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Nonno Leonardo parte III


di matteol77
25.08.2020    |    13.234    |    3 7.9
"00 spegnevamo la TV ed andavamo ognuno nelle nostre camere..."
Nonno Leonardo si stava prendendo cura di me.

Avvalendosi delle sue conoscenze ed esperienza, voleva darmi l’occasione di elevarmi in senso interiore. Stava provando a ridisegnare la mia vita in virtù di quei valori umani indispensabili a comprendere il senso dell’esistenza; il rispetto verso il prossimo, l’umiltà, lo spirito di sacrificio e del servizio. Valori che non avevo mai fatto miei verosimilmente per il brutto carattere che mi contraddistingueva. Il nonno, voleva che imparassi a non sentirmi superiore a nessuno e ad accettare i miei limiti, pur considerandoli una sfida per migliorare nel tempo. Desiderava che comprendessi l’importanza del valore dell’obbedienza, saper accettare le regole e rispettarle senza chiedere nulla in cambio; avere un atteggiamento di riguardo e deferenza verso tutti. Tutte cose che riconosco, a me mancavano.

Tuttavia, anche se i suoi obiettivi erano degni di stima, lo stava facendo a modo suo con tutte le fragilità del caso. La natura mi stava riprendendo a sé. Il nonno forse inconsapevolmente, stava tirando fuori da me qualcosa di animale e sensuale ma dormiente, che avevo dentro. Era qualcosa che crescendo non riuscivo più a controllare, qualcosa dalla quale non potevo fuggire, a cominciare dal fatto che stava diventando fondamentale per me, avere al fianco un uomo forte e maturo come lui che mi dominasse anche sessualmente.

Mai e poi mai avrei pensato che un uomo della sua età e della sua forma, panciuto, peloso ed arrogante, sarebbe stato oggetto di interesse da parte di un ragazzo giovane e attraente come me. Ma questa sua forza, prepotenza e supremazia che esercitava nei miei confronti, lo rendevano ai miei sensi irresistibile. Il bisogno di compiacere questo maschio anziano dominante che generalmente avrei snobbato cominciava a consumarmi di passione.

Io non so se nonno Leonardo si rendesse conto della portata della mia progressiva trasformazione o facesse finta di nulla forse considerandola qualcosa di effimero. Nulla faceva intendere. Di fatto sembrava che ne fosse totalmente indifferente.

Alcune volte, sforzandomi di sgombrare la mente da tutto ciò che potesse condizionarmi, provavo a dare una chiave di lettura diversa e più distaccata a tutta questa articolata vicenda: “E se tutto questo fosse un grande bluff architettato a dovere dal vecchio ed io non fossi altro per lui che un fottuto buco per il suo pervertito sollazzo?” Naturalmente non riuscivo mai a darmi una risposta. Chissà, forse in futuro.

Il giorno seguente alla prima inoculazione terapeutica dello sperma del nonno (che per ovvie ragioni comportò il mio sverginamento anale), alle 7.00, iniziò la giornata. La prima cosa che feci fu quella di ispezionarmi l’ano. Avevo seguito alla lettera le indicazioni del nonno per il post penetrazione, spalmando più volte l’unguento che mi aveva lasciato sul comodino la sera prima.

Per fortuna sembrava tutto a posto. Non avevo alcuna sofferenza; forse una leggera dolenzia ed un po’ di bruciore alla digitopressione ma nulla di che lamentarmi. Per dargli un’occhiata diretta utilizzai uno dei miei specchietti per il trucco e mi ci specchiai. Si, a parte un leggero rossore non osservai nulla di anomalo. L’unguento del nonno aveva fatto molto bene il suo lavoro.

La cosa mi rincuorò e diedi il via al rito del mattino come da programma.
Andai in bagno, mi lavai, mi vestii, ed alle 7.45 in punto bussai alla porta del nonno. “Avanti!”, sentii la sua voce provenire dall’interno. Entrai in stanza e accennando ad un inchino con la testa sussurrai con tono reverenziale: “Buongiorno nonno.”

