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Nonno Leonardo parte IV


di matteol77
09.09.2020    |    13.005    |    0 8.6
"Particolare non da poco, rivoli di sudore scendevano dalle spalle fino al solco delle mie pallide natiche rendendole molto umide..."
Sin dal primo giorno dovetti occuparmi dei lavori domestici.
Fu come una tortura per me. Nonno Leonardo mi aiutava solo in cucina; era un buon cuoco. Se avessimo dovuto fare affidamento solo alle mie competenze culinarie avremmo mangiato quasi esclusivamente uova al tegamino per due settimane.

Pulire la casa, fare il bucato, stirare e poi tanti stracci, scope, detersivi! Era per me una faticaccia immensa! Non ero avvezzo a questi lavori; a casa mia faceva tutto mia madre. Inoltre, consideravo questi servizi alquanto noiosi ed umilianti. E allora spesso brontolavo, facevo le cose in maniera frettolosa e grossolana. Questo significava: letti rifatti male, polvere sotto ai tappeti, bagno poco igienizzato. Insomma una frana.

Il nonno più volte mi richiamò all’ordine. Voleva che fossi più attento e mostrassi più impegno. Io promettevo di applicarmi di più, ma ben presto la mia superficialità prendeva il sopravvento.

Ad un certo punto la corda si spezzò.
Visto che con le buone maniere otteneva poco o niente, decise di passare alle maniere forti con una serie di umiliazioni e punizioni. Tengo a precisare che le punizioni inflittemi non furono mai crudeli o finalizzate a procurarmi particolari sofferenze. Erano si sgradevoli, ma sostanzialmente simboliche e finalizzate a correggere le mie insufficienze e la mia mancanza di rispetto nei suoi confronti.

“Non tollero più la tua sfrontatezza”, mi urlò un giorno in faccia puntandomi il ditone dritto negli occhi. Era paonazzo e preso dalla rabbia. “Vuoi fare il furbo con me? Bene, da ora in poi vedremo se manterrai ancora questo atteggiamento. Ti darò un paio di lezioni che ti ricorderai a vita!”

Cominciò col farmi delle angherie. Per esempio per un periodo di tempo mi fece trovare la sua urina nel bordo della tavoloccia del WC. Ogni volta che andava a pisciare faceva apposta a non centrare il buco. Ciò comportava che ero costretto a pulirlo più volte al giorno. Mi chiamava, mi dava una sonora manata sul culo e tuonava: "Fila a pulire subito il cesso che è sporco! Lo voglio splendente!” Già che ero lì, spesso, mi faceva lavare anche il pavimento, in ginocchio per terra, senza mocio; soltanto con stracci, secchio d’acqua ed olio di gomito!

“Ma così è più faticoso!”, mi lamentavo protestando.
"Il mocio non ti serve. Sei giovane e puoi farlo benissimo in ginocchio e con le mani. Così verrà più pulito!", tuonava dall’alto della sua stazza puntandomi sempre quel suo dito indice davanti gli occhi. E giù un calcio nel sedere!

Alcune volte si lamentava per delle banalità. Per esempio perché non ero ben rasato. Naturalmente per verificare se avevo la barba lunga mi controllava a modo suo. Lo faceva sempre dopo aver pisciato senza lavarsi le mani. Mi passava la mano destra sulle guance dall’alto in basso e viceversa ancora umidiccia della sua urina e degli umori che albergavano sul suo membro. Lo sentivo sulla pelle e inevitabilmente sotto il naso. Poi, mi rimproverava affinché mi sentissi frustrato e irritato e quindi poter verificare il mio grado di ribellione, la mia reazione di sottomesso, e soffocarla sul nascere.

Questo suo percorso educativo andò avanti per quasi tutta la seconda settimana.
Gli aneddoti da raccontare sarebbero tanti ma mi limiterò soltanto ad annoverare gli essenziali, quelli che più hanno lasciato il segno.

Accadeva che per distrazione e leggerezza aggiungevo troppo sale nella minestra, oppure utilizzavo lo stesso secchio d’acqua per pulire il pavimento di più stanze. Il nonno voleva che usassi un secchio d’acqua pulita per ogni stanza. E allora, la prima volta mi richiamava verbalmente, dalla seconda in poi non accettava più scuse e mi castigava.

Con quale punizione iniziò se non con la più comune? Una sonora sculacciata a mani nude!

“E’ quello che avrebbe dovuto fare tuo padre già diverso tempo fa!”, esclamò la prima volta che lo fece con uno sguardo perforante e urlandomi in faccia.

Si sedette su una sedia del soggiorno e mi ordinò: “Togliti i pantaloncini e distenditi sul mio grembo a pancia sotto, svelto!”

Mi denudai e mi avvicinai a lui. Appena fui a tiro, mi afferrò dai fianchi con le sue grandi mani, e con forza mi mise in posizione prona sulle sue ginocchia. Poi con il braccio sinistro mi agganciò bene al suo pancione, e con la mano destra cominciò ad accarezzare con energia le mie natiche per prepararle agli schiaffoni. Infine, le impastò per bene con possesso e giù il primo colpo. In seguito il secondo, il terzo e così via, una raffica di schiaffoni vigorosi senza sosta.

