciai a risentire di quella scomoda posizione. Cominciavo a sentir tirare i muscoli del collo. Staccai un attimo la presa della bocca guardandomi frettolosamente intorno.
Il pavimento sembrava abbastanza pulito, ma era pur sempre il pavimento di un cesso di pubblico utilizzo. Presi allora il rotolo di carta igienica formando una specie di improvvisato tappetino di carta a più strati, posto sulla verticale del buco nel muro. Quindi mi inginocchiai ai piedi del fallo. "Questa sì che è la posizione più consona per il rito sacro" .
Il Fallo aveva aspettato impassibile, sempre teso e puntato obliquo verso il soffitto, scosso da piccole vibrazioni. "Eccomi di nuovo da te" gli sussurrai con dolcezza, subito prima di tornare a imboccarlo avido, tenendolo con la mano sinistra. La destra invece era tornata a massaggiare il mio cazzo.
L'eccitazione tornò a crescere con prepotenza. La sensazione di insolente invasione dell'intimità orale da parte di quel pezzo di carne maschile, duro e caldo, sconosciuto e misterioso. L’effetto delle convulse carezze che mi stavo regalando da solo. Mi riuscivo a raffigurare mentalmente la scena in cui ero immerso, come se potessi vedere dal di fuori, e l'effetto era sconvolgente. Un uomo, in ginocchio sul pavimento di un cesso, con le mutande spiegazzate intorno alle caviglie, a sollazzare oralmente il cazzo duro di un estraneo che veniva fuori da un buco nel muro. Con tutto il corpo che si muovevs assecondando sinuosamente il movimento della testa. Riuscivo a vedermi mentre si davo da fare di labbra e di lingua su quel grosso membro, senza riuscire a trattenere gemiti e mugolii, così preso dall'atto, da non resistere alla tentazione di masturbarmi. Poggiato su un mucchio di carta igienica ruvida, a pochi centimetri dalla tazza da cui esalava l'odore della mia stessa urina. Era tutto così sporco, così assurdamente perverso, e proprio per questo tremendamente eccitante. Mi accorsi che avevo bagnato la carta sotto di me dei miei umori. "Che troia spudorata che sono..." presi a ripetermi. Le prime ondate dell'orgasmo incipiente cominciarono a salire lungo l’asta e non feci niente per frenarle. La mano destra si muoveva come impazzita sul cazzo, finché l'orgasmo esplose. Lo accompagnai con rumorosi ansiti. Stavolta l'uomo probabilmente mi avrà sentito. "Non mi interessa... voglio che sappia che sto godendo... voglio che sappia che razza di troia che sono..." pensai, perso nei fumi del piacere, ricavandone un'ennesima scossa di eccitazione.
Qualche secondo dopo tornai in me, col fiato grosso e la testa che girava. "Sono proprio pazzo..." mi accusai per l'ennesima volta. Il cazzo era ancora lì, sempre teso e duro, in attesa, con l'aria imperturbabile. Sentì una nuova vampata di desiderio.
Gli orgasmi procurati da stimolazione esterna mi stordivano deliziosamente, ma poi mi lasciavano un senso di vuoto. La voglia di qualcosa che mi riempisse. "Non qualcosa…Un cazzo, possibilmente..." E ora volevo sentire dentro di me quel grosso cazzo che sporgeva dal muro. A tutti i costi.
Allora mi girai chinandomi in avanti, appoggiando le mie chiappe al muro e le mani sulla tazza. Andava bene. Ma non benissimo. Aiutandomi con una mano da sotto le gambe riuscii a infilarmelo dentro, sì, ma scomodamente e solo per pochi centimetri. Un sollievo troppo piccolo rispetto alla voglia di sentirmi riempito. D’istinto cominciai a ondeggiare avanti e indietro contro il muro, ma alla minima oscillazione appena più accentuata il cazzo sgusciava fuori, costringendomi a nuove contorsioni per infilarlo nuovamente.
Tornai a toccarmi davanti, cercando nel frattempo di strizzare i muscoli anali per sentire meglio possibile quel prezioso troncone di cazzo che riusciva a tener dentro. Poco dopo arrivò, un altro orgasmo duro e faticoso, devastante.
