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600 frustate 4


di Honeymark
03.06.2019    |    7.310    |    1 9.3
"- Vedete dove mi hanno colpita? – Domandò..."
600 frustate
4.



- Tu frusteresti una sessantenne? – Mi domandò la collega più tardi.
- No. Non ci ho mai neppure pensato di frustrare chicchessia.
- Devi accettare! – Ordinò. – Io voglio assistere allo sconcio delle adolescenti e posso andare solo se tu accetti di frustare la 60enne.
- Io no, ma ti eccita l’idea?
- No, mi sconvolge.
- Però vai a guardare.
- Sono una giornalista…
- Già.
- Lo sei anche tu. – Concluse. – Vai a divertirti con la tardona…! Ha ha!
- Stronza…

L’indomani sera ci vennero a prendere alle 17 e ci portarono al carcere delle pene corporali. Eravamo ancora più agitati, sconvolti da mille sensi di colpa, ma determinati.
Tuttavia ci separarono subito, evidentemente le due aree erano tenute ben separate. Mi fecero attendere in una sala, finché non venne a prendermi il Capo. Mi salutò cordialmente come se fossimo amici da lunga data e mi fece strada portandomi in un’altra sala.

Io e la collega ci rivedemmo alla fine, verso le 20 e andammo all’Hotel senza dire una parola.
Ne parlammo alla fine della cena.
- Allora, – mi domandò. – Come è andata la frustata alla tardona?
- Non era una tardona, ma una cinquantenne con due tette…Credo che avesse la sesta misura…
- L’hai frustata?
- Per forza, altrimenti il capo l’avrebbe presa male…
- Ed è stato piacevole?
Non risposi.
- Urlava?
- Come un pavone.
- Perché, come urlano i pavoni?
- Ascoltane uno… – Dissi, ricordandomi il verso agghiacciante del pavone. – E tu, hai giocato con le ragazzine?
- È stata una cosa terribile. – Rispose arrossendo. – Legate sui tavolacci pancia sotto con il solo culo scoperto e il capo con fasciato. I coetanei le frustavano in due, uno per parte, divertendosi come… come maiali.
- Urlavano?
- Come disperate. Gli occhi sgranati e la lingua fuori.
- Le mia anziana era legata quattro zampe con la pancia su uno sgabello…
- Nuda?
- Sì. Il capo le ha preso in mano la figa e glia ha strizzata come se fosse una spugna…
- Valà?
- Sì, dice che eccitate soffrono meno…
- Si sarà bagnata…
- Grondava come e ogni tanto le carceriere andavano ad asciugarla con una salvietta.
- Beh, il tuo parere?
- Non vedo l’ora di chiudere la missione.
- Anch’io. – Disse. – Mi ha sconvolto…
Ci alzammo, quando venimmo raggiunti dalla nostra condannata che ormai abitava nel nostro albergo.
Saluti e abbracci, dopodiché la facemmo mangiare e poi la portammo in camera mia.
- Per domani… – Disse alla fine del pranzo. – Posso darvi qualche suggerimento?
- Certamente! – Disse la collega.
- Quello che vuoi, – aggiunsi. – Ho un senso di colpa opprimente.
- Fai male perché così mi aiutate. – Rispose, poi si spiegò. – Domani mi darete 40 frustate. Quattro giri da 10, 20 a testa.
Non commentammo.
- Dovrete palparmi prima e dopo ognuna delle quattro tornate.
Non commentammo.
- Mi raccomando, – insisté. – Fatelo. Mi fa sopportare meglio la pena.
Annuimmo.
- Quando mi avrete di fronte – continuò, – Colpitemi il culo e le tette. Evitate la schiena e la pancia. Ed evitate assolutamente le gambe, per carità.
- Promesso, – disse la mia amica. – Farò il possibile.
- Anche quando mi frusterete da destra o da sinistra – continuò, – mirate sempre al culo e alle tette.
- Sicura? Non fa troppo male? – Domandai.
- Sì, ma non rimangono segni. E dato che dovrete frustarmi con la massima forza…
- Sei sicura di quello che ci stai chiedendo? – Domandai ancora.
- Ne abbiamo già parlato. – Continuò. – Statemi a sentire. Quando starete di lato e mi colpirete le tette, tirate i colpi dall’alto la basso. Il viso con corre rischi perché è protetto.
Si sfilò la camicetta e ci indicò le sue tette, una quinta misura abbondante.
- Come avete visto, stanno su. – Riprese. – Non vi sarà difficile colpirle bene. Anche i soli capezzoli, semmai. Sono dolorosissimi, ma il dolore passa in 24 ore.
- Ci proverò. – Dissi.
Federica mi guardò perplessa.
- Il culo invece – continuò, – colpitelo orizzontalmente. Meglio dal basso all’alto.
Lasciò cadere la gonna e ci indicò dove colpirlo.
- Urlerò come un’ossessa, ma le gambe e la schiena non ne soffriranno. E poi tutto sarà finito.
- Porti ancora i segni… – Commentai-
- Sì, ma andranno via.
Si sfilò le mutande.
- Vedete dove mi hanno colpita? – Domandò. – Cercate di colpire lì anche voi.
La guardammo stupefatti. Non c’era bisogno che si togliesse le mutande, ma non glielo impedimmo.
- Tutto chiaro? Domandò alla fine.
- Sì, sì, certo…
Si rivestì e ci avviammo verso la sua camera.
- Verranno a prendermi domattina presto. – Precisò. – Voi dovrete essere lì per le 17. In due ore dovrebbe essere tutto finito.
- Speriamo…
- Mi raccomando, – disse in conclusione. – Usate il massimo della forza altrimenti dovrete ripetere il tiro.
- Contaci. – Mi sfuggì di dire nuovamente.
Appena soli, io e la collega corremmo in camera da letto a scopare come forsennati. Ne avevamo bisogno. Era assurdo che la situazione in cui ci eravamo infilati ci stesse eccitando in quella maniera. E lei si era messa a quattro zampe.
- Inculami! – Mi disse.
Obbedii.

(Continua)
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