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Un club familiare pt.5


di tongue81
14.02.2023    |    12.527    |    1 9.6
"Quando finalmente fummo soli, in auto e lontani da occhi indiscreti, Vittoria mi chiese dove fossi diretti: le risposi chiedendole di prendere la busta che..."
"Leccala tutta..." ringhiai in preda ad uno stato di parziale incoscienza ma consapevole che di lì a poco avrei scopato la mia nipotina come la peggiore e la più oscena delle amanti.

Vendendola a carponi, intenta a ripulire la sedia dai suoi stessi umori vaginali che erano esplosi in un getto secco e violento, puntai il mio glande verso la sua fichetta iniziando a penetrarla con dolcezza.

Affondai il bastone con delicatezza non per rispetto, né mosso da una forma di affetto: volevo godere appieno di quella giovane figa inzuppata, percepire distintamente ogni singola contrazione di quella caverna pulsante, nutrirmi e gustare il suo piacere acerbo ma al contempo saporito, lasciarmi tramortire dai suoi gemiti brevi ma profondi.

Vittoria rivelò la sua giovane età incitandomi ad essere più risoluto, spronandomi invano con la motivazione del tempo che correva frenetico.
"Giogioooooooò... "
"Sssshh... Lasciami fare!"
"Tiiiiii pregooooooo!"
La sua supplica fu parzialmente accolta solo quando fui soddisfatto e sazio: iniziò una monta più impetuosa, scandita dal metodico ritmo degli schiocchi delle mie palle contro il suo inguine, condita da sculacciate e strizzate di tette, di esortazioni oscene e respiri affannosi.

Ma effettivamente il tempo scorreva impietoso: maledissi le lancette dell'orologio, il padel, mio fratello Luca che mi aveva coinvolto in questo sport. L'unica attività che realmente desiderai in quel momento era fottere per bene la mia nipotina porcellina.

Con risolutezza e a malincuore, la feci accomodare sulla scrivania, appoggiando le sue giovani e nervose gambe sulle mie spalle, prima di iniziare a sbatterla con tutta la forza che avevo in corpo. Paradossalmente, iniziai a scoparla non più con l'intento, nobile, di condurla sotto la mia guida verso vette inesplorate di piacere ma pensai unicamente a raggiungere il mio piacere e il mio orgasmo, a riversare sulle labbra il mio sperma.

Vic lo capì e accettò il ruolo che le contingenze le avevano assegnato, pregandomi solo di abbeverarla nel momento opportuno.

Ingoiò tutto, senza sprecarne neppure una goccia: ci ricomponemmo giusto in tempo prima per evitare di dare adito a dubbi e sospetti.

Quella sera, dopo essere rientrato nel ruolo del marito e padre impeccabile, scrissi a Vittoria che il giorno seguente sarei andato a prenderla all'università, tanto il corso di matematica finanziaria non le era più necessario. Rispose con la freschezza dei suoi vent'anni, con emoticon che lasciavano presagire di aver gradito l'iniziativa.

La mattina seguente avvisai le mia collaboratrice, Maria Rosaria, di curarsi lei dei miei appuntamenti fino ad ora di pranzo, poi andai a prendere Vittoria in facoltà.

La vidi sempre accerchiata da solito gruppetto di coetanei, la salutai facendole cenno di fare presto.
"Buongiorno dottore, Vittoria è davvero fortunata ad avere uno zio tanto premuroso da aiutarla nello studio!" disse Camilla, una ragazza bionda e discretamente appariscente, con tono mieloso.
"È una ragazza d'oro!" affermai con tono sincero cercando di dissimulare l'eccitazione.

Quando finalmente fummo soli, in auto e lontani da occhi indiscreti, Vittoria mi chiese dove fossi diretti: le risposi chiedendole di prendere la busta che stava sul sedile posteriore dell'auto.

