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Il Contadino - Parte I - II (l'originale)


di matteol77
16.08.2020    |    27.769    |    8 8.8
"Nonostante i miei buoni propositi non riuscivo a non toccarmi rivivendo quel seppur breve tempo passato con l’anziano contadino..."
Il contadino parte I

Avevo 18 anni quando andai a vivere in un residence di periferia. Ero un ragazzo come tanti della mia età. Andavo a scuola, non avevo particolari grilli per la testa ed ero ancora assolutamente single nonché privo di qualsiasi esperienza sentimentale e sessuale. Non ci pensavo e non mi ponevo il problema, insomma. Mi dicevo che quando l’amore verrà verrà. Fisicamente ero alto circa 1,75 cm, carnagione chiara, senza peli ed ero un po’ sovrappeso. Avevo un po' di ciccia qua e là specialmente sui fianchi e sul posteriore, al quale dava volume e morbidezza. Inoltre avevo due tettine piene, tonde e pronunciate che specialmente in estate, quando indossavo abiti leggeri, mi creavano un certo imbarazzo. Infatti i miei compagni di scuola più burloni mi prendevano in giro mettendoci le mani sopra come si potrebbe fare con una donna.

Adiacente al residence dove sono andato ad abitare c'era un campo coltivato prevalentemente ad ortaggi. A coltivarlo era un contadino anziano dall'apparente età di circa 70 anni. Cominciava a lavorare al mattino presto e finiva intorno alle 17 del pomeriggio. Si chiamava Don Pietro. Il portiere del residence che lo conosceva mi informò che se interessato potevo acquistare direttamente da Don Pietro gli ortaggi coltivati nel campo. Bastava andarci e chiederglielo. Don Pietro si era sempre mostrato disponibile col vicinato ed inoltre faceva risparmiare qualcosa rispetto ai costi del mercato. Un pomeriggio alla prima occasione decisi di andarvi. Era estate, indossai velocemente un paio di pantaloncini corti, una maglietta leggera presi un po' di soldi e mi avviai verso il campo. Dopo pochi minuti, attraverso una piccola strada sterrata, arrivai al margine del terreno. Don Pietro era di spalle intento a raccogliere le verdure in mezzo al podere e non si accorse immediatamente di me. Per attirare la sua attenzione lo chiamai con voce alta: "Buongiorno, mi scusi, posso chiederle una cortesia?". Lui si girò, mi guardò, e con voce leggermente rauca e con evidente accento siciliano, rispose al mio saluto: "Buongiorno, arrivo subito ", e si avviò verso di me.

Man mano che si avvicinava avevo modo di osservarlo meglio.
Era un classico contadino di circa 70 anni, abbronzato dal sole, tarchiato, pochi capelli bianchi a corona sulla testa, spalle e braccia robuste piene di peli grigi, un’autorevole pancia da bevitore e due gambe tozze e robuste. Era vestito con dei pantaloni blu da lavoro, un paio dì stivali verdi in gomma, una vecchia e stretta canottiera bianca ormai ingiallita dall’uso ed un cappellino di paglia utile a proteggersi dal sole.

Aveva un viso tondo e gioviale segnato dal tempo ed un paio di occhi vispi e profondi. La barba lunga di almeno un giorno gli dava sicuramente un aspetto trasandato ed un po' trascurato ma non gli stava male. Quando arrivò a me si tolse il cappello e si asciugò la fronte con un fazzoletto che estrasse dalla tasca dei suoi pantaloni, accennò ad un sorriso e mi chiese come poteva essere utile. Andai immediatamente al dunque spiegandogli in pochissime parole il motivo perché ero lì. Don Pietro rispose che potevo acquistare solo un piccolo quantitativo per uso domestico degli ortaggi che coltivava perché il resto lo vendeva per altri canali commerciali. In quel momento aveva solo patate.

Mentre parlava fui colpito dalle sue grosse mani. Mani da lavoratore ruvide e coperte da una leggera peluria grigia che narravano la sua storia. Accettai per le patate, e quindi mi disse di seguirlo verso un rustico in muratura ai margini del terreno in una zona isolata.

Camminandogli accanto non potei fare a meno di sentire l’odore che esalava. Era un odore di uomo anziano un po’ stantio, misto a sudore che emanava una sorta di dominio e forza. Ne fui catturato. Non mi era mai successo prima. Ne fui confuso e per la prima volta qualcosa s**ttò in me.

