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Lui & Lei

Ciack! Si gira (Il film hard core)


di Honeymark
15.08.2018    |    12.560    |    5 9.5
"- Ma una cosa che mi sono chiesto fin dalla prima volta che mi hai contattato è perché ti sei rivolto a me, dato che vivi qui nella patria del cinema e del..."
Attenzione. Questo è un romanzetto vero e proprio, lungo una settantina di pagine. Per questo l’ho diviso in quattro parti.
Lo dico perché so che qualcuno preferisce leggere racconti hard brevi.
Chi invece vuole leggere una storia fortemente erotica con una portante che regge, questa è una buona occasione per farlo.
La storia, per quanto romanzata, è vera.
Buona lettura.
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Ciack! Si gira (Il film porno)

1. ISABEL.



Erano le 5 del pomeriggio ed ero appena arrivato all’aeroporto internazionale di Los Angeles provenendo dall’Italia. Ritirai il bagaglio e presi un taxi per farmi portare a Burbank, una cittadina dopo Hollywood dove hanno sede molte importanti società cinematografiche. Io ero stato invitato in America proprio per fare un film di un mio romanzo erotico, tuttavia io non dovevo fermarmi lì a Burbank ma prendere un volo da quell’aeroporto per portarmi a Reno, Nevada, dove ero atteso da un’altra società cinematografica, la RDA Productions. L’aeroporto di Burbank è famoso perché collega sostanzialmente il mondo del cinema a quello del gioco d’azzardo, con il collante più forte del mondo, il sesso.
All’aeroporto di Burbank feci il check-in e mi portai al Gate N. 9. Quasi tutte le uscite si riferivano ad imbarchi per Reno e Las Vegas, tranne una che indicava assurdamente l’Alaska. Come nelle altre sale d’imbarco, anche la mia ospitava una ventina di belle ragazze contro solo uno o due maschi adulti. Mi sedetti vicino ad un uomo e studiai attentamente le ragazze. Erano proprio belle. Il mio vicino, indovinando i miei pensieri, mi rivolse la parola sorridendo.
- Lei è uno straniero, vero?
- Sì – sorrisi. – E’ così evidente?
- Sì – sorrise anche lui. – E probabilmente si sta domandando perché tante belle ragazze lascino Hollywood per Reno o Las Vegas.
- Più o meno lo capisco – risposi. – I soldi attirano le belle donne come fa il miele con le mosche…
- No. E’ Los Angeles che attira le ragazze. Hollywood, il cimena, la fama. Qui vengono le più belle donne del mondo, ma solo una su mille riesce ad inserirsi. Per le altre…
Lo ascoltavo curioso. – Le altre?
- Le altre si riducono ad andare in Nevada a fare le cameriere, le ballerine, le prostitute.
Guardai le rgazze con maggiore attenzione.
- In effetti sono ragazze bellissime – ammisi. – Ma non vedo uomini. Quelli come ci vanno, in auto?
- No. Con l’aereo privato. Gli uomini che prendono un volo pubblico da qui sono rappresentanti di commercio come me.
E come me, evidentemente, pensai.
