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ZIP - Sole le sapienti mani di mamma potevano


di geppettino2003
29.11.2010    |    103.895    |    6 9.3
"Il sangue continua ad irrigidire un muscolo rendendolo così duro e che non avevo mai avuto così teso..."
A 15 anni, l’unico mio vero impegno era il calcio.
Dopo quel minimo di impegno scolastico, solo l’indispensabile per una risicata sufficienza, e poi giù in cortile per le mie interminabili partite al pallone.
Nessun altro interesse.
Oddio qualche nuovo interesse cominciava ad esserci. Da qualche mese, un certo prurito lì, a quelle parti basse dove il sole difficilmente …riscalda, aveva iniziato a darmi un certo… sollazzo.
Una sensazione che cresceva senza nessuna precisa ragione. E nulla potevo fare per comandare i momenti dei perniciosi richiami.
Praticamente, una parte di me maturava in mezzo alle gambe, e dura spingeva inesorabile tra i jeans, l’altra parte voleva restare ragazzo con la voglia di dimostrare il suo valore di centravanti di …sfondamento.
Ma quelle sensazioni, sempre più frequentemente, distoglievano l’interesse al mio principale diletto.
Era un continuo, intendiamoci non spiacevole, che gradualmente mi sfibrava pur piacendomi.
Il tutto era iniziato con uno strano interesse, piuttosto sottile, alle cosce della mia provocante professoressa di latino, spiavo da sotto il banco il suo frenetico accavallarle, sperando di intravedere quel di più di trasgressivo che si celava ben al di là del bordo della corta gonna. Fantasticavo poi sull’innocente ancheggiare alla lavagna della docente di matematica, con le sue strette gonne e le alte scarpe che le davano quel non so che di provocante, migliorando sensibilmente il suo plastico sculettare. Anche qualche flop in geografia, colpa delle prosperose mammelle della prof. che civettuole facevano bella mostra da una innocente, ma intrigante, scollatura.
La fantasia del mio essere quindicenne era del tipo galoppante, bastava il solo scorcio di una coscia, il solco di un bel seno, o due morbide chiappe, niente in condizioni normali, ma per la mia età era sufficiente per immagini che restavano scolpite nella mente, per poi soddisfarle in erotici pensieri.

Mamma cominciava a preoccuparsi della mia acne che, inesorabile, segnava di pustolette sebacee un viso che lentamente abbandonava l’aspetto puberale trasformandosi, lentamente, in un taglio più mascolino.
Il calcio però era un diletto diverso. In cortile estenuanti partite al pallone. Maschi scontri con gli amici, qualche litigio sulla opportunità o meno di qualche… fallo, più di una caduta, escoriazioni varie e poi il meritato riposo, soddisfatto per aver dato sfoggio ad una classe sopraffina.
E incurante delle stanchezza fisica, l’intimo muscolo reclamava, sempre più costantemente, le sue particolari attenzioni.
Il Postal Market di mamma era diventato anche un mio, particolare, interesse. (Ritengo poter affermare che quella rivista possa considerarsi l’antesignana delle fotografie erotiche, così come, credo, che agli editori debba essere riconosciuto il merito della vendita per corrispondenza di peccaminosa lingerie specialmente alle signore di quei paesi, all’epoca, ancora non totalmente emancipati.) Chiuso in bagno sfogliavo le pagine delle nuove linee di intimo per quelle signore sicuramente sugli anta.
Si perché ero attratto dagli sguardi languidi e maliziosi che, a differenza delle altre fotografie, incentivano di più i miei perniciosi pensieri. Trovavo, infatti, molto più intriganti il culo di belle signore rispetto ai turgidi seni di scialbe ragazzine che dal punto di vista erotico, mi sembrava, avessero ben poco. Che dire delle accattivanti pose delle provocanti quarantenni riprese con le chiappe a mala pena coperte da piccoli lembi di tessuto o mammelle strette in solchi provocanti e… Veramente eccitanti.
Ogni giorno così!

Anche i miei bisogni fisiologici venivano sistematicamente rimandati. Prima c’era la partita poi, al termine, il bagno.

