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Cuori Agresti e Desideri Selvaggi: Il Richiamo Oscuro di Don Giosuè - Capitolo 1 – Un nuovo inizio


di matteol77
07.09.2023    |    6.201    |    5 8.4
"Torna a casa, piglia le tue robe e ritorna domattina all'alba..."
Giuseppe, fresco di diploma, si trovava a dover dare una direzione alla sua vita professionale.

Animato dalla passione per il turismo rurale, dall'amore per la natura e dall'interesse per l'agriturismo, decise di cercare un lavoro che gli consentisse di coniugare le sue aspirazioni con la vita all'aria aperta.

In una tiepida giornata estiva, durante una fiera dedicata all'agriturismo e alle bellezze rurali, ebbe la fortuna di incontrare un tour operator che dopo una breve chiacchierata, gli indicò una piccola fattoria in cerca di un collaboratore.

"È un posto che potrebbe fare al caso tuo”. E consegnò a Giuseppe un foglio di carta con l'indirizzo.

Pieno di speranza, il giovane si mise in viaggio verso la fattoria a circa tre ore dalla sua residenza cittadina, determinato a scoprire se quella fosse davvero l'opportunità che cercava.

Arrivato sul posto, fu subito colpito dall'atmosfera tranquilla e rurale che lo circondava.

Era una bellissima mattina di sole, e l'aria fresca profumava di terra e natura. Il paesaggio si colorava davanti a lui con colori vibranti. Campi coltivati si estendevano con i filari di piante che danzavano dolcemente sotto la brezza leggera. Gli alberi, vestiti di foglie verdi, facevano ombra qua e là, offrendo rifugio al canto degli uccelli che riempiva l'aria. Era un vero e proprio dipinto di tranquillità e serenità, un rifugio dalla frenesia cittadina che fece battere il cuore di Giuseppe all'unisono con la natura circostante.

Cercando con lo sguardo qualcuno e non vedendo nessuno, chiamò ad alta voce.

"C'è qualcuno? C'è nessuno?"

L’abbaiare di alcuni cani echeggiò nel silenzio, rispondendo alla sua chiamata.

Poco dopo un robusto uomo anziano con una vanga in mano ed un cappello di paglia sul capo emerse da dietro quella che sembrava una piccola stalla poco distante. I suoi abiti erano semplici e logori, in linea con ambiente rurale circostante. Il suo sguardo scrutatore si posò Giuseppe misto a curiosità e diffidenza, come se stesse cercando di capire chi fosse e cosa volesse.

"Chi si tu? Che vuoi qui?", gridò a distanza con un forte accento locale.

"Buongiorno, mi chiamo Giuseppe M., siete voi il proprietario di questa fattoria Don Giosuè G.?”

“Ah, si, so proprio io!”

“Ho sentito che cercate un collaboratore e sono molto interessato alla posizione."

L'anziano lo osservò in silenzio, come se stesse valutando se Giuseppe fosse davvero adatto al ruolo.

“Va bene, ragazzo, vieni cu me!", disse indicando con un gesto un vialetto che portava all'interno dell’area della piccola fattoria.

Giuseppe seguì l'anziano attraverso i campi ed una serie di piccoli edifici rustici, ammirando il paesaggio e respirando l'aria fresca della campagna. Tutto era molto in ordine.

"È vero, sto cercando uno che mi dia na mano, perché quello che lavorava qua prima, ha preferito la vita comoda in città. E io mi son trovato da solo. Ma guarda un po'!”

Il viso dell'anziano, con rughe profonde, sopracciglia folte e occhi scrutatori, ricordava quello di un saggio contadino. I suoi pochi capelli bianchi sparsi sul capo pronunciavano ulteriormente l'effetto del tempo trascorso all'aria aperta. Il naso pronunciato si adattava perfettamente alla sua fisionomia, mentre le guance tonde e arrossate gli conferivano un aspetto affabile e genuino.

Ogni passo lento e pesante faceva affondare i suoi stivali in gomma nel terreno rustico della fattoria. I suoi piedi sembravano conoscere ogni singolo solco del terreno. La sua postura, leggermente curva, portava il segno dei lunghi anni trascorsi a lavorare nei campi e a maneggiare pesanti attrezzi agricoli. Le spalle larghe sembravano ancora in grado di sostenere il peso delle fatiche quotidiane, e la sua pancia sporgente dava testimonianza di essere una buona forchetta.

Le grandi mani rugose, con le nocche ispessite dall'uso, pendevano lungo i suoi larghi fianchi dondolando avanti e indietro.