Chiamarono il volo e ci alzammo mettendoci in fila per l’imbarco. In effetti le ragazze erano mille volte più belle delle hostess. Mi sedetti al posto numero 8B, a fianco di una ragazza sui 22 anni, bellissima in viso e con un fisico da cover girl. Prima ancora che l’aereo decollasse, mi chiese cosa andassi a fare a Reno. Evidentemente in quel volo era la presenza dei maschi ad incuriosire…
- E’ un agente di commercio?
- No… Ha ha! E’ questo che le sembro?
- No, no… – Arrossì. – Volevo dire…
- Va tutto bene – le dissi. – Ogni lavoro è dignitoso.
- Ha ragione. – Si girò dall’altra ancora più imbarazzata.
Probabilmente pensò che mi riferissi al lavoro che sarebbe andata a fare lei.
- Mi chiamo Pier. – le dissi allungando la mano. – Pier Martini.
- Mi chiamo Isabel. – Finalmente aveva sorriso.
- Io faccio lo scrittore e mi hanno chiesto di scrivere una sceneggiatura.
Mi guardò perplessa. L’aereo stava rullando sulla pista.
- Ma perché viene a Reno, allora? E’ a Hollywood che…
- Che ne so? La casa di produzione ha la sede a Reno. E tu? Cosa ci vai a fare a Reno?
- La ballerina… O la cameriera in un casinò, non so di preciso. Volevo fare del cinema, ma in un anno non sono neanche riuscita ad andare più in là di una sala d’attesa.
- Eppure sei così bella… – le dissi.
- Grazie – rispose, abituata a sentirselo dire. – Nella mia città della Pennsylvania, Berrysburg, ero forse anche la più bella di tutte, ma qui a Los Angeles ci sono migliaia di belle donne, anche molto più attraenti di me.
- E sai recitare? Hai talento?
- Io credo di sì, ma non riuscirò neanche mai a fare un provino… E tu? Hai pubblicato qualcosa?
- Sì sì – risposi. – In Italia ho un certo successo. Ho pubblicato una decina di titoli che hanno venduto per centinaia di migliaia di copie.
- Ma allora cosa ci fai qui?
- Te l’ho detto. Mi hanno chiesto di scrivere la sceneggiatura di un romanzo che non ho ancora pubblicato.
- Ma perché non a Hollywood allora? – ripeté.
- Che ne so? – ripetei anche io.
La hostess ci portò da bere.
- Hai un indirizzo a Reno? – domandai.
- No, non so dove andrò. Mi ospita un’amica che mi viene a prendere all’aeroporto.
- Sì, scusa...
- No, cos’hai capito? Proprio non lo so. Tu, hai un numero di telefono?
- No. Sarò ospite dell’editore, ma non so dove. Verranno a prendere anche me. Come facciamo a trovarci ancora?
- E perché? – chiese maliziosa scuotendo il corpo in modo che le sue curve rispondessero per lei. – hai paura di restare senza una ragazza a Reno?
- No, ma se hai del talento…
- E… magari mi offriresti una parte eh… Ha ha!
- Ma cosa hai capito, io… – Forse arrossii.
- Non preoccuparti! – mi strinse il polso. – Non sono neanche mai riuscita ad arrivare al punto in cui qualcuno potesse chiedermi di andare a letto con lui in cambio di una particina… ha ha!
Sbarcammo dopo meno di un’ora di volo. Ci salutammo con simpatia, poi io andai a prendere la mia valigia, mentre lei usciva direttamente perché aveva solo il bagaglio a mano. Arrivato all’uscita principale, vidi un uomo che portava un cartello con il mio cognome e mi diressi verso di lui.
Mezzora dopo venivo scaricato in un albergo di lusso.