Il nonno era ancora a letto in pigiama disteso a pancia all’aria coperto da un leggero lenzuolo. Spiccava prepotente la curva del suo ventre in quel letto piatto. “Buongiorno”, rispose a voce bassa guardandomi ed accennando ad un sorriso. Come la mattina prima allungò il braccio verso di me ed io a capo chino mi avvicinai a lui e gli baciai la grande mano pelosa come voleva che facessi. Poi, con un breve ed esplicito cenno della testa, mi indicò il suo cavallo. Era il momento di succhiargli l’uccello.

Lo scoprii completamente dal lenzuolo. Lui puntando i piedi e facendo leva sollevò un po’ il bacino quanto bastasse per permettermi di abbassargli pigiama e mutandoni che sfilai fin sotto le ginocchia. Così svestito, cercò una posizione comoda sul materasso con dei rapidi assestamenti a destra e sinistra facendo traballare il letto. Divaricò le cosce il più possibile, incrociò le braccia dietro la testa, fece un profondo respiro e tirò indietro testa con lo sguardo rivolto al soffitto in attesa che io iniziassi. “Forza ragazzo. Completa il buongiorno al tuo nonnino. Il rispetto agli anziani è sempre dovuto. Ma per voi giovani purtroppo non è sempre così”, esclamò.

Il calore emanato da quegli inguini non mi diede fastidio come le prime volte. Al contrario lo avvertii come una piacevole carezza sul mio viso. L’odore del mattino di quel maschio anziano non lavato mi salì subito alle narici. Quell’olezzo era come se si fosse introdotto nel mio cervello e lo avesse infettato con stimoli di lussuria.

Feci scivolare languidamente la mia lingua sul suo membro ed iniziai il mezzo pompino con più sentimento rispetto al giorno prima. Questa volta sembrava che la mia bocca si fosse adattata quasi perfettamente al suo membro. Andavo su e giù in maniera più naturale e riuscivo ad avvolgerlo molto bene con le labbra, la lingua ed il palato ben insalivati, senza minimamente fargli sentire i denti. Poi passai allo scroto. Al nonno piaceva sentire le palle bagnate dalla saliva e pretendeva quindi che gliele lappassi con impegno. Più erano bagnate più ne traeva soddisfazione. I suoi borbottii intervallati da qualche grugnito confermavano i miei rapidi progressi.

Dopo qualche minuto in cui ero chinato intento ad esaudirlo, la sua mano si posò su una mia natica. La strinse e la impastò in modo possessivo tanto da farmi sentire completamente impotente. Con la sua grande mano riusciva a contenere una mia chiappa intera. Poi la introdusse all’interno dei miei pantaloncini strisciandola sulla pelle ed andò a sondarmi il buco con il dito medio.

“Come va?”, mi disse. “Ti fa male? Gli hai passato l’unguento come ti avevo detto di fare?” Riferendosi al mio sverginamento della sera prima.
Liberai la mia bocca dal suo tronco di carne, mi passai il dorso della mano sulle labbra per asciugarle dal suo precum e gli risposi che non mi faceva male e che era tutto ok.
“Bene”, replicò. “Adesso fermati, appoggiati alla scrivania e mettiti a pecora che gli do un’occhiata da vicino”. Lo aiutai a rivestirsi e mi diressi verso la scrivania per assumere la posizione richiesta. Si alzò dal letto e si avvicinò al mio sedere.

Si lubrificò due dita con una manciata del suo unguento che teneva in un barattolo sul comodino, con la mano asciutta agganciò l’elastico della cinta dei miei pantaloncini e tirando giù tutto rese la mia intimità completamente a sua disposizione. Con una spintarella mi spostò verso la luce per vederci meglio, indossò i suoi occhiali e fece una prima esplorazione visiva dell’orifizio. Poi lo lubrificò con un massaggio circolare e cominciò gradualmente ad introdurre il dito medio. Io con un gemito feci un attimo di istintiva resistenza. Ma lui indifferente, con la mano libera mi spinse in basso la schiena per inarcarla di più e favorire l’introduzione e, fregandosene per il mio possibile disagio mi penetrò completamente. Con movimento circolare lo roteò su sé stesso cosicché esplorò le pareti interne dell’ano.

