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Lui & Lei

Divorzio 3


di geniodirazza
12.07.2023    |    7.816    |    1 9.7
"“Vuoi sapere se in cucina è tutto in ordine? Mi pare di sì, proprio come mi aspettavo; in camera è tutto lo stesso?” “Sì, compresa tua moglie; qui la..."
La volta successiva che Dino bussò alla mia porta fu tre mesi dopo; al sesto mese di gravidanza, la pancia mi era cresciuta come un pallone e mi ero gonfiata tutta; quasi non mi riconoscevo e avevo frequenti momenti di desolazione quando mi vedevo allo specchio oppure mi rendevo conto delle difficoltà a muovermi e a sbrigare faccende; la depressione era all’angolo e mi scoprivo assai fragile e pronta alle lacrime per i motivi più banali.
Istintivamente lo accolsi in un abbraccio quasi d’amore; attraversavo uno dei momenti peggiori della mia difficoltà e il suo viso mi apparve come quello di un angelo che mi soccorresse per consentirmi di sfogare la mia debolezza su una spalla asciutta amica e disponibile; mi accolse in un abbraccio simile e colse immediatamente il motivo della mia tristezza; senza che pronunciassi una sola parola, mi stava lusingando con le dolcezze più intense.
“Non sai quanto sei dolce e bella in questo momento! Pensa per un attimo a tutte le Madonne dipinte nel Rinascimento; hai la la stessa tenerezza, la stessa dolcezza di tutte quante, specialmente quelle che hanno in braccio il Bambino!”
“Come faccio a non amare un pessimo bugiardo come te? Ce l’ho lo specchio; mi sono vista due minuti fa e mi sono fatta orrore, per come sono gonfia e sformata!”
“Forse stiamo guardando due persone diverse; io ti guardo e penso solo a come sarebbe bello baciare tutto il ventre e sentire il bambino che tira calci! … “
“In primo luogo, è una bambina; ho visto l’ecografia e so per certo che sarà Vittoria; in secondo luogo, i calci che tira sono da capocannoniere della serie A; non sono in grado di baciarmi tutto il ventre e non ho nessuno che mi ami tanto da desiderare di baciarmi dalla testa ai piedi come faceva il mio grande amore, prima della tempesta; conosci tu qualcuno che possa sostituirlo?”
“Non puoi neppure immaginare quanta voglia avrei di lasciare andare i dubbi e decidermi ad essere io, a carezzarti come forse qualche vola mi è riuscito di fare; ma non ho ancora maturato la decisione; so che ti amo; so che anche tu mi ami; so che ti sei ravveduta e pentita dell’errore commesso; ma non so sottrarmi al dubbio che, se ti accarezzo il ventre, automaticamente mi scatta la gelosia retroattiva perché lì dentro c’è il fallimento di un sogno, un figlio nostro, mio e tuo.”
“Dino, è di questo che devi convincerti; questa bambina è tua nel momento stesso in cui desideri sentirla anche attraverso i calci; se a fare la differenza è un cazzo in figa, mi dispiace per te ma le mie colpe sono anche maggiori; tu sai di Gigi e di una storia durata un anno; ma io ho commesso un altro errore assai più grave; cercando un avvocato per oppormi alla separazione, ho scopato una sera con un faccendiere che si professa avvocato; sono caduta in una stupida trappola e, esasperata dalla lotta che avevamo ingaggiato, ho ceduto al ricatto e ci ho scopato, una sola volta, ma l’ho fatto; quindi, se è di scopate che ti preoccupi, allora dimenticami e fatti dimenticare; è meglio.”