Il rustico era una vecchia costruzione in pietra di circa 30 mq con una porta ed una finestra che all’ingresso aveva una grande tettoia in legno che faceva ombra. Facendomi l’occhiolino mi disse di aspettare lì qualche minuto facendomi accomodare su una vecchia sedia perché doveva fare un qualcosa di urgente prima. Si allontanò dietro uno degli angoli del rustico dove io non potessi vederlo e dopo qualche minuto tornò al mio cospetto armeggiando sulla patta dei suoi pantaloni. Era andato ad urinare. Appena di fronte a me si infilò la mano destra dentro le sue mutande e mise a posto i testicoli e tutto il resto.

Io colto all’improvviso da quella scena ne fui preso tanto che senza rendermene conto sentii qualcosa muoversi nelle mie mutande. Ebbi un’erezione. Diventai rosso in viso e palesemente imbarazzato. Ma cosa mi stava succedendo? In fondo avevo di fronte un semplice e vecchio contadino panciuto e peloso che poco di attraente avrebbe dovuto avere. Ma poi, non sono gay e mai in passato ne avevo avuto delle avvisaglie sul genere. Mi sentii frastornato e sorpreso di me stesso. Non ero a conoscenza di questo mio genere di inclinazione.

Don Pietro si accorse del mio imbarazzo e capì al volo la mia condizione. Fece finta di nulla e mi chiese se avessi premura di andare via. Io risposi di no e lui mi disse che me lo aveva chiesto perché aveva bisogno di darsi una veloce rinfres**tina. C’era una tinozza con dell’acqua pulita appoggiata al muro del rustico e Don Pietro toltasi la canottiera cominciò a sciacquarsi energicamente tutta la parte superiore del corpo.

Io non riuscivo a distogliere gli occhi da lui. Guardavo imbambolato quel vecchio contadino buttarsi addosso quell’acqua fresca, passarsela sul collo, sulle grosse braccia, sulle ascelle e sulle tette carnose e cadenti e poi sul pancione peloso. Don Pietro mi osservava in sordina come se nulla fosse, cogliendo i segnali che lanciavo inconsciamente. Poi, prese un asciugamano appesa al sole, si diede un’asciugata sommaria ed a petto nudo venne a sedersi su una sedia di fronte a me. “Allora ragazzo, cosa vuoi acquistare esattamente? Ma poi dimmi un pò, non ti ho mai visto da queste parti, potrei sapere qualcosa di te? Come ti chiami? Quanti anni hai? Bene o male conosco tutti qui intorno.”

Teneva le gambe ben aperte, posizione che faceva mettere in mostra un rigonfiamento sul quale lanciavo rapide occhiate per non far scoprire la mia curiosità. Quando Don Pietro ad un certo si diede una energica palpatina in mezzo alle cosce come spesso fanno gli uomini quando hanno prurito, ed intravedendo una struttura generale dalle dimensioni di tutto rispetto, la mia erezione fu massima. Ero sconvolto perché non mi sarei aspettato che potesse accadermi una cosa del genere. Più guardavo quell’anziano contadino e più sentivo di perdere il controllo di me stesso. Ne ero totalmente sedotto. E lui se ne accorgeva.

Deglutii e farfugliando un po’ gli risposi. “Mi chiamo Andrea, ho 18 anni ed abito qui vicino da pochi giorni. Mi ha detto di lei il portiere dello stabile.” “Bene”, rispose “piacere di conoscerti. Qui mi conoscono tutti come Don Pietro, ho 70 anni, sono vedovo da 5 anni, ho 2 figli sposati che vivono al nord, ed abito da solo in una casa ad un quarto d’ora di strada da qui”. Si alzò in piedi, si avvicinò a me e porse la mano per stringere la mia in segno di amicizia e conoscenza. Io più imbarazzato di prima allungai timidamente la mia. Lui la prese e me la strinse teneramente. Ebbi un fremito. Era una mano da contadino, callosa ma non troppo, ruvida, abbondante, calda ed accogliente. Don Pietro si accorse del mio imbarazzo e lanciando una rapida occhiata fra le mie gambe si accorse della mia erezione fra i leggeri pantaloncini corti che indossavo e gli scappo un lieve ridacchio.

“Allora”, mi disse. “Andiamo dentro e scegliamo le migliori”.

Entrammo dentro quel rustico e lui mi indicò un angolo dove c’erano diverse cassette di patate
poggiate sul pavimento.

Era una stanza di campagna disordinata, una sorta di magazzino dove lui teneva attrezzi di lavoro e cassette vuote o piene di ortaggi. C’era un vecchio tavolo di legno, un paio di sedie riciclate chissà dove ed un antico appendi abiti dove posava i suoi vestiti. La luce era debole. Dalla finestra non ne filtrava poca. La stanza era in penombra.

