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Ritorno al noccioleto - Parte 5


di LuogoCaldo
03.12.2021    |    9.941    |    9 9.9
"“Mi dispiace … credevo che tra di voi le cose andassero bene”..."
Zio Gaetano montò in auto scuro in volto.
“Buongiorno Paolè, è tanto che aspetti?” chiese.
Tirai un sospiro di sollievo, non mi aveva visto.
“No, figurati sono appena arrivato”. Mentii.
Dovevo risolvere il problema della chiave, sarei tornato a metterla a posto quella notte stessa.
“Oggi abbiamo molto da fare. All’ora di pranzo, però, io devo andare via”.
“Come mai?” Sarei rimasto solo con Alfonso. Non immaginavo cosa sarebbe potuto accadere.
“Ci sono dei problemi con la zia, Paolo”.
“Mi dispiace … credevo che tra di voi le cose andassero bene”.
“Si, certo che si … cioè no. Ecco, ho fatto una cazzata Paolo. Una cazzata molto grossa”
Non avevo mai visto lo zio così preoccupato.
Desideravo rincuorarlo ma, allo stesso tempo, non volevo sembrare indiscreto.
“Posso aiutarti in qualche modo?”
“No, adesso non si può più fare niente. Sono stato un coglione e ora ne pago le conseguenze. Ero giovane, eravamo appena sposati. Sai com’è … Ho avuto una storia, una cosa da niente. Ma adesso tua zia l’ha scoperto”.
“Mi dispiace” mi sforzai di cercare le parole giuste “Per lei deve essere stato un trauma. Però è stato molto tempo fa. Le sue conferme le ha avute in tutti questi anni”.
“Lo so Paolè. Lo so. Ma purtroppo non è così facile …” rispose vago.

“Ben arrivati!” Alfonso era già al lavoro.
Indossava una maglietta bianca sui calzoni cortissimi e un paio di pensanti stivali da montagna. “Pare che più tardi pioverà, mi sono attrezzato” disse indicando i piedi.
“Si, ho visto le previsioni” rispose zio Gaetano “Ho già detto a Paolo che andrò via prima. Se dovesse venire giù molta acqua dovrete riparare i sacchi nel capanno, mi raccomando”.
Rispondemmo che lo avremmo fatto.
Quella mattina non riuscii a concentrarmi.
Aspettavo con ansia il momento in cui zio Gaetano fosse andato via, lasciandomi finalmente solo con Alfonso.
Da quando ero tornato al paese non avevo ancora mai preso cazzo e la mia fica aveva bisogno di essere sfamata.
Immaginavo che quel maiale avrebbe gradito le mie attenzioni e sarebbe stato ben felice di rompere il culo che non era riuscito a possedere nel bagno della scuola.
Fissavo le cosce enormi desiderando che mi montassero a pecora, con indosso solo quegli stivaloni da stallone.

Alle dodici in punto zio Gaetano salutò.
Finalmente io ed Alfonso eravamo soli.
“Senti” esordii fissandogli spudoratamente il pacco “Riguardo a ieri …”
Avevo il buco del culo bagnato, avrei fatto qualunque cosa pur di farmi chiavare.
“Ieri hai fatto tutto tu” rispose secco. “L’ho sempre detto che sei un frocio. Io non potevo dirti di no in quella situazione e tu te ne sei approfittato”.
“Ma …” Non sapevo cosa dire. Mi aveva scopato la gola come un animale e, alla fine, ero io che me ne ero approfittato?
“Ti ho detto come stanno le cose, sto per sposarmi” “Lo so” risposi con voce supplichevole “Ma pensavo che nel frattempo avremmo potuto divertirci”.
“Sei un pervertito Paolo, io non sono come te” mi disse e si incamminò verso il capanno.
La delusione era tanta. Quel rifiuto così deciso rendeva Alfonso ancora più desiderabile ai miei occhi.
Per un po' rimasi nel punto in cui mi aveva lasciato, a domandarmi che cosa avessi sbagliato, quando, all’improvviso, sentii le prime gocce di pioggia cadermi addosso.
Nel giro di qualche secondo esplose un temporale.
“Muoviti, aiutami a riparare le nocciole” urlò lui da dentro il capanno.
L’acqua tamburellava rumorosamente sulla copertura in alluminio.
Spostammo i sacchi colmi di frutti dalla parete più vicina alla porta a quella più interna. Per tutto il tempo sentii il corpo di quel maschio accanto al mio. Desideravo toccarlo, ma non ebbi il coraggio di farlo. Avevo paura di essere respinto.

