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Ogni maledetto weekend (Parte tredicesima)


di Stalio
04.02.2018    |    2.618    |    0 9.8
"" Finalmente si era deciso a farmelo sentire..."
La domenica mattina ci svegliamo tardi, poco prima delle 9,00.
Nell'albergo servivano la colazione fino alle 9,30, quindi mi sistemai alla bene e meglio mentre Elena faceva una doccia veloce, e scendemmo giù. Per me la giornata si prospettava interessante, ma solo da dopo pranzo in poi, la mattina invece ero libero. Elena, al contrario, si doveva vedere alle 10,30 con Luca, dopo non aveva impegni, ma conoscendola non avevo dubbi sul fatto che avrebbe trovato qualcosa da fare, magari un'altra scopata con Lorenzo...chissà...
Camminando mi resi conto che era passato il dolore al mio didietro, e ne fui felice.
La mente andò a Valerio, e sorrisi al pensiero che mi aspettava un intero pomeriggio da passare con lui. Riflettevo anche sul fatto che, dopo essere passato da Valerio, non avrei avuto alcun problema ad affrontare Arturo, e la sua nerchia.
Elena mi richiamò alla realtà con un pizzicotto su una chiappa: "È dall'altro ieri che non ti eserciti a sculettare, dai fammi vedere..."
"Elena, non siamo a casa."
"Non importa...su...su...forza..."
Nella sala delle colazioni c'erano solo altre due coppie, di cui una con un figlio grande, credo sui 18 anni, che beccai un paio di volte a fissarmi, mentre facevo avanti e indietro dal nostro tavolo a quello del buffet.
Accennai ad Elena che non sapevo come trascorrere la mattinata, e lei candidamente rispose: "Magari trovi un uomo che ti fa un culo così." ...mimando il classico gesto con le mani. Ed io, sorridendo: "Più di Valerio?"

Finimmo di fare colazione, ed Elena prima di andar via mi salutò con un bacio sulle labbra.
"Amore, ci vediamo per pranzo. Fai il bravo."
"Guarda...dormirò tutta la mattina. Tu non immagini cosa mi aspetta dopo pranzo."
"Uhmmmmm...maialino. Ciao." Ed uscì ridendo.
La seguii con lo sguardo, camminando per strada la troietta sculettava in modo superbo, tanto da sembrare poesia in movimento; io non avrei mai potuto raggiungere i suoi livelli.
Decisi di andare in camera, sarebbe stata una mattinata di noia.
Mentre aspettavo l'ascensore si avvicinò il ragazzino brufoloso che avevo visto poco prima in sala, ed io, come ormai d'abitudine, abbassai lo sguardo sulla sua patta...il ragazzo aveva il cazzo duro, e sembrava ben fornito, ...sentii immediatamente una vampata di calore.
Arrivò l'ascensore, la cabina che trasportava al massimo quattro persone non era molto spaziosa, ed anche in due non è che ci fosse tanto spazio. Comunque ci infilammo dentro, schiacciai il pulsante per il terzo piano e lui sfiorandomi la mano quello per il quarto. 

Era dietro di me a meno di mezzo metro, e mentre dallo specchio lo osservavo ipnotizzato all'altezza del...cazzo, che mi sembrava esagerato per un ragazzo di quell'età, lui improvvisamente disse: "Se vuoi, oltre che a guardarlo, lo puoi toccare."
E mi prese una mano facendomela strusciare sul manganello duro, mentre con l'altra mano si era impossessato delle mie chiappe, e con un dito aveva centrato il buco e spingeva come per voler ficcare tutto dentro: mutande, pantaloni e dito.
Continuò: "Dimmi il numero della tua camera."
Io con gli occhi chiusi, mentre mi gustavo il palpamento del buchino: "321."
"Appena i miei vanno via, ti vengo a trovare."
"Ok, dimmi solo quanti anni hai, di dove sei, e come ti chiami."
"Ho quasi 19 anni, sono di Modena e mi chiamo Antonio. Contento?"
"Si...ti aspetto."
Continuando a spingere il dito: "Però comando io, tu devi fare tutto quello che ti ordinerò. Vengo solo a questa condizione."
"Uhmmmmm.....tutto quello che vuoi...."

