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Essere femmina - parte 5°


di doriana
17.08.2021    |    398    |    2 8.7
"Mi recai in Municipio, un grande palazzo un po rococò che dava su un'ampia piazza con affollato parcheggio..."
Vi avevo lasciati, nella parte 4° a quando tornai nel mio appartamento dopo aver portato a casa Marta. Nel resto della prima settimana in Val d'Aosta non successe più nulla di rilevante. Il venerdì, tardo pomeriggio terminato il lavoro, andai nel mio appartamento, doccia e poi dovetti, mio malgrado, vestirmi da uomo per tornare a casa. Trascorso il weekend tra scopate e litigi con la mia compagna, Il lunedì mattina di buon ora mi rimisi in macchina destinazione Val d'Aosta. Giunto al cantiere, iniziarono i primi problemi operativi. Fu una settimana densa di problemi al lavoro. Problemi di operatività, logistica, organizzazione e pure di burocrazia. Ebbi un bel daffare per cercare di risolverli, sicché non ebbi il tempo per fare serate da femmina. Riuscii solo il venerdì, dopo le 17:30 orario in cui gli operai partivano per tornare a casa, ad andare a fare un aperitivo e un po di shopping. Questo perché io, invece, dovetti restare in valle anche nel weekend in quanto mi fu fissato un appuntamento per il sabato mattina alle 11:00 Dovevo recarmi in Comune ad Aosta, Ufficio Tecnico, per incontrarmi col Direttore Lavori ed il Tecnico Comunale onde coordinarci sulla soluzione dei problemi insorti nel corso della settimana lavorativa. La cosa non mi dispiacque affatto anche se sapevo che la mia compagna si sarebbe quantomeno irritata. Glielo comunicai e non sbagliavo, anzi giunse a dirmi “non sarà una scusa per scoparti qualche Valdostana compiacente, eh?” Naturalmente negai e giurai che c'è stato veramente l'imprevisto. Il che era vero, per il resto chissà. Si calmò anche se non mi parve molto convinta, pazienza. Come dicevo, quel venerdì, dopo il lavoro, rientrai nel mio appartamento. Andai in bagno, mi depilai gambe, pube, petto ed ascelle dal folto pelo maschile, una signora di classe non può presentarsi pelosa. Feci una doccia veloce, mi truccai leggermente, mi infilai un paio di pantaloncini bianchi sopra ad un paio di mutandine a slip azzurro chiaro con piccolissimi e diffusi disegni blu carico ed una maglietta a fittissime righe nero e beige con sul petto una grossa stella giallo-verde, sandalini bianchi con sorta di paillette argento sulla striscia al piede, orecchini con perla argento, collana e braccialetti argento. Non avevo il tempo di pitturarmi le unghie, ma non mi importava. Mi recai in un mercatone cinese alle porte di Aosta dove ebbi il tempo di provare ed acquistare un carinissimo leggings nero con cintura marrone scuro. Nel ritorno mi fermai al bar di quella prosperosa barista già citata nella parte 4°. Entrai, mi accolse con un brillante sorriso e mi disse “buonasera signora, cosa posso servirle?” “buonasera mia cara” risposi “ un Arneiss” (un vino bianco fermo Piemontese ma coltivato anche in Val d'Aosta) “subito signora” replicò. Ero serena, ero una donna, ero soddisfatta di me. A quell'ora, le 19:00 circa, il bar era piuttosto frequentato, compagnie di giovani e meno giovani tutti quanti assorti nelle loro conversazioni, battute e risate. Nessuno che mi guardasse in modo strano, curioso o sorpreso come se dicessero “quello è un gay, un frocio, un travestito” come qualche volta mi è capitato. Non mi avevano neanche in nota. Gioii dentro di me, ciò dimostrava che sapevo essere una vera signora, una femmina. Bevvi in fretta il fresco e gustoso