Ricordo ancora, e sono passati quasi dieci, quel pomeriggio, era gennaio, un freddo cane, ma imperterrita la mia partita incombeva.
Il bagno era occupato. Mamma si stava preparando per una delle sue uscite pomeridiane. L’acqua della doccia ne era l’inesorabile conferma.
Mamma era una tragedia con il bagno, entrata lei alcuna possibilità era data a nessuno, e per almeno un’ora. Era come se il bagno non esistesse in casa.
Un solo bagno. Figuratevi quindi i problemi!
Pazienza, potendone farne ancora a meno, ero già in cortile.
Ma il mio bisogno di minzione incombeva.
Inizialmente qualche contrazione pelvica, le gambe strette, ed il bisogno era rimandato di qualche minuto, giusto per poter continuare a giocare.
Poi ancora quella necessità. Il pisellino stretto tra le dita, ben nascoste in tasca, ed ancora riuscivo ad avere il sopravvento sul mio incessante bisogno di svuotare la vescica.
Ma solo dopo dieci minuti dovetti soccombere. Complice il freddo, il mio fisiologico bisogno aveva avuto il sopravvento.
Sconfitto dalla necessità di dover fare pipì!
Trafelato ho salito le scale, meno male un solo piano.
Le chiavi sempre sottolo zerbino per non dare fastidio nelle mie continue salite. Cambiare la maglietta sudata, soddisfare la mia disidratazione, sopire il mio appetito, ecc.
Ma il bagno era ancora occupato.
“Mamma devo andare in bagno”
“tesoro aspetta qualche minuto ed ho finito”
“ma me la sto facendo addosso”
“dai ho quasi finito”
ho saltello, qualche minuto ancora nel corridoio percorrendolo a passi veloci.
“MAMMA TI SBRIGHI!!!”
perentoria, e pressante, era la mia richiesta. Quasi una implorazione.
Finalmente mamma era uscita dal bagno avvolta nel suo corto accappatoio.
“Dai sbrigati che si è fatto tardi”
Come se la colpa del suo ritardo fosse da ricondurre al mio fisiologico bisogno e non già al suo piacere di crogiolarsi allo specchio.

Ma finalmente soli io e il mio lui.

Giù la zip. Le mani quasi tramanti, che strano ogni qualvolta che rimandavo, con i miei espedienti, il bisogno di far minzione, il mio attributo diventava più piccolo. Le contrazioni e le strette della dita, allora, ne avevano ridotto, in maniera assurda, le dimensioni (i maschietti che leggono è inutile che ridano. Loro ne sanno qualcosa!).
Quelle dimensioni, in pochi mesi cresciute, in quelle occasioni sembravano il figlio piccolo di quel muscolo che la notte rifioriva a dismisura tra le mie mani.
Comunque, schizzando un po’ in giro (è difficile centrare il buco del water quando stai per fartela addosso) estasiato, stavo svuotando la vescica.
Più di due minuti erano passati da quando avevo cominciato a sopire il mio bisogno.
Più ne facevo e più sentivo pressante lo stimolo di farne ancora.
“Manu …ti vuoi sbrigare a scendere”
Giù era un continuo richiamo.
L’ultimo richiamo era stato fatale.
Di colpo su la zip e l’irreparabile avvenne.
2 millimetri di pelle viva pizzicati tra gli infidi gancetti di una mostruosa cerniera.
Un dolore lancinante, un grido, strozzato più dalla vergogna che dal dolore.
Inutili gli immediati tentativi di sottrarre la pelle ad una morsa dolorosissima.
Le gambe non reggevano il peso del pur mio esile corpo, ho cercato un appiglio ad un dolore che con il passare dei secondi diventava devastante. Mi sono voltato, sbagliando però il senso della mia rotazione. Il pisellino stretto tra le mani, la cappella ben stretta tra le dita e ben in mostra e…. quando si dice che piove sul bagnato, avevo strofinato la sensibile cappella sulla piastra di un arroventato calorifero.
“AAHHHHA!
Una sofferenza decuplicata rispetto alla morsa della zip.
Un altro grido, stavolta carico di tutto il fiato che avevo in corpo.
“MAMMA VIENI PRESTO!”
Mamma di corsa
“che succede”
“MAMMA… ti prego fai qualcosa”
Enormemente impacciato.
“ma cosa … fammi vedere …”
“guarda…”
“ma come hai fatto?”
La classica domanda del cavolo
“non lo so”
Seduta sul bordo della vasca, con il corpo fasciato da una cortissima vestaglietta di raso blu notte, mamma si stava dedicando al mio pressante problema.
Le dita con fare assolutamente filiale avevano preso con delicatezza il pisellino. La testa reclinata per cercare di capire dove la zip stringesse tra la sua morsa la delicata pelle.
“mi faccio male… tira”
Il dolore diventava ancora più lancinante.
La trappola era localizzata alla base del pisello, proprio dove la carne andava a congiungersi con la sacca che conteneva i testicoli. Credetemi il punto più sensibile del corpo maschile.
Diversi tentativi. Le dita prima a tirare la pelle, poi sulla zip nel tentativo di svincolare la carne intrappolata. Tutti gli iniziali tentativi non sortivano alcun risultato e le lacrime cominciavano a solcare il mio viso.
La sofferenza era sempre più forte.

