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Gay & Bisex

Ritorno al noccioleto - Parte 11 - Finale.


di LuogoCaldo
17.12.2021    |    9.402    |    10 9.6
"La sua mano colpì con forza la porta del bagno..."
Quando arrivammo alla villa zio Gaetano era completamente ubriaco.
Seduto dietro al tavolo della cucina, nella luce algida della plafoniera, guardava me ed Alfonso con occhi spiritati.
“A quanto pare Marzia ha parlato …” Il suo viso era deformato da un ghigno malvagio.
Ci limitammo ad annuire.
“Dov’è ora?” Chiese calmo.
“Non ha importanza …”. Risposi sbrigativo. “Tornerà …”.
Lui sorrise con disprezzo. “Certo che tornerà”.
“Ma tu la ami?” Domandò Alfonso disgustato. "Perché le hai fatto questo?"
Lo zio restò in silenzio e si limitò a versarsi altro vino.
Capii che quell’uomo era realmente il mostro di cui aveva parlato la zia.
Si era appropriato della sua vita e, con quella, s’era cucito addosso una maschera da esibire agli occhi del mondo.
Il corteggiamento ininterrotto, gli amplessi estemporanei, le dominazioni estreme alle quali avevo assistito e che tanto mi avevano turbato erano i lacci con cui l’aveva tenuta legata a sé.
Imprigionata dentro quell’ incantesimo lei aveva permesso al satiro di rubarle l’esistenza.
Un giorno per ogni colpo di reni e lui s’era preso tutti i mesi e tutti gli anni di cui aveva avuto bisogno.

“È davvero così alto il prezzo del piacere?” Domandai a me stesso mentre guardavo mio cugino.

“Non vedi che è completamente ubriaco? Non ha senso continuare a parlarci stasera”. Disse Alfonso irritato.
Non sapevo cosa fare. Zio Gaetano non riusciva neppure a mantenersi in equilibrio sulla sedia.
“Ascolta”. Risposi sottovoce. “Non possiamo lasciarlo in questo stato ... restiamo qui stanotte, ti prego … c’è una stanza degli ospiti, lì, dopo la porta del bagno”.
Strabuzzò gli occhi come a dire che gli stavo chiedendo troppo. “Senti tu fai come vuoi io non ce la faccio a guardarlo, mi fa solo ribrezzo, me ne vado …”.
“Per favore!”. Lo implorai, serrandogli il braccio mentre era sul punto di varcare l’uscio di casa. “Solo stanotte … dai, non lasciarmi solo … me lo devi!”. Insistetti, alludendo allo scatto d’ira che aveva avuto quella mattina.
L’argomento lo convinse. Fissò con imbarazzo il livido che mi aveva provocato sotto l’occhio. “Va bene.” Rispose infine. “Ma sia chiaro … lo faccio solo per te. Domani, appena svegli, ce ne andiamo … io … io non voglio avere niente a che fare con LUI …”. Disse, avviandosi verso la stanza degli ospiti.

Lo zio mi guardò beffardo.
“Che bella coppietta”. Commentò con sarcasmo. “Ma l’ha capito che siete cugini?”
Mi limitai a rispondere con un cenno.
“Due bei pervertiti allora!” Disse lui avvicinandosi.
In piedi, al centro della stanza, zio Gaetano posò una mano sulla mia spalla e mi tirò verso di sé.
“Senti Paolè”. Proseguì fissandomi negli occhi. “Ora che sa la verità Alfonso non può più restare al paese. È rischioso”. Sibilò.
“Marzia è fuori controllo … LUI è fuori controllo … Che gli passa per la testa? Pensa davvero che può mettersi a fare il frocio qua, davanti a tutti?”. Fece una piccola pausa, in attesa di una mia reazione.
“Convincilo a venirsene via con te!”. Incalzò.
“È la soluzione migliore … Potrete rifarvi una vita ... La zia la faccio stare zitta io, lo so io quello che le devo fare …”.
Mi sentii gelare il sangue nelle vene.
Lo zio stava cercando di liberarsi del suo stesso figlio.
Lo stava esiliando per la seconda volta.
“Penso che sei troppo ubriaco per fare questo discorso stasera …” Tagliai corto. “Alfonso farà quello che si sentirà di fare … noi staremo bene in ogni caso!”.
Lui mi tirò con forza verso di sé. Il suo viso era così vicino che potevo sentire il calore del respiro.
“Ascolta Paolo”. Sussurrò aggressivo. “Ma tu glie l’hai detto per quanto tempo ti sei fatto inculare senza raccontargli la verità?”
I suoi occhi erano diventati enormi. Le labbra contratte in una smorfia diabolica.
“L’ha capito che quello che ti eccita è proprio svuotare i coglioni di tuo cugino?” Chiese, sbattendomi in faccia la verità.
Poi, serrando le dita intorno alla spalla e muovendo appena le labbra: “L’ha capito che sei MA -LA -TO e che, quando stavi con lui, pensavi pure al MIO uccello?”. Disse afferrandomi la mano e premendosela forte sul cazzo.
Sentii che il cuore saltava un battito ed accelerava.
Zio Gaetano s’era accorto di tutto.
Aveva capito che io ed Alfonso ci eravamo avvicinati.
Ed aveva capito quanto la sua influenza mi avesse trasformato negli ultimi mesi.
Mi sfilai da quella morsa in preda a un forte stato di eccitazione.
Lui mi guardò torcendo le labbra in segno di disprezzo. “Vedi di collaborare Paolo …”. Concluse calmo mentre si allontanava. “Te l’ho detto … conviene a tutti.”.