“Ti riferisci a quello strascinafaccende che risponde al nome di Scognamiglio? Sta già pagando per la sua abitudine a ricattare le clienti per portarsele a letto; quando lo lasceranno andare, credo che avrà perso qualunque voglia di ricattare; prima che ti inalberi e mi accusi di essere vendicativo, ti avverto che non l’ho deciso io ma gente assai più forte di me che ha punito le sue pessime abitudini che hanno rovinato molti matrimoni … “
“Amore, non ti avrei accusato di niente; so che non è nelle tue corde la vendetta; il fatto che Gigi non abbia subito nessun disagio per avermi scopato per un anno dice chiaro che non è questo il tuo metro; mi meravigliavo solo che sapessi tante cose di me, addirittura che ho scopato una sera con una schifezza di avvocato ricattatore … “
“Amore mio, credo che posso anch’io cominciare a dirlo; se la tua battaglia è da femminista, perché a istigarti sono state delle femministe … so anche questo, non ti meravigliare … se è una lotta femminista contro il maschio oppressore, la cosa peggiore che potrei fare sarebbe definire ‘mia’ te o tua figlia; anche se, in realtà, io vorrei proprio sentirvi e definirvi mie, tu e tua figlia che vorrei diventasse nostra figlia ma anche e soprattutto mia figlia.
Chiarito questo, sono assai geloso di tutto quello che sento che è parte di me, protesi staccate dal mio corpo, come sei stata e sei per me; non ti faccio controllare solo perché sono geloso e non sopporto che tu conceda ad altri qualcosa che sento mio, come purtroppo hai fatto, ma anche perché ho bisogno di saperti al sicuro, al riparo da pericoli e difficoltà; sentirei di venire meno alle mi responsabilità se non mi assicurassi che, in ogni momento, posso intervenire ad aiutarvi, a sostenervi.
Non ti sei mai accorta di niente; per un anno mi hai riempito di corna, puntualmente due volte al mese; posso anche precisare che lo hai fatto per venti volte, in tutto, compresa l’ultima, terribile occasione; non te ne sei accorta tu, non se n’è accorta il tuo caprone, nessuno saprà mai niente di quello che hai fatto, a meno che tu non mi costringa a venire in tribunale per discutere una causa di separazione, che ora non vogliamo più, almeno non con l’urgenza di una volta.
Paradossalmente, e ne sono cosciente, è un modo di manifestare il mio amore, la mia premura; se decidessimo di rendere operativa la separazione, è ovvio che ti libererei immediatamente di questa noia; dimmi che ami un altro e io ritiro l’incarico all’agenzia; ma devo sapere, se per disgrazia stai male o hai problemi con Vittoria, che devo fare intervenire qualcuno; visto che non ci sono, c’è chi ti controlla.
Se hai bisogno di esprimere la tua libertà anche in questo senso, dillo subito e non ne parliamo più; finché sono tuo marito e padre putativo di tua figlia, mi siete care e non mi posso permettere di lasciarvi sole, col rischio possiate stare male senza aiuti … “
“Senti, grande furfante, stai dicendo che sei e ti senti ancora non solo mio marito, ma anche padre putativo di mia figlia?”
“Scusa, hai sollecitato la discussione della domanda di separazione? Ti risulta che l’abbia sollecitata io?”
“No; ma questo, quindi, vuol dire che la pratica è ferma e che sono ancora tua moglie!?!?!?”
“Fino a prova contraria, sì; e non solo; hai anche diritto a pretendere che io ti sostenga per fare fronte alle tue esigenze economiche; Giovanni mi ha detto che hai dovuto chiedergli degli interventi … “
“Non era una gentile concessione che facevi a una poveretta?”
“Ma da dove ti vengono queste idee? Possibile che ancora non riesci a distinguere un gesto d’amore se non è espresso coi fiocchettini delle frasi da cioccolatini?”
“E’ stato questo l’errore stupido che ha scatenato il finimondo! Io cercavo le belle frasi ad effetto e tu facevi di tutto per spianarmi la vita; tu rendevi concreto l’amore ed io cercavo le dolci parole ipocrite; l’imbecille non si è curato di me quando ha sborrato in figa; tu sei stato attento anche quando dovevi odiarmi! Credimi, Dino, mi vergogno di questo equivoco imbecille più di quanto senta di dovermi vergognare per le offese che ti ho arrecato; ma non posso rimediare, a questo!”
