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Prime Esperienze

La mia prima avventura erotica da maschio


di doriana
02.06.2022    |    492    |    0 6.0
"Si girò e mi gustai la visione erotica delle abbastanza ridotte mutandine che fasciavano solo in parte quel magnifico culotto lasciando scoperte buona parte..."
Siamo nell'estate-autunno del 1979, avevo 27 anni. Vivevo da single dopo la separazione dalla mia prima moglie. Lavoravo per mio padre, all'epoca, e quell'estate mi mandò a dirigere il suo cantiere di Cremona.
La signora Carla, era una bella signora dall'aspetto un po' da matrona, 6/7 anni più di me, fisico ben fatto, sinuoso e con belle curve. Tette piuttosto grosse ma ancora sode, non cadenti, nonostante la gravidanza di qualche anno fa. Culotto bello tondo, cosciotte ben tornite, belle gambe. Simpatica, sempre allegra e solare, brava ed efficiente, disinvolta ed intelligente, ammaliante e persuasiva. Era l'impiegata perfetta per gestire quel cantiere a Cremona di mio padre. Era l'unica donna fra 7 operai, più un rappresentante commerciale, tutti uomini. Quest'ultimo però era scarsamente presente in cantiere. Eravamo in piena estate, il cantiere si trovava in una sorta di penisola insinuata tra il mandracchio di valle del porto interno di Cremona e l'alveo del fiume Po. Le assolate giornate estive, sotto un sole battente, procuravano una calura abbastanza afosa poiché non c'era nemmeno un albero, nulla che facesse un po' d'ombra però la calura era mitigata dalla peculiare posizione del cantiere, inserito tra due corsi d'acqua che, tutto sommato, rendevano l'ambiente sopportabile. Ci trovavamo spesso soli in quell'ufficio, sito al primo piano di una palazzina di soli due piani. Era costituito da tre stanze alle quali si accedeva tramite una scala esterna, in ferro, sul lato verso il fiume. La più ampia era quella che, attraverso una larga finestra, guardava verso l'impianto produttivo. Era l'ufficio di Carla. L'arredo era composto da un'ampia scrivania alla quale sedeva Carla, spalle alla finestra, e da un alto scaffale metallico che occupava tutta la parete opposta alla porta d'ingresso. Di fronte alla scrivania si trovavano le altre due stanze. Quella a sinistra era adibita ad ufficio del capo, in questo caso, il mio. Quella di destra era adibita un po' ad archivio ed un po' a ripostiglio. Nel mio ufficio si trovava una non molto grande scrivania con un'ampia e comoda poltrona da dirigente, in finta pelle nera, con davanti due poltroncine, in panno beige, per clienti od ospiti. Per il resto, solo uno scaffale metallico, lungo e basso con ante scorrevoli, posto contro la parete opposta alla porta d'accesso. Al piano terra, al quale si accedeva attraverso un robusto portoncino in ferro, si trovavano i vari servizi per gli operai. All'esterno, a destra del portoncino si trovava una porta in alluminio d'accesso al gabinetto. Al locale doccia e spogliatoio inserito all'interno in uno spazioso locale, si accedeva con una porta scorrevole d'alluminio. Dunque, la metà del piano terra a sinistra dell'ingresso era adibito a magazzino di varie attrezzature da lavoro e deposito di lubrificanti, nella metà destra si trovava il locale spogliatoio. Subito dopo in aderenza, vi era il locale adibito al pasto di mezzogiorno. Infatti gli operai non andavano a casa nella pausa pranzo poiché avevano a disposizione solo un'ora. Uno solo, Cesare, non pranzava con loro ma veniva a mangiare con me in una trattoria poco distante dal cantiere. Il locale pranzo, piuttosto ampio, conteneva un lungo tavolo in legno con due panche disposte sui lati lunghi e due seggiole ai lati corti, anch'essi