“Finalmente!”. Disse Alfonso quando entrai nella stanza. “Ci hai messo una vita ad arrivare”.
Era sdraiato sul letto. Le braccia larghe sopra al lenzuolo e le cosce spalancate a formare una croce.
La luce era spenta e la luna, oltre la finestra, rischiarava il corpo imponente.
Indossava solo gli slip. “Si muore di caldo stasera”.
Annuii mentre, a mia volta, mi toglievo i vestiti.
Ripensai alle parole di zio Gaetano. “L’ha capito che quello che ti eccita è proprio svuotare i coglioni di tuo cugino?” Quanto aveva ragione …
Presi posto accanto a lui. “È la prima notte che dormiamo insieme”. Dissi e feci scivolare le dita tra le sue gambe, sotto l’elastico delle mutande, chiudendo la mano intorno al cazzo barzotto.
“Ma non ti basta mai …?” Chiese lui eccitato.
“E già …” Risposi, cominciando a massaggiargli l’uccello.
“Aspettami un attimo … vado in bagno”. Disse montando sopra di me.
E, mentre mi scavalcava, appoggiò le labbra sulle mie e fece correre la lingua dentro alla bocca. “Stanotte non ti faccio dormire cucciolo”. Sussurrò.

La conversazione che avevo avuto con zio Gaetano aveva messo a nudo la verità.
Quell’uomo era riuscito a risvegliare la parte più nascosta di me.
“Li desidero entrambi”. Pensai, mentre mi sfilavo gli slip e aprivo le gambe, toccandomi in mezzo alle cosce, tra i coglioni e il buco del culo.
Mi misi due dita dietro e, con gli occhi chiusi, evocai alla memoria il grosso pacco che zio Gaetano mi aveva fatto tastare poco prima.
“L’ha capito che sei MA -LA -TO e che, quando stavi con lui, pensavi pure al MIO uccello?”. Le sue parole continuavano a rimbombare dentro la mia testa.
Mi stavo arrapando da morire, avevo il culo completamente bagnato.
Sentii la chiave girare dentro la toppa.
Alfonso stava finalmente arrivando.
L’idea che, di lì a poco, il corpo di mio cugino si sarebbe dimenato dentro di me mentre io pensavo al pacco di suo padre mi faceva impazzire.
Mi mancò il respiro.
Il porco spingeva con forza il cuscino sopra al mio volto, immobilizzandomi.
Balzò su di me, sistemò tutta l’ampiezza del suo bacino in mezzo alle mie cosce e avvicinò il cazzo gigantesco al buco, violandolo senza alcuna delicatezza
“Non sei mai stato così duro ... Mmmh”.
Lui era fuori di sé. Cominciò subito a chiavarmi.
Ogni volta che il suo membro affondava nella mia carne temevo che il letto avrebbe ceduto.
La testa della struttura sbatteva rumorosamente contro la parete.
Fui costretto ad allargare le braccia e ad aggrapparmi con forza alle lenzuola, per evitare che la nuca finisse contro la spalliera.
“Fammi respirare, ti lascio fare quello che vuoi … Aaaah …” Provai a dire da sotto al cuscino e aprii le gambe più che potei, per godermi la violenza di quella monta.
Alfonso, per tutta risposta, mi premette con più forza il cuscino sul volto.
Le pareti del culo stavano per lacerarsi. Quella verga era esageratamente grossa ed esageratamente dura.
Gemevo come una troia. “Ah … Ah … rompimi, ti prego rompimi. Dammelo tutto. Fammi sanguinare la fica”
Lui piegò le ginocchia, avvicinò il bacino al mio culo e, sistemandomi le cosce intorno al busto, posò completamente il suo addome sopra al mio, continuando a pompare come un dannato.