Lo stretto bagno non offriva molto spazio per muoversi.
“dai stai fermo, vieni andiamo in camera tua così ti sdrai sul letto e vedo cosa riesco a fare”
“mamma non ce la faccio, non riesco a camminare”
Ancora le dita delicate, il medio infilato nel pantalone le restanti quasi ad accarezzare un sofferente pisellino.
Attimi dove solo i miei lamenti imperavano.
Dell’acqua fredda da una spugna alla cappella per raffreddare gli effetti di una scottatura che, fortunatamente, sembrava superficiale, era stata la prima, saggia, iniziativa di mamma.
Subito un primo, lieve, sollievo.
Ma la fredda acqua aveva ritratto, ancora di più ed in maniera quasi innaturale, il dolente muscolo, che sì si era goduto l’immediato refrigerio ma, contemporaneamente, diventava flaccido, acuendo così un dolore su quella minuta porzione di pelle che sembrava soccombere nella stretta morsa di infidi ganci che stringevano sempre più forte.

Accovacciata tra le mia gambe, mamma era assorta su come poter alleviare la mia sofferenza. Il raso della vestaglietta le si era ammorbidito sul corpo. In piedi davanti a lei avevo il modo di apprezzare il corpo delle donna che si celava tra le pieghe della delicata vestaglia. Aveva avuto appena il tempo di indossare delle velate calze a rete nere, che avvolgevano le sue lunghissime gambe, trattenute da una fascetta che cingeva il bacino dalla quale pendevano due civettuoli gancetti che si attaccavano al bordo più scuro delle calze. Un candido reggiseno bianco comprimeva il seno rendendo così profondo il solco formatosi tra le mammelle.
Uno sguardo più profondo per rendermi conto che non aveva avuto il tempo di completare la sua vestizione.
Gli occhi, in maniera innocente, cominciavano a dividersi tra il seno, due mammelle belle, gonfie e ben disegnate, senza trascurare un concupito sguardo sulle cosce, lunghe e belle.
Mi stavo lasciando prendere dal suo corpo.
Giuro fino a quel giorno nessun pensiero peccaminoso su mia madre aveva incentivato la mia fervida fantasia.

