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I miei anni universitari - Parte Quinta


di dolcementemotivo
29.12.2023    |    2.957    |    4 9.1
"Sola, sul marciapiede, vestita del mio minuscolo abitino attillato, sentivo il freddo della sera impadronirsi del mio corpo inerme, gelandomi le gambe e..."
Questa è una storia che racconta una parte di vita veramente vissuta, scritta con eleganza erotica, senza pornografia esplicita o termini volgari
Se pensate sia il solito racconto per cui vorreste eccitarvi e per/o masturbarvi,

NON LEGGETELO: NON FA PER VOI!

-Assolutamente non è il tipico racconto a carattere pornografico-
Soffrirete, piangerete, griderete, esulterete con me...
Non sono propensa a scrivere un racconto di vita vera inserendovi forzatamente storie di solo sesso in maniera esplicita e volgare, quindi se cercate racconti di questo tipo, vi prego di andare oltre.
Chi invece vorrà “vedere” uno scorcio della mia vita, accomodatevi e buona lettura.
Grazie

Per motivi di privacy i nomi sono di fantasia e sono diversi dalla realtà

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I miei anni universitari

=== Parte Quinta ===


Eravamo in pieno inverno e correva una tipica influenza virale di provenienza asiatica.
Molte persone si ammalarono quell’anno ed anche il mio caro amico Enrico contrasse questa malattia accompagnata da una brutta febbre, non avendo medicine con lui, lo rassicurai che sarei andata in farmacia per comprargliele.
Ormai uscivo vestendomi sempre enfemme e quel giorno indossavo un mini abito, con sopra un cappottino lungo di lana nera, le mie gambe erano coperte da calze appena velate di colore scuro, ai piedi calzavo degli stivaletti con tacchi comodi da cinque centimetri.
Con una passeggiata veloce raggiunsi la vicina farmacia, aspettando tranquillamente il mio turno dietro una delle tante file di persone.
Quando toccò a me, dal bancone dei farmaci, attesi di rivolgermi ad un ragazzo che era girato di spalle, ancora intento a posare qualcosa e di cui notai subito quanto fosse più alto di me, nonostante fossi abbastanza alta e portassi pure i tacchi.
Erano in tanti nel servire dietro al bancone e mi capitò proprio costui, che nel momento di voltarsi verso di me, gli chiesi gentilmente se poteva aiutarmi.
Egli, nel voltarsi, mi diede la sensazione come se il tempo rallentasse, posando sui miei occhi il suo sguardo sereno e così dolce, che mi annichilì all’istante.
Aveva i capelli lunghi e mossi, un viso bellissimo, i suoi occhi marroni tenui mi davano sensazioni buone, il suo sguardo, serenamente compiaciuto di vedere la mia figura, era colmo di sensualità maschile, infondendomi sensazioni rassicuranti come un tenero, caloroso, grande abbraccio.
Fu un fulmine a ciel sereno sicuramente per entrambi, ma in special modo per me, stravolgendomi completamente fino a farmi respirare affannosamente e balbettare frasi senza senso compiuto.
Completamente confusa e incapace su cosa fare, sorrisi e abbassai lo sguardo mentre dondolavo la testa in segno di dissenso, scusandomi per l’imbarazzo arrossii vistosamente.
Quel ragazzo, senza distogliere lo sguardo su di me, sorrise pacatamente, asserendo che sicuramente mi trovavo lì perché sicuramente avevo necessità di comprare delle medicine, chiedendomi inoltre se fossi ammalata e bisognosa di cure.
Imbarazzatissima, mi sforzai di rispondergli che mi necessitavano farmaci per un mio amico che aveva contratto l’influenza stagionale tanto reclamizzata dai media ed aveva una forte febbre.
Mise sul bancone degli antipiretici e altri medicinali, di cui consigliò la corretta posologia senza che io riuscissi minimamente ad ascoltarlo o comprendere alcunché.
Egli, ammiccando con gli occhi, ribatteva su quanto fosse fortunato il mio amico ad avere un’amica così premurosa e teneramente carina.
Mi sentivo come un pesce fuori dal suo acquario, ancor più imbarazzata mi convinsi a comprare quei farmaci e me ne andai senza riuscire a dire altro se non un semplice ringraziamento.
Uscendo dalla farmacia mi resi conto di quanto fossi stata scioccamente inconcludente e troppo emozionata, rimproverandomi di essermi comportata come una stupida verginella al suo primo batticuore davanti al suo principe azzurro.
Nonostante fossi andata a letto con molti uomini, mi capitò una strana occasione in cui mi rivelai incredibilmente timida, imbarazzata, solamente per aver percepito una sottile ma speciale affinità con uno sconosciuto, tale da devastare il mio raziocinio e rendendomi stupidamente inerme di fronte alla forza più grande dell’Universo, nel timore di potervi ricadere.
Andai da Enrico per portargli le medicine, raccomandandogli di curarsi, inoltre gli preparai una tazza di the caldo rigorosamente senza zucchero, in cui sciolsi del miele, aggiungendogli una spremuta di limone.
Lo lasciai con mio grande senso di soddisfazione per averlo aiutato, ma non potei evitare di pensare continuamente a quel che mi successe poco prima in farmacia, per cui decisi di ritornandovi nuovamente, speranzosa di rivedere quel ragazzo, purtroppo, senza successo.
Sebbene vi ritornai in diverse altre occasioni, non riuscii più a incontrarlo e sebbene fossero passati solo alcuni giorni, mi sembrò come scomparso nel nulla, provando tristemente una delusione drammaticamente amara.
E’ notte fonda, cammino velocemente sui miei tacchi su strade larghe e desolate, fuori c’è molta umidità e un freddo micidiale, ho le gambe coperte dai miei collant pesanti con i miei stivaletti, un abito corto in lana e sopra a tutto un bel cappottino nero con bavero alto a fasciarmi il resto.
Purtroppo, incontrarmi di sera nelle abitazioni dei miei partner occasionali, significava ritornare nella mia a piedi, senza che chiedessi loro di accompagnarmi, poiché non avevo intenzione di far sapere dove abitassi e ritrovarmi con una fila di spasimanti fuori dalla mia porta.
A quell’ora gli autobus erano molto diradati nella loro disponibilità e significava aspettare almeno oltre un’ora per l’ultima corsa della notte, inoltre non potevo nemmeno dormire a casa dei miei partner ospitali, ne tanto meno potevo aspettare oltre un certo orario, perché l’indomani dovevo alzarmi per seguire le lezioni all’università.
Camminavo velocemente, quando, oltre al rumore dei miei tacchi sul marciapiede, udii a malapena dei rumori confusi alle mie spalle, incutendomi non poco timore, ma su cui mi volli convincere fossero solamente suggestione prodotta da ansia e panico, che materializzandosi come un vecchio spettro sdrucito proveniente da un brutto passato era capace di insinuarmi dubbi e paure, spesso rivelandosi fortunatamente infondate e surreali, ma che in quel momento riuscivano a corrodere la mia fragile fiducia in me stessa.
Altre volte mi avviai a piedi sullo stesso percorso di sera, ma mai mi capitò di fare così tardi come in questa occasione.
Adesso sentivo più distintamente quei rumori, convincendomi ormai che non fossero frutto di una mia fantasia, quando compresi che erano il suono di un autoveicolo che speditamente si avviava nelle mie vicinanze.
Il leggero rumore del veicolo proveniente dal lato della strada, come se volesse intenzionalmente passarmi vicino, mi incuteva terrore, come se potesse ripetersi la trama di un vecchio incubo.
Continuando imperterrita nella mia andatura spedita, senza rivolgere lo sguardo altrove, se non unicamente verso la strada che stavo percorrendo, sentii l’arresto della vettura e lo scendere di qualcuno che fortunatamente, dopo averla semplicemente parcheggiata, si allontanò da me per poter rincasare, proprio come volevo fare io.