in legno. Dietro alle sedie, due basse cassapanche quale appoggio delle borse termiche. Sul lato della porta, una stufetta elettrica, lunga e stretta, con, nella parte superiore, un ripiano utilizzato da scalda vivande e sotto le resistenze elettriche che fungevano da riscaldamento nei mesi invernali. Con Carla l'approccio iniziale nei primi giorni fu prevalentemente professionale anche se cordiale. Dopo alcuni giorni cominciò a divenire più confidenziale. Iniziammo a parlare di noi, della nostra vita sentimentale esprimendo e scambiandoci con franchezza le nostre opinioni al riguardo. Si passò ad affrontare il rapporto uomo-donna anche sul piano sessuale. La cosa si fece interessante ed intrigante. Si passò all'erotismo e notai con piacere che Carla si mostrava disinvolta ad affrontare l'argomento. Pareva interessata, curiosa e disponibile senza particolari remore ad approfondire il tema. Così avvenne che un giorno, tornato nel mio paese di residenza dopo il lavoro, mi sono recato a casa di Lucia, una mia cara amica, in uno dei saltuari incontri con lei per vivere la mia tendenza ad essere femmina che ho già rendicontato in altri racconti. In quell'occasione mi fece indossare un paio di mutandine bianche costituite da due ridotti triangoli in tessuto fine e sottile davanti e dietro, collegati e sorretti da un sottile filo sui fianchi, come usavano portare, all'epoca, le giovani fanciulle. Mi disse che lei non le metteva più poiché si erano leggermente sgualcite su un bordo e me le regalò. Mi venne così l'idea di indossarle il giorno dopo per andare in ufficio a Cremona. Così feci e l'indomani, quando ci fu un momento tranquillo dal lavoro, intavolai con Carla l'argomento degli indumenti intimi femminili. Carla si mostrò subito interessata. Parlammo di mutandine, reggiseni e quant'altro. Mi confessò che lei di solito non portava il reggiseno, le dava fastidio. Notizia interessante e stuzzicante, in effetti avevo notato che non si vedevano segni rilevanti di lacci e spalline dei reggiseni sotto la maglietta, ma, ingenuamente, non immaginavo che non lo indossasse. A quel punto mi buttai nell'intento che avevo programmato e le dissi che sotto ai pantaloncini indossavo un paio di mutandine da donna, chiedendole se voleva vederle e dirmi se le piacevano. Le spiegai che me le aveva regalate una mia carissima ed intima amica. Lei accettò. La invitai a portarsi nel locale magazzino per non rischiare di essere visti da qualcuno che entrasse all'improvviso. Mi calai i calzoni e le mostrai le mutandine davanti e dietro. Le osservò attentamente e sentenziò “carine ma guarda, sono sgualcite. Le mie sono molto meglio, vuoi vederle?” Con sorpresa, trepidazione e sommo piacere, risposi subito di si. Osservandola con l'eccitazione alle stelle, si sollevò completamente la corta gonna e mise in mostra quelle magnifiche mutandine rosa a tinta unita con deliziosi ricami neri ai bordi del giro coscia ed in vita. Mi immaginavo che splendido figone peloso doveva esserci dentro a quelle mutande. Qualche ciuffetto di pelo nero spuntava tra la figa e l'interno coscia. Si girò e mi gustai la visione erotica delle abbastanza ridotte mutandine che fasciavano solo in parte quel magnifico culotto lasciando scoperte buona parte delle chiappe. Si rigirò e mi chiese se mi piacevano. “Si Carla, sono bellissime, perfette ma ancor di più lo è ciò che c'è sotto. Un gran bel figone peloso ed un gran bel culo” risposi. “Grazie Doriano. Si mi piace tenere il pelo naturale alle parti intime, mi fa sentire più femmina. Non mi depilo neppure le ascelle, guarda” Si alzò su un lato la maglietta e mi mostrò il folto pelo sotto