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Prime Esperienze

Per un po' di gelosia mi feci rompere il culo. (Parte quarta)


di Stalio
27.06.2016    |    16.895    |    1 9.8
"Quando lui partì a pompare ci misi poco ad incominciare a gemere..."

Quando uscii la sera per giocare con gli altri, c'era anche lui. 
Stava parlando con Luigi, un nostro amico della mia età, di cui sapevo per certo che si era già fatto inculare da altri ragazzi più grandi. Era un po' frocetto.
Guardai Gianni, fulminandolo con lo sguardo, e lui si allontanò subito da  Luigi.
Ma poi i due parlarono ancora, più volte, e quando cominciammo a giocare a nascondino, addirittura si andò a nascondere con lui, invece che con me. La cosa mi mandò in bestia, mi venne mal di testa e me ne andai a casa senza salutare nessuno.

Per il pomeriggio successivo avevo un altro appuntamento con Gianni e riflettei molto se andarci o meno. Alla fine decisi di incontrarlo per fargli una scenata e poi mollarlo.

Alle tre, incazzato nero, stavo entrando in casa sua. Volevo litigarci e poi mandarlo a quel paese. Volevo chiudere con lui. 
Era già nudo, proprio nudo, senza neanche le mutande, l'uccello durissimo che mi puntava e dal buco della cappella usciva una goccina di sperma. Non mi salutò neanche, chiuse la porta, mi mise una mano sulla testa e mi spinse giù: con la lingua raccolsi subito la goccia di sperma che stava scivolando in basso lungo il manico, poi feci dei passaggi sulla cappella e sul filetto sotto, finché non me lo ficcò tutto in bocca. 
Ero andato per litigarci, e non riuscii neanche ad aprire bocca, anzi si, per accogliere il suo manganello. 
Mi lasciò campo libero per qualche minuto, poi mi tirò su e mi portò in cucina, mi svestì e mi fece stendere con la pancia sul tavolo, alla pecorina. Prese dell'olio sulle dita e mi unse il buco e la rosetta rossa tutto intorno, poi unse la sua cappella, quindi si avvicinò e puntò l'uccello sul mio buchino.
Era tutto surreale, lui non parlava ed io ero in bambola. Mi stava per prendere.
La pressione fu graduale, man mano sempre più forte, ed il mio buco pian piano si aprì, cedette a quel cazzo che tanto lo desiderava. Quando la cappella entrò  il dolore fu tremendo, e fu forte anche la tentazione di togliermi da quella posizione, lanciai un urlo disumano: "Haaaaaiiiaaaa, haaaa, haaaiaaahaa" ma resistetti e lui si fece strada ed in brevissimo tempo entro tutto dentro. Mi sentivo impalato da un palo di carne durissimo e bollente, che vibrava, e percepivo il sangue pulsare e scorrere lungo quel manico.
Ero pieno, aperto, provavo una sensazione nuova, strana, di pienezza, di completezza, non so come meglio descriverla e quando penso a quei momenti io, io, scusatemi, scusatemi.

Scusatemi ancora, mi sono assentato una decina di minuti, ma tutte le volte che penso a quella prima volta mi viene duro da matti e mi devo masturbare. È più forte di me.

Gianni per qualche attimo restò fermo, poi cominciò a fare avanti e indietro. Avevo il culo in fiamme, ed era doloroso sentire la cappella scorrermi dentro, perché era notevolmente più grossa del manico.
Ma dovevo resistere, ormai il più era fatto. Gradualmente Gianni intensificò i colpi, e lo sentivo crescere dentro. Poi successe una cosa improvvisa, inaspettata, un colpo di calore, che partì dal mio ex buco stretto e mi arrivò al cervello, e mi avvolse totalmente fin sotto la punta dei piedi. Gianni lo capì subito e partì a pompare con più violenza, mi faceva sempre male ma il piacere superava di gran lunga il dolore, ebbi un primo orgasmo contorcendomi e gemendo, dopo pochi istanti ne arrivò un altro, infine lui mi inondò le visceri e riuscii a percepire ogni singolo schizzo di sperma che mi scaricava dentro. Una sensazione unica che mi fece nuovamente venire.