vino e tornai all'appartamento per rivestirmi da uomo. Dovevo andare a cena non troppo tardi nella trattoria dove mangiavo tutti i giorni. Ovviamente non mi aspettavano e dovevo ordinare alla carta e non i menù prefissati dei giorni lavorativi. Mi ero vestito da uomo quarantacinquenne serio ed autorevole quale sembravo ai miei operai. Entrai nella trattoria, ormai familiare, andai al banco del bar e la signora Denise, così si chiama la proprietaria del locale, come mi vide esclamò “buonasera geometra, come mai ancora qui” “problemi di lavoro signora” risposi “ devo lavorare anche domani, così resto qui anche nel weekend. Anzi, la prego di considerare che sarò qui a pranzo ed a cena pure domani e dopodomani. “ bene geometra, mi fa piacere” rispose e continuò “posso offrirle un aperitivo intanto che le prepariamo il tavolo, uno sprits va bene?” “si, grazie, volentieri” risposi. Parlava con un accento francese misto al piemontese la signora Denise, del resto come il loro dialetto, il patois, un misto tra francese e piemontese. Era una bella donna, gioviale, genuina, un po giunonica ma ben fatta con grosse tette che non mette in evidenza, un bel culotto, capelli castano scuro, occhi castano chiari espressivi ed un sorriso da matrona. La percepivo come un'autentica Valdostana. Mi sedetti fuori a gustare lo sprits beandomi della leggera e fresca brezza serale che scendeva dalle maestose montagne. In lontananza sentivo il rigoglio della Dora Baltea che impetuosa scendeva a valle fino ad immettersi nel fiume Po e poi, sempre più giù, fino a raggiungere ed a lambire gli argini, pensai, del mio paese. Mi sentivo in paradiso. Mi destò dai miei pensieri beati la cameriera della trattoria. Era Betty, una splendida ragazza giovanissima, 25/26 anni al massimo. Bionda, occhi azzurri sfolgoranti, longilinea, un corpo slanciato ben proporzionato, tette da 2° di reggiseno, cosce ben tornite e culetto alto da top model. Sembrava la splendida icona delle svedesi tanto presente nelle fantasie dei maschietti. Indossava un paio di shorts neri a metà coscia, una camicetta un pò castigata in cotone leggero che metteva in risalto le sue tettine, anche se non riuscivo a capire se aveva il reggiseno o no. “geometra, il tavolo è pronto” “ok, grazie Betty, arrivo subito” Mi sedetti al tavolo preparato con cura ed ordinai dei tortellini alle noci, una bistecca valdotain ed un mezzo litro del loro genuino vino rosso. Tutto buono, non eccelso ma buono. Betty mi portò il caffè e mi chiese se gradivo un digestivo. Annuii, aggiungendo che lo avrei bevuto seduto fuori. “bien geometra” rispose ed io aggiunsi, sbilanciandomi, “lo so Betty che preferiresti che al mio posto ci fosse Adrian, pazienza, lunedì sarà di nuovo qui” “ah si, Adrian è simpatico ma lo è anche lei, geometra. Mi fa piacere che sia qui” rispose “grazie Betty” replicai anche se sapevo che era una risposta di circostanza. Le feci questa domanda perché Adrian, un mio giovane operaio albanese sui trent'anni, bel ragazzo, bravo sul lavoro, disinvolto ed intraprendente, si dilettava, a pranzo ed a cena, a lanciare battutine piccanti ed a doppio senso a Betty, la quale, senza rispondere, ammiccava e gli buttava sguardi maliziosi, suscitando l'ilarità degli altri operai più anziani. Beata gioventù, pensai, con un po d'invidia. Mi accomodai fuori a sorseggiare il Gennepy che Betty mi aveva portato con grazia ed eleganza. Un anziano valligiano, seduto non lontano da me, mi attaccò il solito bottone. Lo ascoltai con distacco e risposi alle sue domande con monosillabi. Intanto