l'ascella. Veramente eccitante. Tra l'altro potei notare chiaramente che non indossava il reggiseno. Con questa performance mi resi conto, piacevolmente e con un po' di stupore, che potevo osare di più. Lo feci il giorno dopo. Con la forbice, chiuso nel mio ufficio, avevo tagliato il fondo di una tasca dei pantaloncini, mi menai un po' l'uccello che si portò subito in erezione ben duro anche per l'eccitazione che mi provocava il mio intento. Mi avvicinai a lei, seduta alla sua scrivania, e le dissi “ mettimi una mano in tasca, c'è un regalo per te”. Con l'espressione di sorpresa in viso, acconsentì. Infilò la mano nella tasca e si ritrovò fra le dita il mio cazzo duro. La ritrasse immediatamente e con un gridolino di stupore mi apostrofò “porco, mi hai fatto sentire in mano il tuo uccello, ma per chi mi hai presa. Ce l'ho già il mio cazzo, non ho bisogno del tuo” “eh, va bé, che sarà mai? Però hai sentito quanto è duro?” le dissi, “ho sentito” rispose con una risatina accomodante. “Ma sai che sei un bel tipo, sono scherzi da fare ad una signora per bene?” “ma dai Carla, un piccolo scherzo, così, per gioco” replicai. “eh, va bene, ti piace giocare, ma ...” si interruppe perché suonò il telefono e doveva certamente rispondere subito, il lavoro viene prima di tutto. L'episodio erotico si interruppe lì ma mi arrideva la percezione che l'osare di più era fattibile. Decisi di osare di più già il giorno dopo. Senza indugio e senza preamboli, le dissi “Carla, ieri hai toccato con mano il mio membro duro, ti va di vederlo pure? Gradirei sentire il tuo giudizio di donna.” “ah, ma sei proprio fissato con ste argomenti. Vabbé, se ti fa piacere, mostramelo pure, non mi scandalizzo” rispose. Musica soave per le mie orecchie. Mi portai nel locale archivio lasciando aperta la porta, mi calai calzoncini e mutande e le mostrai il pene ancora molle. “che ne dici?” le chiesi “carino, normale” rispose. Coll'uccello esposto nudo davanti ad una avvenente signora, l'eccitazione salì in fretta e dopo un paio di menotti si eresse, si indurì come un palo di cemento. Si mostrò sguainato, davanti alla mia incuriosita osservatrice, in esposizione nelle sue considerevoli dimensioni. Carla sgranò gli occhi con un'espressione tra lo stupore e la brama, ed esclamò “però, ottimo. Non pensavo, sei veramente ben dotato Doriano, ben di più di mio marito” “grazie mille Carla” risposi e, con l'eccitazione alle stelle, continuai “mi fai godere tesoro, non tengo più. Posso sborrare?” “ma si certo, fai pure” replicò. Mi lasciai andare in una straripante, esuberante sborrata liberatoria. “bel getto, complimenti Doriano” parole che le uscirono di bocca come un sussurro pronunciate a labbra semi serrate come se fosse in trance da lussuria, come se avesse avuto un orgasmo. Fantastico!!! Si, sentii il mio visibilio voluttuoso mescolarsi al suo appagamento completo ed intenso come se avessimo scopato. Mi pulii con un fazzoletto e mi ricomposi. Mi avvicinai alla sua scrivania, in piedi, di fronte a lei, con le mani appoggiate al ripiano, e le dissi con voce calda e soave “che dici Carla, non è stato un bel giochetto?” “accidenti Doriano, altroché, mi hai fatta venire” rispose ed aggiunse “incredibile Doriano, tu riesci a farmi fare delle cose che non ho mai provato, neanche nelle più erotiche delle mie fantasie. Non capisco, mi sembra di non essere me stessa, mi sembra di vivere un sogno. E' che tu esprimi una tale carica erotica che riesci a trascinarmi ed a coinvolgermi fortemente in queste strane ed eccitanti situazioni ludiche che prima ritenevo scabrose ed imbarazzanti. Non avrei neppure lontanamente immaginato che un giorno sarei giunta