Le sue dita, delicate, scorrevano lente dalla tumefatta cappella lungo tutto il muscolo alla ricerca del punto dove il mio dolore era fortissimo.
Sollevava Il piccolo pistolino, mantenendolo delicatamente tra le dita. Mamma tentava, inutilmente, di tendere la pelle, per liberarlo ma il dolore ad ogni contatto diventa sempre più forte.
“mamma fai piano… mi fai male…”
Mamma rialzatasi, dandomi la schiena, mi stava offrendo l’opportunità di ammirare il suo generoso fondoschiena. Gambe lunghe ed affusolate, rese veramente eccitanti dall’intreccio delle sue calze che andavano a congiungersi con un culo eccezionale.
Il morbido raso seguiva il disegno di chiappe veramente intriganti.
Non avevo mai immaginato mia madre come donna. Una donna, bella e con un corpo intrigante.
E quelle immagini avevano cominciato ad incentivare la mia pruriginosa fantasia!
Un po’ del suo bagnoschiuma, tra le mani, dell’acqua tiepida per fare schiuma, e dopo averle sfregate ben bene ha cominciato a spargere, lentamente, il profumato detergente sul muscolo imbrigliato.
“…tesoro faccio piano…”
“mi fai male tira… ”
“amore non c’è altra soluzione… ancora un po’ dai alla fine passerà tutto”
Massaggiava lentamente, le dita su di un muscolo che lentamente stava ritrovando la sua corposità. Si perché cominciava, lentamente, a gonfiarsi e, più cresceva, più mi faceva male.
“mamm… mm...mmaaa… mi fa male…”
quei maledetti dentini sembrava volessero stringere volutamente il mio muscolo quasi a volermi privare di un piacere che cominciava lentamente a sopraffare il dolore.
“si lo so ma ci sono io, ti aiuto… la schiuma serve, la lascio scivolare tra la zip e … può essere utile sai” guardandomi negli occhi.
Si ma come!
Mamma si fermò, un attimo, un lungo attimo e, in un assoluto silenzio, fissava il mio muscolo, che stava materializzando le sue esuberanti dimensioni.
La soluzione era, giustamente, quella di impegnarsi a far tendere lentamente la pelle.
Per quanto il dolore mi facesse soffrire, cominciavo ad apprezzare il suo impegno.
Praticamente il mio uccello si stava animando. Il dolore sembrava sparire, mentre cresceva ad un contatto che, da superficiale, era diventato più intenso.
Mamma con un filo di voce, diventata stranamente accattivante, continuava a rassicurarmi.
“così, bravo… farlo crescere … piano piano”
e la vergogna cominciava ad arrossarmi il viso!
“mamma mi vergogno…”
“tesoro non ti preoccupare… ci sono io…”
Percependo il suo caldo respiro infrangersi sul mio muscolo.
“ancora un po' e vedrai che lo stacchiamo…”
Il mio imbarazzo, però, cresceva proporzionalmente al risveglio del mio uccello. Una particolare vergogna si stava impossessando di me. Non riuscivo ad immaginare la reazione di mia madre alla vista di oltre 19 cm. di un pezzo di carne che duro sembrava di marmo!
Ebbi netta la sensazione che al crescere del mio muscolo il suo impegno diventava ardore.
“ehi che bel maschietto che abbiamo in casa…”
Una battuta, forse per sdrammatizzare la situazione e farmi sorridere.
Ma più il pisello diventava sempre più tosto, e più mamma accentuava le sue, diventate, intime carezze.
Le sue dita scorrevano lente restituendomi un sottile piacere. Continuava a massaggiare il mio attributo che continuava a crescerle tra le dita. Non più le dita in amorevoli contatti ma entrambe le mani in intriganti carezze.

Il caldo nel piccolo ambiente si era fatto insopportabile.
Avevo sfilato il maglioncino abbandonandolo ai miei piedi. Quasi immediatamente una sua mano si era spostata sull’unico bottone del jeans, allentandone la morsa. Immediatamente le sue mani ne tastavano i muscoli. Carezza delicate e nello stesso tempo interessate. Almeno quella era stata la mia prima piacevole impressione. Una sensazione bellissima segnata, inequivocabilmente, da un mio sussulto.
Ancora in piedi, per sciacquare le mani e con una spugnetta eliminare quella schiuma che il suo fare aveva prodotto sul diventato grosso uccello e per meglio guardare lo stato della particolare situazione.
Osservavo il richiamare frenetico delle sue labbra e passare, impercettibilmente, la lingua per inumidirle. Le sue cosce stridevano, sfregando incessantemente una contro l’altra.
Dovessi giurare mi sembrava che i suoi capezzoli si stessero gonfiando a vista d’occhio.
Alcune dita si erano, intanto, perse tra i primi crespi riccioli di un muscolo che stava cominciando a pulsare frenetico al delicato contatto e che non voleva smetterla di crescere al suo cospetto.
Il tutto a pochi centimetri dal suo viso.
I miei occhi erano ormai fissi sul delicato dondolare delle sue prosperose mammelle, rapiti dal candore della pelle del suo provocante reggiseno.
“amore mio, sei bravissimo… dai ancora un po’… fallo crescere… sai sei proprio un bel maschietto”
La voce cadenzata da un respiro ritmico e profondo, mentre una mano rigira sulla cappella e l’altra si incunea tra lo zip ed il restante muscolo che, senza nessuna volontà da parte mia, continuava a pulsare frenetico, ed in maniera ripetuta, crescendo ancora di più nelle sue dimensioni.
“Cosa sono queste gocce…”
Erano le gocce di quel liquido, caldo e leggermente viscoso, che nei miei solitari momenti mi piaceva spargere con il pollice sulla grossa cappella così da ridurre l’attrito di una sfregamento impetuoso in quelle mie battaglie del cinque contro uno!
“Aiutami dai… raccogli i capelli, altrimenti non riesco a vedere bene…”
Le mie mani tremavano sul suo capo, le dita avevano raccolto le abbondanti ciocche dei lunghi capelli neri.
“dai ce l’abbiamo quasi fatta…”
una frase sussurrata più che rivolta a me sembrava rivolta al mio duro attributo, mentre le sue dita saggiavano il calore di quelle iniziali gocce.
Intanto una contrazione, involontaria del mio pisello e, come reazione ad un dolore fortissimo, d’impeto avevo spinto il suo capo verso il mio bacino. Una spinta involontaria.
La sua bocca sembrò aprirsi quasi naturalmente mentre il pisello le sfiorava la guancia.
Seguivo lo schiudersi della labbra nel mentre ritraeva, con fare sicuramente imposto, il capo.
“mamma… scusa…”
Ero veramente impacciato!
Ma la stretta non accennava, in alcun modo a cedere.

