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Le smanie di un giovane padre 2


di LuogoCaldo
19.03.2024    |    1.119    |    5 9.4
"Per un secondo solo immaginai quanto potesse essere appagante far scorrere le mani lungo il suo corpo, giù per il solco della schiena, fino alle natiche..."
“Debbo confessare peccati della carne padre …” Esordì.
“Racconta pure figliolo”. Risposi certo che un ragazzo così giovane non avrebbe potuto raccontarmi altro che la storia delle sue masturbazioni solitarie.
“A scuola, padre …” Continuò lui. “È un gioco che va avanti da mesi”. La sua voce era greve, carica di sofferenza sincera. “So che dovrei smettere, ma non riesco”.
“A cosa ti riferisci? Parla, non aver paura”.
Il fanciullo mi guardò con occhi enormi colmi d’esitazione, deglutì rumorosamente e iniziò la sua storia.

“Tutto è cominciato la scorsa estate, Padre.
Avevo concluso l’anno con un debito in matematica e il professore Giusto aveva convinto mia madre che la cosa più utile fosse lasciarmi prendere ripetizioni private”.
“Il professor Giusto?” Chiesi sorpreso.
Conoscevo Federico Giusto.
Un ragazzone di poco più di trent’anni.
Gaio, rubicondo e imponente, con la pancia prominente e due cosce spesse come tronchi.
Un marcantonio di quasi due metri, con le guance rubiconde e un sorriso scaltro.
Frequentava la Parrocchia con la moglie e i due bambini piccoli.
Un padre di famiglia come tanti … O almeno così pensavo.
Il piccolo fauno annuì.
“Ma devo premetterle una cosa sin da ora: non è tutta colpa del professore”.
“Ma cosa stai dicendo, ragazzo …?” Sbottai confuso. “Non mi stai facendo capire niente”.
“Mi scusi padre, mi scusi.
È che non so da dove partire.
Allora, inizierò dal principio. Voglio farle comprendere ogni cosa, ecco …”
Annuii.

“Deve sapere padre” Proseguì il piccolo. “Che il mio compagno di banco … Forse lei lo conoscerà … Si chiama Biagio, Biagio Montuori … Ha due anni più di me. Ha dovuto ripetere per due volte la prima liceo e ora siamo in classe insieme …”
Feci cenno con la testa. “Si. La madre frequenta la Chiesa, è una brava cristiana”. Risposi. “Ma cosa c’entra con il professor Giusto?” Incalzai perplesso.
“Deve sapere padre” Ripeté lui. “Che durante le ore di lezione … Noi siamo seduti all’ultimo banco all’angolo della classe … E’ una collocazione veramente discreta … ”.
Il ragazzo esitò.
Sgranai gli occhi senza comprendere. “Parla figliolo, cosa vuoi confessami?”.
“Ecco padre, non è facile … Eppure … Devo dirlo a qualcuno …! Se continua così rischio di impazzire”.
“Non preoccuparti”. Lo rassicurai. “Qui c’è il segreto della confessione … Quello che dici a me resta tra noi”.
E perché si sentisse a suo agio gli accarezzai la guancia.
La sua pelle era morbida e liscia come la buccia di una pesca.
Per un secondo solo immaginai quanto potesse essere appagante far scorrere le mani lungo il suo corpo, giù per il solco della schiena, fino alle natiche tornite.
Fu lui a interrompere quel flusso di pensieri.
“Allora padre ... Era forse il principio dello scorso anno .. O almeno così mi pare …
Ebbene, proprio nel corso di una delle lezioni del professor Giusto, Biagio cominciò ad avvicinare la sua gamba alla mia”.
Deglutii, cercando di indovinare il seguito della storia.
“Non era una cosa insolita. Quel ragazzo ha diversi problemi di attenzione ….
Disegna oscenità sul banco, attacca le gomme da masticare sul bordo della sedia, lancia palline di carta alle compagne della fila precedente … Ma quello che fa più assiduamente padre … Ehm … Come dire? Oddio che vergogna …”.
“Dì figliolo, dì.
“Si tira le seghe ...”
Sbiancai. “In classe? Davanti a tutti?
“Si padre … Cioè no … Come cercavo di spiegarle noi siamo in fondo all’aula, nell’angolo …
I maestri non hanno una visuale chiara di quello che succede laggiù …”
Sollevò i suoi occhi direttamente dentro i miei. Poi proseguì.
“Ma io si, padre. Io lo vedevo spesso, col capo chino sul banco, la fronte appoggiata sull’avanbraccio … Si infilava la mano dentro la tuta e cominciava a toccarsi … Andava avanti per ore fino a che il movimento del gomito non diventava così incontrollato che, per la velocità, arrivava a colpire il mio braccio e poco dopo lo sentivo ansimare pesantemente, come un animale ferito, e trattenere il respiro per non farsi notare dalla classe …”