Ai primi colpi resistetti muto quasi divertito dalla situazione assurda. Ma ben presto cominciai ad avvertire bruciore e dolore. Cercai di divincolarmi, ma inutilmente. Le sue braccia erano tenaglie. Cominciai a sudare! Il mio cuore batteva forte. Dopo una decina di schiaffi cominciai a soffrire maledettamente tanto che ad un certo punto non ce la feci più e cominciai a supplicare: ”Basta, basta, per favore! Ti prego nonno, basta, mi fa troppo male!”

“Ma che basta e basta! Hai bisogno di una buona lezione tu! Ed io te la darò!”, urlò mentre continuava a schiaffeggiarmi. “Adesso ti faccio vedere io, mascalzone e fannullone!”

Quando dopo una ventina di colpi si fermò non mi sembrò vero. Potei finalmente fare un respiro di sollievo. Ci mancava poco che avrei iniziato a piangere. Avevo il culetto in fiamme.

"Spero che tu abbia imparato la lezione, ragazzo", esclamò con voce sarcastica il nonno e mentre continuava a lisciare le mie rosse natiche con la sua mano grande e rugosa come se ne fosse il proprietario.

"Sì, sì nonno", risposi io agitato per chiudere al più presto la questione. “Starò più attento adesso! Giuro!”

“Bene, rivestiti e vai a fare il tuo dovere!”, mi disse liberandomi dalla stretta al grembo e lasciandomi libero. Appena in piedi tastai le mie natiche; erano arrossate e mi bruciavano veramente tanto. Mi rivestiti e corsi in cucina a completare i miei servizi.

Un paio di volte usò la cinghia di pelle con la quale si reggeva pantaloni.
Probabilmente era la punizione corporale che temevo di più perché era dolorosa e lasciava il segno. Diciamo pure che le cinghiate mi facevano comprendere che non mi potevo permette di prendermi certe libertà con il nonno. Bastavano pochi colpi per farmi cadere in ginocchio supplicandolo di smettere. La cinghia è sicuramente una garanzia per il mantenimento dello stato di un sottomesso.

Mi ordinava di mettermi a pecora poggiato su qualcosa e mi abbassava i pantaloncini. Nella mia testa era un mix di agitazione, paura ed eccitazione; lo sentivo borbottare e sfilare la cintura dai suoi pantaloni.

“Un primo errore passi, al secondo chiudo un occhio ma il terzo non te lo perdono! Brutto di un lavativo!”, urlava irato. E giù la prima, la seconda e poi una terza cinghiata ben assestata sui glutei. Io saltavo dolorante ad ogni colpo che mi levava il respiro. Al terzo colpo si fermava. Sapeva bene che 3 cinghiate erano più che convincenti per un ragazzo come me. Dolore e bruciore al culo erano straordinari ed i segni restavano per un paio di giorni.

“Adesso rivestiti e vai a lavorare, scansafatiche!”, tuonava dandomi un calcio sul culo.

Una delle pratiche umilianti a cui ero frequentemente sottoposto erano le ispezioni corporali. Era un modo piuttosto efficace per mortificarmi e sminuire la mia personalità.

Nonno Leonardo si sedeva sul divano come un vecchio patriarca, come un sovrano autorevole. Ai miei occhi riusciva ad offrire uno spettacolo straordinario. Aveva un aspetto così dominate, mascolino. Esercitava tutte le migliori virtù maschili che scoprii di prediligere. Era anziano, con una bella massa adiposa che gli circondava il girovita, aveva il doppio mento, era peloso, calvo, burbero, e così tanto, tanto virile. Una combinazione micidiale che sprizzava testosterone da tutti i pori e che mi spingeva inesorabilmente verso di lui.

“ Spogliati!”, mi ordinava di fronte a lui palpandosi il pacco in segno di comando.
Io iniziavo lentamente a spogliarmi ma lui ogni tanto mi riprendeva:” Cribbio, ragazzo! Non stai facendo uno spogliarello per sedurmi! Devi solo spogliarti per una ispezione! Continua, forza e tieni gli occhi bassi!”

Io riprendevo a spogliarmi più velocemente finché non restavo nudo come un verme davanti a lui un po’ chino su me stesso e con le mani incrociate sui genitali che coprivo imbarazzato. Mi lasciava alcuni minuti così per ricordarmi che tutto dipendeva da lui e poi:

“In posizione!”, ordinava.

Io sapevo che dovevo allargare le gambe, intrecciare le dita dietro la nuca tenendo i gomiti allargati il più possibile.

“Apri la bocca” mi ordinava.

Quindi vi infilava il dito indice e ne ispezionava l’interno scorrendolo lungo il tutto palato e la lingua. Mi abbassava le labbra ed osservava i denti come probabilmente faceva con gli animali in campagna. Mi pizzicava le labbra facendomi anche un po’ male, ma non un suono facevo uscire dalla mia gola.