Quella sera si fece molto tardi.
“Mi puoi dare un passaggio, per favore?” Mi chiese Alfonso.
“Certo, però prima devo fare una cosa… ci metto un attimo. Se ti sta bene una sosta di qualche minuto poi ti riporto a casa …”.
“Ok” rispose. E montò in auto.
Guidai in silenzio verso casa di zio Gaetano.
“Aspettami qua, non farti vedere per nessun motivo” gli dissi e in punta di piedi sgattaiolai nel giardino.
Sentivo gli zii discutere a voce alta.
Trovare la pianta dalla quale avevo preso la chiave quella mattina si rivelò più difficile del previsto.
Controllai ogni vaso, alla ricerca di quello la cui terra era stata smossa più recentemente.
“Che cazzo stai facendo?” sentii sussurrare dietro di me.
Alfonso era dietro di me “Chi ti ha detto di scendere? Allora sei proprio scemo?”
“Sei scemo tu. Vuoi farmi licenziare? Andiamocene.”
In quel momento la porta di casa si apri.
“Vieni qui, dietro l’ortensia. Fai piano. Non ti devono vedere idiota” gli dissi.
Gli zii litigavano furiosamente. “Mi hai umiliata davanti a tutto il paese” urlava zia Marzia.
“Ma che cazzo …” sussurò Alfonso.
Eravamo in terra, schiacciati l’uno contro l’altro.
Potevo sentire il suo fiato caldo soffiare vicino al mio orecchio.
Improvvisamente ripensai alle sue parole “non potevo dirti di no in quella situazione e tu te ne sei approfittato”.
Mi voltai verso di lui, gli infilai la lingua in gola e gli posai la mano sul bastone.
Era impietrito. Ma ancora una volta fu il suo cazzo a scegliere per lui.
L’uccello era diventato immediatamente duro.
Lo estrassi, lo scappellai e cominciai a masturbarlo velocemente.
Aveva il viso stravolto dal piacere.
Guidai le sue mani sul mio culo e sentii le dita callose farsi spazio dentro al buco.
“È arrivato il momento” dissi, mi girai, mi calai i calzoni e gli porsi il sedere completamente spalancato.
Il toro dentro di lui aveva preso il sopravvento. Alfonso mi piantò la sua enorme trave dentro al buco del culo senza neppure un minimo di lubrificazione e cominciò a pompare.
Le urla degli zii si facevano sempre più forti e i nostri sospiri affannati appena percettibili a me sembravano rumorosissimi.
Il pericolo di essere scoperti rendeva tutto ancora più eccitante.
“Basta me ne vado, ti lascio per sempre” urlava la zia “Non puoi farlo, non ne avevo idea, lo sai che non è colpa mia” supplicava zio Gaetano. Sentii il cancello aprirsi e poi chiudersi con forza.
Alfonso cominciò a scoparmi come un dannato. Dovevo trattenermi per non urlare. Mi infilava la lingua nell’orecchio e mi mordeva il collo come se volesse strapparmi la carne. “Cagna” mi sussurrava con affannano “sei veramente una cagna …”
Sentivo che era sul punto di venirmi dentro, mi stavo preparando ad accogliere il fiume di sborra che sicuramente sarebbe sgorgato dai suoi lombi quando, improvvisamente, le luci del giardino si accesero.

“Ma che cazzo ….?” Tuonò lo zio.
“Cosa diavolo state facendo?”
Era fuori di sé. “Rivestiti” urlava contro Alfonso “rivestiti immediatamente. Non ti bastano tutti i problemi che hai già causato?”
Me lo strappò di dosso e lo spinse con forza verso il cancello.
“Fuori da casa mia. Sparisci”. Urlava. Non capivo cosa stesse accadendo.
Quella reazione era obiettivamente eccessiva.
“Aspetta zio. È colpa mia. Lascialo stare” “Stai zitto tu!”.
Alfonso riuscì a divincolarsi e scappò via.
Zio Gaetano si girò verso di me.
“Tu non sai che cazzo hai fatto coglione?”
“Calmati zio, ho sbagliato, calmati per favore”
“Zia Marzia se ne è andata. Te l’avevo detto che quest’errore non poteva essere recuperato”
Cosa c’entrava questa storia adesso? “Zia Marzia tornerà, ti ama troppo per rinunciare a te”.
“Stavolta non tornerà. Paolo, lui è mio figlio. Alfonso è mio figlio”.
“Alfonso è tuo figlio?” domandai inebetito. “Ma lui…? Lui …?”
“No, lui non sa niente”
Ero completamente stordito “Allora … Allora Alfonso è… “
“Si Paolo” disse lo zio quasi singhiozzando “Alfonso è tuo cugino”.
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