Finalmente mi tranquillizzai tirando un sospiro di sollievo, mentre con un immaginario monologo con me stessa, incolpavo la mia folle ansia di aver costruito chissà quali mostri ad aspettarmi al varco e maledicendo tutte le mie paure, continuai a tirare dritta per la mia strada.
Ero ormai nei pressi del portone del mio palazzo, di stile antico e abbastanza vetusto, con un grande portone in legno in cui lateralmente era ricavata una porticina pedonale.
Per il panico appena provato, volli entrare senza soffermarmi all’ultimo minuto e perdere istanti preziosi, così anticipai i tempi e mi misi velocemente a cercare e tirai fuori le chiavi dalla mia borsetta, quando mi senti nuovamente preda delle mie fobie, percependo distintamente in quel preciso istante, una inquietante presenza come se mi stesse osservando alle spalle, cercando, tuttavia di convincermi che anche stavolta fosse una delle mie solite costruzioni mentali, prendermi in giro per sdrammatizzare la situazione del momento spiacevole.
Non avrei voluto accertarmi di quella strana sensazione, ma avvertivo il bisogno di conoscere la realtà della situazione, quando volli girarmi lo stesso a guardare dall’altra parte della strada.
Nell’oscurità vidi distintamente i contorni di una grande ombra ferma che stava osservandomi, togliendomi d’un tratto il fiato, rendendomi incapace di gridare e in preda al terrore.
Nella speranza di sopravvivenza e istinto di conservazione per la mia persona, cercai di riprendermi e infilare la chiave nella serratura, che purtroppo, con mio grande stupore e incredulità non volle assolutamente entrare nella toppa!
Presa dalla disperazione per aver sbagliato chiave, mi sforzai nell’oscurità, raffrontando velocemente le altre nell’intento di riuscire a trovare quella giusta, quando in quell’istante preciso, percepii il tizio muoversi, dalla zona d’ombra in cui si trovava fermo, per avvicinarsi con passo lento verso di me.
I suoi lenti e rumorosi passi scandivano i secondi, sentendo che stava avvicinandosi sempre più a me, quando finalmente riuscii a trovare quella giusta, infilai la chiave nella serratura, riuscendo ad aprire il portone e chiuderlo rapidamente alle mie spalle con tutta la mia forza seppur molto esigua.
Mi sentivo salva e col fiato profondo, percependo un bruciore alla gola accompagnato da una generale sensazione di malessere.
Grazie alla fioca luce di cortesia di una piccola lampada sempre accesa di notte, mi avvicinai all’interruttore generale della luce e finalmente acceso, illuminai bene l’androne interno, per incamminarmi velocemente su per la scala con le mie lunghe gambe tremolanti, appoggiando le mie mani nervose, sul corrimano della ringhiera metallica, con fare svelto, piano dopo piano, raggiunsi il pianerottolo con davanti la mia amata porta di casa.
Una volta dentro, sentii il tenero miagolio della mia dolce Molly, che venne incontro per salutarmi.
La presi teneramente in braccio, facendomi lenire il disagio del forte spavento provato, poi girandomi, rivolsi lo sguardo altrove e mi misi a guardare dai vetri delle mie finestre per vedere chi fosse lo sconosciuto che quasi mi sorprese alle spalle, ma con mio grande stupore, notai che in strada non vi era presente più nessuno! eppure quella figura non avrebbe potuto nascondersi, ne tanto meno fuggire in tempi così rapidi.
La strada dove abitavo era un lungo costeggiare continuo di palazzi, senza anse o nascondigli, inoltre da un crocevia all’altro vi era un’enorme distanza, che a piedi, anche correndo come forsennati, era praticamente impossibile percorrerla in poco tempo.
Mi arresi pensando che fosse stato solamente una mia suggestione, talmente potente da ingannare i miei sensi e materializzare quelle che rappresentavano essere le mie paure più profonde.
Sospirai profondamente, appannando quei vetri dove appoggiai la mia fronte, andai in bagno struccandomi velocemente, mi lavai sotto una doccia calda per finire sotto le mie coperte del mio letto, con accanto la mia dolce gattina a farmi compagnia.
L’indomani mattina mi alzai indossando una maglia beige, abbinata ad una minigonna dello stesso colore, il mio giubbotto corto in jeans di colore nero, dei collant pesanti e scuri, calzando infine degli stivaletti dello stesso colore dei miei abiti.
Era una bella giornata tiepida e dopo aver frequentato le lezioni all’università, tornavo a casa facendo il lungo tragitto a piedi, godendomela come una lunga passeggiata. Ma proprio quando fui in strada, mi sentii salutata da qualcuno, completamente sorpresa, mi girai di scatto quando vidi proprio il ragazzo della farmacia, col sole che balenando dietro le sue spalle, attraversava i suoi lunghi capelli, abbagliando i miei occhi.
Si presentò e il suo nome era regale come il suo aspetto. Luigi era vestito con un gran bel giubbotto di pelle nera in stile aviere, pantaloni beige scuri e grandi scarponi neri.
Mi presentai anche io, dicendogli che ero contenta di averlo ritrovato, ma ero stranita quando mi disse che volle scusarsi per la notte scorsa, quando mi vide e senza volerlo mi spaventò.
Rimasi come impietrita e stupita, dopo un attimo compresi solo ora chi fosse la misteriosa presenza di quella famosa notte! Mi spiegò che nei pressi di casa mia abitavano dei suoi amici con cui aveva cenato quella sera e quando a tarda ora ne uscì, gli sembrò una sorpresa vedermi lì davanti a lui.
Avrebbe voluto presentarsi, ma non vi riuscì e per l’ora molto tarda non avrebbe voluto disturbarmi oltre, magari per evitare di spaventarmi proprio come invece successe.
Mi sentii annichilita e molto stupida per aver perso un’occasione del genere, quando impiegai molto tempo a cercare d’incontrarlo in farmacia e per come mi comportai quella notte, invece avrei potuto conoscerlo prima. Scusandomi per la magra figura, fui rassicurata da Luigi, che sorridendo dolcemente, mi rincuorava dicendomi che chiunque al mio posto avrebbe evitato di approfondire la conoscenza con un’ombra poco rassicurante in un’ora buia e per di più in una strada solitaria.
Sorridevo genuinamente, ma anche se cercavo di nascondere la mia stanchezza ero visibilmente debole e affamata. Luigi, come se avesse letto nei miei occhi le mie debolezze e notato le mie necessità, mi propose col suo fare gentile e quieto, di andare insieme a mangiare qualcosa, ma declinai l’invito rispondendogli che non volevo disturbarlo oltre, tuttavia, Luigi insistette perché aveva finito di lavorare e non gli piaceva andare a mangiare tutto solo, inoltre avrebbe desiderato conoscermi meglio con la scusa di offrirmi il pranzo.
Accettai, ma lo pregai di aspettarmi un attimo per salire a casa mia, posare i libri e darmi una veloce sistemata, ma quando scesi, volando dalle scale, mi indicò di andare con la sua motocicletta lasciandomi un po’ basita.
Rimasi sorpresa e impaurita, vidi una enorme motocicletta, una Ducati Monster tutta nera e minacciosa per me, poiché avevo paura delle “due ruote” potenti e veloci.
Per il mio punto di vista, tutto ciò che ha solo due punti di contatto su un piano a tre dimensioni, senza un terzo punto d’appoggio non è in equilibrio, quindi è perennemente in bilico e risulta destinato a cadere prima o poi.
Mi prestò un casco, me lo allacciò, mi fece vedere come si saliva su una moto e in breve, con non poco timore, fui in sella.
Accesa la motocicletta, il forte rombo del motore, accompagnato dal rumore sinistro dei suoi meccanismi in rotazione, mi fece deglutire e per la fifa mi aggrappai così forte a Luigi che dovette rassicurarmi che sarebbe andato piano e che mi avrebbe fatto godere la passeggiata.
Avviati sulla strada, fui subito rassicurata dal suo stile di guida calmo e rilassato, dandogli pienamente ragione per la grande sensazione di libertà che avvertivo fluire dentro di me, come se un fiume attraversasse la mia anima, confortandomi nel sentire una sensazione di serena beatitudine, mentre l’aria carezzava gentilmente il mio viso.