Alla fine estratto il ditone lo osservò accuratamente. Non trovò alcun segno di lacerazione. I tessuti del mio culetto con l’ausilio del suo miracoloso unguento alle erbe fatto in casa, avevano retto molto bene alle spinte del suo tronco di carne. Dall’espressione compiaciuta del suo viso compresi che si riteneva soddisfatto del potere letale del suo cazzo. “E’ tutto a posto. Possiamo continuare tranquillamente il trattamento”, concluse.

Secondo programma avrei dovuto recarmi in cucina a preparare la colazione. Invece quel giorno la mattinata prese una piega differente. Finita l’esplorazione del mio ano, nonno Leonardo mi disse: ”Ragazzo, rivestiti e vieni con me in bagno.”

Al fine di cementare il mio rapporto di sottomissione e tendere ad una complicità ed intimità superiore con lui, il nonno mi sottoponeva ad alcuni esercizi specifici. Rafforzare il nostro legame fu una delle sue priorità perché pensava che solo così avrebbe potuto accelerare il mio processo di apprendimento. La realizzazione del suo progetto era fortemente dipendente dal nostro legame. Un legame ben saldo avrebbe condotto alla mia ubbidienza e totale dedizione nei suoi confronti.
Familiarizzare con i suoi odori corporei, farli miei e far si che mi ci abituassi, assunse per lui un aspetto fondamentale su cui lavorare assiduamente.

E così lo seguii in bagno.
Entrammo nella stanza, il nonno accese la luce, e mi disse: “Entra dentro la vasca, metti il tappo di chiusura e siediti sul fondo”. Eseguii la disposizione, curioso di capire cosa avesse in mente.

Lui, con tutta calma si tolse la giacca del pigiama, la poggiò sul lavandino e restò in canottiera. Poi, se la alzò fin sotto le ascelle scoprendo il suo pancione peloso sovrastato dalle sue tette cadenti. Si strofinò le mani sul grande ventre dall’alto verso il basso e viceversa, si avvicinò a me con la sua solita autorevole sicurezza e mi guardò accennando ad un velato sorriso furbetto ma al tempo stesso rassicurante. Ero abbastanza tranquillo. Mi fidavo di lui.

Seduto all’interno della vasca con le gambe distese il mio viso gli arrivava dritto dritto al suo cavallo. Voleva forse che glielo succhiassi ancora, pensai? Boh!

Ad un certo punto con la mano sinistra mi prese la testa dalla fronte per tenerla ferma. Con l’altra, si abbassò i pantaloni del pigiama ed i mutandoni quanto bastò per tirar fuori il suo uccello e le sue palle e, puntò il suo membro sul mio viso.
Improvvisamente mi arrivò uno spruzzo di pipì calda sulla faccia!
Cercai d’istinto di ritrarmi ripugnato, ma lui tenendomi saldo la testa, mi costrinse a stare fermo e me lo ordinò pure: “Fermo così, ragazzo! Stai fermo così! Il nonno sa di cosa hai bisogno!”. Mi stava pisciando addosso!

Imposi a me stesso di resistere. Il mio atto di sottomissione a lui non permetteva deroghe.
Quel ruscello di urina giallognola dall’odore forte mi schizzava dappertutto; sulla fronte, sul naso fin dentro le orecchie. Gli occhi mi bruciavano tanto che li dovetti chiudere. Non potevo fare altro che scuotere la testa per quel che potevo.

Dopo la prima emissione di urine sulla faccia, nonno Leonardo mi prese da sotto il mento e stringendolo dai lati fece si che aprissi la bocca. A questo punto indirizzando lo spesso membro nella giusta direzione mi urinò in bocca.

Per evitare di soffocarmi non potei fare a meno di ingoiarne un paio di sorsate.
Il gusto era aspro ed a tratti rivoltante. Qualche conato di vomito fu inevitabile.
Il piscio che non ingoiavo usciva fuori dagli angoli della bocca scivolandomi addosso. Non potevo credere a quello che stava succedendo; stavo bevendo il piscio di mio nonno!

Il nonno dall’alto della sua figura possente e dominante, sovrastava il mio giovane corpo inzuppato della sua pipì ed osservava le espressioni che passavano sul mio viso. Un paio di volte agganciai il mio sguardo al suo e vi scorsi riflessa una smisurata sensualità mista a lussuria.

Dopo un po’ si trattenne e bloccò la minzione.