La sua nuca premeva sul mio viso, dall’altra parte del cuscino, e le sue mani mi stringevano con forza i polsi sopra la testa.
Un forte odore di alcool mi colpì le narici.
“Non può essere …” Cercai invano di liberare le mani. La morsa di quel demonio si fece ancora più serrata e gli affondi più veloci e potenti.
“Sta succedendo davvero”. Pensai, mentre sollevavo le natiche per accogliere anche i coglioni del toro.
“Mi fai sentire una puttana …” Mugolai.
Stavo scoppiando, avevo il cazzo di ferro serrato tra il mio ventre ed il suo.
Credevo che sarei venuto di lì a poco, senza neppure toccarmi.

“Paolo … Paolo ...”. Urlò Alfonso. “Paolo, sono rimasto chiuso qui dentro”. La sua mano colpì con forza la porta del bagno.
Ebbi la conferma che l’animale che si muoveva sopra di me era zio Gaetano. “MMMMH …”
“Stai zitta cagna”. Disse lui liberandomi il viso. Mi guardava divertito.
Riusciva a leggermi in faccia la voglia che avevo di essere spaccato.
Con uno scatto il porco mi afferrò le caviglie, se le mise sulle spalle e, sollevate le ginocchia, cominciò a buttarmi la vanga dentro alle viscere.
“Che pensavi? Che non mi fossi accorto di quanto lo volevi?” Mi disse stravolto, sputandomi in faccia.
Stavo per perdere i sensi. Non ero mai stato dominato in quel modo. L’incastro era perfetto.
“Paolo”. Mi senti? “Prova ad aprire tu …”. Urlava Alfonso.
“Aspetta un attimo, cerco la chiave di servizio”. Rispose zio Gaetano mentre mi girava a pecora e, flettendo le ginocchia, mi piantava di nuovo il cazzo nel culo.
“Noi abbiamo un conto in sospeso Paolo”. Sussurrò scopandomi con rabbia. “Hai capito a cosa mi riferisco?”
Il piacere era così forte che a mala pena riuscivo a seguire il discorso.
“Si … Si …”. Risposi esausto.
“Hai capito o mi devo fermare?” Insistette.
“Aaaaah … no, no … ti prego … ho capito … ho capito”.
Lo zio allungò la coscia taurina e mi piantò il piede sulla guancia, schiacciandomi con forza il volto sul materasso.
“Adesso LECCA, vacca! LECCA che ti piace …”. Ordinò, mentre facevo scivolare la lingua scomposta sulla pianta del piede e succhiavo tutte le dita che riuscivo a mettermi in bocca.

Avevo gli occhi fuori dalle orbite.
Il cazzo di zio Gaetano pestava senza tregua e l’attrito dentro al buco del culo mi stava facendo bruciare le mucose.
Strinsi il cuscino tra i denti per non urlare e percepii l’ingombro dei coglioni tra le natiche.
Feci scivolare una mano lungo il lenzuolo e l’allungai tra le cosce del maiale, per afferrare quelle grosse palle sudate.
Lo zio sembrò gradire e, sfilato il piede dal mio viso, portò indietro la coscia, allargando le gambe per godersi il massaggio.
“Sei veramente una zoccolona …” Mi disse, prima di riprendere il comando e riavviare la monta.
Serrai il culo con forza per risucchiare la minchia dentro di me.
La reazione dello stallone non si fece attendere. “Ahhhh … Ahhhh … che fica …”.
Sentii l’asta diventare ancora più dura e ancora più spessa. “MMMH … MMMMH …”
“Sta per farlo schizzare dentro al culo”. Pensai. “MIO ZIO STA PER SCHIZZARE DENTRO AL CULO!”.
Ero in estasi. Finalmente avrei sentito la sua sborra calda colarmi tra le cosce.
Era un anno che aspettavo quel fiotto dentro alle viscere!