Per la prima volta guardavo il mondo da un’altra prospettiva, ammirando tutto ciò, attraverso i miei grandi occhi curiosi per la nuova esperienza.
Abbracciandomi gentilmente a Luigi, dovevo riconoscergli che ci sapeva fare con me e sebbene ci conoscevamo da poco, mi aveva letteralmente colpita infondendomi subito fiducia e sicurezza.
In poco tempo, sgattaiolando agilmente nel traffico e come se stessimo danzando nelle curve con la stessa grazia dei ballerini di un opera lirica, arrivammo vicino ad un locale sul lungomare, non credendo affatto che Luigi fosse disposto a spendere molti soldi in quell’occasione per una perfetta sconosciuta, qual ero io.
Personalmente mi sarei accontentata anche di mangiare un panino preparato da una qualsiasi salumeria, del resto sono solamente una studente che si era sempre accontentata di un veloce ed economico pasto frugale. Luigi, invece mi portò in un bel ristorante, meravigliandomi per come Luigi mi stava trattando, notando nettamente che ci teneva a me, anche se ancora non ci conoscevamo affatto del tutto.
Mangiammo un primo ed un secondo a base di pesce, il tutto, accompagnato da un bel vinello bianco molto fresco conservato in un contenitore metallico pieno di ghiaccio.
Usciti dal locale passeggiammo a piedi, godendo entrambi della bella giornata soleggiata, ed io della sua raggiante presenza.
Ringraziandolo per tutto, gli dissi imbarazzata che non vi era bisogno di spendere così tanti soldi per una semplice studente universitaria come me, sapendo che il ristorante sarebbe costato molto caro, ma Luigi replicò quanto per lui fosse un piacere avermi accanto.
Io rimanevo quasi spiazzata, ma soprattutto imbarazzata perché capivo che ai suoi occhi apparivo come una donna, quando in mezzo alle mie gambe non lo sono affatto, desiderando in quel momento che il mio sesso scomparisse all’istante.
Luigi mi vide fortemente angosciata e mi chiese garbatamente se vi fosse qualcosa che non andasse bene per un suo errore o che magari avesse frainteso.
Facendomi un enorme coraggio gli confessai che ero io il problema, poiché ero una studente universitaria che si pagava gli studi prostituendosi, continuando a frequentare molti partner occasionali per fare sesso occasionale e che non ero una donna.
Presa da profonda tristezza, incapace di reggere il suo sguardo incredulo, mi coprii il viso e mi misi a piangere, allontanandomi subito da lui.
Cosa potevo pretendere d’altronde? Al massimo una scopata! Sono solamente una travestita e non mi andava assolutamente di ingannare un ragazzo educato, molto per bene e gentile.
Sono una persona dai pensieri molto indecenti e a tratti quasi pornografica, ma non sono mai stata cattiva e mai avrei voluto approfittarmi di Luigi.
Sentivo i rimproveri della mia coscienza che urlava additandomi di essere semplicemente una prostituta, sempre in calore per le frequenti voglie di consumare rapporti sessuali occasionali.
Pensieri opprimenti che avevo creato per mia colpa, unica artefice delle mie debolezze, non potei fare altro, mentre piangevo, di incamminarmi a piedi, seppur lontana, verso la strada di casa mia.
Luigi mi corse incontro raggiungendomi e fermandomi, con delicatezza prese entrambe le mie mani giunte e me le baciò, asciugò le mie lacrime, rassicurandomi che voleva accompagnarmi a casa.
Gli replicai, pregandolo che, sebbene fosse un vero gentiluomo, avrebbe dovuto abbandonarmi lì e lasciarmi sola, poiché non meritavo le sue attenzioni, ne tanto meno di averlo accanto.
Col suo modo sereno e pacato, Luigi mi guardò con i suoi occhi dolci sussurrandomi di fare silenzio e di salire sulla sua moto.
Ritornati davanti al portone di casa mia, proprio sul punto in cui ci incontrammo, tolsi il casco e mantenendo la mia testa bassa, rivolta sul pavimento stradale, sconfortata da profondi sensi di colpa, con una fievole vocina lo ringraziai per il pranzo e la sua nobile gentilezza, quando Luigi sollevò delicatamente il mio viso e guardandomi negli occhi lucidi, mi disse che aveva intuito qualcosa sul mio genere di appartenenza, poiché egli era un dottore e alcuni tratti del mio viso gli indicavano chiaramente chi e cosa fossi, anche se, a suo dire, era ancora incredulo per la grande bellezza che non smetteva di ammirare anche adesso.
Inoltre stava scoprendo la mia persona nel mio intimo più profondo, il mio carattere, il mio modo di essere, che apprezzava e che lo stava conquistando sempre di più
Nonostante la realtà spiattellata duramente mi sorpresi che fosse ancora lì davanti a me, dispiaciuta e come per porre rimedio gli chiesi cosa pretendesse veramente da me domandandogli senza pudore se desiderasse solamente scoparmi.
Luigi sorrise pacatamente, annuendo con un sicuro sì e confermando che non lo avrebbe fatto solo una volta o per un giorno, ma per tutta la vita se gli fosse stato possibile.
Presa alla sprovvista di quanto avevo appena sentito, con un nodo in gola e con molta fatica gli chiesi se desiderava salire a casa mia, ma Luigi, indossando il suo casco, rispose semplicemente: -”non oggi...”-.
Continuando a guardarmi negli occhi mentre si allontanava da me, accese la sua moto e col potente rombo del suo motore, vi salì sopra e andò via, lasciandomi incredula e stupita, eppure al tempo stesso stranamente felice di essere stata rifiutata per la prima volta nella mia vita.
Per alcuni giorni non riuscii ad incontrarlo e tra gli studi e le numerose faccende di casa come pulire, cucinare, fare la spesa, lavare, stirare, avevo tempo per me stessa solo la sera, almeno per la cura e il benessere della mia persona.
Enrico mi incontrò in facoltà e fu la mia salvezza a propormi di uscire con tutti gli altri studenti che già conoscevo da lunga data. Contenta di distogliere i miei pensieri da Luigi e di spezzare la monotonia, accettai di buon grado, ritrovandomi insieme ai miei amici al locale dove era installato anche un karaoke.
Ero vestita con un abitino corto e attillato di colore grigio, calze velate scure, scarpe comode con tacchi da cinque centimetri, con i miei capelli lunghi, folti e sciolti che ormai arrivavano all’altezza delle mie natiche e un buon make-up, venivo notata da tutti costituendo una bellezza mediterranea molto attraente.
Insieme ai miei amici, ci trastullavano a canticchiare in cui il divertimento era assicurato dalle nostre evidenti stonature come complici in un’allegra combriccola, che con la scusa di un bicchiere di vino e un po’ di pizza, ci regalavamo un po’ di felicità e spensieratezza.
Dopo esserci esibiti, ci sedemmo ad ammirare gli altri, che al contrario di noi, dimostravano serietà e bravura, alcuni dimostrando di essere dei veri professionisti.
Ero divertita ed euforica, quando parlando con Enrico della sbandata che presi per un ragazzo che avevo appena conosciuto, sentii nominare il mio nome per una dedica: -“… per Ginevra”-.
Presa di sorpresa e completamente incredula, cercai col mio sguardo intorno a me, avendo subito la sicura sensazione che non fossi io la persona chiamata in causa, quando mi accorsi che chi stava accingendosi a cantare era proprio il mio Luigi, che da poco lontano mi guardava col suo solito sguardo sereno, in piedi e con un microfono in mano, pronto a esibirsi per me.
Mi sentivo imbarazzata e mi venne d’istinto coprirmi la bocca con le mie mani e con gli occhi ben aperti su quel che vedevo, mentre i miei amici, tutti attorno a me, si rallegravano applaudendomi, facendomi sentire sempre più emozionata, finché arrossii vistosamente mentre il cuore mi batteva così forte da farmi scoppiare le tempie.