“Non è vero, amore mio; senti, io adesso ti dovrò lasciare perché ho poco tempo; tu non hai mai saputo come si sviluppa il mio lavoro; nell’ultimo anno, per reagire al dolore del cadavere dell’amore sotto i miei occhi, mi sono impelagato in mille nuove avventure; oggi non ho il tempo nemmeno per sputarmi in faccia allo specchio; tra qualche mese ti prometto che mi libererò molto di più.
Mi sono precipitato perché ho saputo che rischiavi una forte depressione, anche perché non reggi la frequenza a scuola ancora per molto; il tuo medico è allertato e chiederà un poco di riposo prima del congedo per maternità; appena posso, torno da te, forse con te addirittura, anche se ancora ho paura; cerca di reggere fino al parto; dopo, le cose potrebbero andare meglio, con una tata per la bambina; paga papà Dino, qualunque sia il ruolo che gli assegnerete; posso andare sereno?”
“No; tu non te ne vai se prima non ascolti alcune cose; sono stata una vera imbecille; non capivo che hai l’occhio lungo e ti studi anche se vado di corpo o se mi tingo i capelli; io non so se sono in grado di amarti così tanto come tu mi stai dimostrando senza parole e senza fiocchi; ma ti amo e ti amerò ancora di più; non posso sollecitarti a riprendere me e farti carico di mia figlia se non te la senti; ma sono convinta che è e sarà nostra figlia; tu ne hai le qualità.
Come ti ho detto l’altra volta, fai quello che devi e fallo come sai; non mi azzarderò mai più a giudicare quello che fai; se puoi, torna a trovarmi, anche solo a chiacchierare un poco con me se non ce la farai a riportarmi l’amore che ho disprezzato; io e Vittoria saremo qui, quando tornerai, e cercheremo di esserti famiglia, proprio come desideravamo insieme un tempo, anche se sarà tutto provvisorio; se incontrassi un amore che ti merita, fammi il favore di farmelo sapere … non solo per questioni pratiche ma perché voglio che sia tu a dirmi addio, se lo farai.”
Non lo rividi per quasi un mese, ma cominciammo a sentirci per telefono e, talvolta, a vederci anche durante le telefonate; non ricordavo di avere ricevuto né dato tante dolcezze a mio marito, durante gli anni felici del matrimonio; quando mi trovavo a rifletterci, la tristezza mi assaliva e mi incupiva; poi le telefonate diventarono una sorta di appuntamento a cui mi preparavo con ansia, soprattutto perché a lui confidavo i miei tormenti.
La gestazione procedeva senza problemi; ma piccoli eventi, spesso trascurabili, diventavano il centro degli scambi telefonici e il collante di una relazione che sapeva tanto di tradimento a mio marito, ancora lontano da me, ma con lui stesso; insomma ci amavamo di nascosto da noi stessi e, soprattutto, ancora non osavamo parlare di scopare; avrei potuto anche legittimamene proclamarmi regina del ditalino, tanto spesso vi facevo ricorso.
Fino al momento del parto, venne a trovarmi, spesso solo per pochi minuti, almeno altre tre volte; quando Vittoria nacque, lui era da qualche parte in Europa, ma non esitò a contattarmi in Skype per sentire immediatamente dopo come stessi e per avere una prima immagine della ‘nostra’ bambina, come si lasciò scappare non sapevo quanto involontariamente; non riuscivo più a capire le sue titubanze e cercai di parlargliene ma glissò e mi impose di tacere.
Non ebbi il coraggio di tornare sull’argomento nemmeno quando tornò a trovarmi, più frequentemente, dopo il parto; mi sorprese molto, in quegli incontri, la facilità con cui si adattava al ruolo del padre - baby sitter cambiando i pannolini a Vittoria con la massima disinvoltura; riuscii a frenare, stavolta, il capriccio che mi avrebbe indotto a mandarlo al diavolo perché esitava troppo ed io friggevo dalla voglia del suo amore; un errore travolgente mi era bastato.