Tenendoselo stretto in mano per garantirsi l’interruzione del flusso mi disse di alzarmi e mettermi a pecora con il culo rivolto a lui. Mi stropicciai gli occhi per liberarmi dell’urina che mi accecava la vista e mi disposi come ordinato appoggiandomi al bordo vasca con la faccia a muro facendo attenzione a non scivolare nella sua urina stagnante fra i miei piedi. Il mio fondo schiena fu così esposto e a sua disposizione.

Con due dita agganciò i miei pantaloncini dalla cintola e con un gesto deciso ed energico li tirò giù fino alle ginocchia spogliandomi. Poi mi ordinò di allargare le chiappe con le mani. Io eseguii ed il nonno iniziò a pisciarmi in culo. Inizialmente con piccoli getti in maniera tale da mirare con precisione al mio buchetto, poi andò con il flusso continuo.

Questa umiliazione anale provocatoriamente oscena mi fece trasalire. Il gorgoglio della sua urina che scorreva su di me e si depositava sul fondo della vasca, il sentire quel flusso gentile di liquido caldo lambirmi il buchetto e poi scivolare giù sullo scroto, gli inguini, le cosce fino ai piedi mi provocarono un brivido lungo la schiena.

Nonostante fossi nauseato dall’aver dovuto ingerire la sua urina, socchiusi gli occhi e mi godetti queste incredibili emozioni. Era il momento di smettere di lottare per far quadrare tutto, emettere un respiro di sollievo ed abbandonarmi. Quello che poteva lasciar pensare ad una maniera selvaggia del nonno di marcare il territorio, si rivelò invece un momento di estrema intimità, di vicinanza, di fusione fra me e lui.

"Bravo il mio ragazzo” mi disse sodisfatto dandomi una carezza e due schiaffetti sulla guancia. “Rimarrai così dentro la vasca per circa un quarto d’ora. Poi la pulirai, farai una doccia ed indosserai abiti asciutti e puliti. Tra un’ora voglio trovare la vasca piena d’acqua calda che ho voglia di fare un bagno.” Si abbassò la canottiera e alzandosi i pantaloni del pigiama rinfoderò il suo cazzo tra le mutande ed andò via.

Nonostante la sicura sensazione di un destino imminente, non intravedevo minimamente dove mi avrebbe ancora portato questo vecchio. In passato avevo provato a giocare con qualcosa di stravagante e fantasticato sui più noti ed innocenti giochetti sensuali, ma non avevo mai pensato di fare qualcosa di così esagerato. Stava succedendo tutto così in fretta! Eppure cominciavo a rendermi conto che non avrei potuto fermare il treno su cui mi trovavo; le mie sensazioni diventavano sempre più travolgenti. Rimasi affascinato da questa umiliazione. Mio nonno continuava a sorprendermi ed io lo adoravo sempre di più.

Restai in quella situazione in mezzo ad una pozzanghera di piscio con in bocca il sapore acre della sua urina, inzuppato e puzzolente. Ma grazie a mio nonno, piacevolmente contento di stare a prendere coscienza di chi io fossi veramente.

Passato un quarto d’ora, avevo addosso una sovrabbondanza di tanfo d’urina incredibile. Puzzavo dalla testa ai piedi ed anche più! Ma l’evocazione delle emozioni provate attenuava la percezione dei miei sensi rendendo tutto estremamente tollerabile.

Svuotai la vasca dall’urina, la pulii, mi tolsi di dosso pantaloncini e maglietta zuppi, mi infilai sotto la doccia e mi lavai. Andai nella mia cameretta mi rivestii e tornai in bagno a riempire d’acqua calda la vasca per il nonno.

Sentii dei passi pesanti in corridoio. Il nonno stava arrivando.
La vasca per il suo bagno l’aspettava. “Tutto pronto”, disse? “Si nonno, ho fatto come hai detto”, risposi come un obbediente soldatino e contemplando quel corpo seminudo. Accennò ad un sorriso di approvazione.