Mi avvicinai alle cassette di patate, lui mi porse un sacchetto di plastica e mi disse di scegliere quelle che preferivo. Visto che come ho detto le cassette erano appoggiate sul pavimento dovetti abbassarmi a 90 gradi per prenderle ed iniziai a metterle dentro il sacchettino. Don Pietro di soppiatto andò verso la porta d’ingresso e la chiuse. Poi tornò verso di me e mi si posizionò alle mie spalle esattamente di fronte al mio fondo schiena.

Io lì per lì non ci feci molto caso e continuavo a raccogliere le patate. Ma poi, lanciando un’occhiata verso Don Pietro mi accorsi che con una certa smania guardava insistentemente il mio culetto come per ammirarne le forme.

Ad un certo punto si appoggiò a me, o meglio appoggiò il suo pacco fra le mie chiappe. Io ebbi un sussulto di sorpresa ed istintivamente mi raddrizzai di s**tto. Non me lo aspettavo. Sentivo chiaramente il suo pacco ed il calore che emanava sul mio culetto. Don Pietro mi prese per i fianchi, si avvicinò al mio orecchio e con voce calma e rassicurante mi sussurrò:” Tranquillo, non ti farò del male”. Sentivo chiaramente il suo pancione appoggiato dietro me ed il suo alito caldo sul mio viso che sapeva un po’ di vino da taverna e tabacco. Non dissi nulla. Avevo capito le sue intenzioni. Ero frastornato, confuso ma la mia erezione era un fatto oggettivo.

In un’istante la mia mente si pose mille interrogativi. Io ero un giovane dalla pelle chiara e morbida, glabro, ingenuo ed alla prima esperienza sessuale, e riuscivo poco a vedermi pomiciare con un vecchio e grasso contadino dai denti incolti dalla lingua spessa e polposa. Tutto di lui era molto anziano. Pensai al suo pene ed ai testicoli pelosi anche questi spessi e carnosi dall’odore intenso da vecchio. Riflettei sul fatto che probabilmente Don Pietro non prestasse molta attenzione all'igiene. Tutto il contrario di me. Io ero un maniaco della pulizia ed usavo spesso profumi e lozioni per il corpo.

Non sapevo cosa fare! Se consideriamo inoltre che se i miei amici e familiari avessero saputo della tresca le conseguenze sarebbero state disastrose! Volendo sarei potuto fuggire a gambe levate e risolvere la questione in un battibaleno, ma… l’ormone e la piccola troia che era in me decisamente prevalse e decisi di restare lì. Un calore perverso mi saliva per la schiena. Non avevo mai provato tutto questo e volevo andare fino in fondo. Avevo bisogno di sapere chi ero veramente.

Don Pietro intanto visto che non mi opponevo ai suoi strusciamenti vari, con le sue grandi braccia mi stringeva più forte a sé e mi riempiva il collo di baci languidi e bagnati di saliva. Il fatto che non gli mostrassi resistenza lo spinse a procedere con l'avance. Era tenero e forte nello stesso tempo.

Quindi mi tolse la maglietta e mi disse di appoggiare le mani sulla parete di fronte così che il mio corpo fosse leggermente arcuato e rivolto con la schiena verso di lui. Io ubbidii ciecamente come un burattino. Sentivo di dovermi sottomettere ai suoi voleri. La cosa mi eccitava tantissimo e mi dava una scarica erotica celebrale mai provata. Il contatto con la sua pelle calda ed il suo pelo mi faceva impazzire. Mi massaggiava la schiena ed i fianchi andando su e giù fino a quando le sue grandi mani da contadino arrivarono alle mie tettine. Le manipolava ed impastava con sapienza e sensualità, sussurrando parole che non capivo bene. Era evidente che gli piacevano. Le mie tette erano belle grosse, tonde e morbide quasi come quelle di una donna. Io trasalii. Poi con il suo bacino cominciò a spingersi ritmicamente nel mio culetto mimando una scopata. Potevo sentire chiaramente che aveva avuto un’erezione anche lui.

Ad un certo punto mise la sua mano destra dentro le sue mutande, si massaggiò vigorosamente il pacco in maniera tale che la sua mano si impregnasse dell’odore che c’era dentro, la tirò fuori e me la mise sotto il naso affinché ne sentissi l’odore. Lo percepii immediatamente. Era un odore forte di cappella, urina misto a sperma secco e sudore, quasi disgustoso ma più l’annusavo più mi eccitavo. Don Pietro a questo punto me la passò sulle labbra e poi spinse l’indice ed il medio verso la bocca per entrarci dentro. Io feci un po’ di resistenza ma poi lui insistendo mi disse “Apri la boccuccia, bambolina, succhia e gustane il sapore”. Letteralmente sottomesso cerebralmente a quel vecchio contadino feci come mi ordinò e così accolsi le sue grandi dita ruvide unte dei suoi umori dentro la mia bocca e timidamente comincia a succhiare. Comincia ad accorgermi che la mia volontà era pressoché soppressa. Quell’uomo mi aveva in suo potere, mi comandava come un sottomesso ed a me piaceva.