la stanchezza della settimana cominciò a farsi sentire. Finito il digestivo, mi alzai, salutai, forse scortesemente, il valligiano. Mi diressi al banco, chiesi qual'era la differenza di prezzo tra quello concordato inizialmente e la cena alla carta. Denise rispose che non c'era problema, andava bene così e, con mia sorpresa, uscì da dietro il banco, con trasporto, con slancio, mi abbracciò forte, mi diede due schioccanti bacioni sulle guance dicendomi “buonanotte mio caro geometra.” Allibito e contento, salutai calorosamente anche Betty e con, cautela, tornai alla mia alcova e mi lasciai andare in un sonno profondo. Il mattino seguente mi alzai abbastanza presto, mi feci il caffè che bevvi sull'ampio terrazzo arredato con un tavolino in vimini e quattro poltroncine pure in vimini. Mi godetti il tiepido sole del mattino Valdostano, erano le 7:00 Feci una bella doccia tonificante e mi rimisi, nuda, in terrazzo. Feci passare i vari documenti riguardanti il cantiere per non trovarmi impreparata al consulto fissato, che, confesso, mi incuteva un certo timore. ¾ d'ora dopo mi vestii, ovviamente da uomo, in modo elegante ma non troppo. Pantaloni lunghi scuri e camicia bianca. Sotto i pantaloni, non so perché, decisi di non mettere le mutande lasciando il mio discreto pisello a penzolare sotto la patta. Scarpe a mocassino nero lucido con calzini grigio scuro. Mi recai in Municipio, un grande palazzo un po rococò che dava su un'ampia piazza con affollato parcheggio. L'Ufficio Tecnico si trovava al piano terra, bussai ed entrai. Mi accolsero cordialmente e mi misero subito a mio agio, annullando i miei timori, e si mostrarono collaborativi. Ci organizzammo di buon accordo per stare in contatto e coordinarci al fine di risolvere qualunque problema si presentasse con efficienza e rapidità. Ci congedammo con saluti, direi, calorosi e mi accomiatai. Perfetto, andò meglio del previsto ed appena uscita dal Municipio informai il mio capo del risultato ottenuto. Andai a pranzo nella solita trattoria, da Denise e Betty quindi, rientrato all'appartamento, feci un pisolino rilassante per prepararmi alla, speravo, lunga nottata del sabato sera. Alzatami dopo un'oretta, ancora un po intontita, con calma feci il punto della situazione. Mi feci il caffè che degustai comodamente seduta fuori, sul terrazzo, sempre completamente nuda tanto nessun occhio indiscreto poteva vedermi. Mi sembrava impossibile, a fatica distinguevo se fosse ancora sogno o realtà. Un vibrante sottile piacere, però, mi attraversava tutto il corpo. Per la prima volta mi accingevo a trascorrere un nottata mondana da donna, da signora in completa serenità, naturalezza e consapevolezza. Una doccia tonificante e passai a pitturarmi le unghie di mani e piedi con smalto marrone scuro. Mi infilai un semplice perizoma rosa, mi misi un reggiseno color carne, mi truccai viso ed occhi per bene e con cura ed, infine, mi pitturai le labbra con un rossetto rosso tenue, non abbondante e carico da sembrare una battona. Indossai i leggings ed una maglietta marroncino chiaro con disegnate sul petto tre foglie dorate. Mi misi un paio di sandali marroncini con lacci neri e sottili alla caviglia e striscia al piede nera, traforata con piccolissimi rombi e cosparsa di finissimi brillantini. Mi misi un paio di piccoli orecchini formati da una semisfera perlacea con sottile contorno dorato e con appeso un ciondolino pure dorato. Collana, braccialetti ed anelli anch'essi dorati. Parrucca castano chiaro, borsetta nera. Ero pronta per uscira a realizzare il sogno.