Poi, una volta insalivato per bene il dito mi posizionava ruvidamente a novanta gradi. Con una mano agguantava le natiche, le divarica e sputava sul pertugio per lubrificare. Gli avvicinava l’indice insalivato dalla mia bocca e cominciava a forzarlo gradualmente. Nessun male particolare, ma solo moltissima umiliazione. Il nonno muoveva il dito non come se dovesse stantuffare ma lo girava e rigirava su sé stesso e lateralmente a modo di una vera e propria ispezione.

Finita l’ispezione anale mi faceva rimettere di fronte a lui sempre ad occhi bassi e procedeva con altre mortificazioni.

Per esempio, un paio di volte mi parlò come se avesse di fronte un bambino. Una cosa che mi mandava in bestia.

Mi guardava dalla testa ai piedi e mi ripeteva: “Sei solo un ragazzino. Guardati! Saresti un uomo tu? Cosa vedi? Un uomo o un ragazzino?, Rispondi!!”

Ed io ammettevo mio malgrado bisbigliando: “Un ragazzino.”

Il nonno mi faceva rinnegare la mia età adulta. Mi accarezzava il torace le spalle lisce prive di peluria e ripeteva:” Ecco sei solo un piccolo ed immaturo nipotino del nonno, eh?”

“Si nonno, sono un immaturo del nonno”, rispondevo io. Lui grugniva soddisfatto. Si apriva la camicia e mostrando con orgoglio il petto ricoperto da virile peluria grigia diceva: “Ecco cos’è un uomo! Guarda, tocca!” E mi prendeva con forza la mano e con il palmo mi costringeva a strusciare il suo torso ruvido e caldo per demoralizzarmi e per monetizzare la sua virilità rispetto alla mia.

Spesso maneggiava un po’ il mio piccolo pene ed i miei minuti testicoli nelle sue grandi mani pelose e mi derideva per le loro piccole dimensioni.

Certo, di fronte al suo spesso membro, scuro, cremoso coperto di vene e con una testa sempre umida e violacea il mio, corto, magro e roseo come un terzo di wurstel, sembrava proprio quello di un bambino. Non c’erano paragoni!

“Così piccolo, così minuscolo e sottosviluppato” mi ripeteva con delle risate grasse e dandomi dei piccoli colpetti con le dita sulla punta del pene e sui piccoli testicoli.

Nonno Leonardo riusciva a frugare tra le mie insicurezze ed aprirvi una breccia così da rendermi più debole di fronte da lui. Frugava con crudeltà nelle mie ferite; avevo le vertigini. La mia faccia rossa di rabbia tradiva il mio risentimento.

Durante una delle ispezioni ho dovuto masturbarmi di fronte a lui perché voleva vedere quanto sperma producevo. Per verificarlo correttamente, volle che gli eiaculassi in una delle sue mani fatta a coppetta per raccoglierlo ed osservarlo bene. Trovai tutta quella situazione alquanto imbarazzante. Tra l’altro non mi ero mai masturbato di fronte a qualcuno.

Iniziai a menarlo ma in quella situazione di stress non riuscendo a concentrarmi l’eiaculazione non arrivava. E allora lui spazientitosi, borbottando, prese iniziativa. Raccolse una buona quantità di saliva sputandosi sulla mano fatta a coppetta e con la stessa mi massaggiò con sapienza i testicoli come se fossero i suoi mentre io continuavo a masturbarmi.

Al contatto con quella manona calda e bagnata da quel liquido vischioso io trasalii, ed in 30 secondi gli eiaculai sull’altra mano pronta a raccogliere il mio sperma.

La quantità fu esigua. Alla sua vista per mortificarmi si fece una fragorosa risata e accostando la mano con lo sperma sotto il mio naso esclamò: “Oh mio bambino, piccolo bambino, tutto qui? Tutto qui?”. Subivo in silenzio. Non riuscivo a pronunciare una parola. Ricordo però che mi sentivo molto liberato di essere in qualche modo riuscito a masturbarmi davanti ad un altro uomo. Era come se non ci fossero più segreti tra me ed il nonno.

Succedeva però che le punizioni e le umiliazioni inflittemi risvegliavano e stimolavano le mie fantasie sessuali. Essere vittima della forza fisica del nonno, essere dominato, essere sculacciato, cinghiato secondo i suoi desideri mi dava comunque eccitazione e piacere. Mi deliziava sentire che la mia sottomissione consensuale rinforzava il potere del nonno e lo rassicuravano sul suo dominio su me.

Questi “giochi” basati su dinamiche di controllo erano molto eccitanti. Mi permisero di sganciarmi dal mio vecchio ruolo e contesto quotidiano e di esprimere parti di me che molto probabilmente sarebbero rimaste represse. Mi permisero di interagire con il nonno tanto da far fluire ed incanalare tra me e lui un’energia carica di emozioni, sensazioni, fantasie emotive anche romantiche. In due sole parole, tanto piacere.

Più volte mi venne in mente l'idea che stavo facendo qualcosa di sbagliato, di poter essere giudicato. Poi invece mi sentivo orgoglioso dei miei risultati. Nonno Leonardo mi aveva liberato ed aperto ad una nuova era nella mia esistenza, in particolare quando l’ultimo giorno delle due settimane programmate, una punizione diversa dal solito, diede l’input ad un nuovo sviluppo della situazione.

