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Una botta e via


di Zindo
14.02.2024    |    7.446    |    2 9.1
"Ecco, fu lo stato d'animo della donna ad attrarre fortemente Alberto, già spinto verso di lei dalla sua fame arretrata di sesso..."
Quel sabato mattino Alberto si era svegliato con una idea fissa: rimediare una scopata entro il weekend.
L'auto-soddisfacimento che aveva messo in atto la sera prima non era un palliativo sufficiente a soddisfare questo suo bisogno naturale.
Del resto lui da sempre era un assertore convinto che l'appagamento sessuale è un bisogno primario per gli esseri umani; un bisogno al pari del mangiare, bere, dormire, respirare.
Lo aveva proclamato pubblicamente più volte. Per esempio: quando i giornali locali avevano riportato con clamore scandalistico il fatto che il parroco di un paese vicino era stato beccato a scopare con la perpetua dentro la canonica.
A quella notizia Tony e Alessio, i due incaricati di potare i tigli nel parco adiacente al convento, avevano aggiunto altro scalpore giurando che da sopra gli alberi loro due avevano visto tramite una finestra del convento, due suore baciarsi tra loro.
Tutti si erano scandalizzati condannando questi fatti e coloro che li avevano compiuti. Tutti tranne lui che si era dichiarato invece scandalizzato dalla pretesa di imporre a degli esseri umani la rinuncia ad una esigenza naturale di primaria importanza.
Riteneva infatti che vietare ad una persona di avere rapporti sessuali per poter aderire ad una vocazione religiosa fosse come pretendere da una ragazza che vuole fare la modella il non mangiare più, o ad un uomo che vuole fare il guardiano impedire di dormire, o impedire di respirare a chi ha altre aspirazioni.
Insomma pretese assurde delle quali scandalizzarsi molto più che per un bacio tra suore o una trombata tra prete e perpetua.

Non si pensi però che Alberto fosse un uomo dalla mentalità aperta e di larghe vedute in tema di sessualità. Al contrario.
Un'altra sua teoria era che è bene badare alla salute evitando di ingozzarsi di ogni tipo di cibo badando al cosa si mangia, al come è cucinato e anche al ristorante che si frequenta e che, analogamente, è bene evitare di abbuffarsi di sesso, badando al con chi , al come e al dove lo si pratica.

In particolare era contrario ai rapporti occasionali in genere, a quelli mercenari in modo particolare.
Almeno questa era stata la sua teoria fino ad un mese prima, quando di punto in bianco la sua compagna, Annarita, lo aveva mollato.
Non era stata la sua prima compagna Annarita ed aveva sempre saputo che non sarebbe stata l'ultima.
Lui, all'inizio di ogni relazione importante, ci teneva a stabilire piatti chiari: “Si sta insieme finché funziona. Quando lo stare insieme comincia a creare problemi o ad annoiare se ne prende atto ed ognuno se ne va per i fatti propri; senza litigare, restando buoni amici”.
Nelle precedenti relazioni era sempre stato lui a dare il benservito alla compagna di turno, di solito dopo aver incontrato qualcuna che in quel momento, ai suoi occhi, sembrava più interessante o più importante.
Con Annarita era successo il contrario.
Lei aveva cominciato a parlare di mobili, di casa, di convivenza e appena lui aveva detto di non essere né pronto né propenso ad instaurare rapporti “stabili per contratto”, lei gli aveva detto: “Vedo sempre meno cose che ci accomunano e sempre più divergenze di gusti e di idee tra noi due. Forse è il caso che non insistiamo ulteriormente. Si vede già che non potrà funzionare a lungo tra noi perciò, come dici tu, senza drammi ma da buoni amici, finiamola qui e ognuno per la sua strada”.

Colto alla sprovvista e non avvezzo ad essere lasciato, Alberto aveva tentato di far cambiare opinione ad Annarita. Ci aveva provato in maniera goffa e infatti non c'era riuscito.

Da quel giorno era passato un mese. Il “bruciore” di essere stato mollato e il mancato piacere di essere lui a mollare, tutto sommato lo aveva superato in breve tempo.
Quello per cui soffriva era il non poter riuscire ad appagare i bisogni sessuali.