Salii in auto e mi avviai verso Aosta. Mi fermai nel solito bar a salutare la bella valligiana bionda ed a bere un Arneis. Ripartii ed andai direttamente al bar di Nunzia. Entrai e subito colpì la mia vista un personaggio di cui Nunzia mi aveva accennato. Era una trans brasiliana, vestita da carnevale di Rio con una minigonna gialla dai bordi affusolati ed arruffati che lasciava vedere un paio di gambe lunghe ed affusolate. Una camicetta nera cosparsa di bianche piume scollata fino all'intermezzo delle tette tanto da metterle in mostra in buona parte. Nunzia mi chiamò “vieni Doriana” mi avvicinai e continuò “ti presento la mia amica Sandy” “ciao Sandy, io sono Doriana, piacere di conoscerti” risposi frettolosamente “piacere mio Doriana” replicò. Iniziai la conversazione bevendoci una birra e le dissi “tu sei una trans vero? Io invece sono trav, ma penso che i nostri gusti coincidano” “certo tesoro, si capisce. Sei molto elegante, sai. Vedi, prima di diventare trans ero anch'io trav come te. Mi piaceva il sentirmi donna, femmina. Amavo come te indossare intimo e vestiti da donna eleganti, truccarmi, profumarmi, mettere orecchini e collane e braccialetti ed anelli. Era un autentico sottile piacere”. “si mia cara Sandy, concordo in pieno. E' proprio un sottile piacere che pervade vibrando tutto il corpo” replicai io. La conversazione si protrasse ancora un po', sempre sullo stesso tema. Poi si accomiatò in fretta dicendo “ devo scappare, devo andare a lavorare”. Di che lavoro si trattasse lo si capisce. Seduta al solito tavolino c'era Marta, questa volta vestita decentemente. Una blusa violacea, semplice a tinta unita, non scollata e non aderente. Una gonna plissettata grigio perla anch'essa a tinta unita senza alcuna decorazione, Che le arrivava, allargandosi, appena sotto le ginochhia. Ai piedi un paio di sandali bianco opaco a tacco basso, senza alcuna finitura particolare. La salutai con un gesto della mano e mi soffermai al bancone vedendo, ad esso appoggiata seduta su uno sgabello in equilibrio instabile, Una ragazza, sui 35 anni, di bell'aspetto, carina. Indossava un abitino grigio perla corto fino a metà gamba, scollato sul petto ed aderente da lasciare immaginare le forme sinuose del suo corpo, magro ma ben fatto e proporzionato. Ai piedi semplici sandalini grigi. Bruna con occhi neri, ben truccata. Era ubriaca fradicia con davanti un calice di vino rosso. Mi avvicinai e le dissi “ciao, mi chiamo Doriana, beviamo qualcosa insieme? “si volentieri Doriana, io sono Elisabetta” rispose con linguaggio incerto e si affrettò a tracannare il bicchiere di rosso che aveva davanti. “cosa bevi?” replicai. Non fece in tempo a rispondere che Nunzia intervenne “lei beve solo vino rosso” “bene” dissi “dallo anche a me” Iniziò a raccontarmi vicende della sua vita, balbettando più che parlando. Marta si alzò e si avvicinò a noi dicendo “lei è una mia amica, è Bulgara ma da tanti anni vive ad Aosta con alterne vicende” Ordinò una birra ed iniziò una leggera conversazione anche con Nunzia del più e del meno, controllando che elisabetta non cadesse dallo sgabello, quando Marta mi interruppe e mi disse “allora stasera ce ne andiamo a casa tua a farci qualche birra? Prendiamo su anche Elisabetta che non è certo in grado di andare a casa da sola” “ok Marta, affare fatto” risposi. Proviamo anche questa, mi dissi. Dopo un altro giro di beveraggio, ordinammo 6 bottiglette di birre, pagammo ed uscimmo trasinando Elisabetta che non si reggeva in piedi. La caricammo sul sedile posteriore della macchina mettendola coricata e ci avviammo. Arivati a casa portammo Elisabetta su di peso dalle scale, entrammo in casa e la posammo sul letto. Le slacciai e le sfilai i sandali, feci per