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Gay & Bisex

Il borsello


di amolafi
22.11.2013    |    13.835    |    0 9.7
"Partii sparato e arrivato davanti alla casa di Marco lo trovai tutto infreddolito..."
E' un fatto che ho vissuto all'età di 22/23 anni.
Era la cena organizzata per i tradizionali auguri di Natale dai colleghi di Nina, una ragazza di Monza con la quale uscivo da qualche mese, C'erano le sue due colleghe con i loro fidanzati, c'eravamo noi due e c'era anche Marco, un collega che, più o meno, aveva la mia età, un ragazzo con capelli lunghi, senza un filo di barba e con le movenze molto effeminate.
Il mio primo commento era stato:
"Non mi avevi detto che il tuo collega è ricchione."
E Nina mi aveva detto di non fidarmi delle apparenze perché, Marco, riceveva telefonate da un sacco di ragazze e non perdeva occasione per cercare di palpare culo e tette sue e delle altre colleghe.
"Sarà, ma per me è ricchione."
Al termine della cena, eravamo in un ristorante di Sesto San Giovanni, Marco aveva chiesto un passaggio (abitava a Vimercate) e, dato che eravamo quelli che erano più verso quella direzione era salito in macchina con noi.
Arrivati davanti a casa lo avevamo salutato ed eravamo partiti sparati per andarcene in camporella a farci la nostra scopata. Arrivati al solito posto vicino alla casa di Nina, nel reclinare i sedili, ci eravamo accorti che sul sedile posteriore c'era il borsello di Marco che, originario della Valcamonica, abitava da solo in un monolocale a Vimercate e tornava a casa solo nei fine settimana.
Nel borsello c'era il portafoglio e le chiavi di casa, cioè, Marco non poteva rientrare a casa.
Nina si preoccupò anche perché era una serata molto fredda e, vista l'ora tarda per andare a Vimercate e tornare e stare insieme, mi disse di andare a portargliele, lei sarebbe rientrata a casa e ci saremmo visti il giorno seguente.
Partii sparato e arrivato davanti alla casa di Marco lo trovai tutto infreddolito. Gli diedi il borsello e lui mi chiese se volevo salire a prendere qualcosa. Accettai e salimmo. Aveva lasciato la stufetta accesa e la casa era surriscaldata, anche troppo e mentre preparava un caffè si tolse cappotto e maglione rimanendo con la sola t shirt. Andava avanti e indietro sculettando confermandomi sempre più ciò che avevo pensato da subito. Dopo il caffè mi offrì di assaggiare la grappa che facevano i suoi al paese e me ne versò una dose abbondante in un bicchiere da tavola. Era molto forte e dopo averla bevuta cominciai a sentire la testa leggera. Gli dissi che dopo quella grappa, prima di mettermi al volante, avevo bisogno di prendere un po' di respiro e che mi era venuto un gran caldo. Mi disse di restare per fare passare l'effetto e mi invitò a togliermi la giacca. Mi appoggiai allo schienale del divano letto reclinando la testa all'indietro e lui mi disse di slacciarmi un po' la cintura che avrei respirato meglio. Sapevo dove voleva arrivare e stetti al gioco, mi slacciai la cintura e mi abbandonai con gli occhi chiusi mentre lui con la scusa di massaggiarmi un po' il petto per aiutarmi a passare questa fase di torpore, con la mano scendeva giù verso il ventre con qualche piccola incursione sul pube. Lo lasciavo fare e lui scendeva sempre più in basso fino a quando sentì il mio cazzo che era diventato duro e, senza più precauzioni, cominciò a massaggiarmelo da sopra le mutande. Sempre tenendo la parte gli chiesi di abbassarmi le mutande perché l'elastico mi stringeva e mi dava fastidio e lui obbedì immediatamente per poi prendermelo in mano e cominciando a farlo andare lentamente su e giù. Gli misi una mano sulla testa, lo tirai verso di me e lui andò subito giù di bocca cominciando a leccarlo e a pompare. A questo punto non era più necessario fingere di essere semi incosciente e con la mano sopra la sua testa gli davo il ritmo e lo spingevo a ingoiarlo tutto. Aveva una bocca deliziosa, sentivo la sua lingua che me lo leccava tutto e le labbra che lo stringevano come fosse stata una figa stretta che me lo avvolgeva. Gli dissi che volevo scoparlo ma solo se avesse avuto un preservativo, si alzò e ne prese uno da un cassetto dicendomi che però voleva tenerlo ancora un po' in bocca prima di metterglielo nel culetto.
Si mise a cavalcioni al bracciolo del divano offrendomi il suo sedere completamente depilato e mi chiese di non essere violento e di entrare adagio per non fargli male e io dopo avere inumidito la punta del cazzo con un po' di saliva cominciai a puntarglielo entrando piano piano, ogni spinta sempre più a fondo, fino a sentirlo, e vederlo, tutto dentro di lui. Lo tenevo per i fianchi e pompavo avanti e indietro fino a farlo quasi uscire per poi tornare ancora più a fondo che poteva. Languiva come una femminuccia dandomi l'impressione, insieme alla vista di quel bel culetto completamente senza peli, di avere veramente una ragazza attaccata al mio cazzo che la stava pompando. Venne prima di me con un fiotto di sborra che sporco il divano e il suo ventre che gli era appoggiato e poi chiese anche a me di venire. Spinsi con ancora più forza e più a fondo che potevi e venni anch'io. Mi tolse il preservativo e me lo prese in bocca pulendolo dai residui di sborra e leccandolo fino a quando non diventò molle. La sbornia era passata e potevo tornare a casa.
Tornai altre volte, magari anche dopo essere stato in camporella con Nina, la quale mi disse che avevo fatto una buona impressione al suo collega e io, con grande faccia tosta, gli ripetei che il suo collega, per me, potevo anche sbagliarmi, era ricchione.
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