Luigi con grande bravura e disinvoltura cantò la canzone di “Flesh for Fantasy” di Billy Idol.
Era cantata con un ritmo disarmante, sensuale ed eccitante, le parole mi risuonavano dentro di me facendomi esplodere sensazioni e sentimenti che mi sconvolgevano e allo stesso tempo mi facevano provare un notevole imbarazzo, perché sentivo scomodamente di essere sotto l’attenzione di tutti, provando la paura di essere additata per ciò che semplicemente sono: una travestita!
Tuttavia ammiravo il coraggio di Luigi di esporsi pubblicamente per me, rendendosi ai miei occhi molto speciale.
Godendo del momento, assaporai la sensazione di essere al centro del mondo per una volta nella mia vita e pensando, almeno in questa occasione, di meritarlo davvero, nonostante non avessi mai cercato di stare sotto l’attenzione di così tante persone.
Luigi si dimostrò molto capace nel cantare quella canzone, elevandosi completamente rispetto a chiunque altro si fosse esibito precedentemente e finendo anche per essere applaudito a più riprese da tutti i presenti della sala.
Enrico, mentre applaudiva insieme agli altri, in quel fragore, mi disse che se era lui il ragazzo per cui avevo perso la testa, comprendeva adesso il perché mi sciogliessi come neve al sole.
Al finire della canzone tutti applaudirono, ma Luigi andò via senza neanche salutarmi ed io ancora in contemplazione e impalata come una statua, fui spintonata e incitata dai miei amici a correre verso l’uscita fino in strada per raggiungerlo.
Stavo quasi scivolando a terra per la corsa fatta, ma non feci in tempo a raggiungerlo che si era già dileguato nel buio di quella sera. Il cuore mi batteva a mille e mi sentivo eccitata come in preda ad un orgasmo senza controllo, affannata, carica di estrema attenzione, con i miei occhi mi giravo e rigiravo ogni dove, in cerca di lui senza successo.
Sola, sul marciapiede, vestita del mio minuscolo abitino attillato, sentivo il freddo della sera impadronirsi del mio corpo inerme, gelandomi le gambe e intorpidendomi tutta.
Con le mie mani mi abbracciai cingendo il mio petto, mentre dalla mia bocca fuoriusciva il mio fiato caldo, disperdendosi velocemente nell’aria fredda in buffe nuvolette di vapore.
Soffrivo maledettamente il freddo, ma avevo compreso che ormai non mi importava altro al di fuori di Lui e purtroppo, mi dovetti rassegnare a non averlo con me quella sera.
Con mio grande rammarico, ripensavo alle sue ultime parole che ancora risuonavano dentro la mia mente con grande eco: -“non oggi…”-.
Il giorno dopo mi trovavo in facoltà e al finire delle lezioni, snobbavo ormai con indifferenza coloro che con ammirazione, attenzionavano il mio modo di vestirmi e apparire, ricevendo spesso espliciti complimenti per la mia bellezza che adesso ignoravo poiché li sentivo vuoti di sentimenti.
Fortunatamente non furono tutte relazioni povere di spirito, alcune furono storie interessanti ma fugaci e brevi.
Capitò di frequentarmi anche con un poliziotto, al seguito di una brutta vicenda.
Ad un posto di controllo beccarono un mio occasionale amante, conosciuto la stessa sera, che aveva con se delle sostanze stupefacenti custodite nella sua auto, proprio mentre ero con lui.
Chiedendogli perché usasse quella roba schifosa, mi rispose, sbalordendomi, che gli servivano per avere la giusta carica sessuale, altrimenti avrebbe fatto cilecca.
Ci portarono in commissariato e fui rinchiusa in una fredda e umida celletta, fortunatamente mi fecero uscire quasi subito riconoscendo la mia estraneità ai fatti e la mia totale inconsapevolezza sugli usi e costumi del mio focoso amichetto di una sera. Mi fecero sedere su una sedia, guardata a vista da un agente che volle offrirmi una sigaretta e che gentilmente rifiutai perché non fumatrice e mi dava fastidio il fumo, il ragazzone in divisa posò il pacchetto nei suoi pantaloni grigi che stonavano con la bella giacca di panno blu, cravatta nera e camicia bianca, ringraziandolo per la cortesia nei miei confronti presi a parlarci scoprendo che era anche una persona simpatica.
Quando vide meglio i miei documenti restò sbalordito ed il mio imbarazzo crebbe quando vollero perquisire pure me. Finora non avevano compiuto questa operazione, perché pensavano di avere di fronte a loro una vera donna e per controllarmi necessitava un operatore dello stesso sesso, quindi un’altra donna, al momento indisponibile. Ma quando scoprirono quale fosse il mio vero sesso e che potevano farlo loro stessi, mi fecero mettere in piedi appoggiando le mani in alto contro il muro, mi divaricarono le gambe e con mio sbalordimento, sentii sul mio corpo le loro mani estranee che cercavano ovunque, sulle mie cosce, sul basso ventre e poi sul mio sesso, avvertendo un imbarazzo mortale, l’agente finì quello che doveva fare, ma io rimasi in quella posizione, piagnucolando. L’agente mi chiese se quella fosse stata la mia prima volta, gli risposi ancora impalata in quella posizione di sì. Mi prese le mani e gentilmente mi accompagnò invitandomi a sedere su una sedia, scusandosi per la necessaria azione coercitiva.
Ancora sconvolta, gli risposi con gli occhi sbarrati e lucidi, perché prossimi al pianto e rivolti sul pavimento, che era tutto a posto e regolare, quindi ripresi a parlare e gli dissi singhiozzando che purtroppo, per quanto fosse necessario, mi mortificava aver subito un’azione di forza, senza il mio consenso, che mi rendeva completamente inerme e alla loro mercé, ammalorandomi l’anima.
Non permetto mai a nessuno di toccarmi se non do il mio consenso e quell’azione sulla mia persona, rappresentava per me, una coercizione al pari di una violenza, ma legittimata e necessaria per capire se avessi con me oggetti pericolosi o strane sostanze illegali. La colpa era unicamente mia per aver scelto con leggerezza ed inconsapevolezza la compagnia di uno stupido cocainomane. Il poliziotto si scusò porgendomi un fazzoletto, lo ringraziai e mi risistemai velocemente il trucco prima che diventassi brutta e inguardabile come una strega. L’agente cominciò a parlare con me dicendomi che ancora non credeva al mio sesso di appartenenza e per quanto gli sembrava incredibile, mi trovava bella come una vera signorina.
Era nonostante tutto una persona educata e non rozza come altri suoi colleghi, mentre colloquiavo con lui notai che aveva un anello al dito, comprendendo che fosse pure sposato.
Gli dissi che sicuramente sua moglie doveva aspettare il suo ritorno a casa tutte le volte con ansia, poiché quando le persone scappavano dai guai, gli uomini della legge come lui, andavano invece dalla parte opposta incontro ad un destino molte volte incerto e pericoloso.
L’agente rise e mi rispose con un cenno di falsa conferma, al che replicai che per me sarebbe stato così e pensavo fosse normale per chiunque potesse essere la compagna di un tutore della legge provare preoccupazioni per il proprio consorte.
Il poliziotto era giunto a fine turno ed aveva finito di scrivere i suoi documenti, io nel mentre ero stata rilasciata e mi incamminai verso la fermata del bus. Invece del bus, si fermò l’autovettura del poliziotto che mi chiedeva se gradivo un passaggio, dato che a quell’ora avrei dovuto aspettare oltre mezz’ora. Titubante inizialmente, vi salii, parlammo un po' e mi disse che era di Napoli, dove stava la sua famiglia, a Catania ci lavorava e basta da quasi due anni. Ci fermammo in un chiosco a bere qualcosa e parlammo di tante cose, specialmente del mio mondo, dicendomi che per quante ne aveva viste, non aveva incontrato mai una Trav molto carina e femminile come me.
Fu l’inizio di una bella relazione che terminò quando dovette trasferirsi nella sua città di origine.