Le sue dita avevano un sapore dolciastro ed un po’ rancido nello stesso tempo. Lui sapientemente le girava e rigirava sulla mia lingua bagnata di saliva e continuava a palparmi dappertutto come un toro s**tenato. Probabilmente non faceva sesso da diverso tempo e lo desiderava molto. Era notevolmente infoiato, sudato ed un po’ ansimante. I nostri umori si mescolavano diventando tutt’uno. Poi tirò fuori le sue 2 dita dalla mia bocca, vi sputò sopra e le rimise ancora dentro la mia bocca facendomi assaporare il suo sputo. Io continuai a succhiare sempre più forte non potendo fare a meno di inghiottire la sua saliva che mi diede un ulteriore brivido. Poi cominciò a fare entra ed esci simulando un pompino. Ero fuori di me tanto che dopo un paio di minuti eiaculai abbondantemente senza neanche toccarmi.

Lui se ne accorse ed a questo punto si fermò.
Mi prese per le spalle, mi girò mettendomi di fronte, mi guardò negli occhi e dandomi uno paio di schiaffetti sulla guancia destra mi disse:” Bravo, ti sei comportato bene! Sei proprio un bravo ragazzo”. Poi aggiunse: “Adesso vai, è tardi”. Io rosso in viso come un pomodoro, quasi nel pallone, senza dir nulla mi rivestii, presi il mio sacchetto di patate e corsi via velocemente verso casa.

Il contadino parte II

Ricomponendomi velocemente me ne tornai a casa estremamente frastornato, confuso e con la testa fra le nuvole. Presi dei fazzoletti di carta che avevo in tasca e mi asciugai sommariamente i genitali visto l’eiaculazione spontanea che avevo avuto. Ero tutto bagnato ed appiccicoso. Confesso che nutrivo un certo disprezzo per me stesso, per come avevo reagito a quella situazione con quell'anziano contadino. Avrei potuto tirarmi indietro e non l’avevo fatto. Tutte le aspettative che avevo costruito su di me erano crollate in pochi minuti. A rifletterci durante la mia adolescenza non mi risultava aver avuto mai attrazione per altri ragazzi tanto meno per anziani panciuti e pelosi! Camminavo veloce verso casa sapendo che i prossimi giorni sarebbero stati per me molto duri al pensiero di cosa era successo in quella cascina. Decisi di metterci una pietra sopra, di non pensarci più, promettendo a me stesso che non sarebbe mai più successo. Volevo rimuovere una volta e per sempre l'accaduto. Non ero gay e quello era stato un semplice incidente di percorso. Una sballata giovanile. Mi tranquillizzai pensando che in fondo non c'erano stati testimoni pertanto la storia sarebbe finita lì.

Visibilmente scosso arrivai davanti casa con il mio sacchettino di patate in mano. Entrai nell'androne del mio condominio, salutai velocemente il portiere e mi misi davanti l'ascensore in attesa che arrivasse. Quando l'ascensore arrivò vi entrai e pressai il pulsante relativo al mio piano. Le porte si chiusero ed iniziai a salire. L'ambiente piccolo e stretto dell'ascensore favorì l'amplificarsi degli odori intorno facendomi accorgere che avevo ancora addosso l'olezzo dell'anziano. Mi annusai ancora le braccia, le mani e ne ebbi la conferma; anche la mia maglietta era intrisa degli umori del contadino. Tastai la bocca ed avevo ancora anche lì il sapore un po’ rancido delle sue dita ruvide e grassocce passate dai suoi genitali e introdotte nella mia bocca che pochi minuti prima avevo leccato e succhiato. Ebbene, senza volerlo mi ritrovai con le farfalle sullo stomaco. Mi si annebbiò la vista, ero sorpreso di me stesso! Cosa ero diventato! Come in un film mi passarono nuovamente davanti gli occhi quei minuti trascorsi dentro la cascina ma stavolta con desiderio. Ero fuori di me. Intanto l’ascensore arrivò al piano, aprii velocemente la porta di casa, mi accorsi che ero solo, posai per terra il sacchetto di patate, mi spogliai, andai in bagno, mi infilai sotto la doccia. Nonostante i miei buoni propositi non riuscivo a non toccarmi rivivendo quel seppur breve tempo passato con l’anziano contadino. Non potei fare a meno di masturbarmi tanto da venire in meno di un minuto! Il desiderio, la passione, la mia natura avevano preso il sopravvento. Che ne sarà di me, mi domandavo.

