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Schiavizzata come cagna


di doriana
10.03.2021    |    3.329    |    9 9.1
"Alle 15:30 squilla il telefono, è lui..."
Una mattina della scorsa estate, abbastanza presto, il sole era sorto da poco, finestre aperte per un po' di refrigerio dopo una notte piuttosto calda, mentre stavo facendo le normali pulizie di casa come abitualmente faccio nel mio giorno di riposo dal lavoro, ricevo una telefonata.
Era Paolo, un camionista con cui ero in contatto su A69 che apprezzava la mia tendenza ad essere slave ed a cui avevo lasciato il mio numero WhatsApp. Sono rimasta sorpresa poiché erano ormai diverse settimane che non ci sentivamo. Mi dice senza, neppure salutarmi, se sono pronta a fare la sua cagna schiava in quanto nel pomeriggio sarebbe stato col suo camion dalle mie parti. Un brivido mi attraversò la schiena fino all'ano. Ero pronta? A parole mi sentivo schiava, serva, passiva ma nei fatti non lo sapevo, sarebbe stata la prima volta. Ammagliata dalla sua perentoria richiesta, da vero padrone assoluto, il brivido che mi ha attraversato la schiena si è trasformato in frizzante eccitazione da sottomissione e, senza pensarci su due volte gli ho risposto "si padrone, ti aspetto". Lui risponde in modo deciso "mandami il tuo indirizzo preciso, puttana, prepara frusta, guinzaglio, candele. Ti richiamo quando sarò davanti a casa tua" "si padrone, subito padrone" risposi con voce tremolante e riattaccò. Ero stordita, confusa. Continuai le pulizie tra spazzare, spolverare, riassettare come un automa. Dopo un paio d'ore, quando la casa era uno specchio, mi sono fermata, mi sono seduta, ho acceso una sigaretta e mi sono detta: palle ferme, riflettiamo. Paolo, a giudicare dalle foto, è di bell'aspetto, alto, longilineo, ben fatto, muscoloso al punto giusto, sulla quarantina, insomma è un bell'uomo. Questo aspetto non guasta, anzi! Poi ormai ero in ballo e dovevo ballare. Dovevo prepararmi, più che psicologicamente dato che sotto questo punto di vista ero ormai assuefatta, bensì logisticamente, diciamo. Dovevo procurarmi gli attrezzi che Paolo mi ha chiesto. Una frusta non ce l'ho, gli preparo una cintura da pantaloni in finta pelle. Vorrà dire che mi darà delle cinghiate anziché frustate. Il guinzaglio non ce l'ho. Mi sono ricordata che nello sgabuzzino avevo notato un collare finito lì, come e quando non lo so, gli ho agganciato una catenella lunga un metro e, voilà, il guinzaglio. Dallo sgabuzzino ho preso anche un paio di candele che tenevo per emergenza. Ok, ho rimediato ed ho tutto.
Ero pronta e preparata al grande evento.
Alle 15:30 squilla il telefono, è lui. Gli fornisco le indicazioni per salire al mio appartamento e mi metto alla porta d'ingresso con già al collo il collare e tenendo in mano il guinzaglio per offrirglielo al suo ingresso. Avevo indossato perizoma, reggiseno, autoreggenti ed un leggero, lucido baby doll ricamato agli orli con fini arabeschi dorati, tutti indumenti di colore nero. Mi ero truccata e pitturata le labbra di un rosso vivo. Tutto ciò pensando di fargli piacere, invece...
Suona il campanello alla porta, apro, lui entra deciso, mi strappa il guinzaglio e con tono, tra il sarcastico e l'imperioso, mi dice "cagna, come ti sei vestita? Spogliati, via tutto, ti voglio completamente nuda, poi mettiti a quattro zampe. Le cagne sono nude, troia." Intimorita e con reverenza rispondo "si padrone" ed eseguii in un minuto, buttando gli indumenti a me così cari su una sedia e mi misi carponi. Mi ordinò di stendermi a pancia in su. Mi passò la suola delle scarpe da ginnastica sul pisello rattrappito, mi fece aprire la bocca, tirar fuori la lingua sulla quale passò di nuovo la suola delle scarpe. Mi rimisi a quattro zampe, prese la cinghia che avevo appoggiato sul tavolo, mi sferzò chiappe e schiena con sonore cinghiate trascinandomi al guinzaglio dalla cucina al soggiorno, dal soggiorno alla camera da letto e di nuovo in soggiorno, muovendomi a quattro zampe. Mi sentivo veramente una cagna alla mercé del mio severo padrone. Mi fece stendere a pancia in su e, con veemenza, mi cinghiò petto, pancia, cosce ed uccello, infine mi trascinò davanti al grande specchio che ho in soggiorno e vidi tutto quanto il mio corpo arrossato e piagato. Avevo perso ogni considerazione di me stessa come persona, ero priva di volontà propria, sentendomi solo cagna, totalmente sottomessa ed affezionata al mio padrone. Ad ogni robusta cinghiata che mi aveva inflitto emettevo un sommesso mugolio, ahh... mhhh... Il dolore che provavo ogni volta che la cinghia si abbatteva sul mio corpo si tramutava immediatamente in sottile piacere. Godevo proprio come una cagna in calore e quasi il mio rammollito pene eiaculava senza erezione. Ero arrivata quasi all'orgasmo. Mai provata una tale intensa sensazione di piacere. Interruppe i miei intimi pensieri la voce del mio padrone "vedi