- Mio caro, se dovessi riconoscerti in queste brevi righe, sappi che io facevo veramente sul serio. -
Invece in facoltà, mi capitava con molti studenti che mi facevano complimenti o mi donavano anche omaggi floreali e regali con preziosi biglietti pieni di poesie romantiche dedicate alle mie virtù, al mio corpo e ai miei apprezzati lineamenti mediterranei.
Spesso in passato, questi complimenti si traducevano in incontri occasionali, che ebbi perfino con qualche docente, ed in particolare, con uno di Fisica, uno di Analisi Matematica ed un’altro di Chimica, a cui ognuno di loro, chiesi privatamente nei loro uffici delle informazioni sulla reperibilità di alcune dispense e libri aggiuntivi al loro corso di studi.
Da sotto le loro scrivanie, dove mi trovavo seduta davanti a loro, avvertivo chiaramente lo strusciare dei loro piedi con i miei, indicandomi esplicitamente che avremmo potuto concordare un incontro in altra sede più consona e più appropriata, che ovviamente altri non era che il loro letto e chiarendo con me stessa che sarei divenuta la loro passionale amante.
Mi capitò di avere delle relazioni con altri di loro e non per avere ottimi voti in sede di esami, sui quali già ottenevo meritatamente per il mio grande e costante impegno sugli studi, ma solo per provare puro divertimento fisico e piacere sessuale.
Un docente del dipartimento di Fisica lo incontrai in un noto locale, molto frequentato da matricole appena iscritte, di cui notoriamente sapevano tutti che era facile cedere al fascino femminile.
Quando scoprì chi e cosa fossi veramente, non volle mollarmi più, innamorato della mia avvenenza, mi coprì di così tanti regali, che per ringraziarlo persi il conto di quante volte ci andai a letto.
Ma per la mia facile capacità di annoiarmi facilmente e per la mia incredibile volubilità, col passare del tempo, mi ci abituai e come in ogni storia senza un’altro scopo, oltre quello che di finirci a letto, dopo averne assaporato le novità, mi annoiava terribilmente l’idea di avere sempre lo stesso amante e cercando un’idea su come mollarlo, mi venne in mente di fargli conoscere una nuova iscritta molto carina, bionda e con un fisico statuario.
Feci di tutto per farli incontrare, e finalmente quando ne ebbi l’occasione, i nostri rapporti terminarono appena gli presentai questa ragazza, rimpiazzandomi fortunatamente del tutto.
Tuttavia, questo docente, occhialuto, barbuto e dalla voce goffa, non ebbe la fortuna di godersela a causa di gravi problemi di salute, morendo dopo pochissimo tempo.
Andai anche al suo funerale, mantenendomi a distanza, lontana dagli sguardi dei molti presenti alla cerimonia che si domandarono vanamente chi fossi.
Sono solamente una travestita giovanissima, magra, alta, molto bella, fin troppo desiderata, perfino per coloro che si dichiaravano esclusivamente eterosessuali e a cui sprigionavo facilmente i desideri più lascivamente proibiti e reconditi.
Eppure cominciavo a sentirmi stanca di quel senso di vuoto che cominciavo a provare sempre più forte dentro di me e che dopo ogni esperienza di sesso, passata da un letto ad un altro, diventava come una buia voragine che prima o poi mi avrebbe buttata nell’abisso della disperazione.
Ma adesso sembrava che il destino stesse cambiando nuovamente, facilitandomi nel ritrovare finalmente quella sensazione di sentimenti teneri e romantici che ormai mancavano da molto tempo e che al tempo stesso temevo perché mi rendevano inerme e vulnerabile.
Stavo uscendo dalla facoltà, quando al lato del marciapiede in cui camminavo, si accostò poco più avanti una motocicletta di cui piacevolmente riconobbi il rombo del motore.
Tolto il casco, Luigi mi attese con un sorriso, chiamandomi per nome e tendendo la sua mano verso di me, desiderava mi avvicinassi a lui. Sorridendogli, corsi per raggiungerlo immediatamente.
Mi consideravo una ragazza dai facili costumi, molto disinibita e disponibile, eppure mi chiedevo perché diventavo così ingenuamente inerme e mi batteva forte il cuore ogni volta che lo incontravo?
Indossai il casco, salii sulla sua motocicletta e partimmo per andare in una piccola fattoria.
Luigi conosceva i proprietari che ci accolsero con gioia e facendoci accomodare, ci prepararono un buon pranzo con primo di cavati a sugo, un secondo di carne di maiale con contorno di patate e verdure, il tutto innaffiato col del buon vino rosso.
Decisamente astemia, Luigi ormai stava insegnandomi a bere sostanze alcoliche per farmi lasciarmi andare, cosa che quando ero con lui, riuscivo ormai a farlo naturalmente anche da sobria.
Per rilassarci andammo a distenderci sulle grandi distese erbose dei campi, dove vicino ad un enorme covone di paglia, Luigi stese una grande tovaglia su cui ci sdraiammo entrambi.
Io mi adagiai sul suo petto, posandomici sopra con le mie spalle, quando, presa dal desiderio, mi girai verso di lui con uno scatto felino, nell’intento di baciarlo, riuscendo però, solo a sfiorargli le labbra per il timore di essere rifiutata.
Dispiaciuta e pentita di aver bruciato un’occasione del genere, mi volli rassegnare, quando, senza che me lo aspettassi, fui abbracciata vigorosamente di soprassalto e forzatamente avvicinata a lui con impeto virile per essere baciata passionevolmente a lungo.
Con un lungo e appassionato bacio mi rese arrendevole, stordita e ancora con gli occhi chiusi, mi sembrò di sognare, quando mi sentii leggermente scossa e aprendo lentamente gli occhi, mi sentii completamente inerme e in sua balia, dicendogli con sguardo melanconico che non lo avrei fermato se avesse voluto continuare.
Mi guardava stupito, chiedendomi cosa desiderassi veramente, ed io, intontita dal suo bacio e dai suoi modi maschili e romantici, non avevo ancora compreso cosa stesse tentando di dirmi, ad una sua replica gli confermai che avrei tanto desiderato diventare la sua donna, una donna vera, ma che ciò rappresentava un sogno impossibile da realizzare nella pratica.
Luigi mi disse che, se lo avessi voluto veramente, aveva una possibilità per farmi realizzare questo mio sogno, destandomi da un torpore misto tra estasi e voluttuosi desideri, adesso aveva svegliato i miei dubbi e la mia forte curiosità. Chiedendogli come avrebbe potuto, mi indicò che vi erano dei farmaci che con una corretta somministrazione, avevano il potere di bloccare l’avanzare della mia crescita morfologica maschile, stimolando e favorendo una pseudo femminile.
Avrei bloccato per sempre la crescita della peluria e il mio corpo sarebbe diventato più affusolato e sinuoso, inoltre si sarebbero ingentiliti i lineamenti del viso, mi sarebbero cresciuti almeno di una misura i seni e i capelli sarebbero diventati più folti, più belli, più numerosi e robusti.
Gli chiesi speranzosa se fosse veramente fattibile tutto ciò, Luigi non aveva dubbi, poiché già aveva visto casi simili e conosceva bene questi farmaci che già somministrava, con l’aiuto di un altro suo collega, ad alcune ragazze trans che stavano transitando nel nuovo genere sessuale, trasformandosi da quello maschile a quello femminile con notevole successo.
Era un dottore, aveva studiato medicina specializzandosi brillantemente nella branca chimica, biologica e anche in quella farmaceutica, inoltre lavorava nella sua farmacia e con un suo collega trattava anche le cure per le ragazze trans.
Tutte nozioni che in passato, per curiosità e bramosia di ottenere delle personali speranze, mi ero documentata al riguardo personalmente sugli articoli di vari giornali di cronaca e attualità.
Dietro il mio pieno consenso e forte desiderio di diventare simile ad una donna, Luigi mi informò su tutto ciò che poteva accadere, informandomi che sarei diventata sicuramente anche sterile.