Il nonno indossava soltanto un consumato accappatoio blu completamente aperto.
I miei occhi furono immediatamente attratti dai suoi peli grigi sul petto che coprivano le sue tette pendenti, i suoi grandi capezzoli chiari e la sua grande pancia regale. Sotto, non passava di certo inosservato il suo cespuglio d'argento, il suo membro scuro, spesso e carnoso che sapevo mi avrebbe inseminato ogni sera per 2 settimane. E poi, le sue sfere pendule ricoperte di pelo che penzolavano tra le sue gambe che si incastravano perfettamente tra due cosce grandi come prosciutti. Ogni testicolo era grande almeno il doppio del mio intero sacco.

Nonno Leonardo si avvicinò alla vasca e tastò con la mano la temperatura dell’acqua. “La temperatura dell’acqua va bene”, disse con un gesto d’assenso. “Poggia l’accappatoio sull’attaccapanni” disse spogliandosi completamente. “Ho proprio voglia di fare un bel bagnetto caldo e rilassante”.

Appoggiandosi sul bordo vasca lo scavallò e si immerse lentamente in acqua.
A questo punto mi avviai verso l’uscita per lasciare che proseguisse in solitaria, ma la sua voce tonante mi bloccò: “Fermo, dove vai? Ho bisogno di te. Insaponami la schiena! Non posso farlo da solo!”. Non me lo aspettavo. Presi una spugna e mi avvicinai a lui.

“Lascia perdere la spugna che è poco igienica”, mi disse. “Insaponami e strofina con le mani.”

Aveva le spalle robuste da lavoratore. Il nonno in paese aveva un appezzamento di terreno e si dilettava a coltivare i prodotti della terra per sé e la nonna. La sua schiena era ampia e pelosa. La sua pelle chiara era punteggiata da nei e tappezzata di sottili peli grigi simili a quelli del petto.

Con un certo imbarazzo mi sono dato subito da fare. A parte me stesso, non avevo mai lavato nessuno! Mi sono riempito le mani di sapone dal distributore ho preso fiato ed ho messo le mani sulla possente schiena di mio nonno.

Massaggiavo delicatamente su e giù, dalle sue spalle ai lati, fino in basso sulla schiena e poi di nuovo su. I suoi peli sulla schiena, bagnati e insaponati, mi solleticavano le mani. Esploravo con lo sguardo centimetro per centimetro quel fisico, soggezionato dalla sua virilità. Il nonno sotto sotto sembrava dilettarsi del mio evidente disagio.

Fino ad alcuni giorni fa sarei stato disgustato solo dal pensiero di fare una cosa del genere ad un anziano grasso e peloso. Ma adesso invece, lo facevo, rimanendo stranamente affascinato dalla sua mascolinità.

"Hai le mani morbide e delicate ragazzo. È un piacere sentirle su di me. Mi sto proprio rilassando. Potresti farmi un massaggio uno di questi giorni", mormorò compiaciuto mentre lo massaggiavo sotto un getto d'acqua calda. Lui intanto si lavava la testa e tutto il resto.

Poi volle mettersi in piedi ed io lo aiutai ad alzarsi.

“Continua figliolo. Puliscimi anche il didietro già che ci siamo.”
Il didietro? Pensai perplesso!
Lui, notando questa mia esitazione, per incoraggiarmi, mi afferrò una mano e la forzò con il palmo aperto contro il suo grande sedere. “Non fare lo schizzinoso” mi disse con estrema disinvoltura. “Stai solo aiutando tuo nonno a fare il bagno.”

La mia mano era piena del sedere di mio nonno. Ho preso altro sapone ed insaponai quel culo grande, tondo ed un po’ peloso.

Le natiche ballavano mentre lo massaggiavo, ma mantenevano comunque una sufficiente e robusta tonicità. Per un momento mi vennero in mente queste due grandi natiche viste da dietro mentre, disteso tra le sue cosce di mia nonna la pompava. Chissà che spettacolo singolare.

Il nonno non mi fece andare oltre le natiche. Mi fermò e mi mandò a preparare la colazione. Avrebbe continuato a lavarsi da solo mi disse. Mi asciugai e corsi in cucina. Era già tardi. Apparecchiai per due come al solito e lo aspettai per mangiare insieme. Non tollerava che mangiassi da solo. Era da maleducati, mi diceva.

Circa venti minuti dopo arrivò in soggiorno pulito vestito, sbarbato e molto rilassato. Si sedette al suo posto e facemmo colazione.