Ormai sapevo di amarlo senza riserve e cercavo di farglielo capire e di spingerlo a confessare che veniva a trovarmi perché mi amava altrettanto e moriva dalla voglia di riportarmi nel letto che era nostro da tanti anni; temetti per un attimo che volesse imporre ancora una volta il suo ruolo di individuo alfa e decidere lui quando e come riprendere il rapporto dove lo avevamo interrotto; fortunatamente, non me ne adontai e preferii pensare che ancora avesse qualche lecito dubbio.
Quella mattina non lo aspettavo, perché non ero stata avvisata; ero in poltrona, a seno scoperto, e stavo allattando Vittoria; entrò senza avvertire, perché aveva ancora le chiavi e non avevo cambiato la serratura, mi guardò con l’occhio languido di quando si incantava davanti a una cosa bella, mi si avvicinò e mi chiese se poteva approfittare del capezzolo libero; gli feci presente che non poteva privare la bambina della sua poppata e, se avesse succhiato, avrei versato latte, senza dubbio.
Mi si inginocchiò davanti e prese a leccarmi amorosamente la mammella tutta, per spostarsi lentamente sull’aureola che amò infinitamente con la lingua; accarezzò lievemente il capezzolo, quasi timoroso di ‘rubare’ il latte a ‘nostra’ figlia; cominciai a sentirmi colare la figa per il piacere enorme che, tra il capezzolo succhiato dalla bambina e quello delicatamente stimolato dal mio amore, mi esplodeva continuamente nel ventre.
Lo guardai quasi a suggerirgli di masturbarmi, per lo meno; sembrò leggermi nel pensiero, come sapeva fare in maniera meravigliosa, e sentii la sua mano scivolare sotto la vestaglia che indossavo per casa, raggiungere il clitoride e titillarlo con la sapiente energia e con la maestria che sempre gli avevo riconosciuto.
“Dio, quanto vi amo; perché non mi fai fare finalmente l’amore con te?”
“Nostra figlia viene prima; ora sta poppando; quando avrà finito, parleremo di noi … “
“Il ‘nostra’ è un lapsus o una decisione? Mi farai fare l’amore, dopo? Riuscirai ad aspettare che faccio prima tutto quello che devo con Vittoria? Lo sai che ti amo da morire?”
“Fai la buona mammina e allattala; poi parleremo io e te!”
Ormai era una speranza concreta; avrei ritrovato il suo amore, ora che finalmente la nascita di mia figlia sembrava avermi fatto svuotare di tutto, errori e capricci, voglie strane e desiderio di trasgressione; oscillavo tra desiderio impellente e ansia di non corrispondere; la felicità che sembrava lì a portata di mano rischiava di scivolare ancora via, come era successo tante volte negli ultimi mesi; Dino aveva lo stesso mio desidero, forse; ma aveva molti più motivi per temere.
Non potevo in nessun modo garantirgli che ero cambiata dentro, che non intendevo più fare capricci né superarlo o dominarlo; che volevo solo costruire con lui una realtà nostra, con una figlia che lui amava come padre putativo ed io come madre a tutto tondo; che volevo da lui la fisicità dell’amore, quelle scopate che sapevo essere per lui un modo deciso e chiaro di comunicare affetto, voglia, desiderio, fiducia, lealtà, serenità.
Speravo proprio che capisse che non potevamo più cincischiare coi sentimenti e sciupare in supposizioni gli anni più caldi della nostra vita; sapevo che per lui il prezzo era alto, l’orgoglio maschile piegato alla realtà di una figlia che non aveva niente di suo ma che doveva rendere sua; ma speravo anche che l’amore per me lo convincesse davvero che amarmi con tutto quello che era mio, compresa la figlia, fosse la cosa più giusta e più bella, per la sua sensibilità umana.