"Sì, ora penso anche a te..." sussurrai dolcemente al cazzo appena ripresi fiato. Il cazzo era teso all'inverosimile, ancora più bello a vedersi con la punta lucida, probabilmente non lontano dall'esplodere a sua volta nell'orgasmo. Era giustissimo che ora fosse lui a godere. E piuttosto in fretta. Non potevo restare in quel cesso tutta la sera.
Tornai quindi in ginocchio a succhiarlo con passione e devozione, masturbandolo in contemporanea con la mano. Ogni tanto staccavo la bocca per poter muovere più velocemente il braccio, limitandomi ad accompagnare qualche colpo di lingua sulla punta. Proprio in uno di questi momenti il cazzo esplose in una pioggia di schizzi di sperma. Ero imbrattato sul viso, sul collo, tra i capelli. Tornai a imboccare la punta per succhiare gli ultimi fiotti. Poi mi dedicai a ripulirlo tutto con la lingua, incurante dello sperma che avevo addosso che stava colando dappertutto.
Finito il trattamento, il cazzo rientrò e scomparve silenziosamente nel buco nero. Una porta si aprì e si richiuse, e il locale dall'altra parte del muro tornò nell'oscurità. Restai qualche secondo in ginocchio, come inebetito. Man mano che tornavo lucido mi riusciva difficile accettare quello che era successo. Mi sentivo piuttosto sconvolto. Cominciai a raccogliere la carta igienica da terra e a usarla per cercare di pulirmi. Con scarsi risultati. La carta ruvida e secca assorbiva poco e lasciava una fastidiosa sensazione di appiccicoso. A quanto pare i vestiti erano miracolosamente salvi, ma avevo assolutamente bisogno di sciacquarmi per bene nel lavandino che era appena fuori.
Mi ricomposi, per quanto potevo, cercando di assumere un'espressione di indifferenza. Girando la chiave uscii. Dall'altra parte c'era Luca, che aspettava con un briciolo di preoccupazione nello sguardo.
"Tutto bene?"
"Direi di sì, tutto sommato..." risposi freddamente, ma ostentando tranquillità. "D'altra parte... immagino che anche tu avrai fatto la tua prova d'ammissione a suo tempo... quindi puoi farti un'idea..."
Luca restò basito. "Prova d'ammissione? Ma di cosa stai parlando?"
Sentii sprofondare la terra da sotto i piedi.
Luca continuò. "La prova d'ammissione ci sarà, ma dopo cena... Dovrai leggere una specie di giuramento... è una cazzata tra di noi, per farci due risate... Cosa c'entra la prova d'ammissione con l'andare al cesso in un ristorante?"
Ero confuso. "Io... Volevo dire... Niente... Lascia perdere... Scusami un attimo... Mi lavo le mani..." e mi diressi barcollante verso il lavandino.
"Sei sicuro di sentirti bene? Ti vedo un po' strano... Sei rimasto quasi un quarto d'ora dentro quel cesso... Mi è perfino sembrato di sentire dei lamenti... Stavo per andare in cerca di aiuto..."
"No... no... sto bene... arrivo subito..."
Dallo specchio si rifletteva un viso incredulo e disperato. Santo cielo, cosa ho combinato. Ma ti rendi conto? Come ho potuto fare una cosa così schifosa? Ma cosa mi ha preso? E come se non bastasse c'era quel gusto dolciastro in bocca e la sensazione di sporco e appiccicaticcio addosso a ricordarmi l'enormità di quello che era appena successo. Sentivo di puzzare di cazzo e di sperma come un avanzo di bordello, come faceva Luca a non accorgersene? Non potevo nemmeno lavarmi il viso e il collo come avrei voluto, per non destare sospetti. Luca continuava a guardarmi perplessa a pochi passi da me. La situazione giustificava solo la rapida sciacquata di mani che era di prassi.