Poi, d’un tratto, il porco si fermò, estrasse il cazzo e balzò giù dal letto.
Non capivo cosa stesse succedendo.
Zio Gaetano mi fissava sadico. Le braccia conserte e il sorriso beffardo sul volto.
L’uccello era ancora duro e ben piantato tra le cosce pelose.
Mi sentivo male. “Ti prego … ti prego finisci”. Lo implorai offrendogli le natiche spalancate. “Ti prego … non mi puoi lasciare così … impazzisco …”. Leggevo il disprezzo nei suoi occhi.
Ero fuori controllo. Volevo solo il suo sperma dentro di me.
“Qua comanda questo, Paolè”. Rispose lui, afferrandosi la verga tra le dita e brandendola come un’arma.
Mi girai, mi inginocchiai ai suoi piedi e mi infilai l’uccello in gola, pompandoglielo come un’idrovora.
Stringevo forte il glande tra le labbra e glie lo ingoiavo fino a che potevo.
Era così grosso che non riuscivo a prenderne neppure la metà dentro la bocca.
Zio Gaetano mi tirò i capelli, mi staccò dalla sua asta e mi diede un ceffone così violento che mi fece cadere di lato.
Mi sentii la febbre addosso. “Per favore… per favore …” Lo supplicai gettandomi ai suoi piedi e infilandomi le dita in bocca.
“Il finale te lo devi meritare Paolo.” Disse lui chiudendosi i calzoni e lasciandomi in preda alla disperazione.
“Fai quello che devi”. Aggiunse infine, compiaciuto dello stato in cui mi aveva ridotto.
E si avviò a liberare Alfonso.

“Non mi hai sentito?” Alfonso era irritato. “Ero rimasto chiuso in bagno. Tuo zio m’ha dovuto aprire dall’esterno, con una chiave di servizio che neppure riusciva a trovare …”.
“No, m’ero addormentato”. Risposi vago. “Scusa”.
Ero in preda ad uno stato di forte agitazione.
“Hai sonno…?” Chiese distendendosi sul fianco dietro di me e appoggiando il cazzo tra le mie natiche.
“In realtà un po' si …”
“Mmmmh …”. Insistette lui. “Allora facciamo presto”. Suggerì mentre si toglieva le mutande.
“Ne ho veramente bisogno Paolo … è stata una giornata di merda …” Aggiunse.
Il suo membro duro scivolò agevolmente dentro al culo e cominciò a scoparlo.
“Aaaah … cucciolo mio …”. Mugolava Alfonso abbracciandomi dolcemente.
Ero eccitatissimo.
Pensavo solo all’uccello di zio Gaetano, alla violenza con cui mi aveva posseduto.
“Sei bellissimo”. Ripeteva mio cugino mentre continuava pompare e mi tormentava i capezzoli. “MMMH … Mi fai impazzire …”.
Cominciai a gemere sperando che lo zio potesse sentirmi. “Ahhh … fottimi … siii ... fottimi ...”.
Non riuscivo a togliermelo dalla testa.
Alfonso aumentò il ritmo della scopata stringendomi forte a sé. “Amore, mi stai facendo sborrare … che culo che hai …”.
“Fai quello che devi”. Tuonò zio Gaetano.
“Non posso … non posso farlo …” Ripetevo a me stesso.
“Aaaaah … aaaah .... ti amo Paolo…”. Gemette Alfonso mentre riversava tutto il contenuto dei suoi coglioni nelle mie viscere.
“Qua comanda questo”. Mi ammoniva il fantasma dentro la testa.
“Fare l’amore con te è fantastico”. Disse Alfonso mentre, con dolcezza, stampava piccoli baci sul collo. “Ti amo tanto”.

“È davvero così alto il prezzo del piacere?” Mi domandai per la seconda volta quella sera.

“Il finale te lo devi meritare Paolo”. Mi ricordò la voce.
Mi girai verso mio cugino e posai le mie labbra sulle sue.
“Ti amo anch’io”. Mentii in preda alla febbre che lo zio mi aveva lasciato addosso. “Non riesco più a vivere senza di te …”.
E, alla fine, obbedii. “Giurami che verrai via con me a settembre”. Lo implorai piangendo.
“Ti prego … giuramelo”.
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