2. BETTY.



- Sono Pietro Martini. – Dissi alla reception.
Mi aveva accompagnato in un albergo fantastico, dove mi sistemai per la notte e mi addormentai subito. L’indomani mattina mi presentai all’appuntamento puntualmente alle nove.
Mi accolse una bella signorina americana, la quale mi accompagnò nell’ufficio del suo capo, poi richiuse la porta lasciandoci soli. La casa editrice era al decimo piano di un piccolo grattacielo di vetro nella downtown di Reno, occupato per lo più da uffici. Nella costruzione posteriore c’era il posteggio mentre l’ingresso stava davanti, sulla via principale della città.
- Mister Dan Kurdess? – gli chiesi mentre si alzava.
- Buongiorno Pier, – disse in un italiano molto forzarto. – Benvenuto a Reno Poi pronunciò un’ultima frase in italiano: – Possiamo darci del tu?
- Sì, certo – risposi. In inglese non c’è la forma di cortesia.
- Hai dormito bene?
- Sì grazie, avete scelto un ottimo albergo.
- L’Hotel Reno è un albergo storico della città, ma da stasera ti ospiteremo in una villa che abbiamo in zona residenziale, così sarai più comodo e ti sentirai a casa tua e avrai una maggiore intimità. Starai qui almeno un mese e…
- Un mese?
Non rispose.
Ordinò due caffè. Mi ero ripreso dalla stanchezza del viaggio ed ero pronto a trattare con lui. Kurdess mi aveva contattato tramite il mio editore di Milano e sapevo che era titolare di un sacco di attività. Case da gioco, investimenti immobiliari e, a quanto pareva, produzione di filmetti hard. Non l’avevo detto alla compagna di volo, ma quasi tutti i miei romanzi di successo erano erotici e lui mi aveva chiamato proprio per questo, quindi c’era poco da meravigliarsi. Forse gestiva anche bordelli…
- Come certamente saprai, il Nevada è l’unico stato americano dove la prostituzione è legale. – disse come se mi avesse letto nei pensieri. – Se Orlando in Florida è il parco giochi per ragazzi grazie alla Disney, Reno è invece il parco giochi degli adulti.
- Già… – Non sapevo che altro dire.
Mi sentivo in imbarazzo perché, per essere un autore di romanzi erotici, non ero mai stato con una donna a pagamento. Mai. E non trovavo nulla di eccitante in un rapporto a pagamento anche se, a vedere i dati, pochi la pensano come me.
- Ma una cosa che mi sono chiesto fin dalla prima volta che mi hai contattato è perché ti sei rivolto a me, dato che vivi qui nella patria del cinema e del sesso...
- Semplice. Qui si girano solo filmetti hard. Filmati corti destinati al mercato di Internet. Porcate.
- Hai detto “porcate”?
- Sì, certo. Sono porcate.
Ero rimasto interdetto.
- Ma allora cosa vuoi da me esattamente?
- Voglio fare un film vero e proprio. Erotico, pornografico se vuoi, ma voglio che la trama regga. I filmetti porno si perdono tra milioni di prodotti uno peggio dell’altro. Non ci fai più i soldi. Sbaglio o tu hai scritto un romanzo intitolato “Sesso, sangue e soldi a Las Vegas”?
- Sì… – Adesso ero ancora più meravigliato. – Ma non l’ho mai pubblicato perché il mio editore sostiene che non posso mescolare la trama di un romanzo erotico sulla portante di un triller… Ma come diavolo fai a saperlo?
- Me lo ha detto il tuo editore. Me lo ha mandato, l’ho fatto tradurre, l’ho letto e l’ho fatto leggere. E’ esattamente il tipo di film che voglio produrre io. Un triller a base erotica senza limiti di censura. La gente trova noiosi i film hard. Si eccita molto di più a vedere un film vero e proprio col sesso per condimento.
Ero perplesso, ma il concetto filava.
- Ed io cosa dovrei fare? Per acquistare i diritti bastava che trattassi col mio editore…
- Voglio che aggiusti il romanzo come ti diremo noi, ma sopratutto voglio che la sceneggiatura la scrivi tu e che segui da vicino la produzione.
- Io? E cosa ti fa pensare che io vada meglio di quello che offrono a Hollywood?
- Per essere sinceri… Non ho trovato nessuno a Hollywood disposto a sceneggiare il tuo racconto… Ha ha!
Scoppiai a ridere anch’io.
- Scusami – dissi quando ci calmammo, – perdona la mia insana curiosità, ma quanto intendi offrirmi per un lavoro come questo?
- Dai cinquantamila ai duecentocinquantamila dollari. Dipende.
La cifra era enorme per quello che prendevo di solito, ma riuscii a restare impassibile.
- Dai cinquanta ai duecentocinquantamila? – Ripedei. – E da cosa dipende la differenza tra la prima e la seconda voce?
- Da quanto dovrai fare per noi.
Era assurdo. Non ce l’avrei mai potuta fare. Non avevo neanche mai scritto una sceneggiatura in vita mia, e si parlava di una lingua diversa dalla mia.
- Sta bene – dissi allora, dimostrando che i soldi valgono più della prudenza. – Penso che si possa fare.
- Bene – ripeté, e mi diede la mano. – Per prima cosa devi firmare qui. Poi ti suggerisco di andare a versare questi cinquantamila dollari di anticipo… O di saldo… Ha ha! Dipende da te.
Ero rimasto a bocca aperta.
“Ma certo”, pensai firmando, “è così che si fa!”
- E infine ti consiglio di andare a divertirti per tutta la giornata. Voglio che ti fai un’idea di Reno. Ci ritroveremo stasera a cena, dove ti presenterò ai miei partner. Dipenderà buona parte da loro che i tuoi cinquantamila diventino duecentocinquantamila, o più…
- Accetto il consiglio – dissi con finta noncuranza. – Hai una banca da consigliarmi?
- Betty ti accompagnerà in una banca. Io ti consiglio la Burnett, ma tu scegli quella che ti pare.
- Chi è Betty? – chiesi.
- Beatris Cordoba, Betty per tutti noi. E’ la nostra produttrice esecutiva. E’ con lei che lavorerai, parla inglese, spagnolo, francese e italiano.
- Ti ringrazio, sei molto gentile.
- Ah proposito, nonostante il lavoro che fa, è una ragazza seria. Qui in Nevada la maggior parte delle nostre ragazze è seria.
- Grazie per avermelo detto.
La fece venire, mi presentò e le disse di portarmi in giro con una limousine della ditta.