Incredibile...stavo attirando uccelli esattamente come accadeva ad Elena.
E la cosa un po' mi preoccupava: dove sarei andato a finire? Che strada stavo prendendo?
Comunque c'era tempo per pensare a quello, ...e comunque, di sicuro, quella mattina non mi sarei annoiato.

Antonio arrivò dopo venti minuti. Appena entrato si sedette su una sedia e disse: "Cammina un po' avanti ed indietro sculettando, come facevi prima."
Ecco...mi aveva visto nella sala delle colazioni, probabilmente se Elena non mi avesse chiesto di sculettare lui non si sarebbe neanche accorto di me. Feci come mi aveva ordinato.
"Accentua di più il movimento del culo." Ci provai, mentre lui si massaggiava l'uccello da sopra i pantaloni. 
"Adesso mentre mi sculetti davanti comincia a toglierti tutto, devi rimanere con le sole mutande."
Cominciai dalla maglietta, poi le scarpe, i pantaloni ed i calzini.
"Bene, ora spoglia me."
Mi sembrava un po' strano il suo modo di fare, a questo punto con Cesare e Aldo avrei già avuto un cazzo ficcato nel culo ed uno in bocca. 
Antonio voleva fare a modo suo e poi, d'altronde, che fretta c'era?
Gli sfilai la maglietta, tolsi le scarpe, slacciai la cintura, sganciai il gancio dei pantaloni, tirai giù la lampo, e prima di togliere i pantaloni, lui: "Lasciami le mutande, e non ti azzardare a toccarmi l'uccello." Sfilai i pantaloni.
L'uccello, sotto le mutande, sembrava bello grosso, più di quelli di Cesare e Aldo, ma meno di quello di Valerio. 
"Cammina ancora, fammi vedere come muovi il culo."
"Hai intenzione di farmi camminare tutta la mattina?" Dissi.
Con tono alto: "Non ho chiesto il tuo parere."
Ripresi a camminare, si vede che il movimento delle mie chiappe lo arrapava.
Un paio di minuti di sculettamento, poi: "Vieni qui, inginocchiati e tirami giù le mutande senza toccarmi il cazzo."
Quando abbassai gli slip, il manganello schizzò in avanti puntando deciso verso di me. Cazz...lungo almeno venti cm, con delle venature che partivano dalla cappella fino alla base, bello grosso, e anche le palle erano in scala col resto.
"Ti piace vero zoccoletta?"
"È molto bello...posso?" E lo presi in bocca, ...per un attimo, perché immediatamente mi arrivò uno schiaffo in faccia che mi fece rintronare.
"Non ti permettere più di prendere iniziative. La prossima volta ti farò la faccia più rossa di un peperone."
Perché non me l'aveva già fatta? Antonio era tosto e mi conveniva assecondarlo. Un ragazzino di 19 anni mi stava mettendo sotto.
"Ti devi guadagnare il mio cazzo...troietta. Vuoi usare la lingua? Comincia a leccarmi i piedi, ...poi man mano vieni su'."
Avevo ingurgitato litri di sborra, non poteva farmi schifo leccare i piedi ad un ragazzo. Inginocchiato per terra come un cane, mi impegnai per una decina di minuti su entrambi i piedi, mentre ne' leccavo uno lui mi metteva l'altro piede sulla schiena, usandomi a mo' di sgabello.
"Bravo...adesso vieni su e fammi sentire la lingua sulla cappella."
Finalmente si era deciso a farmelo sentire. Cominciai a leccare il buchino raccogliendo il liquido seminale che fuoriusciva, dopo passai sul filetto sotto, quindi girai intorno alla parte più larga, poi inconsciamente lo infilai di nuovo in bocca guadagnandomi così un'altra patacca in faccia ed una stretta ad un capezzolo che diventò viola. 
Tornai a leccare la cappella con la lingua, due-tre minuti così poi: "Adesso succhiami le palle, una alla volta, poi vieni su' senza staccare la lingua, e quando arrivi alla cappella infilatela in bocca e fammi vedere come sei bravo a succhiare."
"Posso prenderlo in mano?"
"No...mi devi far sborrare senza segare."
