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Triangolo Uomo-Uomo-Donna - Seconda parte.


di Honeymark
04.05.2015    |    10.303    |    1 9.7
"Penetrandola la spingeva verso di me e non avrebbe impiegato poco con la sua stazza..."
Triangolo MMF – Seconda parte.
L’uomo che mi amava.
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Passai il sabato riposando e la domenica giocando a golf. Il lunedì tornai in ufficio con una certa curiosità
- Ragazzi, buon inizio di settimana. – Dissi ironico, sapendo che il lunedì è un brutto giorno per tutti i lavoratori.
Non ricordo se risposero.
Roberta però, come sempre, mi seguì in ufficio a organizzarsi il lavoro confrontandosi con me.
- Come è andata avanti? – Le chiesi con noncuranza.
Lei mi restituì le chiavi.
- E’ andata avanti ancora un po’, - ammise. – Adesso penserai che sono una troia, vero?
- Sì, certo. Sei una troia.
Ci rimase male e si avvicinò a me seria.
- Dimmi che scherzi.
- Sì, scherzo. – Risposi sorridendo. – Ti voglio bene.
- Meno male, - disse facendo un profondo respiro.- Non vorrei perderti per nessuna ragione al mondo.
- Ah sì? Vediamo se è vero.
Mi abbassai e l’accarezzai sotto le gonne. Non portava le mutandine.
- Ehi, non vale! – dissi. – Vuoi ottenere la mia benevolenza!
Sorrise e si lasciò toccare divertita di avermi stupito.
- Mettiamoci a lavorare, mi disse. Ti racconto tutto a ora di pranzo.

Verso l’una e mezza stavo seduto in centro al divano del mio ufficio, con lei che camminava parlandomi.
- Io ne ho approfittato – disse misurando le parole - e me lo sono fatto finché ha funzionato.
- Hai fatto bene.
- Mi consideri sempre un troia?
- Sì.
- Daiii!
- Ha ha! Vuoi tenertelo?
- No. E non vuole neanche lui una relazione. Tutti due vogliamo te.
- Dimmi che scherzi…
- Senti, - disse venendomi a leccare l’orecchio. – E’ te che amo.
- Sai che non è vero.
- Sei il mio mentore, il mio capo. Il padrone… La persona con la quale riesco a realizzarmi sul lavoro come non era mai capitato prima. E col tuo sesso mi pare di volare vicino al sole.
- La stessa cosa posso dirla di te. Ma questo non è amore, - sorrisi. - E neanche un calesse.
- Voglio dire che quando mi vieni in bocca mi sento privilegiata, quando mi chiavi mi sento amata, quando mi inculi mi sento di tua proprietà.
- Dio mio, - le dissi avvicinandomi a lei. - Che belle parole… Speriamo che almeno in parte siano vere.
- Lui, invece, Mirko, - continuò allontanandosi - sono io che possiedo lui. Io sono la sua padrona e lui è il mio schiavo.
- E non ti va bene questo?
- Ne abbiamo parlato. Entrambi vogliamo te.
- Anche io gradisco essere con voi.
- Senza di te io e lui non ci attiriamo. Ci piace essere guardati e appartenere a te.
- E’ bello sentirvelo dire.
- Anche lui vuole appartenere a te.
- Cioè?
- Vuole sbocchinarti, vuole che lo inculi, che lo frusti, ecc.
- Dai smettila.
- No, lo hai conquistato anche se è etero. La dominazione è trasversale.
- Era l’ultima cosa che volevo.
- Beh, siamo tuoi entrambi. Senza di te io e lui non ci incontriamo più.
- Non lo inculerò mai.
- Peccato, - sorrise maliziosa. - Mi sarebbe piaciuto vedervi. Puoi almeno frustarci?
Mi strinsi le tempie con una mano. Provai a cambiare discorso.
- Sì, - aggiunsi invece. – Questo sì…
- E a te cosa ha eccitato di più? – Mi domandò.
- Te nuda a quattro zampe con le gambe aperte che sbavi per avere i nostri cazzi.
