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Ogni maledetto weekend (Parte decima)


di Stalio
09.12.2016    |    13.385    |    1 8.4
"Il presidente mi voleva parlare, farmi il colloquio per la promozione a caposquadra, comunque Elena c'era, nascosta nella camera dove solitamente trombavano..."

Quella sera, a casa nostra, quando ci coricammo, crollai emotivamente.
Eravamo distesi sul letto girati entrambi di spalle, ed improvvisamente senza volerlo scoppiai a piangere, seguito da lei dopo pochi istanti.

Fu lei la prima a parlare, dopo qualche minuto: "Io non ti merito Giulio e capirò se tu dovessi decidere di mollarmi."
"Non ce la faccio più Elena, ti amo ma non reggo così, non con una situazione del genere. Tu hai altri ritmi, per te ci vorrebbe uno come Arturo."
"Non ti cambierei mai con nessuno, neanche con Arturo. Ma capisco cosa intendi e, credimi, mi dispiace per quello che è successo oggi. È colpa mia."
Cominciai a giustificarla: "Come facevi a saperlo? Anche se potevi evitare di ficcarti in quella situazione, ma ti ringrazio per avermi salvato."
"Se Cesare ti avesse violentato non me lo sarei mai perdonato, un discorso è essere consenzienti ed un altro è prendere una persona con la forza. Se può servire a qualcosa, ti prometto che una cosa del genere non succederà più. D'ora in poi starò più attenta a scegliere i miei partners."
"A scegliere i tuoi partners? Ma tu Elena ci vuoi provare a saltarne fuori o no?"
"Si, come siamo d'accordo."
"No, perché ho l'impressione che, da quando mi hai confessato tutto, vista la mia bonarietà, tu non te ne lasci scappare più neanche uno. Prima almeno stavi attenta a non farti beccare da me e non credo che andassi con tutti."
"Non posso contraddirti. È vero, da quando abbiamo parlato mi sento più libera, e seguo totalmente i miei istinti. Perdonami, non lo faccio apposta."
"Elena, speriamo che passi presto questa settimana, e che poi ci stabilizziamo un po'. Una cosa è certa: a Venezia ti ci riporterò tra vent'anni." Scoppiò a ridere e man mano la tensione si stemperò.
Ci addormentammo.

Quando la mattina dopo ci svegliammo, mi rese edotto del programma settimanale: quel giorno aveva Arturo di mattina ed i due ragazzi della pizzeria la sera. Il martedì il commesso del negozio di scarpe, il mercoledì Marco, il giovedì il postino, il venerdì il Carabiniere, che io non avevo ancora visto. Il weekend per il momento era ancora libero perché, come capii dopo, la mogliettina cara aveva già studiato qualcos'altro.