Erano anni che passava da una relazione all'altra ad intervalli più o meno lunghi: dai tre o quattro mesi fin quasi ad un anno (mai avuta una relazione durata più di un anno solare), senza alcuna “vacatio” tra una relazione e l'altra.
Tradotto significa che erano anni che non aveva avuto una astinenza da rapporti sessuali così prolungata.

Quel sabato si era svegliato deciso a porre rimedio a questa situazione, rivedendo le sue posizioni in merito ai rapporti occasionali prendendoli non solo in seria considerazione ma fortemente determinato a cercarne e trovarne uno durante quel weekend, senza escludere eventualmente, come soluzione ultima, anche un rapporto mercenario.
L'importante era scopare.
Lo faceva persino il prete con la perpetua, la suora con la consorella, era evidente che si trattava di un bisogno primario, vitale, da soddisfare con urgenza in maniera consona e non con la masturbazione.
Era in questo stato psicologico da prolungata astinenza Alberto quel sabato, quando a metà mattinata prese l'auto e si diresse verso la costa. Chissà perché pensava che lì avrebbe trovato più facilmente la soluzione al suo problema.
Forse pensava al movimento che c'è d'estate nelle località balneari, alla maggiore disponibilità a lasciarsi andare alle avventure delle turiste in vacanza nella stagione estiva. Ma era pieno inverno e l'atmosfera nei paesi della riviera era ben diversa da quella che lui forse aveva sperato.
Le case delle vacanze erano tutte chiuse, chiusi anche gli alberghi a gestione stagionale, chiusi molti negozi, semi deserte le vie principali, totalmente deserto il lungomare.
Che tristezza, che desolazione.
Beh, ormai c'era, tanto valeva togliersi almeno un altro sfizio: aspettare l'ora di pranzo e concedersi un pasto a base di pesce in uno dei pochi ristornanti aperti: in quello che sapeva essere di ottima qualità.
Nell'attesa poteva occupare il tempo facendo un giro sul lungomare deserto, spingersi fino alla pineta o anche oltre, fin dove finiva la zona edificata e cominciavano i terreni incolti.
Quello fece. A velocità moderatissima percorse il lungomare osservando l'arenile deserto alla sua sinistra e la fila di alberghi chiusi alla sua destra, guardando le onde schiumose del mare e le aiuole trascurate a bordo strada.
Procedette lentamente fino alla pineta oltre gli alberghi. All'altezza della pineta finalmente un segnale di presenza umana: una vettura in sosta a bordo strada.
Per istinto e per curiosità rallentò e cercò di sbirciare dentro l'auto quando ci passò accanto.
Non ne fu certissimo ma la vettura gli sembrò vuota.
Non avendo altro da fare oltre l'occupare il tempo fino all'ora di pranzo, volle sincerarsene, invertendo la marcia per transitare di nuovo a bassissima velocità vicino alla macchina. Restò quasi deluso nell'accertare che effettivamente nessuno occupava l'interno della vettura.
Aveva sperato che ci fosse stata qualche persona? Una coppietta forse?
E' probabile, ma non consapevolmente.
Forse si sentiva semplicemente a disagio nell'essere l'unica persona in tutto quello spazio immenso: da un lato la distesa del mare e la spiaggia, davanti e alle spalle la strada e l'arenile che si perdevano all'infinito, sull'altro lato la pineta deserta. Nessuna traccia di essere umani nella zona degli alberghi (chiusi in quella stagione) che aveva superato poco prima, certamente nessuno neanche nei campi incolti che stavano un poco più avanti.
Accostò anche la sua macchina poco più avanti dell'altra. Scese e respirò a pieni polmoni l'aria che profumava sia della resina dei pini sia di salsedine.
Era una sua vaga intenzione andare sull'arenile, avvicinarsi al mare con le onde schiumose e ruggenti che si spingevano a riva in maniera impetuosa, però per istinto si girò prima dal lato della pineta, dando una occhiata per puro caso, certo che sotto i pini l'unica cosa che poteva esserci era l'aria più fredda di quella della brezza che spirava dal mare.
Invece vide qualcosa muoversi a non molta distanza da lui. Guardò meglio: era un uomo che lo fissava mentre si tirava su la lampo dei pantaloni.