La notte che precedette l’ultimo giorno delle due settimane, non riuscendo a prendere sonno, sbirciando tra le mie scartoffie dei cassetti della mia scrivania, trovai dimenticata una busta con tutto l’occorrente per fare una canna; una caccola di fumo, un paio di cartine ed un po’ di tabacco.

Era veramente una caccoletta, niente di che, ma di ottima qualità. Non ero un fumatore ma una cannetta accompagnata da una birretta ogni tanto con i miei compagni di scuola me la facevo. Ci pensai un po’ su. Me lo faccio o non me lo faccio sto spinellino? Pensai al nonno che certamente non avrebbe mai gradito. Però, visto che a quell’ora dormiva ed era chiuso nella sua stanza, se avessi aperto la finestra ed avessi fumato verso l’esterno non avrebbero dovuto esserci problemi. Fumo ed odore sarebbero andati via e lui non se ne sarebbe mai potuto accorgere. Io però, mi sarei dato una piccola botta di vita e mi sarei rilassato un po’.

In punta di piedi andai quatto quatto nel corridoio ad accertarmi che la stanza del nonno fosse veramente ben chiusa; e lo era. Tornai in stanza, mi chiusi dentro, aprii la finestra e sulla mia scrivania rullai velocemente la cannetta.

La accesi e diedi due belle boccate. Ah, che buon sapore!

Ma sempre a causa della mia giovanile superficialità e della mia strafottenza endogena, anziché fumare alla finestra mi distesi sul letto per godermela più rilassato; e giù altre boccate. In breve il fumo e l’odore si espansero in maniera micidiale. Dopo alcuni minuti, a canna fumata quasi totalmente sentii un rumore pesante di passi provenire dal corridoio. Scesi immediatamente dal letto allarmato e mi diressi verso la porta d'ingresso della mia stanza. Vi poggiai l’orecchio per ascoltare cosa succedeva dall’altra parte quando improvvisamente la porta si aprì sbattendomi energicamente contro e facendomi ruzzolare rovinosamente per terra. Ero nella merda.

Il nonno si era alzato da letto per andare a pisciare ed aveva sentito l’odore del fumo nel corridoio che era passato attraverso le fessure della porta.

Entrò in stanza infuriato, si fermò ed annusò l’aria. Non l’avevo mai visto così. Rimasi a guardarlo atterrito immobile per terra incapace di reagire ancora con lo spinellino in mano fumante. Dovevo sicuramente essere sbiancato dalla paura!

“Ma che cos’è questo odore?”, urlò.

Poi chinandosi verso me:
“Che cosa hai in mano, fammi vedere!” disse strappandomi di mano il residuo di cannetta ancora caldo. Lo guardò con attenzione, lo annusò e comprese di cosa si trattava.

“Grandissimo mascalzone! Come ti permetti! Ci mancava solo questa! Non sai che questo schifo fa male alla salute? Ma poi, ti ho forse autorizzato a fumare, specialmente questa roba? Tirala fuori canaglia! Dammi immediatamente tutta quella che hai! Disgraziato!”

Gettò via dalla finestra il mozzicone di canna residua e mi prese per un orecchio scuotendomi energicamente fino a sollevarmi di forza da terra.

“ Ahiaaa!!!, Mi fai male!”, mi lamentai!

“Non ne ho più! Avevo solo questa! Lo giuro!”

“Ma che ahia e ahia”, rispose lui mollandomi un calcione nel sedere come ad un ragazzaccio di strada qualsiasi.

“Per stanotte fila subito a letto che domattina faremo i conti! Farabutto!”.

Mi lasciò l’orecchio dolente ed uscito dalla stanza se ne andò via furibondo.

L’avevo fatta grossa e sarei stato punito ma indibbiamente me lo meritavo. Accettai il fatto che fosse necessario, mi misi a letto con una certa ansia ed aspettai il giorno successivo.

La mattina dopo come da programma alle 7.45 bussai alla sua porta e mi presentai al suo cospetto preoccupato e mortificato per il fattaccio della notte precedente. Ma lui, nulla. “Solito” buongiorno al nonno e poi…:

“Questa mattina pulizia straordinaria del pavimento del soggiorno”, esordì.

Ecco la punizione, pensai.

“Mi sono accorto che le fughe dei mattoni sono troppo scure. Hanno bisogno di essere pulite, stamattina vedremo di sbiancarle per benino. Ti serviranno un paio di spazzole che troverai nella cassetta degli attrezzi, un secchio d’acqua, detersivo ed alcuni stracci per asciugare. Almeno ti renderai utile.”

“Va bene nonno, lo farò” risposi.

Presi atto della disposizione del nonno poi, ripensando ancora alla notte precedente ritenni opportuno scusarmi per l’accaduto e balbettai ad occhi bassi e dispiaciuto:” Nonno sai, volevo scusarmi per l’errore che ho commesso stanotte…”

Mi stoppò subito.