Mentre ancora sborravo come una fontana guasta per le sollecitazioni interne ed esterne, che il suo amore e le sue dita portavano al mio corpo teso a prendersi l’amore da lui, mi lasciò, quando spostai la bimba all’altra mammella, e si allontanò verso la cucina dove ancora era caldo il caffè che poco prima avevo preparato e bevuto da sola; con la dolce disinvoltura con cui si era mosso negli anni in quell’ambiente, notai che si fermava a guardare, quasi a controllare che tutto fosse rimasto inalterato.
Impiegai ancora un’oretta ad allattare la bambina, a cambiarle il pannolino, e a metterla a dormire; poi andai da Dino e gli chiesi se tutto andasse bene.
“Vuoi sapere se in cucina è tutto in ordine? Mi pare di sì, proprio come mi aspettavo; in camera è tutto lo stesso?”
“Sì, compresa tua moglie; qui la tempesta non è passata; lì non ha lasciato danni e aspetta solo il mio amore.”
“Vedere per credere!”
Su questa battuta, mi prese per mano e mi guidò alla camera che davvero era rimasta intatta, dall’ultima volta che ci aveva dormito; mi afferrò in vita, mi fece una sorta di sgambetto e mi trovai supina sul letto col suo corpo che mi sovrastava e si sovrapponeva punto per punto; finalmente sentii il cazzo che mi premeva sull’inguine.
“Cosa ti aspetti che succeda adesso, amore?”
“Quando avevi sedici anni potevo capire che non sapevi e che dovevo guidarti; ora non sei più un’adolescente … “
“Il ginecologo che mi fatto partorire ha detto che il mio culo è tornato sodo e stretto come quando ero bambina e vergine; se mi vorrai amare, dovrai tornare a sverginarmi almeno di culo; la figa, dopo il parto, non puoi sperare di trovarla vergine, ma la ragazzina che c’è dietro è ancora quella che ha bisogno della tua guida per capire … “
Intanto, avevo aperto il pantalone, senza sfilarlo, avevo preso in mano il cazzo e l’avevo masturbato per sentirlo duro e grosso come lo ricordavo; guidai la cappella alla figa e lo tirai addosso a me per sentirlo entrare; la vestaglia aperta non poneva ostacoli e potei passargli le gambe lungo i fianchi e intrecciare i piedi dietro la schiena come tante volte avevo fatto scopando con mio marito; con poche spinte dal basso in alto mi penetrai profondamente, gemendo di piacere.
Non tentò di montarmi; mi teneva stretta e mi baciava con dolcezza su tutto il viso che conosceva a menadito ma che sembrava recuperare coi piccoli baci su tutto il profilo; mi baciò sensualmente sulla bocca ed ingaggiò un vero duello di lingue, un gioco che facevamo quasi quotidianamente e che avevo imparato a seguire cercando di imporre a lui la lunga e profonda succhiata che dedicavo alla sua lingua, assai simile a quella che dedicavo al suo cazzo.
Sentivo di recuperare a mano a mano la dimensione del nostro essere coppia innamorata e calda, libidinosa all’infinito e sempre pronta a scopare alla grande; anche se sapevo che era in grado di gestirsi tutto, mi sentii in dovere di avvertirlo che non assumevo la pillola e non poteva sborrarmi in figa senza rischiare una nuova maternità a pochi mesi dal parto precedente; mi sembrò che mi dicesse che aveva capito; mi affidai al suo buonsenso e all’autocontrollo.
Presa dall’eccitazione della scopata, cominciai a manovrare coi muscoli vaginali fino a sentire il suo cazzo, sempre più duro e voglioso, vibrare intensamente per la lussuria che gli trasmettevo; sentii che mi perdevo in un oceano di passione mentre mi godevo la mazza nell’utero e non mi accorsi che lui intanto aveva sborrato; quando ne presi coscienza, mi scoppiò uno sbocco d’ira che mi rese violenta, forse per memoria del precedente errore assai simile.
“Cavolo, Dino, che diamine hai fatto? Possibile che neppure tu abbia saputo controllarti? Eppure ti avevo avvertito; o sei per caso sordo?”