Mentre il ragazzo centellinava il suo racconto il suo capo era chino tra le mie gambe, gli occhi rivolti al pavimento in segno di profondo imbarazzo.
Ad un certo punto, liberatosi dal fardello che gli opprimeva il cuore, il piccolo fauno mi afferrò i miei polpacci nel tentativo estremo di non crollare e scoppiò in lacrime.
Il tocco dei suoi palmi di velluto m’incendiò l’inguine e il cazzo, già barzotto per la narrazione, divenne duro come l’acciaio sotto la tunica.
Giunsi le mani sul grembo cercando di coprire l’erezione libera e, con la cappella a pochi centimetri dalle sue labbra, lo invitai a proseguire la narrazione.
“E il Professor Giusto …? Cosa c’entra?” Insistetti.
La voce era calma e controllata ma, dentro di me, il desiderio di sollevarmi la veste e sbattergli la minchia in gola mi faceva fremere.
“Ecco padre …” Proseguì lui. “Quegli episodi si ripeterono spesso … Voglio essere sincero … A me Biagio piaceva molto …” Confessò. “Lo so … lo so … La Chiesa è contraria a questo tipo di sentimenti … Ma signore … Il suo membro …. Era l’organo sessuale più grande che io abbia mai visto … Lungo, certo, ma anche spesso e duro come se non fosse fatto di sangue e carne, ma piuttosto di ferro o di qualche lega metallica”
I suoi occhi brillavano mentre il mio tronco continuava a premere contro le mani.
“Ancora adesso, padre, se penso a quella trave di piombo che a stento riuscivo a ghermire …!
Ma so cosa sta pensando”. Proseguì.
“Non credo proprio scrofa …” Fui sul punto di dire.

Il piccolo continuava a carezzare i miei polpacci e quel tocco delicato non faceva che scatenare i pensieri più impuri.
“Non è questo il punto! Ha ragione”. Disse. “ Il punto è che quegli incontro fugaci, in fondo alla classe, coperti dal vociare dei compagni, non passarono inosservati proprio a tutti e più di una volta io stesso notai che, mentre lavoravo con olio di gomito l’uccello di quel porco, il professore … sisi, il professor Giusto, si avvicinava sospettoso”.
“E tu figliolo … Continuavi? Non ti è mai …?”
“Si padre, si … mi venne il dubbio, certo, che quell’uomo avesse intuito o almeno immaginato il tipo di piacere che faceva reclinare la fronte del suo allievo sul banco…
E una volta, in particolare, mentre il corpo di Biagio palpitava scosso da un orgasmo incredibilmente intenso, mi accorsi che il professore mi vide estrarre la mano umida dalla tuta del mio compagno e portarmela alla bocca per nutrirmi del suo seme ...
Ed infatti ne ebbi conferma qualche minuto più tardi”.

“Posso andare in bagno?”.
Chiesi in preda al desiderio.
“Allorché, in seguito ad una piccola esitazione, il permesso mi fu accordato, mi precipitai su per il corridoio con l’impulso impellente di toccarmi, spalancai la porta a ventaglio del bagno e mi rinchiusi nell’ultimo vano.
Mi abbassai i calzoni e con la tempia appoggiata al muro iniziai a segarmi come un folle, immaginando che il mio amico facesse irruzione per svuotarsi una seconda volta dentro di me …
Ero quasi sul punto di venire quando sentii grattare contro la porta e udii una voce appena sibilata. - Fammi entrare puttana, sbrigati …!- Riuscii a stento a capire.
Ero fuori di me dall’eccitazione.
Il mio desiderio più intimo si stava realizzando.
Biagio era lì, ancora eccitato, pronto a creparmi il culo con tutta la violenza dei suoi giovani anni.
Senza neppure voltarmi feci scorrere il chiavistello fuori dalla serratura e rimasi con la fronte appoggiata alla parete, pronto ad offrire allo stallone lo spettacolo delle mie natiche spalancate.
Il maiale entrò senza proferire parola, richiuse l’uscio, si abbassò i calzoni e ne estrasse il cazzo già duro e umido di umori.
Afferrati i glutei con mani che non immaginavo così ruvide li aprì, piantò il suo ariete dentro di me e iniziò a scoparmi come un forsennato.
Giuro, padre! Non me ne ero accorto … Fu solo in quel momento che , sconvolto dal desiderio, mi resi conto che era tutto diverso da come avevo immaginato …
L’uomo che si dimenava contro di me era incredibilmente alto e decisamente troppo grosso per potersi identificare con il mio compagno di classe …
E quando la sua mano schiaffeggiò la mattonella difronte al mio viso notai che una piccola fede d’oro brillava nel crespo della peluria delle dita.
Fu allora che mi voltai basito e riconobbi lo sguardo stravolto del professor Giusto.
La mia espressione di sorpresa dovette eccitarlo perché il porco cominciò a trivellarmi con maggiore foga, quasi a volermi imporre il silenzio con quella dimostrazione di potenza.
- Sta zitta puttana! - Mi intimò. - È dall’inizio dell’anno che faccio finta di non vedere che ti comporti come una troia in classe. Adesso è il mio turno -
Il professore era irrefrenabile padre. Non riuscii ad oppormi.
Mi limitai a inarcare la schiena ed a lasciarlo fare.
Quando sentii le sue unghie affondare nella carne dei miei fianchi iniziai a segarmi e, mentre sborravo a mia volta sopraffatto dal piacere, accolsi tutto il suo seme dentro di me.
La sua eiaculazione fu così copiosa che dopo che il professore estrasse il membro dal mio retto tumefatto un fiotto di sborra zampillò dal buchetto.
- Non una parola - Sussurrò il maiale e, chiudendosi la porta alle spalle, mi lasciò lì, contro la parete, sporco degli umori che mi colavano lungo le cosce”.
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