La sera a letto senza riuscire a prendere sonno riflettei ancora concludendo che mi trovavo ad un bivio: fuggire da questa attrazione sessuale per l’anziano don Pietro oppure lasciarmi andare e percorrere un terreno nuovo inesplorato, alla comprensione di me stesso, assumendomene tutte le conseguenze.

Passarono un paio di giorni. La mattina come sempre andavo a scuola, il pomeriggio studiavo un po’ e poi facevo qualche uscita con gli amici. Tutto sembrava come prima ma, non lo era. Guardavo il mondo con un occhio diverso. La mia mente era altrove ed i miei amici se ne accorgevano. Tanto che chiedevano: “Ma che hai? Da qualche tempo sei strano!”. Io naturalmente rispondevo che non avevo nulla e che ero solo un po’ stressato a causa dello studio. Dopo una settimana mi accorsi che ardevo di desiderio. Volevo sentirmi ancora sotto il potere di quell’anziano, sotto il suo maschio dominio, rivolevo sentire il calore del suo grosso e peloso corpo sul mio ed i suoi umori mischiarsi con i miei.

E così un pomeriggio decisi di recarmi nuovamente al campo del contadino.

Faceva caldo e per comodità indossavo un paio di pantaloncino corti, una maglietta ed un paio di sandali. Ero abbastanza nervoso, il mio cervello faceva a pugni con sé stesso. Erano tanti i motivi che mi spingevano a non recarmi dal contadino; paura, vergogna e pregiudizi. Probabilmente dalla vita mi sarei aspettato un incontro romantico con una mia coetanea, discoteca, pizzeria, lume di candela e tutto il resto. Invece mi apprestavo come uno zombie ad incontrare un anziano grasso, peloso e sudato che sentivo stava prendendo il controllo della mia vita.

Arrivato al campo lo vidi in lontananza di spalle indaffarato a zappettare le sue piante. Il cuore mi batteva a mille. Potevo vedere distintamente le sue forme da tipico contadino settantenne tarchiato, robusto, con due belle gambe tozze e piene, la pancia prominente che gli usciva fuori della canottiera bianca che non riusciva a contenerla, stivali verdi da campagna e cappellino in paglia per proteggersi dal sole. Questa volta diversamente dalla prima, indossava un paio di pantaloni corti color cachi tipici degli anziani che mettevano in risalto le sue cosce robuste e con discreta peluria nonostante l’età. Evidentemente il lavoro dei campi lo aiutò in questo.
Ad un certo punto si girò ed i nostri sguardi si incrociarono. Io accennai ad un saluto e lui con il suo viso tondo e gioviale di sempre, facendomi un sorriso mi disse: “Ciao giovanotto! È da un po’ che non ci si vede! Forse gli ortaggi che hai comprato la corsa volta non sono stati di tuo gradimento?”. Io imbarazzatissimo al cospetto di quella autorevole figura risposi quasi balbettando: “No, no! Era tutto buonissimo tanto che ne vorrei acquistare ancora”. “Va bene” rispose con un sorriso furbesco, “Andiamo nella cascina. Ho messo lì la roba da vendere”.

Il mio cervello cominciò ad urlare: questo non è giusto, questa non è la tua vita. Puoi ancora andartene. Girati, vattene!

Don Pietro si avvicinò a me con il suo passo pesante. Quando mi fu vicino allungò il braccio verso il mio viso e dandomi una carezza sulla guancia destra e mormorò: ”Come sta questo ragazzo?”. La sua mano callosa, calda e gentile sul mio viso mi diede una sensazione positiva e calmò il mio batticuore dandomi serenità. Io accennando ad un sorriso un po’ nervoso risposi: ”Bene grazie”. Come 2 amici di sempre mi prese sottobraccio e mi condusse verso la cascina. Compresi che con quel gesto cercava il contatto fisico. Don Pietro era abbastanza accaldato ed il suo odore di uomo anziano sicuramente non pulitissimo raggiunse in breve le mie narici innescando in me qualcosa di piacevolmente ancestrale ed ormonale. Non mi dava alcun fastidio però. Arrivati alla cascina, all’ombra del porticato mi fece sedere su una vecchia poltroncina e mi disse di aspettare che, esattamente come la prima volta, aveva bisogno di far pipì.