- Ma non mi sono messa mai così!
- Lo so, ma la prossima volta che saremo a tre, starai sempre così come posizione di base, quando non farai nulla.
- L’idea mi fa bagnare…
- Sei una donna fantastica.
- Anche lui lo vorrebbe.
- Chi, Mirko? Vorrebbe cosa?
- Stare nudo a quattro zampe in attesa di disposizioni mentre io e te ci divertiamo.
- Te l’ha detto lui?
- No, l’ho capito io adesso da te.

Pare impossibile, ma riuscimmo a organizzare ancora solo due altre serate a tre e nell’arco di quattro mesi. Tutti tre eravamo al centro di importanti cambiamenti e con ogni probabilità nell’arco di un anno non ci saremmo incontrati più. Ma due volte ci siamo riusciti e vale la pena raccontarle.
Come sempre di venerdì, siamo andati nel mio loft. Come d’accordo, ho ordinato loro di denudarsi e di mettersi a quattro zampe, fermi in attesa di ordini. Lo hanno fatto senza discutere, si sono dati una rapida occhiata alle reciproche intimità e si sono messi a quattro zampe per me. Io, con calma, sistemai le cose. Luce più bassa, una musica piacevole di sottofondo, qualche profumo orientale. Poi mi sono spogliato anch’io e ho indossato l’accappatoio. Il mio fisico non è giovanile come il loro. Poi mi sono seduto comodamente sul divano a guardare le belle statuine. Vederli così belli e disponibili mi aveva provocato una prima erezione.
- Mirko, - dissi poi, - vieni a succhiarmelo.
Lui si portò da me camminando come un cane e, lasciando le mani appoggiate a terra, cominciò a leccarmi.
Era bravo, proprio come avrebbe fatto un cane. E sentirmelo succhiare mentre guardavo lo stupendo corpo di Roberta, virtualmente nelle mie mani, mi faceva sentire realizzato.
Ma nel sesso nulla è mai statico, per cui proseguii.
- Prendi la salvietta e asciugale la figa. – Gli ordinai.
Prese la salvietta con la bocca, si portò a lei e le asciugò la vulva, che perdeva i succhi della sua eccitazione. Lei partecipò al passaggio della salvietta, aveva bisogno di cazzi.
Nell’ultimo mese, in ufficio, l’avevo chiavata quattro volte, l’avevo inculata sei, ma mi aveva fatto solo un pompino. Cioè me lo prendeva sempre in bocca, ma le piaceva ricevere sperma nel retto. Le sarebbe piaciuto il mio sperma sia in fica che in bocca, ma io due volte nella stessa tornata facevo fatica a venire. E venirle nel culo arricchiva lei di appartenenza a me e arricchiva me dell’immenso piacere che il più bel culo del mondo ti può dare. Sentirlo vibrare mentre scivolavo dentro, era inebriante.
Fatto sta che quella sera, con Mirko, le sarei venuto in bocca. Per cui prima le palpai il culo con avidità, le diedi un paio di manate alle tette e infine mi portai in ginocchio alla sua bocca. Le sollevai il viso infilandole le dita nelle narici e quando dovette aprire la bocca per respirare, glielo infilai. Il cazzo di Mirko è più grosso, ma il mio è più lungo, per questo amava che glielo infilassi nel retto e oltre. Ma eravamo lì.
- Mirko, gli ordinai, - portati dietro e chiavala. Vai con calma, ma devi inserirlo tutto e sbatterla.
Sapevo cosa gli stavo facendo fare. Penetrandola la spingeva verso di me e non avrebbe impiegato poco con la sua stazza. Praticamente mi avrebbe fatto un pompino lui con la bocca di lei.
Lui si diede fa fare e lei godette come una troia. Io le infilai l’uccello in bocca e lei si limitò a tenerla aperta in modo che lui, spingendola avanti e indietro, mi sbocchinasse. Lei da una parete colava e dall’altra sbavava. Teneva gli occhi chiusi, mentre io mi godevo il cazzo che le entrava sempre più in gola. Ma le piaceva proprio strare ferma in balia ai nostri due sessi.