a provare siffatte emozioni. Comunque è stato bello Doriano, mi è piaciuto.” Distese la schiena sullo schienale della poltrona reclinando la testa all'indietro in chiara posizione di dilettevole relax. Rimase così un paio di minuti finché si rimise in seduta eretta e profferì, con espressione seria “Doriano, naturalmente tutto ciò resta solamente tra di noi, vero? Mi raccomando, non sarà che vai a raccontarlo a qualcuno per vantarti delle tue conquiste sessuali da stallone?” Le tolsi ogni dubbio rispondendole con un discorso serio, sincero e convincente che non ero certo il tipo, che tenevo molto alla riservatezza ed alla privacy e che quindi poteva stare assolutamente tranquilla. Se ne convinse e mi ringraziò esibendomi un raggiante sorriso. Posso confermare ora che non le mentivo poiché non raccontai mai a nessuno questa vicenda. Dopo questi doverosi chiarimenti, ci dedicammo solamente alle faccende di lavoro. Io comunque mi sentivo inorgoglito per il sincero apprezzamento che Carla ha rivolto alle dimensioni del mio membro. Era la prima volta che ricevevo tale stima ma non fu l'ultima. Non lo dico falsamente per arricchire di erotismo il racconto, è la sacrosanta verità. Tutte le donne che ho avuto nel prosieguo della mia vita fino ad oggi. me lo hanno confermato. Cito a titolo di esempio quella che mi diede una entraîneuse e prostituta di un night. Dopo averla magnificamente scopata in un camerino con séparé, usci con un'affermazione spontanea che mi restò impressa e stampata nella mente a tutt'oggi. “sai tesoro che con l'arnese che ti ritrovi farai felice qualunque donna?” Tornando a Carla, decisi, nei giorni successivi, di fare una pausa ed interrompere le mie avances verso di lei. Non so perché ma ogni tanto mi prendono queste pause, come se avessi bisogno di verificare se la mia vittima sentisse la mancanza delle mie provocazioni e dei miei giochetti erotici. Mi relazionai con lei solo su questioni di lavoro senza menzionare mai ciò che era successo e senza alcuna, nemmeno celata, provocazione. Continuai così per parecchi giorni e Carla sembrava un po' stizzita e di tanto intanto mi buttava qualche battutina a sfondo sessuale, erotico e trasgressivo. Io non le colsi, me ne disinteressavo e facevo finta di niente. Dopo oltre una settimana, Carla si spazientì e mi fece una proposta. Aveva bisogno di acquistare una certa cosa, non ricordo quale, in un negozietto in centro città che aveva orari ridotti per cui lei, dati i suoi di orari, ne era impossibilitata. Mi chiese se le facevo il favore di andarci io e se avessi accettato, come ricompensa, mi avrebbe mostrato e lasciato palpare le tette nude. Questa sua audace e spudorata ostentazione mi rese ancor più cosciente che la mia tattica funzionava e ne fui appagato. Certamente accettai, mi feci dare le indicazioni sull'ubicazione del negozio ed andai. Fatto l'acquisto, salii i gradini della scala in ferro due a due ed entrai in ufficio. Le porsi l'oggetto, mi ringraziò vivamente e restai in attesa. Non attesi certo molto. Ripose l'acquisto nella borsa, si alzò e si diresse nel locale archivio. “Vieni” mi disse. Con l'uccello che già mi rigonfiava la patta, colsi l'accattivante invito e mi precipitai nella stanza posizionandomi di fronte a lei. Carla, con scioltezza, spregiudicata e quasi sfacciata, si alzò la maglietta fin sotto al collo e mise a nudo le sue splendide, grosse, formose, tondeggianti e neanche cadenti tette. I capezzoli grossi, turgidi di color marrone scuro, puntavano dritti verso di me, circondati da una deliziosa, ampia areola color violaceo. Visione fantastica. Il cazzo mi esplodeva nei pantaloni tant'è che proposi