Mi vide decisa e fortemente motivata e comprovata la mia ferrea volontà di non voler tornare indietro, egli mi iniziò a quella terapia ormonale, anche se non era stata approvata da nessuna autorità, tuttavia, rassicurandomi che avremmo compiuto anche questa fase, ma che per non perdere tempo prezioso, mi volle suggerire d’iniziare al più presto. Accettai felicemente di buon grado, dopo varie analisi iniziai la terapia, sebbene avvertii spesso sbalzi d’umore, accompagnati da un gran fastidiosa sensibilità sui miei capezzoli che sembravano rompersi quando le sentivo strusciare all’interno delle mie magliette, ma soprattutto dovetti sopportare l’atrofizzazione del mio sesso maschile ed il notevole abbattimento dei miei appetiti sessuali.
Nonostante ciò, non volli assolutamente desistere, andando avanti senza rimorsi e ripensamenti, riuscendo ad ottenere nel giro di quasi un anno risultati notevolissimi.
Se prima sembravo una femminuccia, adesso ero quasi fisicamente somigliante ad una donna, inoltre, grazie all’aiuto di Luigi, ottenni dopo un lasso di tempo relativamente breve, tutti i benestari di commissioni, terapeuti, psicologi, dottori e tribunali per la somministrazione della terapia.
Durante questo periodo di tempo, divenni a tutti gli effetti l’amante ufficiale di Luigi e a suo dire, sarei diventata anche la sua ragazza ufficiale, presentandomi a breve anche alla sua famiglia.
Finalmente avevo ritrovato il vero significato dell’Amore, fatto non di solo spirito, ma composto anche di un enorme rapporto di fisicità che non credevo di poter costruire con un Uomo Vero che mi accettava e mi amava per quello che stavo diventando.
Non ero solamente una ragazza trans, ma una meravigliosa figura femminile con un cuore di donna che di giorno in giorno diventava più bella.
Ero come il fiore che sbocciava salutando la Primavera.
Ero innamorata di Luigi e attratta da lui come non mi capitava ormai da molto tempo, non era semplicemente un affiatamento o una consonanza di natura fisica e sessuale, ma un rapporto costruito con sentimenti intensi e di grande spiritualità d’animo.
Malgrado avessi un aspetto e un corpo androgino, ormai facevamo l’amore di continuo, mi riempiva di baci, avevamo un’intesa che bastava un istante per capirci, il suo sguardo mi rapiva al punto che lo consideravo il mio Re e lui mi trattava come fossi la sua Regina, la sua musa ispiratrice, la sua dea dell’Amore: ero la sua DONNA in tutto e per tutto.
Lui era la mia unica ancora di salvezza in questo Mondo, dove credevo di essere io una componente dissoluta e fortemente anomala da essere considerata “guasta”!
Lo stesso Mondo che mi additava come demone e attingeva alla mia sessualità per vanità e piacere. Lo stesso Mondo, di cui tardivamente, compresi come fosse stato creato con pazze ideologie e stereotipi pieni di ipocrisie sociali miste a convenzioni assolutiste, dove le singole persone dovevano uniformarsi come piccoli tasselli facenti parte di un gigantesco mosaico, affinché non si ritrovassero emarginate, inconsapevoli di essere dominate da dogmi di cui non dubitavano quanto fossero inaccettabili a favore di una casta sociale di rango più elevata i cui privilegi e consensi sono sempre stati semplicemente delegati inconsapevolmente dai loro stessi sottoposti.
Una sera, completamente sola e libera da ogni impegno e con il mio Luigi al lavoro, mi recai, come di consueto, ad una cabina telefonica per chiamare la mia famiglia. Ai miei squilli, mi rispose il mio tenerissimo fratellino più piccolo, che mi raccontava come il mio gemello avesse conosciuto una ragazza e ci si sarebbe fidanzato ufficialmente, sembrando così una relazione molto seria.
Fui contenta per quella notizia, ma alla sua domanda su cosa potevo raccontargli di analogo sulle mie attuali esperienze amorose non mi sentii capace di potergli narrare qualcosa su quello che mi era successo nel lasso di tempo intercorrente dall’ultima telefonata a casa.
I miei genitori non sapevano nulla della mia trasformazione e mai avrebbero approvato un simile cambiamento, motivo per la quale, non informai nessuno della mia metamorfosi, tanto meno il mio fratello più piccolo. Mi sentii piena di colpe e con la voglia di confessare loro tutto quanto, ma il prezzo da pagare sarebbe stato altissimo, con la quasi certezza che li avrei potuto perdere per sempre. Li rispettavo, dopotutto erano le mie uniche radici in questo pazzo mondo da cui avrei potuto essere facilmente emarginata per ciò che ero.
Il mio fratello minore mi aveva appena detto al telefono, che in casa, oltre lui non vi fosse nessun altro, quando annunciò, proprio in quell’istante, l’arrivo del mio amato fratello gemello.
Chiesi gentilmente di potermelo fare passare al telefono e col mio gemello parlammo della sua fidanzata e degli ultimi avvenimenti, provando grande felicità e al tempo stesso enorme tristezza per la mia attuale condizione.
Tuttavia, come se fossimo stati sempre collegati da un invisibile legame, egli avvertì subito la mia inquietudine e che anch’io avevo qualcosa da raccontargli, ma non potevo assolutamente farlo per telefono, quindi, rimanemmo che mi avrebbe raggiunto un fine settimana.
Alla chiusura della comunicazione vedevo la mia immagine riflessa sulle pareti trasparenti della cabina telefonica e che esprimeva una dolce visione femminile.
Attaccata la cornetta ebbi un attacco d’ansia così forte che mentre ritornavo a piedi, vagavo per la strada, versando copiosamente dai miei occhi molte lacrime, quando arrivai a casa mia, mi chiusi dietro la porta e appoggiata su di essa, vi scivolai rannicchiandomi a terra singhiozzante e scoppiando in un forte pianto.
Avevo paura di poter fare del male ferendo i sentimenti della mia famiglia, rischiando di poter essere rifiutata per sempre e di tagliare con loro ogni legame. Avevo compreso che avevo combinato un guaio terribile e talmente irrimediabile, che forse neanche il mio gemello, il più tollerante della mia famiglia e a cui non avevo mai mentito, non avrebbe mai potuto accettare.
Ne parlai con Luigi che mi consigliò di stare serena e tranquilla, anche perché prima o poi, sarebbe avvenuto un confronto, ma soprattutto adesso, non avrei potuto mollare tutto quanto, dopo aver conseguito grandi risultati e le conquiste che avevo ottenuto con grande impegno e fatica.

Sebbene fossi stata ancora in tempo per tornare indietro, Luigi mi pregava di non interrompere bruscamente la terapia, ma soprattutto mi rimproverava di non rattristarmi troppo, poiché il mio corpo stava compiendo un grandissimo sforzo psicofisico e la possibilità di rompere un delicato equilibrio avrebbe comportato l’insorgere di gravi problemi pericolosi, di cui alcuni incerti e molti altri addirittura ancora sconosciuti.
Annuii, con il mio capo dondolante come avrebbe fatto una bambina, scusandomi lo ringraziai di cuore, Luigi con immensa tenerezza asciugò le mie lacrime, posando sui miei occhi il suo sguardo amorevole pieno di serenità e dicendomi: -”Ti Amo e ti starò sempre accanto, non sarai mai sola! Non dimenticarlo mai...”-. Mi abbracciò teneramente e mi calmai tra le sue braccia, fino a spegnere l’ultimo singhiozzo del mio pianto isterico.
Incontrai Enrico durante una pausa delle lezioni all’università, approfittando dell’incontro fortuito, gli chiesi cosa ne pensasse delle mie intenzioni sul voler confessare tutto al mio gemello circa la mia identità di genere e della transizione che stavo affrontando.
Enrico, schietto e sincero come sempre, mi rispose che era chiaro cosa avrei fatto, suggerendomi che quel confronto, che mi piacesse o meno, non solo fosse inevitabile, ma che andava fatto comunque, prima o poi.