Restò dentro di me ancora un po' dopo che l'orgasmo era passato, e sentivo l'uccello man mano sgonfiarsi, finché non uscì da solo.
Gianni crollò su una sedia, ed io in piedi, con lo sperma che mi colava giù dal buco, lungo le gambe. Mi asciugai alla bene e meglio con della carta da cucina, poi mi sedetti su una sua coscia e con la schiena mi abbandonai sul suo torace.
"È stato così tremendo?"
Non risposi, ma ero compiaciuto, felice.
"Te l'avevo detto io."
"Si, me l'avevi detto. Pensa che ero venuto per mandarti a cagare."
 "Per ieri sera? Ma non ti sei accorto che l'ho fatto apposta? Dalla reazione che hai avuto ieri pomeriggio, quando ti ho detto che dovevo trovarmi un altro da inculare, ho capito che ci tieni a me, e sei geloso."
"Non dovrei? E comunque dimmi cosa hai combinato con quel frocio di Luigi."
"Niente, ieri sera."
"Ma se vi siete infilati nello stesso nascondiglio! Come ieri sera? Perché, invece, altre volte si?"
"Altre volte si, ma più di un anno fa'. Ieri siamo entrati nella stessa casa, ma se non fossi andato via ti saresti accorto che poi siamo usciti da due posti diversi."
"Insomma, mi stai dicendo che ho preso un granchio, che mi è costato il culo."
"Il culo te l'avrei fatto comunque, prima o poi."
"Bravo. Adesso cosa si fa'?"
"Andiamo in bagno che mi dai una sciaquatina all'uccello, poi mi spompini finché non te lo dico io, infine ti voglio prendere nella stessa posizione che ti ho fatto mettere ieri in camera mia, mentre ti facevo vedere le macchinine."
"Porco! Ma ti devo lavare io il cazzo? Tu non sei capace?"
"Si troietta, tocca a te, mi piace molto quando me lo smanetti tra le mani."
"Lo so, porcellino."
"E se ti chiamassi Marchetta? Visto che Marco al femminile non c'è."
"Chiamami come cazzo vuoi, ma soltanto quando siamo da soli."

In bagno si posizionò con l'uccello nel lavandino, ce l'aveva già semi-duro. Lo insaponai per bene, palle comprese, ed insistetti ad accarezzare la cappella con il palmo della mano. In brevissimo diventò duro come il marmo. 
Averlo tra le mani mi dava soddisfazione, era il 'mio' uccello, quello che mi aveva appena deflorato, quello che mi dava tanto piacere, ed io ne ero troppo preso, abbagliato, lo volevo sempre.

Gli diedi un'asciugata veloce, poi mi inginocchiai e me l'infilai in bocca. Sapeva di pulito, di fresco, ma era caldo e duro, e vibrava. Non partii subito segandolo, me lo lavoravo con la lingua, sopratutto intorno alla cappella, e sul filetto, questo mandava Gianni in orbita. Anche il manico ebbe la sua razione, e le palle, infine cominciai a succhiare, alternando risucchi forti a meno forti, poi lo tiravo fuori e leccavo, e segavo.
Gianni era poggiato con la schiena contro il muro e mi lasciò fare per una decina di minuti, poi mi prese la testa e mi spinse l'uccello dentro, riuscivo a contenerne circa la metà, mi chiavò così in bocca per un po', poi mi tirò su' con una mano ed andammo in camera sua dove mi fece mettere con un piede sulla sedia e l'altro su uno sgabellino, per stare in alto all'altezza del suo cazzo, e con le gambe aperte. Mi puntò subito il buchetto, sentivo la cappella calda sul buco, e spinse mentre mi teneva stretto a se dai fianchi. Strinsi i denti e lo lasciai fare. Quando entrò dentro mi arrivò una forte fitta di dolore, poi lo sentii avanzare, farsi strada nella mia carne. Faceva male ma nel contempo sentirmi penetrato da quel palo di carne mi mandava fuori di testa, mi dava piacere, libidine.

Quando lui partì a pompare ci misi poco ad incominciare a gemere. Sentire scorrere dentro quel manganello era incredibilmente bello, mi dava dei colpi così potenti da farmi sobbalzare verso l'alto. Continuò così per un bel po', perché dopo aver fatto la prima ci metteva più tempo a venire, ed io mi godetti quella penetrazione abbandonandomi totalmente a lui, al suo ritmo. Quando mi riempii nuovamente le visceri io ero già venuto altre due volte, senza neanche toccarmi. Così, spontaneamente.