Immaginò che fosse il conducente dell'altra vettura probabilmente fermatosi per soddisfare un bisogno fisiologico.
Lo ignorò rigirandosi per prendere la direzione dell'arenile. Un colpo di tosse poco naturale, evidentemente di tosse finta, risuonò alle sue spalle, come fosse un segnale per richiamare la sua attenzione.
Pensò subito “Vuoi vedere che quello è un frocio?” e si voltò di nuovo, senza alcun interesse particolare, tanto per sincerarsi che quello voleva veramente richiamare la sua attenzione su di lui, certamente non perché potesse interessargli un eventuale esperienza atipica.
Cambiò subito opinione sul soggetto quando vide che da dietro un tronco di pino stava spuntando anche una donna e dai movimenti di costei immaginò che probabilmente lei si stava tirando su le mutandine.
Si sentì a disagio, convinto di aver involontariamente disturbato una scopata all'aria aperta di quei due. Si vergognò temendo di essere stato scambiato per un guardone, ma non si mosse.
Si limitò a dare le spalle alla pineta, quindi ai due, e fingere di guardare la strada come se aspettasse l'arrivo di qualche altra vettura. Lo fece così, tanto per non dare l'impressione d'essersi fermato apposta per guardare i due. Come temette di aver dato l'impressione.
Stava pensando se raggiungere comunque l'arenile sul lato opposto della strada o risalire sulla sua auto ed andarsene, quando sentì un lieve fruscio di passi leggeri sugli aghi di pino che coprivano il suolo.
Un attimo dopo l'uomo che aveva visto sotto la pineta era già al suo fianco. Era un uomo sulla cinquantina; era alto, magro, con il fisico asciutto ma muscoloso, i capelli brizzolati sulle tempie, il volto con lineamenti molto marcati, da maschio virile secondo certi suoi canoni basato sul non si sa quali basi.
Quello gli sorrise dicendogli “ Zona tranquilla questa. Peccato per l'aria frescolina”
Alberto non trovò nulla da dire. L'uomo sospirò senza motivo e sorrise ancora più marcatamente. Allora Alberto osò dire “Mi dispiace se vi ho disturbati, non era nelle mie intenzioni. Vado via, state pure tranquilli”
“Disturbato? Non direi proprio! Anzi"- sorrise assumendo una espressione carica di equivoca malizia- "forse sei arrivato al momento giusto”
Alberto, anche per capire il senso di quelle parole, si girò a cercare con lo sguardo la donna, rimasta sotto la pineta, qualche metro più all'interno. Era appoggiata con le spalle al tronco di un pino, guardava verso i due uomini con il capo basso, tenendo il pollice di una mano sulle labbra e l'altro braccio sul petto, appena sotto il seno.
Riguardò interrogativamente l'uomo che gli disse “E' mia moglie”
Alberto seppe solo dire di nuovo “Scusami, anche se è tua moglie vi ho rotto le scatole comunque. Vi lascio soli, buon proseguimento” e mosse un mezzo passo verso la sua auto.
Quello lo bloccò con “Aspetta! Guardala. Non è di tuo gradimento?”
Attese una risposta con il sorriso sempre più strano stampato sul volto. Non ricevendola incalzò “Guarda che ti ha visto lei e se sta li ad aspettarci è segno che sei il suo tipo... O non hai ancora capito cosa ti sto proponendo?”
“Penso di averlo capito” disse finalmente Alberto girandosi con tutto il corpo e non solo con il capo, verso la donna e nonostante fosse in ombra, riuscì a vedere che mostrava dall'espressione più la sua tensione che la sua disponibilità. Forse anche lei era combattuta tra il desidero di vivere una esperienza trasgressiva e mille timori di vario genere.
Fu un piccolo particolare a far prendere una decisione ad Alberto: la donna era di età più prossima a quella dell'altro uomo che ai suoi trentatré anni, quindi una “donna matura”; non era proprio una gran bellezza, anche se per la sua età poteva dirsi ancora piacente. Quei qualche chili di troppo che oggettivamente aveva erano ben distribuiti sul corpo leggermente formoso. Lo dimostravano il prosperoso seno e i fianchi rotondi.