Era maggio ma il gran caldo di Las Vegas a Reno non c’era ancora, quindi Betty portava una maglietta a fiori ed una gonna nera leggera non troppo corta ma che in auto teneva sopra le ginocchia.
- Tu sei con noi stasera? – Le chiesi dopo un po’ in italiano.
- Il capo mi ha invitato, – rispose educatamente in italiano. – La accompagnerò io.
- Scusa, ma potresti darmi del tu? Sennò non mi sembra di parlare ad un collega.
Non rispose.
- Scusa, Betty – le dissi, mentre faceva fermare l’auto davanti ad una banca. – Adesso faccio un versamento, ma dopo… Perché non mi porti da qualche parte a spassarmela?
- A spassartela in maniera disinvolta o in maniera sfacciata?
- Sfacciata.
- Con classe o volgarità?
- Classe.
- Kurdess mi ha deto di portarti al Carillon.
- Bene – risposi. – Andiamo al Carillon allora. Cos’è?
- Un ristorante con intrattenimenti vari. Al Carillon però ci entri da solo. – aggiunse. - Ti aspetterò in macchina perché...
- Perché?
- Perché... è un topless bar.
- E’ un posto volgare o pericoloso?
- No, anzi. E’ un locale di lusso e ci sono ragazze bellissime.
- Di classe?
- Di classe. Devi sapere che qui a Reno ci sono le più famose… case di tolleranza del mondo. Ma di locali esclusivi come il Carillon ce n’è solo uno.
- Sono così belle le donne al Carillon?
- Dal Carillon ci sono passate tutte le più belle ragazze della California, del Texas e di tutto il West americano, dai 18 ai 25 anni… Forse anche dai 16 ai 30, a dire la verità. – si corresse poi.
- Anche quelle di buona famiglia?
- Anche quelle, sì.
- Tu ci hai lavorato? – Le diedi un’occhiata da maschio interessato.
- No.
- Non hai voluto tu o non ti hanno presa? Problemi morali o... tecnici?
Le guardai le gambe.
- Sono timida – rispose, abbassando il bordo della gonna che stavo osservando. Mi vergogno.
- Meglio così, no?
- Chi può dirlo? Le migliori ragazze del Carillon si sposano tutte e molto bene. Io sono nubile e ho quasi trent’anni.
- Posto interessante. Se mi accompagni, ci andiamo.
- Ma è un posto da uomini! – protestò.
- Cristo, ti vergognerai a spogliarti forse. Ma non a vedere un’altra che si spoglia, no?
Non rispose.
- Ci va spesso Kurdess?
- Sarebbe una risposta riservata, ma dato che ti ha addirittura riservato il suo tavolo...
Si girò dall’altra arrossendo.
- Insomma, ci va.
- Il Carillon è suo... E’ un locale di lusso e la discrezione è tale che quando paghi con carta di credito, sull’intestazione leggi Restaurant Royale. Così le mogli non vengono a saperlo. – Fece il suo primo sorriso di complicità.