D’un tratto lei ebbe un conato di vomito e io ne approfittai di inserirglielo in gola. Strinse gli occhi ma alzò una mano per farmi segno di andare avanti. Io continuai e venni in fretta, con lei che si limitava a tenere la bocca spalancata. Lo sfilai per lasciarla respirare e mi accorsi che stava venendo. Con lei venne presto anche lui.
Poi ci buttammo nel letto e dormimmo abbracciati a tre. Io il padre e padrone, loro i miei amati sudditi.
Verso mezzanotte, lui mi fece un altro pompino, mentre Roberta mi baciava, e venni ancora, per la prima volta nelle fauci di un uomo. Poi venne a mettersi anche lui al mio fianco sinistro. La strana impressione di avere un maschio e una femmina che ti adoravano era davvero esaltante.

L’ultima volta che ci siamo incontrai a tre, sempre nel mio pied à terre, accadde molto tempo dopo.
Io e Roby continuavamo ad avere la nostra reazione che ci arricchiva spiritualmente e professionalmente, ma lei volle ancora un volta consumare il triangolo.
Fatto era che alla fine dell’anno avrebbe lasciato la mia azienda per tornare a lavorare nella sua città, in attesa del matrimonio che era sbucato quasi dalla sera alla mattina.
Lei mi avrebbe sempre amato, mi assicurò, ma avrebbe messo su famiglia e sarebbe andata ad abitare in un’altra regione. Un cambiamento importante per lei, ma anche la mia azienda stava per fare un nuovo passo e sarebbe cambiato tutto lo staff direttivo.
Come se non bastasse, ma ancora non lo sapevo, anche Mirko avrebbe cambiato città perché stava per laurearsi. Non avevo rimpianti, ma certamente era un cambio radicale della mia vita. Della vita di tutti tre.
Fatto sta che quell’ultimo triangolo avremmo dovuto fare cose turche. Nei disegni di Roberta – ma assicurava di averlo concordato con Mirko – io avrei dovuto frustarli e incularli entrambi.
Ovviamente non ero d’accordo, ma quello che succede tra adulti consenzienti in una camera da letto è sempre del tutto imprevedibile.

- Ragazzi, siete ancora vestiti. – Dissi, appena entrati in casa mia.
Si spogliarono lasciando i vestiti in terra e si misero a quattro zampe come volevo io. Mentre stavano così, io mi preparai con tutta calma a quello che avevo per la testa. Tirai fuori quello che mi serviva, mi versai da bere e poi mi spogliai con calma mettendo i vestiti in ordine. Finsi di non vederli e solo alla fine mi rivolsi a loro stando dietro. Mi piaceva guardare i loro sessi e i loro culi e mi piaceva immaginare cosa stavano provando, così esposti al loro signore e padrone.
- Signori, - dissi con una certa enfasi, - oggi siete fortunati. Inculerò entrambi ed entrambi mi farete un pompino.
Ovviamente era una pietosa bugia, o alla meglio millantato credito. Alla mia età, se riuscivo a venire due volte nella stessa serata potevo ringraziar la sorte. Ma mi piaceva farli sognare.
- Prima però, e questa è la sorpresa che ho preparato, vi frusterò.
La parola “Frusta” lascia sempre il segno. Ti turba, la temi la desideri. Me l’avevano chiesto e li avevo accontentati. Mirko aveva l’uccello in erezione, un filo di umore vaginale scendeva dalla figa di Roberta.
Io non sono sadomaso, ma se qualcuno mi chiede di frustarlo, lo faccio impazzire. Vista la richiesta e dato che non avevano esperienza in tal senso, decisi di acquistare il gatto a nove code. Lo strumento che si trova nei negozi sex non è pericoloso. Le nove code sono fibbie di cuoio che fanno male, che lasciano il segno, ma che non feriscono. La forza impressa con la frustata viene divisa per le nove code, per cui è più scena che altro. Tanto vero che i gatti a nove code veri, quelli che usano per punire sul serio in Estremo Oriente, hanno dei piccoli artigli applicati al termine dei cordini.