Durante il tragitto per tornare al tavolo, squadravo con angoscia ogni uomo vedessi intorno chiedendomi "sarà lui?" Ero terrorizzato dalla possibilità che da un momento all'altro qualcuno mi indirizzasse un'occhiata d'intesa, un sorriso complice, una strizzata d'occhio, magari un commento ad alta voce. Sarei schiattato all'istante, per la vergogna e per l'umiliazione.
Intanto gli altri erano intenti in chiacchiere, e le bottiglie di vino erano sparite, sostituite da altre. L'argomento di conversazione non era difficile da intuire. Li odiavo con tutto il cuore. Loro e il loro maledetto gruppo. Per colpa loro era successa quella cosa tremenda e orribile. Colpa loro? Colpa mia... Santo cielo, cosa ho combinato... Stupida troia che non sono altro...
Ripresi il mio posto a tavola, ma appena mi sedetti la conversazione si troncò bruscamente e tutti gli sguardi si puntarono su di me.
"Tutto a posto? Eravamo preoccupati... Tutto questo tempo..." chiese Andrea.
"Sì, sì... tutto a posto... tutto a posto..." mi affrettai a rispondere.
"Tutto a posto, dici?" intervenne Marco, con uno sguardo ironico e malizioso. "Ma come sarebbe a dire? Fai un pompino a uno sconosciuto nel cesso del ristorante e non ci racconti niente? Non è mica questo lo spirito con cui si sta nel Gruppo, caro mio!"
Mentre tutti scoppiarono a ridere, mi girai adirato verso Luca, che fece un gesto di scusa. "Ora posso dirtelo: so bene come ti senti. Anche io ci sono passato, e anche a me poi hanno fatto credere che non ne sapevano niente!"
Improvvisamente mi sentì sciogliere, e cominciai a ridere anche io. "Siete pazzi, totalmente pazzi..."
"Silenzio!" disse Max dopo qualche secondo, elevando la voce sopra il coro di risate. Alzò con gesto solenne il suo cellulare, leggendo sul display un SMS appena arrivato. "Ricevo in questo momento una comunicazione importante. A quanto pare, il nostro novizio, se l'è cavata alla grande. Leggo apprezzamenti entusiastici. Bene! Hai superato la prova d'ammissione a pieni voti, e con lode! Ora fai parte ufficialmente del nostro Gruppo!" E qui partì l'applauso di tutti.
Max continuava a leggere dal display del cellulare. "Qui qualcuno scrive che gli piacerebbe moltissimo fare un bis, prima o poi... Cosa gli rispondo?"
"Ma wow!" "Abbiamo fatto conquiste!" "Mica male!" commentarono gli altri.
Tutti gli sguardi tornarono a posarsi su di me, in attesa della risposta. Esitai un attimo. Cosa si aspettavano da me? E io, cosa volevo veramente?
"Direi... direi che se ne può parlare" risposi timidamente. "Ma assolutamente non... nello stesso modo... se è chiaro cosa intendo dire..."
Il tavolo approvò all'unanimità. "Ottima risposta!" "Mi sembra giusto!" "Bravo!"
"Bene," disse Max, pigiando con le dita sui tasti per comporre il messaggio. "Gli mando la tua risposta... e il tuo numero." E così fece, mentre il chiacchiericcio tornava a salire di tono.
Mi chinai di lato verso Luca: "Ma chi è? Tu lo sai?" gli chiesi a bassa voce.
"Non ne ho la minima idea. Ognuno di noi ha avuto un... ehm... un volontario diverso, per la prova. Non ho mai saputo chi fosse il mio. È la prima volta che succede questa cosa del bis. In un certo senso è carino da parte sua. Voglio dire, piuttosto che farsi fare il servizietto e sparire nel nulla, no? Devi proprio aver fatto colpo..."

Non avevo considerato le cose da quel punto di vista, ma il ragionamento di Luca era abbastanza gratificante. Proprio in quel momento, quasi completamente coperto dal vociare intorno, un breve suono annunciava l’arrivo di un SMS. Il tizio non perdeva tempo. Sorrisi dentro di me. Lo avrei letto tra qualche minuto. Con tutta calma. Avrai pure il tuo bis prima o poi, mio caro, pensai, ma dovrai sudartelo un po' di più. Che diamine!
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