come ho ridotto il tuo misero corpo, cagna. Ne hai abbastanza della punizione, lurida schiava?" "Non so padrone, come vuoi, se merito di essere ulteriormente punita, puniscimi, sono di tua proprietà" risposi. In quel preciso istante mi arrivò un tremendo ceffone a mano aperta sul viso ed un calcio nel culo che mi sfiorò di striscio i coglioni provocandomi un dolore-piacere inusitato. "serva puttana, non devi mai dirmi cosa posso o non posso fare, puoi solo rispondere si padrone, no padrone, lurida schiava" " si padrone" risposi subito. Diede un violento strappo al guinzaglio quasi a strozzarmi e mi trascinò con forza in bagno, staccò la catena da collare e mi spinse con un calcio nel culo nella doccia. Mi ordinò di inginocchiarmi e di aprire la bocca. Si calò pantaloni e mutande, lasciando aperta la porta della doccia, esibendo il suo cazzo. Bell'arnese, grosso e lungo anche se molle. Mi prese un'irrefrenabile voglia di prenderlo in bocca, di succhiarglielo e spompinarlo fino a farlo diventare ben duro. Istintivamente portai in avanti la bocca aperta verso quel sontuoso cazzo ma lui mi respinse e sentenziò " no cagna, non hai accesso al mio cazzo in questo incontro, devi solo subire, non essere attiva" Non attese nemmeno il mio "si padrone" che dal buchino del suo uccello partì uno scroscio di piscia che centrò in pieno la mia bocca riempiendola di caldo piscio. Allibita e con stupore bevvi e degustai la sua urina. Ormai amavo il padrone e godevo con piacere di tutto ciò che mi dava. Una pisciata lunghissima che mi inondava viso, capelli e tutto il corpo. Mi feci riempire le mani congiunte a mo' di scodella e mi lavai il viso col suo saporito piscio. Ero in estasi erotica. Mi passai le mani bagnate di urina su collo, petto, pancia, cosce, uccello e coglioni. Ero il suo oggetto di piacere ed avrei fatto con somma goduria qualunque cosa, anche la più lurida e sporca, per soddisfarlo. Finita la pisciata si tirò su i calzoni e mi ordinò di fare la doccia e mi disse "quando hai finito, vieni in soggiorno, sempre a quattro zampe da cagna" risposi "si padrone" e si ritirò. Giunta in soggiorno mi ordinò di aprire la bocca, mi sputò in bocca e mi ordinò di ingurgitare la sua saliva, cosa che feci con piacere. Mi sputò di nuovo in bocca ma, questa volta, mi disse di risputare il suo rospo sul pavimento, di leccarlo ben bene, risucchiarlo in bocca e mandarlo giù. Ubbidii e di gusto eseguii il suo ordine. Intanto vidi che aveva in mano una candela, un accendino e la cinghia. Mi ordinò di coricarmi a pancia in giù, mi sferzò culo e schiena con alcune violente cinghiate, tanto per preparare la pelle alla prossima tortura. Accese la candela e lasciò colare la cera bollente prima sulle cosce, poi sul culo e sulla schiena. Il dolore che mi provocava ogni goccia di cera sulla pelle era forte, ma il piacere che provavo ad essere fustigata dal mio amato padrone superava di gran lunga il dolore. Continuò facendomi girare lasciando cadere incandescenti gocce di cera sui capezzoli, mi cosparse petto e cosce, infine, parte che lasciò appositamente per ultima, mi cosparse di cera i coglioni, il cazzo e la cappella ben scappellata. Soprattutto sula cappella il dolore era molto intenso, ma, autentica stranezza, più mi provocava dolore, più mi torturava, più godevo e più lo amavo. Dopo aver coperto la quasi totalità della superficie della mia pelle, mi fece inginocchiare davanti a lui, tirò fuori il cazzo già semiduro e cominciò a menarselo. Feci per allungare una mano per menarglielo io ma subito mi redarguì " che ti avevo detto cagna bastarda, tu devi solo subire" e mi mollò un sonoro schiaffone in faccia, al che mi affrettai a rispondere "si padrone". Non mi restò che ammirare quella superlativa verga ormai dura e grossa, mandando giù quella gocciolina in bocca quando si agogna un qualcosa ma non si può avere . Quanto lo avrei succhiato e quanto me lo sarei fatto infilare nella mia spaziosa figa anale quel superbo cazzone. Si segava con vigore davanti alla mia bocca aperta in attesa del suo dolce e viscoso sperma. D'un tratto si irrigidì, ebbe un fremito, ed uno spruzzo violento ed abbondante mi riempì la bocca e mi inondò il viso di calda, gustosa sborra. Ingurgitai quella in bocca e mi cosparsi con entrambe le mani guance, naso e labbra con quella sul viso.
Mi fece alzare, si avviò verso la porta d'uscita e sentenziò "la prima sessione è finita lurida cagna schiava, la seconda sarà ancora più dura" "si mio signore e padrone, come tu vorrai, sono di tua proprietà e potrai disporre di me quanto ti aggrada. Grazie padrone" risposi. Fece solo un cenno di assenso con la testa e si accomiatò. Sulla porta, inaspettatamente e con somma sorpresa, mi diede un bacio sulla fronte e si allontanò. Andai in brodo di giuggiole.
Da allora più nessun contatto, mi resta solo il ricordo, indelebile!
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