Don Pietro si recò dietro uno degli angoli del rustico dove io non potessi vederlo e dopo qualche minuto tornò al mio cospetto armeggiando da uno dei cosciali dei pantaloncini che indossava per mettere a posto il suo armamentario. Poi allargò le gambe e strinse la cintura sotto la sua pancia in maniera tale che per comodità il suo bel ventre ci stesse sopra. Tentò poi di aggiustarsi la corta canottiera un po’ ingiallita dal sudore sotto le ascelle stirandola verso il basso per coprirsi il più possibile ma, inutilmente. La canottiera non era della sua taglia e parte della pancia pelosa continuava a venire fuori in tutta la sua maestosità. “Eccoci qua!” mi disse sedendosi su una sedia di fronte a me ed allargando le gambe. “Ho piacere di rivederti, ragazzo” mi disse togliendosi il cappello di paglia e grattandosi quei pochi capelli bianchi a corona della sua testa. Poi si passo la mano sul viso che evidenziava una barba incolta da 2 giorni. Il mio sguardo non poté che cadere sul suo voluminoso pacco tipico degli anziani cosa della quale lui si accorse. Tutto di lui esprimeva sicurezza e dominanza. Avevo un’attrazione spasmodica nei suoi confronti.

“Hai fretta?” mi chiese. “No”, gli risposi. “E allora prima di prendere gli ortaggi voglio farti assaggiare qualcosa di buono che ho fatto con le mie mani”, mi disse. Da un logoro e piccolo frigorifero posto in un angolo esterno della cascina del quale non mi ero neanche accorto dell’esistenza, tirò fuori una bottiglia di vino rosso bello fresco, poi prese 2 bicchieri adagiati su una mensola e me ne porse uno. “Questo vino è fatto con le mie mani” disse con soddisfazione. “Desidero che ne beviamo un po’ insieme in segno della nostra amicizia” mi disse. Oddio, pensai. Non sono un bevitore ma data la circostanza decisi di accettare per non sembrare scortese. Preso il bicchiere si avvicinò con la bottiglia e mi versò il vino fresco fin quasi all’orlo. Poi se ne versò altrettanto lui e posata la bottiglia volle brindare. Già al primo sorso mi accorsi che era buono si, ma eccessivamente alcolico per me. “Bevi bevi che fa buon sangue” insistette lui mettendo in mostra un sorriso coinvolgente. E bevuta fu!

In quei minuti ingannammo il tempo parlando del più e del meno. Don Pietro mi raccontò di come viveva solo e che in casa avrebbe bisogno di qualcuno che lo aiutasse con le faccende domestiche visto che lavorava quasi tutto il giorno nel campo.
Bevuto tutto il vino del mio bicchiere l’alcol fece sentire i suoi effetti su di me. Ero brillo. Mi sentivo più rilassato e più incoraggiato ad aprirmi alle circostanze. Lui parlava e rideva ed ogni tanto si dava una palpata in mezzo alle gambe come se nulla fosse accendendo le mie fantasie. Ad un certo punto entrò un po’ nel personale e mi chiese “Ma tu, ce l’hai una fidanzatina?”. Io risposi con la verità, “Non ho una fidanzatina” risposi. Ed allora lui indagando ancora e facendo l'occhiolino replicò: “Forse un fidanzatino?”. “No” gli risposi, “Non sono gay e sono ancora come mamma mi ha fatto. In tutta onestà e franchezza non mi vergogno di dire che non ho ancora avuto alcuna esperienza di tipo sessuale”. Chiudemmo l’argomento ed intanto mi accorsi che il vino mi aveva intontito abbastanza. Probabilmente era quello che Don Pietro voleva per raggiungere il suo scopo più agevolmente. Quando mi vide pronto si mise in piedi, mi venne di fronte fino a quando il suo cavallo non fu sotto il mio naso. Attese con una scusa qualche secondo affinché potesse farmi annusare l'olezzo muschiato misto a sudore dei suoi genitali, e farmi chiaramente comprendere chi fosse il maschio fra noi due. La cosa mi imbarazzò un po’ ma mi accese ancor di più. Poi, prendendomi con mano ferma per un braccio mi disse con voce rassicurante: “Vieni ragazzina, entriamo nella cascina a prendere gli ortaggi”. Mi chiamò al femminile ma non ci feci caso brillo com’ero. Io obbedii e mi lasciai condurre dentro il rustico come un automa. Faceva caldo, la luce era bassa. Mi indicò un angolo dove erano accatastate diverse cassette di ortaggi. “Ecco”, mi disse. “Prendi quello che vuoi. Puoi mettere il tutto in quella borsa di plastica”. Oddio stava per ripetersi la stessa vicenda di quindici giorni fa, ma la differenza era che stavolta sapevo come sarebbe potuta finire. Andai nell’angolo indicatomi da Don Pietro e mi chinai a scegliere i miei ortaggi. Alle spalle sentii chiudere la porta con un fermo di metallo e poi i passi di Don Pietro che si avvicinava lentamente verso di me.