La cintura del delicato raso aveva allentato la sua funzione rendendomi palese il suo candido corpo. Mamma si era piegata, lasciandomi, consapevolmente, e con un fare piuttosto languido, intravedere il profilo dei morbidi seni. Uno sguardo audace che era arrivato ad apprezzare i, diventati grossi, capezzoli che spingevano sul delicato reggiseno in tutto il loro essere maestosi, grossi e turgidi.
Ero ormai concupito dal suo corpo. Mamma sapeva cosa guardavo. La mia sensazione era tra l'esterrefatto e l'eccitato, mentre il cazzo continuava a gonfiarsi, diviso tra la terribile morsa e la delicatezza delle sue dita.
Mamma sembrava volesse ancor di più eccitarmi, si piegava in avanti, ritraendosi subito dopo, avvicinava la bocca al mio cazzo, respirandoci intensamente sopra, per poi allontanarla repentinamente.
Le dita scorrevano lente sull’uccello non più per spargere quelle gocce, bensì per apprezzare il pulsare di un bestiale attributo.
Le cosce, impazzite, strusciavano ancora più nervosa facendo scivolare ai suoi lati la vestaglietta.
Ammutolito ho intravisto il nero di quel suo intimo sul quale non avevo mai osato fantasticare!
Ormai ero morbosamente eccitato. Stava crescendo in me forte la voglia di accarezzarle i seni, stringerle tra le mie dita i capezzoli, spingerle il capo sino a fare in modo che la cappella pulsasse tra le sue carnose labbra.
Godevo dello stridere frenetico delle sue cosce.
Gemevo delle sue intime carezze.
Le gambe mi tramavano non riuscivano a sostenermi, le mie mani sul suo capo non mi davano solo equilibrio ma altro.
Fattomi coraggio ho cominciato, timidamente, a spingere il suo capo quasi a contatto con il cazzo. Nessuna resistenza da parte sua.
Solo il pudore, credo , la fermasse dal concedermi il calore della sua bocca. Almeno questa era la mia impressione. Percepivo netto il suo smaniare provenire da labbra costantemente schiuse.
Il sangue continua ad irrigidire un muscolo rendendolo così duro e che non avevo mai avuto così teso. Sentivo il ventre muoversi frenetico, il membro cresceva ancora tra le sue dita scappellandosi, si innalzava turgido a pochi centimetri dalla sua bocca e voglioso, lottava con la morsa dello zip.
Diventavo sempre più rosso.
Non sapevo cosa fare!
“mamma…”
“sssshh… non dire niente… così bravo, fallo crescere ancora… vedrai che dopo non avrai dolore!”
Nel suo sguardo una espressione diversa, non c’era più sorpresa ma un impegno delicato. Le mani frenetiche si dividevano tra in cazzo che non voleva smettere di pulsare ed il mio bacino.
I nostri sguardi si incrociarono. Nei suoi occhi un sorriso carico di malizia, nei miei una morbosa eccitazione.
Le sue carezze erano diventata diverse. Le dita scorrevano lente spingevano verso il basso un cazzo diventato maschio ed il cui dolore era mitigato dall’impegno con il quale si dedicava al mio duro attributo.
Il raso aveva, definitivamente, lasciato il corpo, ed in terra si era raccolto ai piedi di mamma. Rannicchiata ai miei piedi era veramente splendida nella sua conturbante bellezza.
Il cazzo, pulsava forte reagendo scomposto alle sue carezze, mentre lei continuava nelle sue particolari carezze.
Non mi ero mai visto un cazzo così grosso! Avevo la netta impressione che il mio uccello stesse crescendo ben oltre quei diciannove centimetri che morboso avevo misurato.
Le sua dita lottavano nervose con l’uccello, i miei occhi completamente persi sul suo provocante corpo, e dalla lingua che impercettibilmente seguivo lambire labbra carnose.
I suoi occhi erano come rapiti da un cazzo che le vibrava intrigante quasi a contatto con le labbra.
Solo il dolore mi riportava alla realtà, un dolore fortissimo mentre le contrazioni gonfiavano all’inverosimile il mio intimo tra le sue esperte dita.
Il dolore era forte ma il piacere lo era molto di più.
Contrazioni ripetute facevano svettare l’uccello a pochi centimetri dal suo viso, solo le sue mani avvolte su di una porzione di cazzo mi privavano di un perverso contatto con le sue labbra.
Gemevo, stringendo le labbra, le mani posate sul suo capo si perdevano tra i lunghi capelli, sentivo quella intima sensazione di piacere che ultimamente vivevo nei miei solitari momenti, stavolta nuova diversa, molto più intensa.
Praticamente stavo per godere!