“Questa volta l’hai combinata grossa caro monello. Non accetto scuse. Fai più figura se fai silenzio. Devo punirti”, disse determinato senza lasciare trasparire alcuna emozione.

Queste sue parole crearono in me un senso di sconforto.
Il renderlo soddisfatto per quello che fino ad allora aveva fatto per me mi aveva fatto sentire vivo e vitale. Ma questa volta avevo toppato, lo avevo deluso e ne stavo pagando emotivamente le conseguenze.

Mi diedi una scossa e ripensai alle sue disposizioni. Tanto valeva mettersi al lavoro. Dovevo pulire le fughe dei mattoni del soggiorno! Ma cosa sono le fughe dei mattoni?

Lo chiesi al nonno.

“Ti spiegherò io più tardi come fare. Inoltre, dovrai farlo con l’abbigliamento che ti dirò dopo. Vai a preparare l’occorrente che fra mezz’ora arrivo”, mi ordinò.

Andai a recuperare l’occorrente ed andai a preparare la colazione.
Lui arrivò ed entrò in soggiorno con un fare rigoroso come di chi si sentisse offeso.

Era abbigliato con suoi pantaloni larghi scuri da anziano questa volta retti da un paio di bretelle old style, camicia celeste sbottonata dei primi bottoni in alto cosicché veniva tutta la peluria grigia del suo torace, calzini bianchi e pantofole.

Dopo aver fatto colazione e sparecchiato il tavolo mi chiamò al suo cospetto.

“Bene, come ti ho detto prima, devi pulire le fughe dei mattoni di questo soggiorno. Sono le fenditure tra un mattone ed un altro. Vedi?”, e passò un dito per terra per farmi vedere cosa fossero. Effettivamente erano scurite.

“Pulire il pavimento solo con il mocio non serve per sbiancarle. Bisogna farlo con spazzola acqua e detersivo. Questo sarà il tuo compito per stamattina. Sarai l’orgoglio di tua madre quando le troverà sbiancate.”

Non mi ero mai accorto che esistessero le fughe dei mattoni!
Ad ogni modo pensai che tutto sommato non mi era andata male. Credevo mi avesse cinghiato o sculacciato di brutto; invece no. Forse me l’ero cavata a buon mercato.

Mi misi subito in ginocchio e cominciai a spazzolare.

“Aspetta, non abbiamo finito”, disse.

“Dovrai farlo indossando solo la maglietta. Via i pantaloncini e le scarpette.”

Lo guardai alquanto perplesso e replicai: “Cioè devo farlo nudo con solo la maglietta di cotone addosso?”

“Esattamente”, rispose.

La cosa mi sembrò alquanto bizzarra ma del nonno non mi sorprendeva più nulla. Probabilmente voleva umiliarmi. Accettare quella forma di mortificazione. Lo avevo deluso ed era giusto che tornassi al mio rango di sottomesso, al mio posto. È immaginabile che avrei dovuto avere poco di che vergognarmi considerate le inseminazioni serali e le ispezioni corporali abbastanza frequenti a cui sottoposto. Ma in realtà un certo pudore, un senso di riserbo e disagio di fronte a certi comportamenti che riguardavano la sfera sessuale ce l’avevo ancora.

Avrei preferito non farlo ma mio malgrado, obbedendo al suo comando, mi denudai e restai con la sola maglietta come ordinato.

Lui si accomodò su un confortevole divano in pelle posto in un angolo della stanza affinché potesse avere una panoramica del lavoro che dovevo svolgere. Contestualmente indossò i suoi occhiali e si mise a leggere uno dei suoi libri.

“Posso accendere la TV?”, gli chiesi?
Almeno mi avrebbe fatto compagnia ed avrei potuto ascoltare un po’ di musica.

“Va bene”, rispose. “Ma non perdiamo tempo. Al lavoro!”

Presi velocemente il telecomando e sintonizzai un noto canale radiofonico che trasmetteva anche in Tv.

Poi mi chinai sulle ginocchia ed ascoltando musica e fischiettando, cominciai il mio lavoro.

Ben presto mi resi conto che quell’incarico sarebbe stato lungo, duro ed estenuante. Non me lo aspettavo. Che faticaccia!! Dopo mezz’ora mi sembrava di essere ancora all’inizio! Faceva caldo e cominciai a sudare. Poi cominciarono a farmi male le mani tanto che ogni quarto d'ora circa ero costretto a prendermi delle pause.

“Beh? Che fai? Sei già stanco?”, tuonava il nonno.

“Scusa nonno, ma mi fanno male le mani. È durissimo questo lavoro!” replicai.

“DAVVERO?” rispose lui ironico e con un sorrisetto malefico.

“Non perdiamo tempo però. Prenditi qualche pausa ma che sia breve. Entro stamattina devi completare il lavoro.”

Il nonno era sempre lì e tra una pagina del suo libro ed un’altra mi non mi perdeva d’occhio. Non gli sfuggiva niente.