Era evidente che l'anziano contadino era un uomo di azione, abituato a faticare duramente per mantenere la sua fattoria in piedi.

Una volta giunti davanti alla dimora principale, un casolare caratterizzato dallo stile tradizionale, Don Giosuè si fermò sotto il portico, dove la frescura dell'ombra offriva sollievo dal caldo estivo. Rivolgendosi a Giuseppe con un gesto gentile, indicò una delle sedie presenti, invitandolo ad accomodarsi. L'anziano, con un'aura di calma e autorevolezza, si unì a lui, scegliendo una sedia per sé creando un'atmosfera di tranquilla conversazione.

"Dunque, vuoi lavorare qui?"

"Sì, sono molto interessato. Ho sempre desiderato lavorare in un ambiente come questo, a contatto con la natura ", rispose Giuseppe con sincerità.

L'anziano sembrò riflettere per un momento, poi annuì.

"Guarda che questa è na vita faticosa! Sei disposto a fare qualsiasi cosa? ", chiese scrutando Giuseppe attentamente.

"Sì, assolutamente. Sono pronto ad adattarmi e a fare del mio meglio," affermò il giovane con determinazione.

L'anziano contadino sembrò apprezzare la risposta di Giuseppe. Fece una pausa, scrutò il suo fisico asciutto non particolarmente robusto e lo fissò negli occhi come se stesse cercando di leggere la sua determinazione e il suo impegno.

Don Giosuè aveva un'aura di saggezza e esperienza, eppure c'era anche una certa durezza nel suo sguardo, come se avesse visto molte cose nella sua vita. Era chiaro che stava cercando di valutare se Giuseppe fosse veramente adatto al suo mondo.

“Stai bene in salute?”

“Si, signore. Facevo sport fino a qualche settimana fa.”

Dopo un attimo di silenzio, l'anziano annuì soddisfatto.

“E va bene, giovane. Domani si comincia. Torna a casa, piglia le tue robe e ritorna domattina all'alba. Ti metto alla prova pe'… un par de mesi. Mangiare e dormire ce penso io. Poi se vedrà come gira la palla.”

Giuseppe sorrise soddisfatto.

“Qui la vita è semplice, ma ce vo' devozione e sudore! Se sei pronto a faticare e a imparare con umiltà, potresti trovare un bel posto qui per stabilirti.”

Giuseppe annuì, sentendo crescere la sua determinazione. Era convinto che quella fosse l'opportunità che aveva aspettato, un posto dove avrebbe potuto finalmente vivere la sua passione per la natura e imparare cose nuove dalle tradizioni rurali.

"Grazie mille, Don Giosuè! Non vedo l'ora di iniziare," disse Giuseppe con rispetto e un sorriso entusiasta.

"Aspetta," disse l’anziano con voce brusca aggrottando le folte sopracciglia. Una ruga di severità gli solcò la fronte conferendo al suo sguardo un'aria ancor più austera e concentrata.

“Tagliati sti capelli, levati quell’orecchino e tutti quei ciondoli appesi addosso. Qui non servono e a me non m’aggradano! Sembri uno di quei giovani sfaccendati di città che gironzolano tutto il giorno con una lattina in mano senza far mai una mazza!”, disse enfatizzando il suo disprezzo per l'apparenza metropolitana del giovane.

"Altra cosa! Non voglio vederti cu stu telefonino elettronico sempre tra le mani, come ho visto fari a tanti giovanotti," disse con decisione, sottolineando ogni parola. "Quanno si lavora, mettillu giù e si lavora, capito? È concesso duranti li pause e la sera, nella tua camera, pe' fatti tuoi."

Giuseppe annuì alla richiesta dell’anziano contadino, capendo che ciò era parte del processo di adattamento alla vita rurale e alle tradizioni culturali che questi esigeva per lavorare nella sua fattoria.

Con un sorriso fortemente motivato, Giuseppe annuì rispettosamente. "Certamente, farò come dite. Sono qui per imparare e lavorare sodo."

L'anziano sembrò acconsentire con un cenno, come se apprezzasse la risposta di Giuseppe. Poi, con un'insolita espressione meno severa, Don Giosuè tese una mano robusta verso Giuseppe.

"Bene, allora ci vediamo domani. Arriva presto, c'è molto da fare."

Giuseppe afferrò la mano con fermezza, sentendo la forza callosa delle dita dell'anziano. "Grazie, Don Giosuè. Non vedo l'ora."

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