Consapevole del mio stato, mamma continuava a far scorrere le mani sul mio uccello, le roteava, stringeva forte, allentava la presa e stringeva il muscolo con tutte le dita lasciando in vista la rossa cappella…. guardandomi sorridendo, con una espressione che mai avevo notato sul suo viso.
Era, sicuramente morbosamente eccitata!
“che bel cazzone che hai… duro, potente… bellissimo, bravo il mio maschione…”
L’impegno di mamma era diventata perversa passione.
Le mani scivolavano morbose su tutto il muscolo, lo stringevano, veloci andavano su e giù, accompagnate dal suo respiro che si era fatto intenso e profondo.
Le cosce strette continuavano a stridere, la bocca ansimante e semichiusa, sfiorava l’intima carne, il viso si era trasformato, e una nuova espressione ne segnava i contorni.
Una espressione da consumata troia!
Il suo viso quasi a contatto con il mio bacino, la bocca sfioravano interessata il mio muscolo. Percepivo i suoi sospiri che crescevano di intensità, li sentivo sulla cappella che morbosamente pulsava.
Anche il mio respiro si era fatto più intenso.
Mentre il cazzo troneggiava nel suo massimo splendore tra le sue sapienti dita!

Ormai non più padrone del mio controllo, al massimo di un piacere nuovo, ho irrigidito d’impeto corpo, sollevandomi sui piedi, le mani sul suo capo ed eccitato all’inverosimile, una potente contrazione e finalmente avvenne il definitivo distacco dalla dolorosa morsa.
La separazione era stata veemente.
“AAAHHI!!!”
Un dolore atroce. Ma solo per pochi attimi. Il cazzo, imperioso in tutta la sua maestosa durezza, pulsava violento, quasi sbattendo sulle sue guance e, nel sussultare tra le sue mani, sembrava voler cercare conforto tra le sue labbra.
“hai visto ci siamo riusciti, sei veramente bravo!”
Il cazzo, completamente libero i jeans mi erano subito scivolati ai piedi, era ora prigioniero nelle sue mani, lo sentivo battere frenetico tra le sue calde mani
“mamma nnnnnoooo…”
Ed in preda ad un qualcosa di veramente sconvolgente, ho cominciato a schizzare!
“ohhhh”
La sua sorpresa…
“mamma ti prego non ti fer…ma…re…”
Non so chi mi abbia dato il coraggio di una implorazione sfrontata
“TESORO, non mi fermo…”
“mmam…mmaaa… è bellissimo, sei bravisimaa… mmmh”
“amore, anche tu sei bravo…… vieni dai”
Un primo fiotto potente di sperma si pose sul suo viso, un secondo schizzo, violento, si sparse sul seno. Irrispettoso schizzavo ripetutamente il mio immenso piacere.
“Mmmmaaa scusa…” rosso in viso “ma sei bravissima…”
La mia era una considerazione, oserei dire quasi sfacciata.
“ssssiii cosììì”
Gocce, dense, violente le colpivano il corpo ripetutamente. Una andò a lambire le sue labbra.
Tremando scaricavo la mia enorme eccitazione.
Stavo godendo, il respiro si era fatto prolungato
Le sue dita si muovevano ritmiche, si impossessavano ancora con più trasporto del grossissimo cazzo. Mi guardava come fosse compiaciuta mentre schizzavo, rapido e veloce, gocce pervase da una eccitazione bestiale.
Mamma era piacevolmente sconvolta.
Nessuna reazione al mio essere porco. Anzi!