A malincuore mi rassegnai e quel sabato mi recai trepidante vicino alla stazione, antistante alla piazza dove si fermavano gli autobus di linea extraurbani ad attendere l’arrivo di mio fratello.
Avevo ormai i capelli così lunghi che mi arrivavano poco sopra le natiche per cui li raccolsi e li legai formando come una grossa coda di cavallo, mi vestii con un lungo maglione scollato di colore marrone scuro e pantaloni a falda larga di colore neri come le ballerine che portavo ai piedi: mi sentivo destinata e pronta al patibolo! Non era il mio solito vestire, ma non potevo apparire donna come avrei voluto per incontrarmi con mio fratello.
Dietro i miei occhiali da sole nascondevo i miei occhi, fortemente insicura, facevo fatica a incrociare gli sguardi inquisitori delle altre persone in strada e con cui mi veniva difficile confrontarmi o ignorarle, non mi sentivo la vera io perché il mio viso non era truccato come abitualmente mi era solito fare, avevo solo un po' di correttore sugli occhi per coprire le occhiaie.
Erano le ore quattordici e dieci minuti, quando vidi mio fratello scendere dal pullman, rimanendo ferma, aspettai che si fossero allontanati tutti, fino a quando rimanemmo soltanto noi due.
Lui era titubante e mi guardava con sospetto, col dubbio di riconoscermi o meno, quando mi tolsi gli occhiali e gli dissi che ero io, fredda e ancora sconvolta dal panico, mi sorprese venendomi incontro per abbracciarmi energicamente e salutarmi affettuosamente come faceva abitualmente.
Andammo a casa mia prendendo un’altro autobus e quando arrivammo, gli preparai un pranzetto che lui gradì molto essendo tra i suoi menù preferiti: spaghetti con la salsa e basilico spolverato con del formaggio grana grattugiato fresco, pesce al forno con contorno di insalata verde e radicchio, il tutto seguito sempre con del buon vino bianco fresco.
Mio fratello era contento finalmente di vedermi dopo molto tempo, entusiasta nel raccontarmi per aver incontrato l’amore nella sua attuale fidanzata, inoltre era orgoglioso del mio proseguimento degli studi che conseguivo con grande successo.
Io, nervosissima, gli volli chiedere se notava qualcosa di nuovo in me.
Mio fratello mi chiese se anche io avessi trovato un’anima gemella, cosa che mi fece sorridere e capendolo come una mia affermazione di fatto, goliardicamente mi diede una forte pacca sulla spalla che sciolse i miei capelli raccolti, facendomi esclamare un acuto lamento di dolore per nulla mascolino.
Scusandosi, il mio gemello divenne immediatamente serio, guardandomi con l’espressione di chi aveva compreso il problema, nonostante vecchi dubbi e incertezze, che da tempo si trascinava senza avervi dato troppa importanza, adesso mi vedeva per quel che ero veramente, azzardandosi a dirmi con rassegnazione che aveva sempre sospettato tutto.
Seduto ed incredulo di fronte a me, lo vidi a testa bassa sconfortato e deluso, mentre io, con gli occhi sbarrati e lucidi sentivo un peso enorme dentro di me, cercai di superare quel senso di colpa dicendogli con la mia voce singhiozzante e tremula, oltre al mio forte senso di dispiacere, quanto fossi stata combattuta innumerevoli volte nel confessargli dal primo giorno chi fossi, cosa desiderassi, come facessi a vivere.
Il mio gemello alzando lo sguardo con aria dispiaciuta mi chiese con quanta sofferenza riuscii a tenermi dentro per tutto questo tempo un segreto ed una verità così difficili da accettare per la nostra famiglia e come avessi fatto a sopravvivere in questa società omofoba senza il suo aiuto.
Presa dal coraggio dei colpevoli scoperti e ormai prossimi alla condanna, gli risposi sorridendo che lontano dai nostri genitori sarei sopravvissuta anche su Marte!
Ridemmo entrambi all’unisono, poi cominciammo a parlare, chiedendomi molte cose su di me, dimostrandosi curioso su cosa provassi, cosa facessi e come vivessi. Gli descrissi specificandogli che non ero un semplice omosessuale, ma che dentro di me percepivo distintamente essere una donna in tutto e per tutto, convinzioni confermate anche da innumerevoli visite specialistiche effettuate da psicoterapeuti che avevano stimato attraverso dei rigorosissimi test, quanta la mia mente fosse femminile per circa l’ottanta per cento, quando invece una vera donna nata biologicamente, arrivava a superare lo stesso test, poco più del sessanta per cento.
Gli confidai che mi avevano accordato pure una terapia farmacologica a base di ormoni che avrebbero cambiato il mio corpo ed in parte anche il mio aspetto in generale.
Il mio gemello rimase a bocca aperta e vistosamente preoccupato per la mia salute, mi chiese se fosse pericoloso e se sapessi esattamente cosa stessi facendo o affrontando.
Gli risposi che andava tutto meravigliosamente bene, che ero costantemente monitorata dai medici e avevo deciso anche di darmi un nuovo nome di genere femminile: Ginevra.
Il mio gemello si era incupito, ma lo abbracciai rassicurandolo che ero sempre io, la stessa identica persona che ebbe accanto per molti anni, la stessa che aveva difeso all’asilo dagli altri bambini che volevano rubarmi la merenda, la stessa persona nel bimbo solare ed allegro con cui aveva sempre giocato dalla più tenera età, la stessa persona che fin dall’adolescenza era generoso, dispensatore di speranza e che sorrideva sempre, anche quando il presente gli si presentava nero e incerto, la stessa persona che adesso aveva davanti e che era finalmente capace di esprimere tutta se stessa al meglio delle sue possibilità.
Scandalizzandomi chiese se frequentassi uomini, facendomi teneramente sorridere, gli risposi che avevo un fidanzato che mi amava per quella che ero e sentivo di essere, esattamente come lui amava la propria fidanzata.
Ero sicura che quanto gli avevo appena rivelato lo avesse sconvolto del tutto, con una voce debole e mesta gli chiesi umilmente di perdonarmi, poiché almeno il mio gemello, con cui fin da piccoli avevo condiviso ogni cosa, avrebbe dovuto sapere tutto di me, ma lui mi rispose, con dolente accettazione, che se questa era la mia reale natura non avrei potuto o dovuto andarvi contro, ne tanto meno nasconderla per sempre e che comunque anche se nolente, doveva imparare a saper comprendere e accettare, semplicemente perché lui era il mio fratello gemello e mi voleva veramente un gran bene. Mi baciò la fronte e mi dicendomi che per lui ero troppo importante!
Apprezzavo tantissimo quegli sforzi titanici, quando un attimo prima, gli avevo appena sconvolto e distorto la visione di ciò che gli sembrava essere l’esatta replica di se stesso.
Ormai giunti a quel punto, mio fratello mi chiese cosa avrei fatto adesso e per spezzare quella pesante atmosfera impregnata di rassegnazioni e dolente accettazione, cercai, come facevo sempre, di risollevargli il morale quando lui era giù, con un sorriso ed una nota di speranza rispondendogli semplicemente che mi sarei cambiata e che saremmo usciti questa sera stessa per andare a mangiare una pizza insieme, sempre se poteva garbargli la mia idea.
Confermandomi allegramente di sì, corsi felicemente in bagno per lavarmi, truccarmi e vestirmi.
Dopo una mezz’ora mi vide in corridoio vestita con un abitino aderente, collant, tacchi alti, truccata molto bene, con i miei lunghi capelli sciolti e fluenti, lasciandolo completamente interdetto! Preoccupata per l’ennesimo shock, poiché era la prima volta che vedeva il suo amato fratello gemello trasformato in una donna, gli chiesi se la cosa lo mettesse tanto a disagio, da farlo rinunciare ai nostri intenti o se fosse ancora intenzionato a uscire con me.
Gli proposi che potevamo farci portare la pizza a casa mia se lo avesse desiderato, basta che si sarebbe sentito a suo agio. Avrei fatto qualunque cosa per lui!