coricarla ma Marta mi disse “che fai, la metti a letto vestiata? Spogliamola” Le togliemmo a fatica il vestito, lasciandola in reggiseno e mutandine, un completo bianco senza alcuna trasparenza. Marta le tolse il reggisendo mettendo in mostra le tettine ben fatte e ritte con capezzoli piccoli di un bel rosa acceso. Io le sfilai le mutandine ed ammirai il suo pube coperto di non abbondante pelo nero. Sfilate le mutandine le allargai le gambe e mi apparve la vulva leggermente aperta che un pochino mi attizzò. La mettemmo a letto e ci stappammo un paio di birre che bevemmo in camera da letto sedute sul letto. Poi Marta domandò “che dici se ci spogliamo anche noi, ti và?” ”certo che mi va” Marta si tolse la blusa e, con mia sorpresa, era senza reggiseno evidenziando le tette piccole ma carine. Si sfilò la gonna e, con altra sorpresa, non indossava le mutandine e mise in mostra l'abbondante massa di pelo scuro che le avvolgeva la passera. Spogliarello eccitante tant'è che, pure io rimasta con le sole mutandine, sfoderai il mio ben dotato arnese già duro come una roccia. Ho quello che si dice un grosso cazzo, non per vantarmi da solo, ma perché me lo hanno detto in tanti, donne e uomini. Se ne accorse subito anche Marta che, fattami sedere sul letto ed inginocchiata, se lo prese in bocca con avidità facendomi un sontuoso bocchino intanto che le palpavo tette e culo. Poi si mise a pecora e mi invitò a penetrarle la figa aperta e slabbrata, circondata da fitto pelo che le arrivava fino al buco del culo. Appoggiai la grossa cappella alle labbrone ed al clitoride e la introdussi dolcemente, tutta, in quel figone esagerato. La montai con forza per diversi minuti mentre con le dita inubidite dall'abbondante umore della topa le accarezzavo il buco del culo pulsante fino ad infilargli 4 dita con facilità. Aveva un buco del culo vasto come la figa. Quindi sfilai il potente arnese dalla vagina e lo infilai in quell'accogliente orifizio tre dita più sopra. La sentivo mugulare, sospirare ed urlare dal piacere come una cagna in calore. La inculai per alcuni minuti fino a che, quando stavo per venire, Marta si staccò e mi disse “aspetta a venire, non vuoi farti una bella sborrata nella figa di Elisabetta, fai godere un po' anche lei, io ho già avuto 4 orgasmi”. Senza aggiungere altro, aprì al massimo le gambe di Elisabetta, le trasse in alto facendo comparire la rosea figa semiaperta. Con le dita inumidite dalla saliva gliela allargai delicatamente, massaggiai il clitoride fino a sentire l'umido calore del suo umore che le bagnava le tenere labbra. La penetrai con movimenti delicati fino ad introdurre tutta la cappella, quindi con decisione le spinsi tutto il cazzo in figa. Sentii il corpo di Elisabetta avere un sussulto seguito da un tenue mugolio, stava godendo nonostante fosse ancora ubriaca e priva. La scopai con decisi movimenti ritmati per qualche minuto finchè, sentendo che la cappella stava per scoppiare, mi lasciai andare in una sfolgorante sborrata da farmi quasi svenire dal piacere. Ero tanto presa da quel devastante orgasmo che non ho sentito se anche lei avesso avuto un orgasmo. Soddisfatta come una troia estrassi l'uccello che piano, piano abbassava la testa. Me lo asciugai con dello scottex e con Marta ed altre due birre ci accomodammo sulle poltrone in terrazzo, completamente nude entrambe, godendoci, soddisfatte, il fresco della notte Valdostana. Ho provato così la vibrante emozione di scopare ben due fighe facendo la donna. Nella restante permanenza in valle Facemmo altri due incontri simili a tre con Elisabetta più presente ed in grado, pure lei, di farmi delicati pompini.
Fine parte 5°
To be continued.......



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