“Ti aiuto a scegliere le migliori” mi disse, ed intanto come la prima volta, appoggiò dolcemente il suo pacco nelle mie chiappe e cominciò a strusciarsi. Capii subito le sue intenzioni e lo lasciai fare. Cominciai ad adorare il contatto quel corpo caldo ed umido di maschio anziano su di me ed ansimai per l’eccitazione. Erano sensazioni nuove e l’emozione mi rendeva incapace di prendere alcuna iniziativa. Poi sentii avvicinare la sua bocca al mio orecchio che mi sussurrò: “Stai tranquillo. Quando mi dirai di smettere io mi fermerò”. La risposta la diedero i miei timidi gemiti di piacere ed un impacciato:” Continua, ti prego…”. Obnubilato dal vino, senza freni inibitori ed estasiato dal piacere che via via aumentava, nessuna altra parola riuscì più ad uscire dalla mia bocca.

Il mio consenso lo accese come un a****le: “Non te ne pentirai, bambolina” replicò. Mi prese per le spalle, mi girò mettendomi di fronte a lui, mi sfilò la maglietta, prese la mia testa con ambedue le mani ed avvicinò la sua bocca alla mia. “Dammi un bacio” mi disse, e poggiò le sue calde e spesse labbra sulle mie. Il suo alito era un po’ pesante e sapeva di vino. Io mi irrigidii un po’ ponendo un po’ di resistenza. Non avevo mai baciato in bocca qualcuno tanto meno un anziano grasso peloso e sudato. Ma lui essendo più forte e deciso di me ebbe la meglio ed io mi lasciai andare aprendo le labbra. Prontamente Don Pietro spinse la sua spessa e calda lingua dentro la mia bocca. Nonostante il primo impatto di disgusto mi piacque e fui sommerso da sensazioni di piacere. Istintivamente lo abbracciai. Ben presto la mia bocca fu invasa ed impastata dalla sua saliva tanto che più volte dovetti ingoiarla. Ogni tanto interrompeva il bacio per lasciare che rivoli della sua saliva gocciolassero nella mia bocca che io appunto, non potevo fare a meno di non ingoiare. Intanto l’odore dei suoi umori erano ormai su di me e mi accendevano di più.

Finito di baciarmi scese con la bocca nelle mie tettine sviluppate quasi come quelle di una donna e cominciò ad massaggiarle, leccarle, succhiarle e mordicchiarle mentre le sue grandi calde e rugose mani prendevano possesso dei miei fianchi e delle cosce bianche e lisce. Farfugliava parole che non capivo e grugniva come un cinghiale in calore. Il suo respiro si fece pesante e selvaggio. Sentivo di essere totalmente esposto a quell’anziano ma contestualmente al sicuro tra le sue forti braccia. Ad un certo punto mi attirò a sé stringendomi forte al suo petto ed alla sua pancia e mi disse faccia a faccia con fermezza: "Tu apparterrai a me bambolina, è vero?" Io arrossendo quasi ipnotizzato e rintronato dal vino bevuto e da quel piacere sensuale che per la prima volta provavo, risposi con voce tremante un timido “Si”.

Compresi che non potevo non cedere a lui. Era lui il più forte e nelle condizioni di ottenere tutto ciò che voleva da me. Non potevo combattere contro lui e le mie inclinazioni. In un attimo presi coscienza che per il mio piacere dovevo sottomettermi a lui, lasciarmi condurre e fare tutto ciò che desiderava. Con questa consapevolezza tutti i miei muscoli si ammorbidirono e la tensione si placò.