Sul lavoro alle 10,30 mi arrivò la chiamata per andare in ufficio da Arturo. Ecco, pensai, la troietta vuole vedermi prima di farsi scopare. Ma non era così, non del tutto almeno. Il presidente mi voleva parlare, farmi il colloquio per la promozione a caposquadra, comunque Elena c'era, nascosta nella camera dove solitamente trombavano.
Mentre ci stavo andando mi arrivò un sms della mia consorte: 'Giulio, mi raccomando, fai qualsiasi cosa ti chiederà di fare.'
Non capii cosa intendesse, comunque ormai ero davanti alla porta del suo ufficio e bussai.
"Vieni Giulio, vieni."
Entrai e me lo trovai davanti: avevo soggezione di quell'uomo, lo vedevo così...così... lontano. 
Gli davo da sempre del lei, era il presidente, ma lui quella volta fu bravo a mettermi subito a mio agio, mi strinse la mano e mi fece accomodare sul divano. 
Notai che all'interno del suo ufficio, oltre alla porta principale, c'erano altre due porte interne, una dava in un bagno, e l'altra era sicuramente quella della camera dove c'era il letto, e la porta era solo accostata, senza dubbio Elena era in quella stanza.
"Giulio...è tanto che ti sto osservando, mi piace come lavori e quando sulla mia scrivania arrivano i tuoi progetti difficilmente faccio modificare qualcosa, e quando succede è solo per farli integrare al meglio nel programma generale, programma che tu, nella tua posizione non puoi conoscere integralmente."
Sorridendo, risposi da perfetto leccaculo: "Si presidente, ho percepito la sua stima, è quella che mi stimola a fare sempre meglio." 
"Ottimo. Ma Giulio, per piacere, quando siamo a quattr'occhi dammi del tu. Il lei lo percepisco come una barriera, non mi piace."
"Va bene Arturo, grazie, mi fa' piacere."
"Bene, arriviamo al dunque: tu lo sai perché ti ho fatto chiamare?"
Per poi scoparti mia moglie, pensai, ma dissi: "No Arturo, non lo so."
"E che il tuo caposquadra il prossimo mese va in pensione, lo sai?"
"Già tra un mese? Pensavo che ci andasse più avanti, ci mancherà molto."
"Ci va' tra poco meno di un mese. E bisogna sostituirlo. Io avevo pensato a te."
Finsi sorpresa: "A me? Ma lei...tu ritieni che io abbia le capacità di..."
Mi interruppe: "Sulle tue capacità tecniche e di gestione del personale non ho il minimo dubbio. Ma voglio tastare la tua fedeltà a me. Io ho bisogno di dirigenti che siano totalmente in sintonia con me. Che ragionino con la mia testa, come dico sempre."
"È sei anni che lavoro qui, penso di...ma tu cosa intendi esattamente?"
"Ecco, ti spiego: Giulio ognuno ha un suo modo per valutare le persone. Il mio è particolare, credo unico. Te la senti di provare a dimostrarmi la tua fedeltà?"
"Arturo, come puoi immaginare ci tengo a quel posto. Dimmi cosa devo fare ed io la farò."
"Bravo, si vede che sei una persona intelligente. Vieni qui..." Mi prese con una mano, che per inciso era grande come un badile, e mi fece inginocchiare tra le sue gambe.
Poi gentilmente, ma serissimo, mi ordinò: "Sbottona i pantaloni e tiralo fuori." 
Pensai: allora è vero che a questo non gli fanno schifo i maschietti.
"Arturo...io..." Lui mi guardava serio, e capii che mi stava studiando e nel contempo sottoponendo ad una prova.
Così sbottonai i pantaloni, slacciai la cintura e mi feci largo per arrivare all'uccello che era già parzialmente duro. Le mutande non riuscivano a contenerlo, c'era la cappella che era più grossa di una mela, che sbucava da sopra l'elastico. Abbassai anche le mutande e lo vidi, era una clava e, come era stato con mia moglie, anche con me si stava indurendo sotto i miei occhi.
"È enorme..." Riuscii a dire solo questo. 
Lui mi prese tutte e due le mani e me lo fece agguantare, e segare. Dopo qualche attimo fui io, d'iniziativa, ad avvicinarmi e con la lingua stuzzicare il buco da dove usciva del liquido seminale, poi passai a leccare il filetto sotto la cappella.
A me piaceva tanto quando me lo faceva Elena, ed anche Arturo gradì il trattamento. Quando mi infilai la cappella tutta dentro, lui mi prese la testa e me la spingeva avanti ed indietro, come per chiavarmi in bocca. Ogni tanto me lo spingeva talmente dentro che non riuscivo a respirare, poi riprendeva a fare avanti ed indietro. Dopo una decina di minuti di questo trattamento, mi mollò la testa e mi chiese di spogliarmi. Pensai che volesse farmi il culo, e terrorizzato dissi: "Arturo...per favore, non l'ho mai fatto."
"Stai tranquillo...per oggi basta così, voglio solo controllare una cosa. Spogliati."
Eseguii e mi tolsi ogni cosa, calzini compresi. Lui mi si avvicinò e mi fece abbassare con la schiena ed allargare le gambe, poi: "Ok, ti puoi rivestire." 
Era ancora col cazzo durissimo fuori dai pantaloni, e si sedette su una poltrona.
Mentre mi rivestivo disse: "Ottimo Giulio, hai superato la prova di fedeltà. Ti do solo qualche consiglio per farti entrare meglio in sintonia con me: voglio che ti fai crescere i capelli, almeno fino alle spalle. Poi voglio vederti il culo sempre depilato, come se fosse quello di una donna, e metti in conto che prima o poi me lo prenderò, perciò fossi in te comincerei a prepararlo. Un'ultima cosa: devi imparare a sculettare, quando sei qui con me voglio vedere quel culo ballare. Osserva tua moglie, che mi sembra una maestra in quello. Ed inoltre devi indossare dei pantaloni più aderenti."
Mamma mia...il mio povero culetto...lo dovevo preparare, ma come? Prendendo cazzi a iosa come stava facendo Elena? Ma per lei era facile, era una donna, ma io?
Arturo aggiunse: "Giulio, se mi darai soddisfazione in ogni cosa, la tua carriera non si fermerà a caposquadra. Sta a te, dipende solo da te."
"Cercherò di fare del mio meglio per non deluderti mai."
"Ottimo...adesso vai, sto aspettando una persona. Ci rivediamo nei prossimi giorni."
Mi venne così, al momento, gli dissi: "Vorrei salutarti a modo mio, posso?"
Incuriosito, mi autorizzò. Mi avvicinai a lui, mi abbassai e glielo ripresi in bocca, e succhiai con tutt'a la forza che avevo, per tre volte. Arturo gemette contorcendosi per il piacere, mi mise una mano sulla testa come per farmi proseguire, ma poi la tolse. Io lo mollai, mi rimisi in piedi ed uscii, col sorriso sulle labbra. Ero sicuro di averlo colpito, e che presto mi avrebbe richiamato in ufficio per finire quel lavoro lasciato a metà, ma non quella mattina, che era già impegnato con Elena.

