La cognata pt.7

Il tintinnio della fede nuziale rimbombò in modo sordo, come un tamburo tribale suonato per evocare il demone della lussuria e dei piaceri della carne, il cui richiamo ci sottomise senza sforzi. Vidi mia cognata tarantolata tentare di autosoffocarsi con il mio cazzo mentre con le dita andò a riempire anche l'ultimo pertugio libero a disposizione.

Con vigore magistrale, assecondò le oscillazioni del mio bacino succhiando, sputando e leccando come se dovesse estrarre tutto lo sperma presente nei miei coglioni.

"Sei diventata una mangiacazzi provetta ma non prosciugare subito la mia sborra."
Inaspettatamente, disubbidì alla mia richiesta, continuando a spompinare come un'indemoniata, allo stesso ritmo con cui martoriava la sua vagina. La sua abilità e l'esperienza accumulata negli ultimi giorni le consentì di ingoiare tutta la mazza senza scatenare conati di vomito e mollò la presa solo quando un orgasmo dirompente le fiaccò i muscoli addominali.

"Vai a recuperare l'anello del tuo padroncino, gattina!" le ringhiai senza alcuna vergogna: "Usa solo la tua boccuccia , altrimenti mi costringerai a diventare cattivo!"

Così, Stefania gattonò fino alla mia fede, sculettando in modo osceno e ricordandomi del plug che ancora resisteva nel suo ano.

Mi sollevai dal letto con il pene e le palle indolenzite, mi posizionai dietro di lei e la sculacciai con decisione per ogni tentativo fallito, contandoli con voce solenne, come un arbitro di boxe che conta i secondi al pugile ko.

Arrivato a 10, le abbassai il perizoma zuppo dei suoi umori, afferrai il giochino estraendolo dal suo culetto, infine raccolsi l'anello con il plug aiutandomi con le mani.

Appoggiai la cappella alla rosetta facendo un leggera pressione, penetrandola un millimetro alla volta e sfruttando come lubrificante la copiosa quantità di saliva che mia cognata aveva lasciato lungo tutta la mazza. Stefania sobbalzò non per il dolore ma per la sorpresa e, quando sentì tutta la capocchia pulsante nel suo ano, si lasciò andare ad un profondo gemito di piacere.

Appena ebbi la certezza che l'allenamento aveva dato i suoi frutti e sarei riuscito a penetrare quel culetto senza causarle dolori, iniziai a dare vigore e profondità agli affondi pazientemente, regalando alla cognatina un piacere nuovo e inaspettatamente gradevole.

"Mmmmhhhhhh..... Cheeee beeellooooo!"
"Che vacca! Non ti sei lamentata neppure un secondo, anzi hai accolto con gioa il mio bastone."
"Sssssiiiii. Siiiiiiiii.... cheeee gioooiaaaa! Neeel culoooooooooo!"

Quanto più godeva, tanto più incremetavo la frequenza dei colpi, così che il demone della lussoria prese il controllo assoluto del mio corpo. Ormai le stavo scopando il culo in modo selvaggio, forsennato, trasformando le manifestazioni del suo piacere in carburante per la mia perversione.

Le afferrai le tette e le strizzai con violenza, poi ripresi a schiafferggiarle il culo fin quando un'ombra vermiglia non restò impressa sulla natica di porcellana, infine afferrai i suoi capelli come briglie, sempre senza smettere di cavalcarla.

Mi cognata iniziò a mugolare con fiato sempre più corto, inarcando la schieda in misura maggiore o minore secondo i comandi che le impartivo tenendola per i capelli, poi a singhiozzare ed infine si abbandonò ad un urlo orgasmico, che innescò la prevedibile esplosione del mio pisello.

Estrassi il cazzo da quel pertugio scandalosamente bollente e traboccante di secrezioni e, per pulirlo dai residui di sperma, lo strofinai contro la chiappa su di cui avevo impresso le mie dita.

Le ultime forze rimaste mi consentirono solo di raccogliere il telefono, scattare una foto di quella caverna dilatata e arrossata e sibilare: "E anche questa figurina... Ce l'ho!".

[Continua]