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Lui & Lei

La linea: il prologo pt.1


di tongue81
17.01.2024    |    1.917    |    0 9.6
"Quella sera, dopo aver abbandonato ufficialmente il servizio in sala ed essere stata integrata nella brigata di cucina, mi presi anche il suo cazzo, il..."
Finalmente ero soddisfatta, piena del sesso e dello sperma di quello che era il mio desiderio sessuale da 15 anni: per tanti anni l'ho potuto solo guardare, ammirandolo come un dio, come l'eroe di una storia che non è mai stata scritta. Oggi l'ho rivisto e me lo sono preso, oggi ho pensato che i miei sogni sarebbero potuti diventare realtà ma non è stato così. Forse è anche colpa mia, forse ne sono felice.
Per anni, per 5 lunghissimi anni mi sono limitata a guardarlo dalla mia finestra, dalla piccola feritoia incorniciata dalla tendina realizzata da mamma, dall'appartamento squallido e misero dove vivevo in quanto figlia del portiere: l'ho ammirato quando rientrava da scuola in sella alla sua Vespa rossa, quando stava le serate intere a studiare sui libri universitari, quando portava a casa le ragazze nei pomeriggi in cui i genitori non c'erano e se le chiavava a 90 gradi sopra la scrivania, disegnando suoi loro volti espressioni di piacere travolgente.

Tutto iniziava e finiva davanti a quella finestra, a quella cornice dove le mie fantasie prendevano corpo e dove 10 anni fa si sgretolarono per sempre: avevo 19 anni e ormai non potevo più accontentarmi di sognare, ero na femmen, così diceva papà, intrapresi una strada, percorso che mi ha portato qui, ora, sul tavolo del mio ristorante con la fica piena dello sperma dell'uomo dei miei sogni adolescenziali. Mi fa rabbia che non mi abbia neppure riconosciuta, che non mi abbia chiamato per nome ma non che mi abbia scopato senza neppure chiedermelo. Potrebbe essere la seconda occasione che la dea bendata mi offre?
Eppure, una volta, ad inizio estate mi ricordo che salii al terzo piano a consegnargli una raccomandata e mi disse che mi ero fatta una bella piccerella, che magari una sera ci saremmo andati a fare un giro a Mergellina e, invece, questa storia non iniziò mai. La colpa fu di mio padre che per arrotondare e fare il fariniello con la moglie do mierec re pazzi della scala B faceva la cresta sulle quote condominiali e sul metano del riscaldamento. Tornammo a Pianura senza nulla, perdendo tutta la nostra vita.

In quel quartiere conobbi il sesso, con Gaetano C, pluriripetente dell' ITIS dove mio padre mi trasferì non potendo accompagnare la figlia nel vecchio quartiere: fu durante l'occupazione dell'ultimo anno, era bello e teneva anche l'automobile, una Pegeout 206 cc. Mi sverginò in un’aula al quarto piano, con una dolcezza inaspettata da un tipo con lui. Gaetano era bello, alto e biondo, atletico, tatuato e con un cazzo che pareva disegnato da uno sceneggiatore di film porno. Mi scopava quasi ogni giorno, dopo scuola, a casa sua o nella sua auto in uno spiazzo nei pressi del cimitero. Era dolce, appassionato ma zuzzuso nel chiavare quanto bastava: eravamo innamorati come lo si è a 18 anni e non ci facevamo domande. Il sabato sera mi veniva a prendere a casa, salutava papà e si bevevano una birra assieme parlando di pallone mentre mi finivo di preparare: appena usciti di casa, si dirigeva in una zona isolata e scopavamo prima di uscire a fare baldoria e di scopare nuovamente prima di rientrare a casa all'alba.
Purtroppo, sparii dopo 3 mesi: nel quartiere dissero che tutta la sua famiglia era stata presa dalle guardie, che avevamo denunciato e collaborato con i guardi e i magistrati portando all' arresto di alcuni camorristi della zona.