Nella pausa pranzo mi telefonò mia moglie: "L'hai lasciato senza parole, quella mossa di succhiarglielo prima di andare via è stata fenomenale."
"Bene, sono contento. Hai sentito che mi farà fare carriera?"
"Si Giulio, senti ...questa sera ti devo chiedere una cosa."

La sera, dopo il round a tre con i due fratelli, e dopo averla ripulita per bene, facemmo una doccia insieme, e scopammo sotto l'acqua che scorreva.
Dopo, a letto, parlammo.
"Giulio mi togli una curiosità?"
"Certo amore, dimmi."
"Ma a te... piace il cazzo?" 
Non mi aspettavo questa domanda...e a dire il vero non sapevo cosa rispondere. Con i due maiali di Venezia mi ero eccitato da matti, ed anche quella mattina con Arturo avevo il cazzo duro, tant'è che lui l'aveva guardato divertito.
"Elena non so che dirti, eri presente nelle due occasioni con cui sono entrato in contatto con degli uccelli. È un problema che non mi sono mai posto, non ci ho mai pensato, perché a me piacciono le donne. Tu in particolare."
"Ma che c'entra? Ti possono piacere le donne ed anche il cazzo. Non ti sto dicendo che sei gay, non lo sei, però ho l'impressione che il cazzo ti piaccia."
"E se non mi piace sarà meglio che me lo faccia piacere, hai sentito Arturo vero?"
"A dire la verità è un qualcosa che mi aspettavo. Lui è così. Ma vedrai che ti darà il tempo necessario per prepararti, come sta facendo con me."
"Si, ma tu sei una donna, una bella donna, e ti basta un'occhiata per portarti a letto qualunque maschio. Ma io? Come farò? Dove sbatto la testa? Di sicuro non mi metterò a frequentare locali gay per trovare maschi che mi inculino. No di certo. E d'altronde non posso sprecare un'occasione così con Arturo."
"Ti puoi comprare quell'aggeggio che volevi prendere per me. Ma comunque ci sono anche altri modi, per esempio abbiamo quelle belle carote fresche in frigo, che ne dici?"
"Una carota? Ma ti rendi conto del cazzo che ha Arturo? Cosa ci faccio con una carota?"
"Deve essere una cosa graduale Giulio, si comincia con una carota piccola, poi una media, dopo una più grossa, e così via. E ci sono anche i cetrioli, ma io credo che comunque niente possa sostituire un buon cazzo, niente."
"E dove lo trovo un uomo che dopo avermi fatto il culo non mi va subito a sputtanare?"
"Bè qualcuno ci sarebbe, almeno due direi."
"Due? E chi sarebbero?"
"Cesare e Aldo. Ecco loro non avrebbero problemi."
"I due animali veneziani? No...mai...con loro mai."
"Come vuoi...ma pensaci. E poi ti devi anche depilare, lasciarti crescere i capelli. Sono curiosa di vederti con i capelli lunghi."
"Io non mi ci vedo molto. Sono anni che li ho corti così."
"A lui piace infilare le dita in mezzo, mentre lo si spompina, per quello ti vuole con i capelli lunghi. Ci gioca."
"Cosa bisogna fare per la carriera." Dissi ridendo.
"Dai che un po' ti piace, ammettilo. Intanto che ne dici se partiamo con una bella carotina nel culo?"
"Mi tocca. Ci pensi tu amore?"
"Si, e domani, quando torni dal lavoro, cominceremo le lezioni di sculettamento."
Elena andò in cucina e dal frigo prese tre carote di misure diverse, ed un po' di olio d'oliva in una tazzina. Quando tornò da me mi fece scegliere con quale cominciare, presi la più piccola. Mi fece stendere a pancia in giù con le mutande calate, e dopo aver unto la carota mi chiese di allargare le chiappe, quindi puntò il buchino e spinse con forza. Quando entrò vidi le stelle, era fredda, congelata, e mi stava facendo male, cercai di resistere, ed Elena la spinse tutta dentro. Dopo qualche attimo cominciò a fare avanti ed indietro, come fosse un cazzo. Quella carota nel culo mi sembrava enorme, infatti mi resi presto conto che mi aveva messo dentro quella più grossa. 
"Disgraziata traditrice, perché quella grossa?"
"Stai zitto...vuoi che prenda qualcosa grosso come quello che ho preso io la prima volta?" Intendeva il mio uccello. 
"Lasciala nel culo per tutta la notte."
"Ma come faccio a dormire così? Mi brucia da matti."
"Zitto, non rompere i coglioni e dormi."

Continua
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