Quello che avevo comperato era bello: nero, possente, rumoroso. Il manico aveva la forma di cazzo, per consentire il doppio uso: infilato nel culo fungeva da coda per pony girls o pony boys. Diedi qualche colpo sul divano per palesare il rumore della sferza e i due ragazzi ebbero un piccolo fremito e si eccitarono ancora di più… Beati. Passai le nove code cui loro glutei e li lasciai scorrere nelle fessure del culo. A quel punto mi avrebbero implorato di frustarli.
- Comincerò con Roberta. – Dissi dandole una pacca sul culo col manico del gatto. – Alzati.
Aveva reagito serrando le chiappe, ma si alzò portando avanti il ginocchio destro e poi mettendosi in piedi in attesa di ordini.
- Vai verso il muro.
Obbedì.
- Appoggia le mani alla parete. Più in su, ecco così.
Era bellissima. Il suo culo troneggiava alla grande e io mi sentivo un re all’idea di poterlo frustare.
- Il piede destro più avanti… Adesso distanzia un po’ le gambe. Troppo… Ecco, ora va bene.
Stava appoggiata al muro con le mani e il corpo era messo in posizione da poter reggere bene l’equilibrio. Teneva la testa china verso il basso, ma stava guardinga in attesa.
- Ora ti darò cinque frustate così. – Dissi, strofinando le nove code di traverso sul culo dal basso all’alto. – Le darò con la massima forza, cercando di farti urlare. Potrai dire basta e mi fermerò, altrimenti ti darò tutti i cinque colpi.
Non disse nulla.
- Tu Mirko guarda, perché dopo tocca a te.
Mirko aveva girato solo la testa perché non gli avevo permesso di muovere il corpo stando a quattro zampe.
- Guardale le natiche - gli dissi, - perché ad ogni sferzata le farò ballare. E’ la cosa più bella.
Mi avvicinai a lei e le passai la mano in mezzo alle natiche. Volevo godermi le sue intimità e sentire il suo culo fremere. E’ una cosa che fanno tutti i boia perché tra vittima e padrone si forma sempre un rapporto di intimità. Il suo buco del culo era perfetto. Sarebbe stato mio, alla fine.
Mi portai alla giusta distanza, misi avanti il piede sinistro e feci scrollare il gatto a nove code con la mano destra. Mirko impazziva, Roberta attendeva trepidante. Era giunto il momento.
Caricai il braccio portandolo indietro e lo scaricai con una stupenda scudisciata che andava dal basso destra all’alto sinistra. Il rumore tipico della sferza riecheggiò nella sala. Le natiche di Roberta ballarono in una maniera fantastica. Ebbe un fremito su tutto il corpo e alzò la testa. Non disse nulla, neanche un lamento.
Scrollai nuovamente il gatto e ripetei l’operazione facendole ballare il culo. Stavolta gemette di piacere.
Con la dovuta calma e attesa, le diedi tutte le frustate promesse. Più una sesta, perché era troppo bello. All’ultimo “passaggio” del gatto, lei si staccò dal muro e tremando venne da me e si mise in ginocchio .Non per supplicarmi, ma per adorarmi. Me lo prese in bocca selvaggiamente, desiderosa del mio sperma. Lo sperma del suo amato padrone.
La lasciai succhiarmelo sotto gli occhi avidi di Mirko, che aveva assistito alla scena come ipnotizzato.
Poi la fermai.
- No, cara mia. Il mio sperma lo avrai, ma nel retto.
La sdraiai e lei si predispose per farsi inculare. Dissi a Mirko di mettersi davanti per accogliere la sua testa tra le gambe, in modo che il suo cazzo le desse sicurezza. Lei si strinse sul cazzo di Mirko, come se fosse stata la coperta di Linus. La sodomizzai con facilità, godendo il calore rilasciato dalle sue natiche frustate.
Mentre le sborravo dentro, lei dava colpi con il bacino. Stava venendo come un flipper che ha raggiunto il target.
- Rimettiti a quattro zampe, - Le ordinai poi.