Ma lui meravigliato mi rispose: -”Sei veramente tu?… sei bellissima!… non credo ai miei occhi!… Sei una donna vera! ma certamente che voglio uscire con te! Te l’ho promesso!”-.
Ci dirigemmo a piedi in una pizzeria lì vicino e mentre eravamo sulla strada, mio fratello mi guardava continuamente dalla testa ai piedi con una palese ammirazione ed io un po' divertita gli chiesi se notasse qualcosa di strano che non andava bene… mi disse semplicemente che quando eravamo piccoli sembravo uno dei tanti maschietti di casa, invece adesso vedeva una donna bellissima che nemmeno la più bella ragazza che aveva mai conosciuto avrebbe potuto rivaleggiarmi! Mi prese per mano mentre camminavamo insieme l’uno vicino all’altro, lo guardai con immensa gratitudine e ammirazione, che quasi mi commosse: era il più bel complimento che mio fratello avrebbe potuto mai farmi.
Riusciva a leggere i miei pensieri con estrema facilità che capì quanto le fossi grata e conoscendo benissimo il mio carattere di una sensibilità maledettamente elevata, mi pregò di non commuovermi, altrimenti mi sarei rovinata il trucco, facendomi scoppiare dal ridere e sdrammatizzando la tanta tensione accumulata.
Raggiunto il locale ci fecero sedere in un tavolo più lontano dagli altri, ma le altre persone sedute vicino a noi, ci guardavano con insistenza dedicandomi sguardi insistenti, comprendendo benissimo dai loro bisbigli quanto apprezzassero la mia bellezza, cose a cui ero abituata, ma mettendo però a disagio e dura prova il mio caro emozionato fratello gemello che si girava guardingo da tutti.
Seduti al tavolo l’uno di fronte all’altro, gli sorrisi dolcemente e lo guardai fisso negli occhi tenendogli la mano come fosse il mio fidanzato, rassicurandolo che non era lui la persona che tutti miravano e per quanto ormai fossi abituata a queste cose, l’unica persona che avrebbe dovuto provare del disagio o dell’imbarazzo, avrebbe dovuto essere unicamente e soltanto io stessa.
Mio fratello mi guardava con un’ammirazione che non poteva trattenersi nel dirmi come gli apparivo incredibilmente forte e molto determinata. Gli dissi che se ero come mi aveva appena descritto, lo dovevo grazie a lui soltanto: Ho sempre avuto l’appoggio morale di mio fratello e che anche adesso non si era smentito neanche questa volta. Siamo così uguali eppure così diversi, nella vita abbiamo sempre creduto l‘uno nell’altro, siamo due anime duali, due gemelli omozigoti, ma perfettamente complementari. Gli dissi che ero contenta di avere un fratello come lui e quanto fosse fortunata la sua ragazza ad avere accanto a sé un uomo meraviglioso, se fossimo stati dei perfetti estranei, lo avrei senz’altro sposato! Si mise a ridere di gusto e mi chiese chi e come fosse il mio fidanzato. Gli dissi che era caratterialmente molto simile a lui, col suo stesso carattere, molto sereno, pacato, dolce, maschile, con l’educazione di un vero gentiluomo.
Il mio gemello fu incuriosito della cosa e mi confidò che un giorno gli avrebbe fatto molto piacere conoscerlo, cosa che gli confermai lo sarebbe stato altrettanto per me.
Finita la nostra cena, lo accompagnai alla fermata dei pullman per il ritorno a casa, ma lo vidi preoccupato chiedendomi come avrei fatto a tornare a casa tutta sola. Mio fratello si preoccupava per me! Sorridendo gli risposi che era tutto a posto e che poteva tranquillamente tornare a casa, nessuno mi avrebbe fatto del male, poiché il mio fidanzato avrebbe finito di lavorare da lì a poco e sarebbe venuta a prendermi. Avevo appena chiuso bocca che vidi spuntare Luigi in motocicletta, fermandosi poco distante da noi, si avvicinò e si presentò con notevole garbo a mio fratello dicendogli quanto fosse felice di incontrare una persona così importante.
Mio fratello è una persona molto buona e tollerante, ringraziò Luigi per essere vicino a me, presente e pieno di buoni intenti. Il tempo stringeva, le persone cominciavano a salire sul pullman. Vidi due uomini straordinari salutarsi e mio fratello dopo un’ultima raccomandazione gli disse:
-Ti prego! Non abbandonarla mai!- prima di salire sul pullman mi abbracciò e mi guardò sereno e appagato dicendomi: -Ti amo mia dolce gemella!-. Mi baciò sulle guance e prima di salire le scalette per entrare nell’autobus che lo avrebbe riportato a casa dei miei genitori, mi fece un ultimo saluto con un cenno della sua mano, poi entrò sul mezzo.
Mi fece balzare il cuore in gola dalla felicità per ciò che mi aveva dimostrato e mi gonfiò di tristezza nel vederlo partire, che quando si avviò il motore della corriera con un fragoroso rumore e puzzo di diesel bruciato, mi venne un nodo in gola e salutai il mio fratello sorridente seduto vicino alla vetrata, continuando anche quando il mezzo si allontanava sempre più, mentre lui continuava a guardarmi e ricambiarmi.
Luigi standomi vicino mi abbracciò da dietro le mie spalle, esclamando quanto mio fratello fosse veramente un grand’uomo e che era stato veramente fortunato ad averlo incontrato.
Ero felicemente appagata di tutto, mio fratello mi confermò di essere la stessa persona incredibile e straordinaria che ho sempre avuto accanto, unico legame alla mia famiglia che mi rendeva forte e consapevole di me stessa per avermi sempre appoggiata e accettata, Luigi mi amava, avevo degli amici veri e il mio corpo era sempre più androgino come avevo sempre desiderato fosse stato.
Ormai mi mancava poco per laurearmi e avevo già elaborato e fatto stampare la mia tesi.
La sua discussione sarebbe avvenuta per me con un dress code rigorosamente non femminile per evitare problemi legati ad eventuale omofobia e non far immergere nei problemi i miei genitori completamente inconsapevoli della mia transizione in un angelo.
Non avrei mai indossato giacca, pantaloni e cravatta, ma mi sarei vestita decorosamente bene in maniera neutrale, così chiunque avrebbe visto solamente una persona qualsiasi meritevole di prendersi la laurea che gli spettava.
Il giorno della laurea era presente tutta la mia famiglia, qualche parente, gli amici e il mio Luigi.
Avevo i miei capelli raccolti in una coda, vestivo di mocassini eleganti neri, pantaloni eleganti scuri e una camicia di seta bianca con un papillon rosso.
La discussione si svolse linearmente senza enfasi, descrivendo analiticamente un progetto innovativo che destò molto interesse e domande piene di curiosità poste dalla commissione.
Mi laureai con un voto altissimo e festeggiammo in un ristorante poco fuori Catania, dopo la festa i miei tornarono a casa e io rimasi ancora in sede per sbrigare le ultime formalità.
Sola nel mio appartamento non vidi l’ora di cambiarmi d’abito, operazione che feci in un battibaleno, poi mi truccai e uscii come avrei voluto apparire quotidianamente.
Presi qualche trucco di make-up, una bottiglietta d’acqua, caramelle, fazzoletti, profumo e li misi nel mio piccolo zainetto di pelle nera.
Indossai una spessa tutina tecnica di tipo termica integrale, attillatissima e nera, che risaltava le mie linee ormai affusolate e meravigliosamente armoniose, misi lunghi guanti neri in pelle e calzai dei lunghi stivali, anch’essi in pelle nera muniti di tacchi alti.
Luigi mi attendeva sereno e sorridente appoggiato sulla sua moto.
Ero ciò che volevo essere, soltanto la sua donna, di nome Ginevra…
Luigi accese con un potente rumore sordo la sua Ducati.
Salii di dietro sulla sua moto e raggiante di felicità lo abbracciai per perdermi, insieme a lui, in quella notte magica fatta di stelle e amore.
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