La terza volta mi prese direttamente nel bagno. Dopo avergli lavato 'l'attrezzatura' me lo caccio in bocca, gli piaceva da matti spingerlo dentro quanto più possibile e tenere la cappella con forza contro la mia gola. A volte facevo fatica a respirare e cominciavo a sbavare, allora lui mi mollava qualche attimo per farmi riprendere fiato e poi di nuovo dentro.
Stavolta mi inculò in piedi. Mi fece girare con la pancia verso il lavandino e mi fece mettere un piede sul bidè per allargarmi le gambe, quindi da dietro mi puntò il manico e si fece strada nel mio culetto.
Questa terza volta non sentii male, solo una leggera fitta al momento della penetrazione, niente di più, segno che il buco stava cominciando ad adattarsi al nuovo intruso.
Dallo specchio posto sul lavandino potevo vedere il suo viso soddisfatto mentre mi infilzava, e nel contempo lui vedeva sul mio tutto il piacere e la libidine che mi stava procurando. Avrei potuto vedere le contrazioni, le smorfie, della sua faccia nel momento dell'orgasmo, e sarebbe stato bello.
Ma lui aveva altri programmi. Dopo una decina di minuti in quella posizione mi mise le mani sotto le cosce, mi sollevò da terra, e senza estrarre il cazzo mi adagiò sul divano alla pecorina. E riprese a pompare, sempre più forte. Arrivava a tirarlo fuori del tutto, per poi rimetterlo dentro di botto, poi di nuovo fuori, e dentro. Io ero 'andato', un gemito continuo, ed avevo perso la cognizione di dove ero e di cosa stavo facendo. Ebbi degli orgasmi, ma non saprei dire quanti. Ricordo solo l'ultimo quando mi inondò dentro ancora una volta.

Passati gli effetti dell'orgasmo, ci stendemmo entrambi sul divano per far passare il fiatone, perché quell'ultimo amplesso era stato davvero intenso.

"Marco mi stai facendo morire."
Sorrisi.
"Ma quanto ti piace farti inculcare?"
Sorrisi ancora, poi: "Mi vergogno un po', però si, devo ammettere che mi piace tanto."
"Non ti devi vergognare, non c'è niente di strano."
"Ma a me piacciono, piacevano, no, piacciono ancora le donne."
"E con questo? Una cosa non esclude l'altra."

Parlammo ancora un po', finché mi resi conto che il tempo passava e ci rimanevano ancora una quarantina di minuti prima che i suoi tornassero a casa, ed avevo ancora una voglia per completare quel magnifico pomeriggio: farmi sborrare in bocca. E glielo chiesi.

"Cazzo, Marchetta, stai diventando una vera puttanella."

Dopo il passaggio in bagno per farselo risciacquare, dove l'uccello riprese presto vigore, si distese sul divano, incrociò le mani sotto la testa, e mi lasciò piena libertà.
Quel pompino mi fece capire ancora una volta, mi diede ulteriore conferma, di quanto gusto provassi ad avere il suo cazzo in bocca. Fu in quei momenti che decisi di diventare bravo, di essere uno che i pompini li sa fare. Un pompinaro provetto.
Era un modo per tenermi stretto Gianni, perché farsi succhiare il cazzo era una delle cose che più gradiva, la sua preferita.
Quella pompa durò una mezz'oretta, lui era rilassato, ed io me lo lavorai a dovere. Alla fine mi sborrò in bocca, ma gli ultimi schizzi li diressi sulla faccia, poi di nuovo in bocca a succhiare per fargli durare l'orgasmo quanto più possibile. È come si contorceva per il piacere.

Nei giorni successivi feci molta pratica, e diventai un esperto. Chiedevo a Gianni cosa più gli piaceva e lo mettevo in pratica. Mi inventavo nuove pratiche, capii che ero io a condurre il gioco, che ero io a decidere quando farlo venire. È questo mi diede potere su quel cazzo, sul 'mio' cazzo.
Certo lui puntava spesso a ficcarmelo nel culo, era fissato con quello. Ma quando si distendeva e mi lasciava campo libero, con la lingua e succhiandoglielo riuscivo a farlo morire di piacere.

Passarono un paio di settimane, consumate a furia di inculate e pompini, ogni occasione era buona. E prenderlo nel culo mi mandava in estasi. Lui, per iniziare, si faceva sempre spompinare, e nel mentre mi infilava un dito, a volte due, nel culo, e solo quello mi faceva sballare. Poi quando poggiava la cappella sulla rosetta rossa, era qualcosa di unico e quando entrava, mmmm.
Di solito, ad ogni appuntamento, Gianni ne faceva al massimo tre, mentre io arrivavo anche a cinque o sei orgasmi, una volta a sette.

Arrivò il mese di Agosto, e Gianni mi propose di andare al mare insieme a lui, per una o due settimane, o più, se per i miei non era un problema, a casa di suo cugino Stefano. Saremmo stati in quattro, con anche Sergio, 'la puttanella di mio cugino', così la definì Gianni.

Continua.
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