3. TOPLESS BAR.



A mezzogiorno, il Carillon era aperto e molto frequentato.
- Non sembra male – dissi passando davanti al guardaroba.
Le cameriere vestivano la sola giacca nera del frack e nient’altro, a parte una farfallina bianca al collo, un fermaglietto bianco da cameriera sui capelli e un paio di scarpe di vernice nera coi tacchi alti. Avevano tutte la pelle liscia e abbronzata e un trucco molto generoso per quanto raffinato. L’apertura della giacca sul davanti lasciava vedere tutto ma, dato che erano perfettamente depilate, il sesso passava quasi inosservato e comunque davano nell’insieme un senso erotico molto di classe.
Una di loro ci accompagnò al tavolo di Kurdess, situato in posizione riservata che ci consentiva di vedere il palcoscenico senza essere troppo in vista. Betty finse di vincere l’imbarazzo facendo movimenti sicuri e determinati come se volesse far capire che era la mia segretaria. Poi si sedette e mi diede il menù.
- Cosa desideri?
- Che spumanti hanno?
Chiamò la cameriera e glielo chiese. Questa mi guardò e mi disse che avevano solo Champagne. Fece un sorriso al quale non si poteva dire di no.
- Ce lo porti – risposi. – E ci porti anche i migliori apetizer della casa.
Sorrise e si girò, mostrando un sedere di grande importanza tra le code mosse del frack, poi scomparve.
- Che differenza c’è tra le cameriere e le ballerine? – domandai a Betty.
- Dipende. Quasi tutte le ballerine devono fare un certo tirocinio da cameriere. A volte fanno le cameriere quelle che non sono fisicamente abbastanza belle da spogliarsi. Altre sono belle ragazze che non vogliono fare le ballerine.
- Sembrano più erotiche le cameriere.
- Aspetta a dirlo... – sussurrò maliziosa. – Le cameriere non possono fare sesso… he he
- E perché mai?
- Perché le ballerine non lo vogliono.
- E le ballerine si tolgono tutto?
- Siamo in Nevada, guarda un po’ tu. – Mi indicò il palcoscenico.
Capii presto il meccanismo. La ballerina consegna la sua musica alla regia, fa il suo numero spogliandosi completamente, fa il possibile per farsi desiderare e poi esce di scena. Si riveste e gira per i tavoli a disposizione dei clienti. Questi la pagano 10 dollari per vederla per tre minuti spogliarsi nuovamente tutta per loro su uno sgabellino che mette a pochi centimetri dal cliente. Per altri 10 dollari e poi altri 10, va avanti finché vuoi, ti si struscia addosso, ma puoi toccarla solo sul sedere. Nient’altro.
Così almeno mi aveva detto Betty.
- E perché non scopano? – le chiesi.
- Non ho detto che non scopano, ho detto che scelgono loro se invitare o meno il cliente a scopare. La caratteristica del locale è che sono le ballerine a scegliere il cliente che gli piace.
- Uno stress come nella vita normale… he he – Commentai.
- No, non scelgono in base all’avvenenza del cliente.