Piansi per giorni ma meno di quando fummo cacciati dal palazzo del Vomero: presi il diploma e, a metà luglio, per fuggire da una casa che non sentivo mia, seguii la mia amica Giusy imbarcandomi come cameriera su una nave da crociera. Era massacrante ma era una realtà che mi piaceva: i brevi momenti di svago e relax compensavano la fatica e la stanchezza. Durante uno scalo a Marsiglia, due ragazzi del personale di cucina ebbero un incidente a terra e dovettero essere sbarcati per un necessario ricovero ospedaliero: per tamponare l’emergenza lo chef, un cinquantenne rotondo e dalla faccia gentile, chiese chi se la sentiva di andare a dare una mano alla brigata a preparare la linea. Dato che cucinavo da quando avevo 12 anni per mio padre e mio fratello maggiore, dato che avevo imparato a memoria il quaderno pieno di ricette ed errori della nonna, mi proposi confidando nella remota speranza di racimolare qualche soldino extra.

Fu una svolta: mi innamorai della cucina e di quell'omone gentile dall'accento veneto. Assorbivo come una spugna tutti i suoi insegnamenti, come una cozzeca mi attaccavo a lui per provare ad emularlo. Mi insegnò tanto e, quando mi ritenne pronta, mi fece entrare a fare parte della sua squadra. Quella sera, dopo aver abbandonato ufficialmente il servizio in sala ed essere stata integrata nella brigata di cucina, mi presi anche il suo cazzo, il terzo dopo Gaetano e uno di cui non ricordo molto, e divenni la sua puttana di stagione.
Mi chiavava la mattina presto, nella stretta cabina, sbattendomi a pecora e venendomi dentro la pucchiacca, tanto era sterile e la sua sborra improduttiva non poteva mettermi incinta. Inoltre, mi sborrava in gola a fine servizio e solo allora, per non alterare il palato e rendermi meno efficace nelle mie mansioni lavorative. Mi scopava forte, mi faceva sentire zoccola e appagata: mi devastava la pucchiacca con le dita della mano sinistra, dove portava le fede, e me li faceva sucare pieni dei miei succhi, poi mi girava a pecora e mi scopava con il suo pesce largo e storto.

Ero felice: Lorenzo mi stava dando più di quanto potessi aspettarmi, una strada verso un futuro finalmente delineato e di cui ero desiderosa, tracciando una linea che ormai volevo seguire. Una volta sbarcata, consapevole che dopo 30 giorni sarei stata richiamata da lui per seguirlo in una nuova navigazione, mi affidò alle cure di Pasquale, un suo allievo che aveva recentemente aperto un piccolo ristorante di pesce a Pozzuoli. Ripensai al mio amore adolescenziale, a quell'amore forse non corrisposto perso da pochi mesi che sembravano un’eternità. Confidai tutto a Lorenzo nelle telefonate che ci facevamo di nascosto ogni giorno: non potendo apprendere da lui il mestiere e non potendo farmi dominare dal suo cazzo, gli raccontai tutta la mia vita e ne fu felice.

Una sera lo rividi, rividi quel ragazzo borghese che mi suscitava le prime palpitazioni al cuore e alla ciaccarella: venne a cenare con una biondina ca pareva a bamulella ncopp o'commo, vestitino corto e tacchi vertiginosi, sorriso smagliante e tette in vista: conobbi la gelosia e ne fui travolta, fui tentata di sputare nel piatto di linguine di quella zoccola ma desistetti. Uscii a prendere aria e la vidi impugnare il suo cazzo da sotto il tavolo e infilai una mano sotto il mantesino, dentro alle mutande fracide: in piedi, sul retro della cucina, davanti ad alcuni ragazzini più o meno coetanei, mi masturbai pubblicamente, incurante di tutto ciò che mi accadeva attorno ma speranzosa che lui si accorgesse di me.
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