Non prendere in considerazione una cosi allettante e “tacitamente eloquente” proposta sarebbe stato certamente offensivo per quella donna che, al di la dell'abbondanza di anni e di forme, non meritava proprio di essere offesa con un rifiuto e poi, diamine, Alberto non era forse venuto fin sulla costa in cerca di appagamento dei suoi bisogni sessuali?

Certo lui aveva in mente una donna forse più giovane, forse più bella, forse senza un uomo a fianco, ma da un mese di donne disponibili non ne aveva trovato nessuna , né belle, né brutte, né giovani, né vecchie, né nubili, né sposate. Quella era lì, in ansiosa attesa di una esperienza trasgressiva o di un rifiuto, combattuta probabilmente tra desideri e dubbi.
Ecco, fu lo stato d'animo della donna ad attrarre fortemente Alberto, già spinto verso di lei dalla sua fame arretrata di sesso.
Non disse altro. Mosse i suoi passi verso la donna. Le sorrise avanzando verso di lei. Non badò neppure al fatto che l'uomo gli camminava accanto, tornando anche lui verso la donna, con il solito sorriso stampato sulla bocca.
Quando fu vicinissimo Alberto disse semplicemente “Ciao”
Lei rispose “ciao” con voce da intimidita
Alberto allungò una mano e le carezzò il viso, dicendole “Ti va?”
Lei afferrò il polso della mano che l'accarezzava e rispose “Se sto qui, dovresti sapere già la risposta”.
Alberto portò l'altra mano sul fianco della donna che invece tirò sulle sue labbra la mano che le aveva carezzato il volto.
Alberto le sorrise, la fissò negli occhi, avanzò di quei pochi centimetri rimasti tra loro due e cercò il contatto fisico, dei due corpi, spingendo il proprio bacino in avanti. Sentì il seno di lei premere contro il suo petto.
La donna sentì qualcos'altro di già duro premere contro il suo ventre. Dischiuse le labbra e cominciò a giocherellare con la lingua sul pollice della mano di Alberto che ancora stringeva tra le sue mani.
Le sensazioni di quella lingua umida ed agile sul pollice vennero trasmesse dai nervi sensoriali di Alberto al suo pene. Il suo cazzo ebbe un ulteriore guizzo, si fece ancora più duro. Sentì il desiderio di essere trattato come il pollice da quella stessa lingua.
Alberto riuscì a far passare la mano libera sotto l'orlo della gonna, infilarsi tra le cosce di lei e carezzevolmente risalire verso l'alto.
L'uomo del quale Alberto si era quasi scordato suggerì “baciala, baciala”
Alberto non si curò di lui evitando di guardare per accertarsi dove fosse realmente e cosa stesse facendo, raccolse semplicemente il suo invito e avvinò la sua bocca a quella della donna che subito, come se non aspettasse altro dischiuse le sue labbra, accolse la lingua di Alberto, infilò la sua nella bocca dell'uomo e li dentro rovistò in largo e lungo come ad ispezionare tutto, tirando a sé la testa di Alberto con entrambe le mani. Alberto invece teneva la donna schiacciata di schiena contro il pino, standole addosso a peso morto, per tenere le mani impegnate in altre faccende: una a frugare nella scollatura e arrivare ai grossi e turgidi capezzoli e l'altra, arrivata alla sommità delle cosce, aveva spostato le mutandina, accarezzato il morbido pelo, e stava lavorando tra le labbra umide della calda fica.

L'uomo stava vicinissimo e bisbigliava tra sé brevi frasi del tipo “Che belli che siete”, “Siete fantastici”, “Si così, dateci dentro!”.

Quando la donna diede ad Alberto la possibilità di respirare costui scese con la sua bocca ai seni della donna per mordicchiarle e succhiarle i turgidi capezzoli, spostando la mano che prima aveva giocato con i seni sulle morbide natiche della donna, per abbassarle le mutandine e darle dei pizzicotti, degli schiaffetti e delle carezze. La donna lo lasciò fare, e sforbiciò con le gambe per liberasi del tutto delle mutandine, La donna lo agevolò sganciando tutti i bottoni della gonna apribile sul davanti e allargando i due lembi come fossero sportelli per mostrare ampiamente la sua sensuale nudità e togliere ogni impedimento alle intenzioni di Alberto.