Con calma mi sistemai, ordinando a Mirco di prendere la spugna in bagno e di passarmi delicatamente l’uccello con dell’acqua calda. Serviva per riprendere l’uso più in fretta.
Quando finì, lo mandai a prendermi dell’altro da bere, E, mentre mi versava il whisky, Roberta si portò ai miei piedi per leccarmeli. Mi adorava e la sensazione che provavo era eccelsa.
- Asciuga anche lei. – Gli dissi. E lui andò a passarle la fessura del culo con la spugna prima e con la salvietta poi.
Presi in mano il gatto a nove code e lo ostentai in modo che lui capisse che era giunto il suo momento.
- Sei pronto? – Gli chiesi.
Non rispose, ma andò verso il muro e si mise come si era messa Roberta prima. Mani in alto al muro, gambe leggermente divaricate e la destra leggermente più avanti.
Mi portai piano vicino a lui e feci cenno a Roberta dio guardare. Si mise più comoda, anche se in posizione da sottomessa. Ansiosa, volle assistere alla scena con desiderio.
Passai il gatto sulle natiche di lui, che ebbe un brivido. Gli accarezzai la fessura del culo, soffermandomi sull’ano. Si sistemò meglio e mi allontanai. Mi misi in posizione e diedi il primo colpo con tutta la mia forza.
Anche lui ebbe una reazione forte mentre le natiche sbattevano al passaggio delle nove code. Il colpo aveva provocato a tutti tre un’eccitazione diabolica. Gli diedi subito il secondo colpo, poi il terzo e il quarto. Al passaggio del sesto colpo cominciò a godere e solo al decimo si girò e, come Roberta, si mise in ginocchio a sbocchinarmi. Il desiderio di soddisfare il suo carnefice con la bocca. Lo lasciai fare, finché non decisi di trattare anche a luicome Roberta.
- Ora ti inculo!
Si buttò a terra, si sdraiò e mise in posa il culo. Roberta corse da me a quattro zampe e me lo prese in bocca. Lo sbocchinò, poi abbassò il prepuzio e andò a puntarlo all’ano di Mirko.
- Vai! – Mi disse, dandomi un buffetto al culo.
Riconobbi la mia Roberta e mi lasciai andare sopra di lui sodomizzandolo lentamente fino in fondo. Avere attorno all’uccello il culo di un ragazzo virile mi nutriva il mio desiderio di potere. Sentire il mio cazzo che scivolava nel suo retto me lo faceva sentire mio. Godere del calore delle sua natiche frustate dava senso alla relazione a tre.
Roberta si portò dietro a leccarmi il culo e le palle - secondo la posizione - e io continuai a passarlo dentro e fuori. Lui godeva come un facocero e cominciò a sbattere gambe e braccia, finché non venni anche dentro di lui.
Ne uscii s mi lasciai andare a riposare, ma Roberta lo girò pancia in su, si portò sopra e vi si sedette sopra fino a infilarsi il cazzone di Mirko fino in fondo.
I due gemettero scopando come una locomotiva e vennero insieme urlando lui e ululando lei.

Salutai per l’ultima volta Roberta con una scopata imperiale a due e le raccomandai di essere felice con il futuro marito.
- Gli sarai fedele? – Le chiesi malizioso.
- Puoi scommetterci! – Rispose. – Io sono monogama.
- Non starai più con me?
- Ecco, tu sei l’eccezione, ma temo che non avremo molte occasioni…
- Sei stata la donna più passionale che abbia mai conosciuto.
- Volevi dire una troia?-
- Ha ha! No, sai che non la penso così. Ma ti auguro di avere con tuo marito quello che hai avuto con me. E di dargli la stessa passione.
-Me lo auguro anch’io, anche se non ci si sposa solo in base al sesso…
- Già…
- Ti amo.
- Ti amo.
Ci incontrammo ancora alcune volte e una l’ho pure scritta e pubblicata (vedi: la prima volta con Bea e Roberta), ma fu sempre più difficile.
Ora vive a 200 km da me, ha due figli ed è felice e contenta. Di tanto in tanto ci scambiamo qualche mail.

