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Eravamo 4 amici al bar/ 4 - Finale


di Honeymark
18.02.2021    |    6.407    |    5 9.9
"E a quel punto mi avvicinò Ugo..."
Quel mercoledì, su esplicita autorizzazione di Emma, andai letto con le due amiche.
Non mi sentivo sereno a scopare con le due amiche, sapendo che mia moglie lo sapeva. Pensai seriamente se interrompere la relazione con loro. Lo accennai a mia moglie, che invece mi esortò a continuare. In qualche misura le faceva comodo che avessi una relazione con loro che non costituivano pericolo per la nostra famiglia.
Restava il problema Laura ma, in attesa che si facesse viva, Emma mi spiegò come voleva vendicarsi di me per il rapporto sadomaso che avevo consumato con lei.
- Ci ho pensato, – disse ad un certo punto. – Voglio divertirmi anch’io. Pan per focaccia.
- Cioè?
- Io e te facciamo una seduta sadomaso.
- Sei impazzita? – Le domandai meravigliato. Io non voglio frustarti, né umiliarti né...
- Lo credo bene, stronzo! – Sbottò. – Farò io la padrona e tu lo schiavo!
La guardai attonito.
- Sei impazzita? – Le domandai. – Da quando in qua hai questi insani desideri?
- Insani? – Sghignazzò. – Sembri il bue che dà del cornuto all’asino!
- No – continuai, – so che di principio ti piace il sadomaso, ma non abbiamo mai...
- Bene, – mi interruppe. – È giunto il momento. Mercoledì sera andiamo al tuo appartamento e ti tratto come si deve.
- Mercoledì? Nel mio appartamento?
- Esatto. Se hai preso altri impegni puoi anche disdirli.
Rimasi un po’ in silenzio a meditare.
- Dopo... sarà finita? – Domandai rassegnato.
- Se tu vuoi smettere, perché no? Ma non ci credo. Quindi lo decidiamo dopo. Magari ci divertiamo di più così...
Una provocazione.

La scelta della serata del mercoledì era proprio per rendermi pan per focaccia. Beh, a casa non si poteva, questo è vero, ma pormi nel mio appartamento in condizioni di schiavitù mi sentivo davvero come un pesce fuor d’acqua.
- Ascolta, – esordì mia moglie non appena entrammo. – Tu farai tutto quello che ti ordino di fare, vero? Sei d’accordo?
Annuii.
- No, caro, devi dire di sì, chiaro e forte.
- Sììì! – Ruggii.
- Ecco, così va bene. – Esclamò, sistemandosi comodamente sul divano del salotto. – E adesso spogliati.
Fin lì non avevo problemi, trattandosi di mia moglie. Ma vidi che lei invece si godeva il mio spogliarello alla grande. Mi aveva detto che di me le piacevano i miei occhi, le mie mani e il mio culo. Nell’ordine, aveva precisato, ma in quel momento sembrava aver rovesciato i valori. Per cui, quando mi sfilai le mutande e mi girai di schiena, sentii il suo sguardo al culo.
- Vieni più vicino, – disse. – Inginocchiati, piegati in avanti e porgimi il culo.
Era quello che volevo io dalle mie schiave...
Obbedii e, non appena appoggiata la testa sul tappeto, misi le mani alle natiche e le allargai per mostrarle il buco del culo, anche se non era richiesto.
Lei mi accarezzò, facendomi venire i brividi con le sue unghie che sfioravano la pelle e il solco del culo.
- Resta così. – Ordinò, andando a prendere qualcosa.
Capii subito cosa.
- Ora ti sodomizzerò con un cero. – Annunciò. – Rilassati che mi faciliti le cose.
Una parola rilassarsi, spendo cosa stava per farmi. Ma ci provai.
Dopo un po’, infatti, sentii il cero che si strofinava nella fessura del culo. Rabbrividii nuovamente. Poggiò il cero all’ano, spinse dentro il puntale, facendomi provare qualcosa di sconosciuto ma che sembrava piacermi da morire. Mi aveva messo spesso un dito nel culo, soprattutto quando mi faceva il pompino. Ma stavolta era diverso. Non lo faceva per farmi venire prima ma per divertirsi lei.