Quando arrivai a prenderlo in bocca gli cacciai una serie di succhiate che lo fecero gemere di piacere, poi presi a fare avanti ed indietro, dentro e fuori, senza l'uso delle mani mi risultava scomodo, ma me ne guardai bene dal prendere iniziative. Andammo avanti per più di un quarto d'ora, e lo sentivo diventare sempre più grosso, finché tenendomi la testa con le mani, con il cazzo ficcato fino in gola, esplose in un orgasmo devastante inondandomi la bocca con 4-5 schizzi,.
Continuai a succhiarlo finché ne aveva, e fu lui a fermarmi.
"Brava la mia pompinara...ti sei guadagnata una bella inculata, ma prima vai a lavarti...porco."
Mentre andavo in bagno: "Sculetta, ti voglio vedere muovere il culo ad ogni passo."
Ebbi la conferma che per lui quello era uno spettacolo eccitante.
Quando tornai Antonio era sul letto, già pronto.
"Succhiamelo un po'."
Stavo per prenderlo in mano, ma realizzai subito che lui non me l'aveva chiesto, quindi andai solo di lingua, poi tutto in bocca a succhiarlo con forza.
"Basta così, stenditi e girati di lato." 
La posizione era quella del 'cucchiaio', ed Elena l'avevo presa tante volte così, ma stavolta toccava a me essere preso.
Lui si sistemò dietro, puntò la cappella sulla rosetta e spinse con violenza: "Ahiiiiii...pianooo..." Il mio buchetto era ancora indolenzito dal giorno prima.
"Si...piano...forte..." Era entrato di botto, con una sola spinta, sentivo le palle sbattermi sul culo.
Aspettò qualche attimo, quindi cominciò a pompare, prima piano, poi sempre più forte, dopo qualche minuto, senza uscire, mi girò a pancia in giù, e poi ancora mi fece mettere alla pecora. Scopava bene il ragazzino, ci sapeva fare...ebbi un orgasmo ed un secondo quando si svuotò dentro.
Non uscii subito, continuò a pomparmi piano, poi infine si distese sul letto e mi prese la testa portandosela sull'uccello: "Puliscimi il manico, zoccola."
Lo presi in mano e feci lavorare la lingua, poi me lo infilai in bocca e succhiai forte per svuotarlo del tutto.
"E brava la troia."
Mi chiese il numero di telefono: "Così ti chiamo quando ho voglia di svuotare le palle."
Poi: "Vai in bagno, infilati nel box doccia, e siediti per terra, che tra un po' arrivo."
Esegui senza obiettare, senza chiedere niente, anche se non comprendevo il motivo di quella richiesta; ma se volevo rivederlo, e mi interessava rivederlo, mi dovevo comportare così: lui mi comandava ed io dovevo ubbidire.
L'aspettai diversi minuti, poi arrivò. Si mise in piedi davanti a me, fuori da box. Aveva il cazzo moscio e non capivo che cosa volesse fare, o farmi fare, ...lo dovevo prendere in bocca o cosa? Ma ci arrivai quando se lo prese in mano e cominciò ad urinarmi addosso, in faccia, ordinandomi: "Apri la bocca, puttana."
Sorpreso, un po' schifato dalla piscia calda che mi scivolava sul corpo, ma ormai succube, spalancai la bocca ricevendo immediatamente il getto...che continuò per un bel po'. Stavo là, immobile, mortificato, umiliato, chiedendomi perché mi stesse facendo questo. Ma capii che per lui quella era una dimostrazione di forza, di potere su di me, e per me invece un segno resa, di sottomissione completa.

Quando arrivò Elena le raccontai tutto, omettendo quello che avevo subito nel box doccia.
Decidemmo di andare a pranzare fuori, dove Elena, al termine del pranzo, mi chiese candidamente se poteva partecipare al mio 'incontro' con Valerio, che l'avevo incuriosita e che voleva anche lei 'giocare' con quel mega uccello, che era mia moglie e che ne aveva diritto...ecc...ecc...
Sorrisi al 'sono tua moglie e ne ho diritto'...ma mi trovai d'accordo; in due avremmo gestito meglio Valerio. Gli mandai subito un messaggio per avvisarlo, e lui rispose con un stringato 'ok'.


...continua.
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