Con Mirko le cose andarono diversamente. Lui, all’apparenza così desiderabile dalle donne, in realtà non era capace di corteggiarle. Se il paragone può rendere l’idea, con l’altro sesso era un caprone. Continuava ad assillarmi perché mi adoperassi io a far loro la corte al posto suo. In cambio mi proponeva pompini e mi offriva il culo. Una volta l’ho anche fatto, tanto per sperimentare il sesso con un uomo nel mio ufficio dove avevo montato solo donne.
- Mi piacciono solo le donne, - mi spiegò, - ma quando mi vieni in bocca mi sento privilegiato, quando mi inculi mi sento di tua proprietà.
- Ha ha, questo te lo ha insegnato Roberta. E quand’è che ti sentiresti amato da me?
- Quando mi fai un pompino…
- Non tee l’ho mai fatto…
La sua battuta, o il suo messaggio, mi sorprese. Ma avete idea di cosa sia un maschio così seduto nudo sulla mia scrivania con il pene enorme rivolto all’insù?
Che strana la vita. Io amato da un uomo che amava le donne… E lui amato da un uomo che amava le donne.

Ma dovevo trovare il modo per farlo andare avanti da solo e un giorno arrivò l’occasione.
Eravamo al bar come le altre volte, quando mi chiese se conoscevo una ragazzina di 20 anni che stava seduta al tavolo. Gli risposi di sì e mi pregò di provarci per lui. Mi ruppe il cazzo e andai dalla ragazza per sputtanarlo, ma invece le cose andarono diversamente.
- Ciao Bella, - le dissi sedendomi al suo tavolo. Si chiamava Annabella ma la chiamavamo Bella.
- Ciao! – rispose, facendomi posto. – Conosci quel bel ragazzo che era con te al banco?
- Chi, Mirko? – Dissi, preso di contropiede. – Sì, certo. Perché me lo chiedi?
- Perché mi piace. L’ho anche corteggiato ma non se ne è neanche accorro.-
- Ha ha! – commentai. – E’ un caprone con le donne. Timido o maldestro… Entrambe le cose.
- Se mi aiuti a farlo innamorare di me, cosa vuoi in cambio?
- Vieni a letto con me? – Le chiesi.
- Ha ha! So che non sei fatto così…
- Hai ragione, - sorrisi. – Ma sei così carina che la battuta mi è sfuggita.
- Però, se ci fai mettere insieme, un regalino te lo faccio lo stesso.

Non fu difficile metterli insieme, dato che entrambi si stavano cercando. Mirko continuava ad avere bisogno di me, sicché ad un certo punto li portai a casa mia e gli ordinai di divertirsi e di andare a letto.
- Portami le chiavi domani in ufficio, - mi limitai a dirgli.
Andò tutto bene e finalmente Mirko ebbe una relazione tutta sua. Lei, Belle, mantenne la parola e un giorno che erano al bar insieme mi fecero una proposta.
- Io e Mirko vorremmo che ci fotografassi mentre facciamo l’amore.
- Ossignore, - esclamai. – Siete sicuri di quello che mi chiedete? Ragazzi, non mi dovete niente.
- Se non ti va, non importa, - aggiunse Bella. – Ma noi ne saremmo felici.
Li fotografai e trovai davvero intrigante ordinare ora all’uno ora all’altro cosa fare. Credo che Mirko volesse da me ancora un ultimo aiuto. E difatti li fo fatti accoppiare in tutti i modi che conoscevo e che loro avrebbero impiegato tutta una vita a scoprire.
Mirco mi chiese giorni dopo se volevo andare a letto con loro, ma gli risposi di no.
- Siete una bella coppia, - gli dissi. - Non rovinare tutto, tienitela stretta, non cercare altri sponsor. Puoi andare avanti benissimo da solo.
Qualche mese dopo Mirko si laureò e tornò alla sua città con la morosa.
Non l’ho più visto e conservo un bel ricordo di lui: Mirko, l’uomo che mi amava.

Fine
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