Era davvero bella la donna, burrosa e non scheletrica, con i capezzoli che stavano su, al centro di due cerchietti rosei, il ventre appena un poco abbondante ma non adiposo e, alla sua base, una piccola macchia di pelo ben curato appena sopra la figa ben rasata. Uno spettacolo da vedere con quelle gambe leggermente divaricate come volessero invitare all'accesso.
Infatti Alberto in preda ad una poderosa eccitazione cercò di piazzare il suo membro tra quelle cosce.
Solo allora la donna lo prese da sotto le ascelle quasi a volerlo tirare su e gli disse, con voce quasi delirante “Aspetta, aspetta” e spinse Alberto leggermente indietro per potersi accoccolare davanti a lui.
Fu allora che l'altro uomo liberò dall'involucro un preservativo e lo passò alla donna la quale con attenzione lo prese con le due mani, da due punti contrapposti sulla circonferenza e se lo pose sulla bocca aperta ad O; aspirò l'aria a pieni polmoni risucchiando nel cavo orale la sommità del profilattico. Così, con quella membrana tesa sulla bocca spalancata si avvicinò al duro cazzo di Alberto per far appoggiare il preservativo alla cappella e poi cominciò a spingere le labbra perché il cazzo entrasse nel preservativo e procedesse all'interno della sua bocca. Era brava anche nello srotolare con attenzione i bordi di quella sottile e preziosa guaina, man mano che il cazzo avanzava.
Infilato così, con la bocca più che con le mani, il preservativo, si attardò anche a giocare con la sua bocca su quella verga inguainata. Fece roteare la lingua intorno al glande, la fece scorrere su e giù per l'asta, agitandone la punta, scese fino ai testicoli, li leccò prima di stringerli nelle mani a coppa, per tornare ad elargire un buon pompino che però interruppe troppo presto per i gusti di Alberto.
Ma si fece perdonare con il suo offrirsi per la penetrazione vera e propria, a cosce ben divaricare, con la schiena spinta all'indietro, spalle al tronco, e bacino spinto in avanti. Alberto non esitò a raccogliere il piacevole invito e la penetrò per poi incominciare a martellarla di colpi ben assestati, tenendo le sue mani sulle natiche della donna e il suo sguardo sui grossi seni di lei che sobbalzavano in maniera sensualissima ad ogni colpo ben assestato.
Era stato facile entrare in quel pertugio bagnatissimo, piacevole sentir il cazzo scorrere dentro la scivolosa ma avvolgente figa, stringere le morbide natiche, vedere il seno della donna muoversi sia per effetto del ritmo con cui respirava la donna e sia a seconda dell'energia che Alberto metteva nel martellare di colpi a ripetizione la donna.
L'altro uomo aveva aperto un altro involucro e si stava infilando anche lui un preservativo. Quando ebbe fatto, batté una mano sulla spalla della donna e le fece un segnale con gli occhi, come a dirle “dai, vieni”.
Per un attimo Alberto temette di aver finito il suo ruolo; forse l'uomo aveva avuto bisogno di vedere per eccitarsi ed ora che aveva raggiunto l'erezione voleva escluderlo e prendere il suo posto.
Il fatto che la donna ritrasse con un gesto imprevisto il bacino e quindi lo estromise dal suo corpo, rafforzò questo timore.
Si sbagliava. La donna fu lesta nel girarsi e dargli le spalle, chinarsi a novanta gradi, e offrirsi a pecora per una nuova penetrazione, mentre l'altro uomo le offriva il proprio salsicciotto nella bocca.
La donna si dimenava come una ossessa con il capo e con il bacino. Alberto la martellava da dietro, l'altro uomo dal davanti, Alberto si curvò leggermente in avanti per tornare ancora a giocare con le sue mani con quei soffici grossi seni che ora pendevano sotto la donna, L'altro uomo lo guardò fisso negli occhi, gli sorrise strizzando l'occhio a mo' di intesa. Fece anche un gesto con il mento come se volesse attirare l'attenzione di Alberto sulla schiena della donna o altro.