Finita colazione cominciai con le faccende di casa mentre lui dal divano si accese la TV. Si sintonizzò su un notiziario ma, contestualmente scrutava le mie attività.

Io non ero avvezzo alle faccende domestiche. Ero goffo e maldestro. Le avevo sempre considerate tra l’altro faticose e noiose. Per questo motivo, in quel frangente, mi trovai totalmente impreparato a svolgere questi doveri. Tutto era sempre ricaduto sulle spalle della mamma in quella casa.

Il nonno più volte cercò di farmi capire con le buone che dovevo impegnarmi di più perché contribuire a fare le faccende di casa, aiutare i genitori nel governo della casa era fondamentale perché la casa era anche la mia e pertanto la responsabilità di tenerla in ordine per il suo buon andamento ricadeva anche su di me. Io annuivo, gli davo ragione, ma di fatto finivo spesso a fare le cose in maniera grossolana ed a volte brontolavo.
Il nonno non gradiva, mi avrebbe voluto più disciplinato ed in prima battuta stabilì delle regole che avrebbero dovuto correggere il mio comportamento. Le direttive erano chiare ma io puntualmente tendevo istintivamente a glissarle.

Ad un certo punto il nonno si incazzò e decise di passare alle maniere forti con umiliazioni e punizioni corporali. Ma di questo ne parlerò un’altra volta.

Le giornate si svolgevano come da programma stabilito dal nonno.
Governare la casa mi prendeva la maggior parte del tempo, ma lui mi concedeva comunque diverse pause per riposarmi, per dedicarmi alle mie letture preferite e per ascoltare musica. Ogni tanto mi coinvolgeva anche ne gioco della dama che adorava ed in qualche partita a carte dove potevamo conversare serenamente.

Lui passava le giornate in vario modo. Per esempio, seduto scomodamente sul divano del soggiorno leggeva una serie di libri che si era portato da casa. Scoprii che era molto interessato alla medicina popolare ed alternativa. Evidentemente questo spiegava la sua abilità nell’accertarsi costantemente del mio stato di buona salute. Inoltre, guardava la TV si teneva aggiornato continuamente grazie ai notiziari ed era solito fare anche un po’di moto passeggiando in giardino nelle ore più fresche della giornata. In ultimo, ma naturalmente non per importanza, vegliava su di me e sul mio operato. Pretendeva che seguissi alla lettera le sue regole ed istruzioni.

Ogni sera, alle 22.00 / 22,30 circa arrivava l’ora della somministrazione dell’integratore.

A parte la prima volta, dove fu implicato il mio sverginamento, da quella sera l’operazione si svolse in maniera routinaria. Il nonno operava in maniera quasi chirurgica. Riusciva ad inseminarmi senza mostrare alcun coinvolgimento emotivo. Lui credeva molto sull’efficacia di quel trattamento. Dopo qualche spiegazione riuscì a convincermi che questa era una di quelle pratiche radicate nella conoscenza e nella tradizione popolare antica ormai in disuso per una questione morale, ma non per questo inefficace. Presentandosi adesso l’occasione con me, volle riesumarla. “Vedrai che ben presto, ne constateremo i risultati”, mi confidò.

Gli step erano sempre uguali.

Alle 22.00 spegnevamo la TV ed andavamo ognuno nelle nostre camere.
Ci si vestiva per la notte e, mentre il nonno sistemava le sue cose, io andavo in bagno a fare il clisterino.

Fatto il clisterino tornavo nella stanza. Mi lubrificavo per bene il culetto con l’unguento che mi aveva dato il nonno ed attendevo. Alle 22.30 circa, lui arrivava in pigiama e si metteva a centro della mia stanzetta a gambe larghe e mani ai fianchi. Io mi accovacciavo ai suoi piedi, gli sfilavo pantaloni del pigiama e mutandoni, e glielo succhiavo fino a completa erezione.

Quando mi dava un paio di leggeri schiaffetti sulla guancia era segno che si sentiva pronto. Io assumevo la posizione del missionario a bordo letto tirando indietro le gambe indietro ed inserivo un cuscino sotto la schiena per facilitare la penetrazione.