Inevitabilmente una delle sue mani scese verso il mio fondo schiena. La infilò dentro i miei pantaloncini elasticizzati e cominciò a palpare con decisione il mio culetto tondo, roseo e grassottello. Il mio corpo rispose a lui con sordi gemiti di piacere. Poi tirò fuori la mano dal mio culetto, la porto alla sua bocca e sputò una abbondante dose di saliva sulle sue dita. Rinfilò la mano dentro i miei pantaloncini e si avventurò nel mio buchetto con il suo dito medio lubrificato. Contestualmente riprese a baciarmi sulla bocca mentre sentivo il suo dito bagnato introdursi adagio. Inizialmente feci un po’ di opposizione e mi ritrassi istintivamente, ma lui mi calmò sussurrandomi: “Rilassati. So come fare con i culetti vergini come il tuo. Vedrai che dopo ti piacerà. Spingi come se dovessi andare di corpo”. Un calore perverso mi salì lungo la schiena e feci come disse. Continuò ancora ad usare il suo sputo per facilitare l’introduzione del suo dito grassoccio e lubrificato nel mio buchetto finché alla fine riuscì a violarmi totalmente nonostante qualche mia resistenza dovuto ai fastidi e dolenzie della prima volta. “Sei veramente vergine!” mi disse contento. L’altra mano la passò tra le mie cosce raggiungendo il mio pacco. Mi teneva in mano le palle e parte del pene eretto per rilassarmi e verificare che ne traevo piacere.

Ero in potere di quel vecchio. Dopo essersi gustato a suo piacere il mio corpo cicciottello lo sentii armeggiare con la cintura dei suoi pantaloncini. Intuii cosa voleva adesso da me; voleva incularmi. Sarebbe stata la prima volta per me. Non sapevo come sarebbe andata, ma ero eccitato.
Mi lasciò, mi diede una sonora pacca sul sedere e rovistando con la mano sul suo pacco mi ordinò con autorità: “Togliti i sandali e mettiti a pecora su quel tavolo”. In quegli attimi mi prese il batticuore ed un senso di vergogna perché ebbi la consapevolezza che da quel momento nulla sarebbe stato come prima. La cedevolezza a questo destino avrebbe fatto si che per sempre avrei dovuto celare in cuor mio un segreto inenarrabile: sono stato inculato da un vecchio contadino, grasso, calvo e maleodorante, dentro una vecchia cascina, come una baldracca qualunque. Ma niente avrebbe mai potuto evitare che questo avvenisse perché adesso desideravo quella profanazione.

E così, assunsi la posizione voluta dall'autoritario anziano, mettendomi col culo di fronte a lui. Socchiusi gli occhi di fronte ad una parete consumata dal tempo e nella penombra della cascina strinsi i denti ed aspettai. Don Pietro non perse tempo. Mi abbassò e sfilò con forza pantaloncini e mutandine lasciandomi nudo e totalmente esposto a lui. Poi mi allargò le gambe. Successivamente lo sentii schiarire la gola come se tossisse, raccogliere in bocca una boccata abbondante di saliva e sputarla nella sua mano fatta a coppetta. Poi sentii la sua mano bagnata passare vigorosamente nel mio buco del culo e spalmare per bene lo sputo caldo e viscido raccolto. Per aumentare la lubrificazione e favorire l'eventuale penetrazione introdusse più volte il suo dito medio nel mio orifizio . Ogni tanto dava degli schiaffi decisi alle mie mele ed allungava la mano verso le mie tette palpandole con vigore come ad una vacca e borbottava:"Sarai la mia puttanella".

Quando riconobbe che il mio culetto fu pronto per riceverlo intravidi che si abbassò pantaloncini e mutande, sentii ancorarlo ai miei fianchi ed appoggiare le sue palle ed il suo cazzo umido sul mio culo. Sussurrai di piacere al primo contatto. Con la mano grossa e robusta, mi sollevò leggermente il bacino affinché m’inarcassi meglio e favorire l’aderenza. Posizionò il suo cazzo sul mio solco roseo, glabro ed inesplorato ed iniziò a strusciarlo lentamente avanti ed indietro. Sentivo le sue palle calde e pelose sbattere nella parte inferiore del mio culetto.

Fu una sensazione bellissima. Si masturbava usando il mio culo. Il mio piacere superò il limite e con un gemito eiaculai senza neanche toccarmi. Lui se ne accorse e grugnì: “E brava la mia bambolina. Rilassati che adesso ti inculo!”. Ormai in erezione intravidi Don Pietro sputarsi sul cazzo e spalmarselo di saliva con la sua manona. “Allargati le chiappe” mi disse mugugnando con autorità “Il tuo culetto vergine è mio, tesoro!”. Allungai le braccia all'indietro e mi allargai più che potei. Così spalancato e totalmente accessibile Don Pietro sbuffò ed il suo glande nella penombra trovò l’orifizio e lo puntò .

Improvvisamente si sentirono voci fuori dalla cascina, che venivano dal campo: “Don Pietro, Don Pietro, dove siete? Don Pietrooooo! ”.

“Porca troia buttana Eva!” imprecò lui visibilmente contrariato alzando gli occhi al cielo. “Presto presto, rivestiamoci” disse lui dandomi uno schiaffone nel culo.
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