Non finii di pensare, che lei mi spinse dentro il cero per qualche centimetro. Mi sembrava di essere impalato, ma prima ancora che decidessi cosa pensavo, lo spinse dentro fino in fondo.
- Ah... – Mi sfuggì il lamento.
In realtà non avevo provato dolore, ma il piacere generato da qualcosa che ti viene inserito nel culo. Era come se da quel momento io non fossi più padrone di me stesso, ma un oggetto nelle sue mani. Ora sapevo cosa provavano le mie schiave.
Per tutta risposta, il mio uccello andò in erezione spontanea. Un riflesso condizionato, pensai.
- Guardalo il maiale! – Sbottò. – Gli piace proprio tutto. Ma adesso ti sistemo io.
Andò a prendere il collare e le cinghiette per i polsi. In breve mi legò le mani al collare, in modo che, camminando a quattro zampe, dovessi muovermi su ginocchia e gomiti. Come un cane. Poi prese il frustino e un giornale arrotolato, proprio come si fa per addestrate i cani.
E iniziò di brutto, dandomi un colpaccio col giornale sui coglioni. Ovviamente non è stato doloroso, ma certamente molto impressionante per me. Iniziò a portarmi in giro senza guinzaglio, ma guidandomi con colpi di frustino al culo e colpi di giornale a coglioni e al cero. Credetemi, in quel modo chiunque avrebbe obbedito come un cagnolino... E tanto fece finché non si spogliò, si sdraiò sul letto e mi fece salire per farsela leccare come se fossi un cane. Beh, lo facevo già normalmente ogni volta che mi ispirava. A in quel frangente mi comportai proprio come un cane da lecca. Non perché piaceva a me ma perché piaceva a lei. La leccai con frenesia.
Ma anche a lei non era lì per godere di lingua che mi obbligava, ma per dominarmi. E così, dopo un po’ mi fermò, mi fece saltare dal letto, mi fece sdraiare mentre preparava la corda che scendeva dalla trave a vista della stanza.
Era evidente che voleva in qualche modo legami alla catena come un cane e la lasciai lavorare. Ma alla fine mi fece alzare, mi slegò le mani dal collare e le legò alla corda in modo che tenessi le braccia alte, verso il soffitto. Forse era meglio se facevo il cane...
In quella posizione avrei dovuto sentirmi umiliato, ma trattandosi di mia moglie mi limitai ad attendere le sue mosse sperando che mi piacessero.
Non fu proprio così. Prese il mazzuolo e mi diede un colpo secco al cero nel culo.
Stoook!
- Aia!! Cosa fai?
Stooooock!
- Zitto o ti imbavaglio.
Restai zitto.
Stoooooooooock!
Ad ogni colpo sentivo riverberare tutto dentro di me, era come se mi rivoltasse le viscere. Ma non era doloroso, era solo una terribile scossa elettrica.
Sciaaaaaaaaaaack!
Stavolta aveva dato un colpo secco all’uccello in erezione con il giornale arrotolato.
L’impressione fu spaventosa anche se non sentii nulla. Mi girai per impedire i colpi successivi, ma seppe alternare il mazzuolo al giornale in modo da sorprendermi sempre.
Proseguì così ad libitum colpendomi sempre più forte, sempre più attenta, sempre più precisa. Credo che la scena fosse particolarmente carica di erotismo, perché cercando di evitare i colpi mi esponevo al suo piacere insano di fami male al sesso e al culo.
Si fermò un attimo e andò a sfilare la cintura dai miei pantaloni. La vidi e capii cosa stava per farmi. Cercai di proteggermi alzando una gamba e poi l’altra, ma Emma sapeva sempre cove colpirmi con la cinta dei pantaloni, facendo volutamente un gran rumore.
Sciack! Sciack! Sciack! Sciack.
Mi faceva male, ma in realtà però il mio sesso remava controcorrente, perché l’uccello si era messo subito in erezione e non aveva alcuna intenzione di mollare o ripararsi. In quella maniera i coglioni non erano protetti ma esposti.
E mia moglie gradiva alternare un colpo al culo e uno all’uccello ritto. Continuò così, facendomi saltellare sui piedi, cercando di evitare le frustate più dure.