Dopo aver bevuto abbastanza Champagne e mangiato tutto il salmone affumicato, chiesi a Betty di chiamarmi una ballerina. Betty fece cenno alla cameriera, questa venne e l’ascoltò in un orecchio mentre le chiedeva l’intervento di una delle preferite da Kurdess. Io guardai le nudità sconvolgenti della cameriera mentre preparava il tavolino, quando mi accorsi chi era.
Trattenni a stento un’esclamazione: era Isabel!
Se lei si accorse di me, riuscì a non darlo a vedere.
- Sicura che con le cameriere non ci sia nulla da fare? – chiesi, quando se ne andò.
- Non si può mai dire – sorrise. – Ma ho fatto chiamare Jasmine.
- Chi è?
- Me l’ha suggerita Dan. Non so chi sia.
Infatti, poco dopo venne una splendida ragazzina bionda, vestita con minigonna nera e maglietta verde erba fluorescente. Depose lo sgabellino davanti a me e si spogliò a ritmo di musica con una professionalità davvero elegante. Con la coda dell’occhio non mi scappò l’espressione di Betty che ci guardava soddisfatta. Alla fine le chiesi di continuare e così, nuda, si fece intorno a me mostrandosi in tutte le sue intimità. Ad un certo punto mi portò il culo ad altezza occhi e allargò le natiche con le mani per lasciarmi vedere il suo buco del culo da vicino e a tempo di musica. Trovai il gesto molto carino e le chiesi di farlo vedere anche alla mia accompagnatrice. Questa provò ad impedirglielo, ma non le rimase nulla da fare che godersi lo spettacolo erotico tutto per lei. Una donna che si dava da fare per accitarne un’altra, un insieme di mosse erotiche per mostrare sesso e orifizio anale ad un’altra femmina.
Alla fine chiesi alla ballerina se voleva sedersi al nostro tavolo. Questa accettò, andò a prendere una salvietta igienica e la mise sullo sgabello, quindi vi si sedette sopra, ignuda. Rimase a chiacchierare con noi senza niente addosso. Ero lieto che Betty si fosse rilassata, se non addirittura eccitata, partecipando al gioco. Ma se ero lieto che una così bella ragazza sedesse nuda, composta e disinvolta al nostro tavolo, dentro di me ero sconvolto per la vista di Isabel.
Ordinai da bere per tutti tre e portarono dell’altro champagne.
Alla fine Jasmine mi chiese candidamente se la volevo scopare; aveva fatto la sua scelta.
- Non subito – dissi alla ballerina dandole una ventina di dollari. – Sei bella e voglio godermi ancora la tua vista. – Ma avevo altro per la testa e volevo altro champagne.
- Ci penso io – annunciò Betty alzandosi, e forse per lasciarci soli qualche minuto.
Jasmine continuò a fare le sue incredibili avance e per tutto un disco di tre minuti mi si era fatta intorno come una vestale.
Betty tornò e dopo un poco arrivò anche lo champagne, ma la cameriera non era Isabel, cazzo…
- Mister Kurdess? – disse la cameriera riempiendo il mio bicchiere.
- Come dice? Io non sono Mr…
- Ma lei è l’amico del signor Kurdess. Vorrebbe seguirmi? C’è una sorpresa per lei.
- Che fare? – chiesi a Betty in un orecchio.
- Vai – rispose. – sei a casa tua qui.
Mi alzai, misi 100 dollari sul tavolino.
- Intanto scaldatevi. Attendimi pure Jasmine, pago io il tuo tempo.
- OK capo!
Aveva fatto sparire la banconota con la rapidità di un illusionista pur non avendo vestiti addosso.

Seguii la cameriera guardandole quell’incredibile effetto che le faceva quel frak le cui code si aprivano al ritmo dei suoi passi lasciando che le intimità facessero capolino. Seguendola su per le scale, mi eccitavo più di quello che pensassi.
Bussò alla porta, quindi entrò senza attendere risposta. Mi fece entrare, poi mi sorrise e richiuse la porta dietro di me lasciandomi solo con… con Isabel! Nuda in tutta la sua bellezza, in piedi, davanti a me.

Continua.
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