con ardore di poter liberarlo dagli indumenti costrittivi. Lei annuì con un cenno malizioso degli occhi ed io sguainai il mio possente bastone. In piedi di fronte a lei, col cazzo ritto e rigido a pochi centimetri dalla sua passera, le accarezzai con le dita i turgidi capezzoli quindi, a mani aperte, afferrai con avidità quel ben di Dio di poppe. Gliele palpai, gliele strinsi, gliele baciai avidamente. Erano ben sode e morbidissime. Una magnificenza da sogno. Mentre mi spupazzavo con lussuriosa cupidigia quella prorompente balconata, lei mi afferrò il cazzo con ingordigia erotica, me lo strinse forte, si impossessò della pelle del prepuzio e la fece scorrere su e giù per la cappella ardente. Mi girai di spalle, appoggiai la nuca sul suo seno e mi lasciai fare un'amabile e deliziosa sega. Sborrai senza ritegno godendomi la gradevolissima beatitudine dell'orgasmo. In seguito, nei giorni a venire, ne facemmo ancora qualcuno di giochi erotici simili durante la poca estate che rimaneva, poi venne l'autunno col freddo, l'umidità e soprattutto la nebbia. Si cominciò ad indossare maglioni, felpe, camice pesanti con sotto spesse maglie. Pantaloni lunghi, scarponi e calze grevi, giacconi e cappotti. I giochi erotici estivi con l'arrivo della cattiva stagione si interruppero, troppo impegnativo e complicato lo spogliarsi. Dovete pensare che la dislocazione del cantiere tra due corsi d'acqua dava un minimo di refrigerio d'estate ma moltiplicava l'umidità ed il freddo in autunno-inverno. Aumentava inoltre notevolmente il manto nebbioso. A quei tempi, da metà ottobre a fine novembre, il clima caratteristico e precipuo delle nostre zone era caratterizzato dalla nebbia. La tipica nebbia in Val Padana. Costituiva un muro impenetrabile alla vista, tale che in gergo si diceva che si taglia col coltello. “Na fumèra cusé fesa c'la se taia cul curtel” così recita l'aneddoto originale in dialetto Cremonese. Vi sono stati degli anni in cui, in quel lasso di tempo, non vi è stato nemmeno un giorno durante il quale si fosse visto il sole, nemmeno a mezzogiorno. Fatta questa premessa, provate ad immaginare come fosse intensa la cappa nebbiosa intorno al cantiere. Ricordo che dalla finestra dell'ufficio di Carla, di spalle alla sua postazione, non si riusciva nemmeno a vedere l'impianto di produzione distante al massimo 25 metri. La costante umidità sembrava penetrare nelle ossa aumentando la percezione del freddo. Racchiusi in quella coltre tenebrosa, con le giornate cortissime ed il calare del buio già a metà pomeriggio, si generava un senso di depressione e di tristezza disarmanti. L'atmosfera cupa, spesso, ci permeava di sensazioni negative. Restavamo sconcertati nell'osservare gli occhi degli autisti delle autobetoniere al loro rientro dopo le consegne del materiale. Erano arrossati e sensibilmente irritati, poveracci, dal tenere lo sguardo fisso sulle strisce stradali bianche di mezzeria per non invadere la corsia opposta. Pensate come poteva emergere, in quelle condizioni, un qualunque anelito erotico. Quasi impossibile. Ho scritto quasi poiché un giorno di fine novembre si verificò il risveglio erotico che si era assopito. Andò così quel giorno: era di venerdì, ultima giornata di lavoro in quanto non c'erano ordinazioni per il sabato mattina. Giornata nebbiosa come tutte le altre. Alle 16:30, concluse le ultime consegne, gli operai se ne erano già andati tutti, rimanevamo solo io e Carla. Eravamo soli ed isolati e questo particolare mi risvegliò la smania erotica. Mi balenò in testa una certa idea. Il mattino presto di quel giorno, un operaio, appassionato di caccia, mi regalò un fagiano vittima recente