Ad un certo punto, a metà del lavoro mi trovai a spazzolare dandogli le spalle. Questo comportò che mi trovassi accovacciato sulle ginocchia con la testa bassa e con il culo all’aria esattamente di fronte a lui. Il movimento di avanti e indietro delle mie spazzolate, faceva si che ancheggiassi, che scuotessi le natiche con un moto oscillatorio che le facevano traballare indecorosamente sotto i suoi occhi. Particolare non da poco, rivoli di sudore scendevano dalle spalle fino al solco delle mie pallide natiche rendendole molto umide.

Questa mia posizione durò per circa venti minuti in quanto lo sporco del pavimento era duro a venir via.

Io non so se quello che accadde immediatamente dopo era premeditato o se fu riconducibile un impulso sessuale selvaggio, perché inaspettatamente la mano di mio nonno fu sulla mia nuca che mi spingeva la testa verso il pavimento facendomi assumere una posizione a testa in giù e culo all’aria abbastanza estrema.

Ebbi il tempo di emettere un urlo di spavento: “ Ahhhhhh!”

“Stai fermo così, piccola canaglia! Non hai nulla da temere! Lasciami fare!”, grugnì il nonno con voce bassa e rauca.

Restai immobile, intimorito e col fiato sospeso per paura che mi facesse del male. Lo sentii armeggiare dietro di me.

Con la coda dell’occhio vidi la sua mano libera adoperarsi per abbassarsi velocemente le bretelle, poi aprirsi la camicia, sbottonarsi i pantaloni ed abbassarli fino alle ginocchia. Dopo, si sputò un paio di volte sulla mano raccogliendo una manata di viscida saliva che spalmò sul mio ano. Rapidamente mi lubrificò l’orifizio introducendovi il pollice grosso e ruvido con un movimento rotatorio per farsi strada. Poi, si lubrificò il membro già in erezione con altro sputo e, puntandomi la cappella mi disse deciso:

“ Allargati le chiappe!”

Nonostante le difficoltà della posizione allungai le mani indietro e lo feci esponendomi totalmente a lui che non perse tempo ad adagiare la sua pancia sopra i miei glutei, a puntare la cappella e seppellire il suo cazzo dentro di me con un paio di spinte ben assestate accompagnate da una serie di grugniti di soddisfazione.

Il mix del mio sudore e della sua saliva rappresentarono in quel momento un lubrificante naturale quasi perfetto che favorì una penetrazione non dolorosa. Nulla di romantico ci fu in tutto questo; nonno Leonardo era abbastanza brutale nei movimenti. Ho sentito ogni centimetro di lui. Mi cominciò a montare in preda ad un’eccitazione sessuale senza precedenti. Dall’alto, mentre pompava, come un animale bavoso, faceva cadere boccate di saliva sopra il suo cazzo per lubrificarsi di più.

Restai sorpreso e sgomento per diversi minuti in quella posizione arreso, assoggettato e bloccato dalla mano di mio nonno stretta sulla nuca, mentre mi scopava come una sgualdrina qualunque. Non me lo aspettavo proprio!

Ben presto però la posizione scomoda impose un cambio di rotta. Tirò fuori il suo membro dal mio ano e mi ordinò mettermi in piedi.

Mi sollevai senza che il nonno mollasse la presa della mia nuca.
Come una bambolina di pezza mi spinse energicamente sul tavolo del soggiorno obbligandomi a distendermi a pecora.

“Stai fermo così ed dilata ancora le chiappe”, mi disse risoluto.

Con dei calcetti all’interno dei miei piedi mi fece allargare le gambe, si tolse la camicia e si mise in posizione di comando dietro di me con il suo scettro bagnato in mano.

Riprese ad incularmi con l’impeto di un torrente in piena nonostante l’età. Ma dove prendeva tutta quella energia?

Ad un certo punto qualcosa di particolare accadde.

Alzando lo sguardo in avanti, mi accorsi che per un gioco di specchi appesi alle pareti della stanza, potevo osservare la scena che si stava consumando dalle spalle di mio nonno. Rimasi impressionato di quanto potesse essere intrigante cambiare la finestra attraverso il quale si osservi il mondo. La visione da quella prospettiva era di quanto più eccitante avessi mai visto fino a quel momento della mia vita.

Un imponente uomo anziano ed esperto che si prendeva il suo piacere senza restrizioni su un corpo giovane e fresco. Una scopata di una bellezza di movimento che meritava di essere scolpita. La sua testa canuta, le sue grandi spalle pelose, i suoi fianchi adiposi e larghi sostenuti due grosse cosce ornate di pelo grigio che contrastavano con il mio corpo giovane esile, glabro e sottomesso, posseduto e dominato dal nonno, generarono in me una carica di erotismo frizzante, eccitante e trasgressivo.

Un particolare prevaleva su tutto: le grandi chiappe tonde di mio nonno parzialmente flaccide che traballavano e si contraevano ad ogni affondo della sua verga. Al centro in basso faceva capolino la densa borsa appesa lunga e penzolante, scura e pelosa che seguiva il ritmo delle pompate dondolando avanti ed indietro.