“Tesoro ancora dai, mi fai facendo morire…”
Fremeva ripetutamente con i suoi respiri.
Una sua mano, nel frattempo, si era persa tra le gambe, oscenamente divaricate. Sfiorava il suo intimo stringendolo morbosa. Era eccitata da impazzire.
Due dita sparivano avvolte da due neri ciuffetti di umida pelle.
Mamma si stava possedendo con veemente passione.
Io continuavo a schizzare la mia eccitazione sul suo corpo diventato elettrico.
Mamma si sditalinava pestando con passione sul mio potente cazzo.
Era eccitata. Percepivo distintamente il suo intenso respiro.
Ormai senza tabù, le mie mani si erano posate sul suo prosperoso seno, liberandolo dal reggiseno, stringevo forte i capezzoli, veramente duri. Continuavo ad inondarla con schizzi possenti di sperma caldo. Uno spruzzo sul petto e seguivo la goccia perdersi tra il solco di un seno bellissimo, poi ancora uno sul viso e scivolare tra le labbra schiuse.
Che porca mia madre. La lingua fremeva mentre assaggiava il sapore del piacere del proprio figlio.
“ancora dai, siii… sporcami del tuo piacere…”
Mentre continuava ad allargare ancor di più le cosce, con le dita sempre più perse tra le grandi labbra, completamente sconvolta persa dal suo essere infoiata.
Il cazzo, paonazzo, continuava a schizzare sul suo caldo corpo.
Le labbra si bagnavano del mio seme. La lingua era diventata famelica nei suoi movimenti mentre assaporava frenetica il sapore del mio seme.
Il mio corpo fremeva di piacer ed il suo vibrava di una eccitazione immensa.
Entrambe le sue mani stringevano il mio cazzo, lo stringevano forte, aveva appoggiato la cappella sulle labbra, mentre continuava a spugnettarmi, e lentamente la stava facendo sparire tra la sua bocca.
“Adesso ti voglio leccare…”
Pochi attimi per far gonfiare le sue guance con il mio potente muscolo.
Che bocca calda!
Lunghi secondi dove i nostri gemiti liberano l’eccitazione accumulata.
Mamma, continuava nelle sue intime carezze, tremava, ma non si fermava.
Lunghi secondi di un pompino favoloso e di una pugnetta ancora più sconvolgente.
Venne anche lei scuotendo la testa all’indietro. Godeva forsennata del mio piacere, la bocca continuava a succhiare il mio caldo seme che lento e denso colava sul suo viso e la lingua raccoglieva quelle gocce che le scivolavano dalle labbra.
CHE PORCA!
Le sue mani stringevano il mio uccello, ancora duro, lo impugnavano forte. La cappella appoggiata alle labbra sporche di sborra, si alternava tra il calore della sua bocca e la delicatezza sulle sue mani.
Era sublime il nostro piacere!

Rialzandosi lentamente, strusciando l’elettrico corpo al mio, percepivo il suo calore mischiarsi sul mio. Le sue mani sul mio viso, le sue labbra a sfiorare le mie, il suo seno spingere sul mio petto, le sue gambe insinuarsi morbose tra le mie, ed il cazzo, ancora duro, raccogliere gli umidi umori della sua eccitazione.
Sconvolta dalla libidine
“tesoro… adesso prima di uscire ho proprio bisogno di una doccia… vuoi lavarmi la schiena?”

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