della sua passione venatoria. Era un fagianino integro, completo di penne e piume. Ringraziai e lo riposi nel baule dell'auto. Carla, seduta alla sua scrivania, stava ultimando il registro delle consegne ed affermò “ancora qualche minuto poi ce ne andiamo a casa anche noi.” Annuii ed attesi in silenzio. Quindi poco dopo serrammo le tapparelle, spegnemmo le luci, Uscimmo chiudendo la porta principale in alluminio e la porta secondaria di sicurezza in acciaio fatta a grata. Salimmo sulle rispettive auto, lei si avviò per prima ed io le andai subito dietro. Percorso l'argine maestro de Po si arriva all'incrocio che consente di immettersi in tangenziale. Per recarsi nella frazione dove risiede, Carla doveva immettersi nella corsia verso sinistra mentre io avrei dovuto tenere la corsia verso destra. Invece mi immisi anch'io nella corsia di sinistra e la seguii. Non so se Carla si accorse della mia manovra, in ogni caso le rimasi attaccato e la seguii anche quando prese lo svincolo che porta su una strada secondaria, poco trafficata, che conduceva alla sua frazione. Lungo quella strada, dopo circa un kilometro, si estendeva sulla destra un quartiere artigianale con ampie strade costeggiate da innumerevoli capannoni piccoli e grandi. In prossimità dello svincolo che immette in tale quartiere, accesi la freccia destra e le lampeggiai insistentemente coi fari. Carla se ne accorse. Si sarà certamente sorpresa di tale segnalazione ed avrà pensato che ciò fosse dovuto ad un qualche problema occorso all'automobile. Accostò ed io mi affiancai sulla sua sinistra. Abbassai il vetro del finestrino destro e Carla mi riconobbe. “Ma sei tu Doriano, mi sono spaventata. Cos'è successo?” disse con voce un po' tremolante. “No, no Carla, tranquilla,” risposi “non è successo niente, tutto a posto. Ti ho seguita perché mi son ricordato di avere in macchina un regalo per te. Seguimi qui a destra che poi ti spiego e te lo consegno” “Ah ok, grazie. Ti seguo” replicò. Mi avviai, mi inoltrai nel quartiere finché vidi un ampio parcheggio deserto, isolato e scarsamente illuminato. Vi entrai, mi portai fino alla sua estremità che si chiudeva con un muretto di cemento separatorio dall'aperta campagna. Posto ideale per coppiette desiderose di pomiciare ed anche di qualcos'altro. Parcheggiai sul lato campagna e Carla subito dietro. Scesi dalla macchina, presi dal baule il fagiano e glielo mostrai. “Guarda Carla, ti piace?” le dissi attraverso il finestrino. “Wuao... si, alroché se mi piace, lo cucinerò alla creta. Proprio un bel regalo, grazie. Gran bell'uccello” rispose con un sorrisetto malizioso. Colsi l'occasione al volo e replicai “Come il mio?” “No, il tuo è più bello Doriano.” Lo disse con una risatina a denti stretti, seducente, stuzzicante e trascinante. “Molte grazie mia avvenente signora.” conclusi. Misi il fagiano nel baule della sua auto ed ella mi chiamò dicendomi “dai sali in macchina che fa freddo.” Non me lo feci ripetere ed in un attimo mi trovai seduto accanto a lei. “Come posso ringraziarti Doriano del magnifico regalo?” esordì. “Così” risposi. Le misi un braccio attorno alle spalle, mi accostai alla sua bocca e la baciai. Le introdussi la lingua nella bocca già semiaperta e la limonai con passione. Si capiva che Carla aveva deciso di lasciarsi andare al desiderio incontenibile di libidine, di lussuria, di sesso e del mio cazzo. Cominciai a palpargli avidamente le grosse tette ed a quel punto Carla si sfilò il pesante pellicciotto, si tolse il maglione ed alzò la sottostante maglia di lana scoprendo lo splendido seno. Immersi il viso tra le morbide e calde poppe, le baciai e le leccai selvaggiamente. Lei mi