Le si illuminarono gli occhi alla vista della lingerie color azzurro che le avevo regalato ma quel bagliore fu tanto accecante quanto effimero.
"Perché una carta di credito? Per cosa mi hai preso" domandò cercando di domare la rabbia.
"Per una studentessa. Che, non avendo entrate, ha bisogno di soldi per soddisfare determinate richieste del suo maestro. Potresti mai acquistare biancheria come quella senza destare sospetti da parte dei tuoi genitori?"

Scosse la testa, sbollendo l'ira: "Devi fidarti: non sto pagando te ma i miei capricci!" continuai appoggiando la mano destra sulla sua rotula, un po' per rasserenarla, un po'per soddisfare il desiderio di contatto con quella gamba sinuosa così vicina e così irresistibile.

"Vorresti che le indossassi per te?" disse brandendo le calze color carne decorate da un riga blu posteriore e da pois della stessa tinta in varie gradazioni.
"Certo, bambina mia!"
"Non sono molto adatte ad una bambina!" ribatté con aria volutamente sarcastica.
"Perché tu sei la mia bambina, una monella che deve essere educata..."
"Alle monelle non si fanno regali costosi!"
"Se pensi di riuscire ad aumentare la mia esaltazione, stai solo perdendo tempo. Sono già in vetta alla montagna chiamata eccitazione!" risposi indicando con lo sguardo il bozzo che impertinentemente deformava la stoffa dei miei pantaloni.

"Uhhhh... Che bello! Ho meritato anche un grosso lecca-lecca!" disse portando un dito alle bocca einiziando a succhiarlo avidamente.
"Fai la brava che siamo quasi arrivati!"
"Sono monella... Come faccio a fare la brava?" disse agitando il dito insalivato sotto i miei occhi già pieni di lussuria.

Quel dito sfiorò le mie labbra, scese lungo il collo e il petto, iniziando una lenta discesa verso l'inguine: "Non essere frettolosa, siamo praticamente arrivati!"
"Uff... ".
In effetti, dopo pochi minuti raggiungemmo la villetta dove finalmente avremmo potuto concederci un scopata con i fiocchi, con tutte le comodità del caso, senza dover badare al tempo .

"Hai capito che bello scannatoio! Porti qui tutte le tue prede?" affermò accarezzando sensualmente il grande divano con vista sul mare.
"Non è quello che pensi. Questo è il mio buen retiro, il posto dove vengo a smaltire la tensione, a rilassarmi e difficilmente lo condivido con altre persone. È un posto molto intimo, solo pochi possono accedervi." replicai con fare ieratico, cercando di tenere a bada l'istinto di possederla sul tappeto ai piedi del divano.

"Immagino che tu voglia vedere come mi sta il tuo regalino..."
"Vieni... Ti faccio strada."
Mi avvicinai, le tolsi il soprabito e le stampai un bacio salivoso al lobo sinistro: mi seguì nella grande camera da letto, che riuscì ad amplificare ulteriormente la sua meraviglia.

Un grande letto rotondo dominava un ambiente dall'arredamento minimalista, dove le pareti laterali erano quasi totalmente ricoperte di specchi, così come il soffitto e la vista esterna di perdeva sul Tirreno.

"E questa stanza piena di specchi la usi per rilassarti?" domandò argutamente.
Le indicai una porta, rassicurandola che l'avrei attesa per tutto il tempo necessario: mi lasciai cadere sul letto, cercando di ingannare l'attesa riempiendo la mente di altri pensieri. Non appena il suono sordo della maniglia anticipò la sua apparizione, rimasi sconvolto alla vista di quella giovane ninfetta che si era trasformata in una donna sensuale e sfacciata, consapevole di essere l'oggetto dei miei desideri più reconditi.

Iniziai a salivare come quando ti presentano una pietanza appetitosa e dall'aspetto curato ed irresistibile: con gli occhi traboccanti di lussuria, le feci cenno di voltarsi, di farsi ammirare in tutto in il suo splendore.

[Continua]
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