D’un tratto gettò la cinta, mi girò di culo e si infilò in bocca il cero e cominciò a succhiarlo come se fosse un cazzo. Immaginai che il sapore fosse schifoso, ma lei continuò fino a farmi sentire delle dolci sollecitazioni alle pareti del retto e all’ano. Stavo godendomela così, quando prese il giornale e mi diede una botta ai coglioni da sotto e al cazzo da davanti. Ebbi un sobbalzo e lei si sfilò il cero dalla bocca.
Si portò davanti e mi prese con la mano l’uccello, che era sempre in erezione, lo tirò verso in avanti, verso di sé, abbassò il prepuzio e se lo mise in bocca.
A quel punto bastava poco perché venissi, ma lei ebbe la trovata geniale. Prese il mazzuolo di legno e diede un colpo al cero come per ficcarsi più in gola il cazzo. Mi parve di morire, perché lo scossone mi fece tremare il corpo. Prima ancora di realizzare cosa succedeva me ne diede un altro e poi un altro ancora. Quando venni sembravo un getto a ripetizione, con il bacino che sbatteva fuori controllo. E urlavo come se mi stesse spaccando il cazzo. Lei gettò il mazzuolo e mi prese per il cero, cioè per il culo. Mi tenne così fino all’ultima goccia.
Poi si alzò e piano mi slegò. Mi accompagnò al letto e ci sdraiammo vicini. Non mi tolse il cero. Ci rilassammo un po’.
- Ho visto che qualcosa ti è piaciuto, – disse ad un certo punto. – Cosa di più?
- L’essere nelle mani della donna che amo. – Risposi.
- Dai, stronzo, scendi in dettaglio...
- I colpi di giornale sui coglioni come se fossi un cane. MI facevano sentire a rischio... E il mazzuolo finale… E a te cosa è piaciuto?
- Dominarti.
- Dai stronza, dammi qualche dettaglio...
- Frustarti... Mi sarebbe piaciuto farti male. Se solo ti piacesse…
Fantastico, voleva la mia approvazione prima di calcare la mano.
- Sapendolo, perché no...
Ma forse non mi ascoltava.
- Vorrei avere a disposizione, come schiavi, te e Laura…
- Se le dici qualcosa ti inculo…!
- Quello puoi farlo anche adesso, – rispose maliziosa. – Ma vi avrò.

A Capodanno ci trovammo a trascorrerlo di nuovo nella baita di montagna di Luigi, tutti insieme con le nostre mogli. I bambini erano rimasti in città con le loro baby sitter.
Ognuno preparò la propria portata per il cenone, tutte cose che nessun dietologo avrebbe mai autorizzato. E dopo aver mangiato come lucci e bevuto come imbuti, ci mettemmo davanti al caminetto a bere grappa con le erbe per digerire meglio, in attesa della mezzanotte. Chiacchierammo tra noi sotto voce, godendoci il tepore della legna che bruciava e la musica che copriva i nostri discorsi.
Io stavo con Lucia e Caterina, i tre amici stavano attorno a mia moglie, mentre Laura restava da sola, fiera del proprio ruolo di donna di ghiaccio, superiore a tutti. Poi però le compagnie cambiarono e alla fine tutti avevamo parlato con tutti, sempre evitando di parlare di sesso, pensai. Mi aspettavo che mi chiedessero di inventare qualcosa, ma evidentemente avevo già messo in moto abbastanza.
Arrivò la mezzanotte e stappammo tutto lo spumante che riuscivamo a bere. Solo l’acqua non scorse a fiumi quella notte. Sembrava che ci fossimo carburati per riuscire a parlare più liberamente allo scoccare dell’anno nuovo
Mi alzai per andare a tirare il collo a un’altra bottiglia, quando venne a raggiungermi Laura col bicchiere vuoto in mano. Sembravo l’unico con cui volesse parlare, ma non mi invidiavano, fredda come era. O come sembrava. Solo mia moglie sapeva che era una brava dissimulatrice. Una brace sotto la cenere.
Versai da bere anche a lei, sempre sorridendo. Si appoggiò al bancone tenendo sotto controllo gli ospiti.
- Hai detto qualcosa a tua moglie? – Mi domandò con un sorriso forzato per non insospettire nessuno.
- Assolutamente no! – Mentii spudoratamente. – Perché me lo chiedi?
- Perché mi ha fatto un discorso strano.
- Cioè?
- Mi ha fatto capire che vorrebbe... vorrebbe invitarmi a una seduta sadomaso.