Quella visione condizionò così tanto i miei sensi che iniziai a gemere e ad assecondare le pompate che mio nonno mi infliggeva spingendo indietro il culo ad ogni penetrazione. Contestualmente, come per istinto, cominciai a contrarre e rilasciare ritmicamente i muscoli interni anali che avvolgevano il membro del nonno. Questi muscoli, stringevano e allentavano ritmicamente il suo cazzo, tanto da produrgli un effetto imprevisto estremamente stimolante.

Senza alcuna moderazione il nonno avvertendo sulla sua verga la mia speciale partecipazione consensuale ansimò e gemette rumorosamente estasiato da quello stimolo nuovo per lui:

“mmmmhh, hai un culetto migliore di qualsiasi altra fica, puttanella! Così mi farai venire troppo presto! ”, mi disse prendendomi le chiappe una per mano e scuotendole energicamente.

“Doveva essere una punizione ed invece ti sto facendo un favore, eh? E’ vero?”, esclamò concitato mentre sbuffava.

Io non dissi nulla rapito quella situazione che osservavo dagli specchi, e allora il nonno inaspettatamente si fermò, estrasse con un flop il suo membro dal mio ano, lo poggiò sui miei glutei lasciandomi un vuoto dentro e ripeté:

“E’ vero che ti sta piacendo? E’ vero che ti piace farti scopare da me, ragazzo?”

Fermo in quella posizione sacrificale continuai a non rispondere e tenni le labbra sigillate.

“Rispondimi!”, esclamò alzando il tono della voce.

Sempre immobile ancora una volta non risposi.

A questo punto il nonno si allontanò da me e cominciò a rivestirsi.

"Dal momento che non vuoi affermare che ti piace quello che ti sto facendo, io smetto."

Voltai il mio sguardo verso di lui in cerca di capire cosa stesse succedendo esattamente, di comprendere il senso di tutto questo.

"Confessa! Dimmi che ti piace quando ti scopo!", tuonò con uno sguardo determinato.

Diventai rosso di vergogna di fronte a questa situazione inaspettata. Non capivo dove volesse arrivare ma sapevo perché non volevo rispondergli.

Avevo paura.

Avevo paura che dichiarandomi apertamente mi sarei reso così vulnerabile da espormi definitivamente al suo potere. Avevo paura di mettermi troppo a nudo e mostrare una parte di me ancora in mio dominio più intima e privata. Avevo paura di perdere quello spazio che ancora non mi faceva sentire totalmente sopraffatto. Temevo di perdere il controllo dei miei comportamenti e delle mie emozioni, cosa che mi avrebbe potuto condurre a diventare troppo istintivo e poco razionale.

Ma i quindici giorni erano alla fine e mi trovavo ad un punto di svolta. Non ero più quello di due settimane prima. Ero stato improvvisamente investito da un ciclone che aveva travolto la mia quotidianità e che aveva messo a dura prova il mio fisico la mia psiche e la mia sfera emozionale. Emozioni inevitabilmente amplificate dal fatto che il contesto fosse familiare.

Mio nonno, uomo anziano ed esperto, dal grande carisma, totalmente distante dalla mia vita fino ad allora, mi aveva conquistato e trascinato tutti quei giorno in un turbine di emozioni sorprendenti ed affascinanti. Un uomo deciso e controllato capace di svegliare la mia coscienza, tirarmi fuori dall’orgoglio di tutte le mie condotte infantili e farmi scoprire quei valori umani indispensabili a comprendere il senso dell’esistenza; l’umiltà, l’obbedienza, lo spirito di sacrificio e del servizio. Valori che non avevo mai fatto miei per il mio vivere con troppa leggerezza e pressapochismo.

Un uomo che mi ha indicato la strada per raggiungere il mio benessere generale. Un uomo che meritava la mia stima ed il mio consenso. Un uomo che mi ha fatto scoprire la mia indole interiore, quella di desiderare di voler essere di proprietà di un anziano grasso, rozzo e carnale che mi usasse per il suo piacere, che mi prendesse quando ne avesse voglia.

Non volevo perdere quel nonno, quel maestro, non volevo essere lasciato solo. Non volevo perdere il suo odore di uomo rurale, il tocco delle sue mani grandi e ruvide, il sapore del suo cazzo, il piacere di sentire i suoi testicoli bagnati sbattere sui miei glutei mentre mi inseminava e poi la sensazione di essere ingravidato dalle sue abbondanti emissioni di sperma dentro di me.

Ero certo che senza la sua presenza avrei sofferto molto.
Tutte quelle intense emozioni che lui mi aveva innestato, essendo nuove e sconosciute, sarebbero state ingestibile per un giovane di primo pelo come me; avevo l’assoluta necessità di essere aiutato a controllarle.

Dopo una rapida ma oculata analisi della situazione reale trassi le mie conclusioni.
Decisi di investire tutte le mie energie su di lui, di metterlo al centro della mia vita almeno in questa fase di crescita. Decisi di decollare verso un spazio vitale e liberarmi di tutte le angosce che mi attanagliavano. Avevo bisogno di lui. Avevo un estremo bisogno viscerale di lui.

“Dimmi se ti piace, rispondimi!”, urlò ancora il nonno.