Alberto non fu lesto a capire ma quando intuì il messaggio gestuale lo recepì subito, spostando il suo attributo dall'ormai dilatatissima figa al più stretto pertugio, appena poco più in alto. Il cazzo era lubrificatissimo dagli umori della donna; sul buchetto Alberto fece cadere un rivolo della sua saliva e poi tentò l'espugnazione. L'ingresso non fu facile come era stato l'entrata precedente, ma neppure difficilissimo perché la donna si mostrò non solo molto bendisposta ad accoglierlo ma anche esperta nel come cooperare, ancheggiando leggermente e spingendo anche lei all'indietro mentre Alberto spingeva in avanti. Superato la non eccessiva resistenza iniziale poi il membro scivolò dentro come un trenino. La donna evidentemente gradiva se era lei stessa a muovere il bacino come se volesse arretrare per accogliere in se non solo l'attributo di Alberto ma tutto l'uomo. Intanto pompinava l'altro uomo mentre Alberto con una mano le toccava il seno e con l'altra cercava di dare un contentino anche alla figa.
Dopo un bel po di pompaggio dei due uomini dentro le aperture messe a disposizione dalla donna, costei cominciò a perdere l'armonia dei suoi movimenti, sembrò tremare, non certo per il freddo, Alberto sentì il tunnel in cui stantuffava contrarsi fino ad espellerlo, ma lui continuò a sbattere rientrando involontariamente nell'accesso principale proprio mentre questa si contraeva e sprigionava abbondanti ulteriori umori.
La donna inizialmente si era limitata a gemere, poi , alzandosi con tutto il corpo per appoggiarsi con la schiena al petto di Alberto, emise letteralmente delle grida, con una ripetuta serie di sensualissimi “Ohhh”.
In quel momento anche Alberto si liberò della carica di sborra che a fiotti si riversò nel preservativo, sempre all'interno della donna, alla quale Alberto si aggrappò con le mani a coppa sui seni, mentre l'altro uomo si liberava del preservativo ancora vuoto per menarsi freneticamente l'uccello da solo e poter arrivare anche lui all'eiaculazione.
Alberto, quando si ritrasse, cercò di far girare la donna su se stessa desideroso di darle un ultimo bacio. Quella con garbo ma anche con fermezza oppose resistenza e disse “Adesso basta, sono infreddolita e voglio rivestirmi” cominciando a riabbottonarsi la gonna, unico indumento che aveva avuto addosso, troppo poco per il freddo che c'era sotto la pineta. Poi si chinò a recuperare le mutandine e le infilò.
L'altro uomo si bagnò la mano con cui si menava con dei modesti riversamenti di sperma che si affrettò a ripulire con dei fazzolettini, commentando: ”Fantastica mattinata”
Poi, lasciati cadere i fazzolettini a terra si tirò su le braghe e presa sottobraccio la donna le disse “Andiamo tesoro? Si è fatto tardi per noi”.
I due si avviarono verso la loro auto, abbracciati l'uno all'altro, senza degnare né di uno sguardo né di una parola di saluto, Alberto, lasciato da solo, a rivestirsi, lì dove erano stati lasciati anche i fazzoletti di carta ed i preservativi usati.
Con un vago senso di schifo Alberto raccolse il materiale lasciato sul terreno e lo portò in uno dei tantI cestini sotto la pineta sentendosi anche lui usato e abbandonato.
Se ne tornò alla sua auto, con un senso di vuoto nello stomaco che non era fame
Si consolò pensando che in fondo il suo scopo l'aveva raggiunto. Dopo un mese di astinenza una scopata era riuscito a farsela.
Non è che ora il suo bisogno fosse stato soddisfatto. Non solo le palle erano vuote, anche qualcos'altro di indefinibile dentro di lui. Il modo in cui si era concluso l'incontro azzerava tutto il piacere provato durante il rapporto.
Già sentiva il bisogno di un altro rapporto a breve scadenza: non voleva, non poteva aspettare un altro mese. Non voleva concludere il weekend con l'amaro in bocca i quel triste epilogo.
Del resto lui lo sapeva che gli incontri occasionali non sono i migliori, forse era meglio cercare al più presto una nuova compagnia, sia pure per periodi brevi.
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