- Chi, mia moglie? – Domandai dissimulando anch’io il mio stupore. – Non ha senso. Non le piace affatto il sadomaso.
- Tu dici? – Rispose maliziosa. – Forse non la conosci abbastanza...
- Ma cosa ti ha detto esattamente?
- Mi ha detto che le piacerebbe che tu ci dominassi entrambe...
- Wow...! – Esclamai. – Non ne sapevo nulla. Ma non sarebbe una cattiva idea!
- Non dire stronzate!
- Non ti piacerebbe?
- Non ho detto questo, ma l’idea che qualcuno sappia...
- Mia moglie che si fa frustare da me... – Dissi come pensando ad alta voce. – Ma insieme a te... Ma sai che l’idea me lo fa rizzare?
Mi guardò interrogativa.
- Scordatelo! – Esclamò sottovoce. – Tua moglie non deve sapere un cazzo!
- Hai detto “un cazzo”? Wow... ti stai lasciando andare nel linguaggio...
Non commentò, limitandosi a bere.
- Dai, – dissi. – Lasciati andare e accetta. Siete le più belle donne della compagnia e del tutto intoccabili...
Mi guardò maliziosamente.
- Sei in bastardo!
Aveva detto sì.
- Però – aggiunse pungente, – sarebbe ancora meglio se lei frustasse me e te legati insieme...
- Ti stai facendo ardita? – Domandai.
Ma se ne era andata soddisfatta.
E a quel punto mi avvicinò Ugo.
- Convinci tua moglie a ripetere l’esperienza. – Mi disse guardandosi intorno per essere certo di non venire sentito. – Magari solo con me...
- Quale esperienza? – Finsi di cadere dalle nuvole.
- Quella di noi che ci facciamo tua moglie mentre ci guardi allupato.
- Dipende solo da mia moglie. – Risposi asciutto.
- Lo so, per questo ti ho detto di convincerla.
Se ne andò, certo che lo avremmo accontentato.
Poi vennero da me le due mogli fedifraghe.
- Ehilà, montone! – Disse Caterina alzando il bicchiere. – Cosa hai detto a tua moglie?
Ossignore, cosa c’era ancora?
- Di cosa parlate?
- Ci ha detto che vorrebbe organizzare una scopata a quattro.
- Quattro? Cioè chi?
- Io, Lucia, te e lei.
- Valà? – Esclamai felice. – Ha detto questo?
- Puoi scommetterci! – Confermò Lucia.
- E a voi sta bene?
- Se non è una trappola per smascherarci, perché no?
- In effetti, credo che le piacerebbe subire le vostre attenzioni… – Borbottai.
- Verifica la concretezza della proposta. – Concluse Caterina. – Non sarebbe male.
- Messaggio ricevuto.
Pian piano mi trovai a brindare anche con mia moglie Emma.
- Stai pianificando l’anno nuovo? – Le domandai versando spumante a entrambi.
- I tuoi amici mi hanno fatto proposte oscene, – disse invece.
- Ho sentito Ugo, – ammisi.
- No, – precisò sorseggiando le bollicine. – Mi riferisco agli altri due.
- I maiali vogliono ripetere l’esperienza?
- No. Luca vorrebbe venire a letto con me e te...
- Ostia, quasi normale.
- Non direi, visto che vuole un triangolo con te al vertice dei cateti.
- Cioè?
- Vuole mettertelo in bocca e nel culo. Nell’ordine. Purché ci sia anche io ad aiutarlo.
- Stai scherzando?
- Luigi invece vorrebbe scopare con me, punto.
- E tu cosa dici?
- Perché no? – Rispose provocatoria.
- Forse è meglio che ne parliamo quando siamo a secco di alcolici...
- Ma tu cosa dici del nuovo ambiente che hai messo insieme tra i quattro amici al bar?
Aveva fatto un giro con la mano della flûte per indicarli tutti.
- Che aveva ragione Murphy con una sua famosa legge.
- Quale?
- «Se apri una scatola di vermi, per rimetterli dentro ne serve una più grande.»

Fine

Nota: Il libro che uscirà in cartaceo col titolo "Eravamo quattro amici al bar" in realtà è molto più lungo. Questo è un estratto significativo che mi auguro piaccia ai miei lettori.
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