Immerso nei miei pensieri la sua voce mi rimbombò nelle orecchie scuotendomi da una sorte di stato di torpore in cui mi trovavo. Tornai alla realtà nuda e cruda.

“Te lo ripeto per l’ultima volta! Ammetti che ti piace quello che ti faccio o chiudiamo per sempre!”

Mi sciolsi completamente ed in preda ad una crisi di pianto mi gettai ai suoi piedi abbracciandolo per le gambe.

“Si, mi piace!”, gli risposi.

“Più forte!”, tuonò lui.

“Si, mi piace”, ripetei più forte.

“Quanto ti piace?”, ancora lui.

“Mi piace tanto”, io.

“Ti piace tanto cosa! Dillo, confessa!”, replicò il nonno.

“Mi piace tanto quando mi scopi”, risposi singhiozzando e bagnandogli le gambe con le lacrime mentre i suoi testicoli dondolavano sulla mia testa sfiorandomi il cuoio capelluto.

“Ho bisogno di te nonnino, ho tanto bisogno della tua presenza, non abbandonarmi, ti prego!”, aggiunsi singhiozzando.

“Ripeti che hai bisogno di me”, disse.

“Ho bisogno di te, nonno”, risposi sconfortato stringendolo più forte.

“Più forte!”, replicò lui.

“Ho un immenso bisogno di te nonno, non potrei vivere senza di te. Lascia che ti venga a trovare al paese quando andrai via da qui quando ne sentirò il bisogno”, gli dissi.

Ci fu un attimo di pausa.

Poi lui : “ No. Se vorrai continuare a stare con me dovrai impegnarti a venirmi a trova una volta alla settimana, altrimenti chiudiamo tutto qui e non se ne parlerà più!”, esclamò determinato.

“Si, nonno! Lo voglio! Ti prometto, anzi giuro solennemente che ogni settimana sarò da te al paese, GIURO!!

“Bene”, replicò lui, “Ti aspetterò ogni sabato!” disse alzandomi con le sue forti braccia per le ascelle e mettendomi di fronte alla sua faccia dall’espressione soddisfatta e vittoriosa.

“Adesso non piangere più” disse asciugandomi con il pollice le lacrime sotto gli occhi.
Io mi aprii con un sorriso.

Gli piacevo così, nella mia forma più debole, più patetica mentre sentiva che adoravo la sua virilità. Mi accarezzò dolcemente la testa e mi abbracciò teneramente.

Io partecipai al suo abbraccio, a questa fusione di corpi che si rivelò per me fondamentale. Un porto sicuro dove attraccare, un segno di appartenenza.
Mi persi in quell’abbraccio arrivato al momento giusto, bello ed insostituibile. Mi sentivo protetto, importante ed al sicuro; ne trassi forza e sostegno. Fu una medicina per la mia anima.

Quell’abbraccio fu il dono più bello che il nonno potesse farmi, un gesto unico che durò per sempre.

Poi, mi allontanò da lui, prese la mia testa con le sue mani possenti ed avvicinandola al suo viso mi diede un tenero bacio a stampo sulle labbra. Ero felicemente suo.

“E allora”, disse con un tono più calmo e disteso, “Vuoi che riprenda quello che ho interrotto prima?

“Si, nonnino” risposi, “Voglio che continui, per favore.”

“Bene”, rispose. “Appoggiati al tavolo.”

Molto più sereno, liberato e con tanta voglia di vivermi quella scopata, mi distesi a pecora sul tavolo, allargai le gambe, feci un profondo respiro e socchiusi gli occhi.

Il nonno si avvicinò a me, lubrificò ancora con il suo sputo il mio orifizio, si masturbò un po’ finché non raggiunse la durezza necessaria e mi penetrò con suo e mio grande piacere.

Prima di venire mi cinse la vita con un braccio, si accovacciò su di me ed avvicinò la bocca al mio orecchio. Facendo versi strani, gemiti di soddisfazione e vaneggiando anche qualche frase volgare, mi morse il collo e mi sborrò dentro almeno cinque fiotti di denso sperma accompagnati da una serie forti grugniti di appagamento. Io, con un gemito di lussuria dal tono tipicamente femminile venni senza neanche toccarmi.
Poi, ci riposammo un pò.

La giornata continuò mettendo a posto la casa affinchè l’indomani i miei genitori e la nonna di ritorno dal loro viaggio potessero trovare tutto in ordine.

La sera io ed il nonno guardammo un po’ di Tv e commentammo le notizie che trasmettevano. Poi doccia ed a nanna. Quella sera il nonno mi informò che l’assunzione del suo integratore alias inseminazione era sospesa per ovvie ragioni. Aveva già dato.

Io per consolarmi andai a rovistare tra la biancheria sporca da lavare e recuperai un paio di suoi mutandoni visibilmente usati ed abbondantemente impregnati dell’odore dei suoi umori. Li nascosi sotto la maglietta e me li portai in stanza. Quella notte mi fecero compagnia adagiati sul cuscino dove, poggiata la testa, mi addormentai.

Continua...
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