mise una mano sulla patta e mi palpò con vigore il membro già decisamente rigido. La frenesia erotica, la bramosia sessuale, la cupidigia, la lussuria, la concupiscenza, la fregola si impossessò di noi. In un attimo ci trovammo quasi completamente nudi e con gli schienali abbassati. Avevo il cazzo che mi scoppiava, le palle dure e piene di liquido viscoso, voglioso di slanciarsi per inondarle la calda passera. Aveva le gambe divaricate, le palpai il magnifico figone ben esposto, permeato dal fitto ed abbondante pelo delizioso. Le baciai la calda fessura, intrisa dell'umore odoroso, fragrante e gustoso, specifico della figa in calore. Le slinguacciai il clitoride ed i labbroni rossi e carnosi, le succhiai l'interno della vulva come si succhia di gusto una cozza. Carla emetteva prolungati sospiri e mugolii, godeva come una troia. Venne il mio turno, spalancò l'ampia bocca e, famelica, mi avviluppo con ingordigia la cappella poi ingoiò nella sua gola profonda tutta la mia mazza di marmo e si sbizzarrì a pomparla e succhiarla come fosse un cono gelato. Mi fece un sontuoso bocchino da autentica vacca. Stavo per sborrargli in bocca, il che mi sarebbe piaciuto, ma la interruppi riservandomi l'eiaculatio per la bernarda. Lei capì al volo cosa intendessi, si ritrasse, mi venne a cavalcioni e si infilò, senza esitazione alcuna, la grossa minchia tutta nella capiente e slabbrata topa. Iniziò a dimenarsi muovendo il culo su e giù a ritmo lento quindi, gradualmente, aumentò il ritmo finché divenne convulsivo. Mi stava letteralmente divorando l'uccello. Godendo come una cagna in calore si lasciò andare in vere e proprie urla da intenso visibilio che sfociò in un orgasmo frenetico. Mi accompagnò e mi coinvolse in una estasiante ed impetuosa sborrata in fica. Si accasciò su di me lasciando sfilare dalla fregna l'uccello che ormai si stava rammollendo, mi porse la bocca aperta ed intrisa di saliva e le diedi un'altra appassionata limonata. Ci rivestimmo e prima di accomiatarci mi disse, con stampato in viso soddisfazione, gioia, felicità ed appagamento “grazie Doriano, è stata la scopata più bella e più goduta della mia vita. E' la prima volta che metto le corna a mio marito ma non me ne frega un cazzo perché ne è valsa sicuramente la pena” “certo mia dolce e focosa amante, allo stesso modo la è stata anche per me. Mi hai fatto sentire grande, sei stata perfetta, amabile ed autentica porca, una vera maiala fascinosa. Hai espresso deliziosamente il vero sentore da puttana che hai dentro come poche fighe, anzi pochissime, hanno.” sentenziai. “Grazie, grazie di cuore, è un bellissimo e gradevolissimo complimento. Desidero essere la tua amante e donarmi a te ogni volta che lo vorrai” confermò. “Sicuro, stanne certa. Sarò il tuo amante sincero, affettuoso, passionale e straripante d'amore per te, mia avvincente concubina vacca e sarò il tuo montone toro, spudorato, lussurioso e svaccato.” “Ottimo, così mi piaci” concluse. Ci demmo un tenero bacio sulle labbra e ci avviammo verso casa. Durante il viaggio ad una velocità di 40 km all'ora a causa della fitta nebbia, mi trastullavo la mente ripensando alla magnifica avventura erotica ed al suo prossimo ripetersi non sapendo però che l'indomani mio padre mi assegnò all'ufficio in sede. Si interruppe così bruscamente il fantastico e promettente rapporto con Carla e non ebbi più modo, purtroppo, di averla tra le braccia e di possederla. Il destino volle che terminata un'avventura ne iniziasse un'altra. Questa volta un'impiegata dell'ufficio in sede, la signora Vitaliana, da tutti chiamata con l'abbreviativo Viti.
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