A questo punto il nonno si avvicinava con il suo membro in mano, che intanto menava per tenerlo al caldo, prendeva una manciata di quel suo unguento contenuto nel barattolo poggiato sul mio comodino e se lo spalmava bene per lubrificarlo. Talvolta aggiungeva il suo sputo perché probabilmente ne giovava la lubrificazione stessa.

Fatto questo prendeva posizione, si scopriva il pancione tirando su fino alle ascelle la maglia, piegava un po’ le ginocchia, scappellava il membro e poggiando il glande sul mio orifizio cominciava a spingere finché con un paio di colpi sapientemente assestati e con un gemito sordo mi penetrava completamente.

Alcune volte restava in piedi altre volte si distendeva su di me.
Subito dopo la penetrazione, restava un po’ fermo per abituarmi alla sua circonferenza. Poi cominciava a pompare lento e profondo.

Dopo circa un quarto d’ora di spinte, dove il silenzio della stanza era scandagliato solo dai flop dei suoi genitali che sbattevano sul mio culo e dai miei soffocati gemiti ad ogni suo spinta, aumentando la velocità e con un paio di affondi profondi combinati ad una serie di virili grugniti, mi veniva abbondantemente dentro.

Quindi, si fermava un minuto per prendere respiro, lo tirava fuori sgocciolante, si asciugava grossolanamente membro e testicoli con un lembo del mio lenzuolo, si rivestiva, mi dava una telegrafica “Buonanotte”, ed andava via.

Finché il nonno era ancora in stanza, io restavo fermo e aperto sempre nella posizione esposta affinché lui appena sfoderato il membro dal mio ano desse una rapida occhiata di controllo. Poi, cercando di tenere tutto dentro mi mettevo a pancia sotto per circa un’oretta come mi aveva detto di fare. Per finire, andavo in bagno mi pulivo del residuo che veniva fuori dall’ano, davo un’ultima passata rinfrescante con l’unguento ed andavo a dormire.

Come ho accennato prima, la cosa che mi stupiva di più di nonno Leonardo ogni volta che mi inseminava, era il suo agire in maniera totalmente “professionale”, chirurgica, fredda ed asettica. Nessuna implicazione o coinvolgimento emozionale traspariva dal suo volto e dalla totalità del gesto in sé. Tranne l’inevitabile grugnito liberatorio all’eiaculazione che probabilmente non riusciva a trattenere, lui adempiva ad una vera e propria prestazione parasanitaria terapeutica con serietà ed efficienza. Una cosa incredibile. Mostrava una lucidità, un controllo e dominio di sé fuori dal comune. Arrivava, mi inseminava ed andava via. Tutto era ridotto allo stretto necessario.

Dalla mia parte invece, la questione fu presto totalmente differente, perché se da un conto accoglievo quella pratica di medicina popolare, da un altro, quell’omone caldo e pesante addosso che mi sbatteva, non è che mi lasciasse proprio indifferente! Anzi, esattamente il contrario. Mai mi ero sentito così piacevolmente ed intimamente legato a qualcuno fisicamente. Quel cordone spesso di carne che ci univa passando direttamente da un corpo all’altro divenne per me una vera e propria apoteosi dei sensi.

Il contrasto tra i nostri corpi era schiacciante. Io ero giovane magro, asciutto, glabro e femmineo. Il nonno invece era anziano, fianchi larghi, spalle possenti, grande pancia pelosa, petto maschile cadente di grandi dimensioni e mascolinità dirompente. Vederlo troneggiare su me e sentire gli spasmi del suo membro e dei suoi testicoli sul mio orifizio durante la sua eiaculazione mi lasciava senza fiato. Era una mescolanza di qualcosa di altamente erotico. La prova tangibile era che in fase di inseminazione sovente avessi una eiaculazione spontanea senza neanche toccarmi!

E il nonno? come considerava queste mie manifestazioni oggettive di intenso piacere?
Un blando effetto collaterale come un altro, assolutamente marginale e da non considerare. Esattamente come potrebbe essere per una terapia fisioterapica o farmacologica qualsiasi.

Qualcosa di profondo in me era cambiato in quei giorni di convivenza con il nonno. Il mio mondo si era trasformato in qualcosa d’altro. Tutto il mio essere era ormai completamente assorbito da quell’enorme uomo anziano dominante ed autoritario che cominciavo a venerare.

Continua…
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