“Tesoro, non sono né sordo né stupido né incosciente; se ti calmi e mi lasci spiegare, forse troverai qualche nuovo elemento per riflettere senza dare in escandescenze.
Lo sai che siamo separati in attesa di una sentenza legale? … Bene, dolcissimo amore mio, sappi che, nel momento in cui il mio cazzo è entrato nella tua figa, è stato come se avessimo stracciato, insieme, la domanda di separazione; questa impone che non ci siano rapporti intimi tra i coniugi separati; se si fa l’amore o anche solo sesso, la domanda perde valore e si deve ricominciare da capo; da quando abbiamo fatto l’amore tu sei tornata ad essere a tutti gli effetti mia moglie.
Per conseguenza, proprio sulla base di quello che sostieni tu, tua figlia è nostra figlia, capisci? Io sono tornato in questa camera per dormirci con te ed ho accettato di cambiare i pannolini e lavare il sederino a nostra figlia; l’avevo fatto già quando ho condiviso con lei il tuo seno, da cui lei succhiava il latte e io l’amore.
Io però non mi accontento di una figlia nostra solo a metà; voglio un figlio nostro, tuo e mio, geneticamente e legittimamente; non smetterò mai di amare, insieme a sua madre, la figlia; sarà la luce dei miei occhi, la mia pupilla intoccabile; la farò crescere insieme a te quanto meglio possiamo; ma voglio anche un figlio mio e tuo, nostro a tutti gli effetti, tra l’altro anche erede del mio patrimonio mentre Vittoria dovrà accontentarsi di una buona laurea e di un ottimo lavoro; riesco a spiegarmi, moglie nervosa?
Ti sei meravigliata di come guardavo tutto in cucina; non hai modificato niente, neppure le piccole abitudini che possono fare ridere ma fanno invece la padrona di casa e l’amore tra noi; non è cambiato il calendario in cucina dove segni con un cerchio i giorni di inizio delle mestruazioni e, con un evidenziatore rosso, i giorni fertili; so che non assumi la pillola, forse perché non pensi più di scopare se non con tuo marito; ma quei giorni in rosso hanno scatenato il mio progetto che puoi anche non condividere.
Se non sarai d’accordo, vado ora stesso a comprare la pillola del giorno dopo e non correrai rischi; se sei in sintonia con me, sapremo da ora stesso che tra nove mesi nascerà un maschietto, ne sono sicuro non so dire perché; l’unica condizione è che lo chiameremo Giuseppe, come mio padre, secondo il rito paesano dei figli che hanno il nome dei nonni; il calendario c’entra perché dice che oggi è il giorno della tua massima fertilità; ho fatto l’amore per dare il via al figlio totalmente nostro.
Se il mio progetto diventa tuo, da stasera dormo con te e con Vittoria; tra un anno saremo in quattro; se hai altri progetti, parliamone, ma ti prego di non partire in quarta per fare quello che il capriccio ti detta; hai visto cosa comporta una scelta irrazionale ed estrema.”
“Dino, non ho nessun progetto alternativo; mi sono spaventata perché ho rivissuto quel che mi aveva fatto tanto male; qualche perplessità me la suggerisce l’ipotesi di una maternità che inizia pochi mesi da che ho partorito nostra figlia; mi piace che tu abbia deciso di considerarla nostra figlia; anche io ho sentito tanta unità di famiglia, quando mi succhiavate il seno insieme; forse distanziare i due eventi potrebbe essere più logico … “
“Amore, non smetti di cambiare pannolini se devi ricominciare con l’altro; se fai passare del tempo, sarà più doloroso perché smetti e poi devi riprendere; due bambini che crescono insieme significa un metro di educazione simile o eguale; se c‘è una distanza di anni, diventa difficile adeguarsi a nuove realtà; così è per la scuola, per gli amici, per le esigenze personali e familiari; se chiedi a chi ha avuto più figli, scoprirai che il lavoro doppio stanca di più ma quello ripetuto dopo anni logora.
Comunque, ti ripeto, se hai altre ipotesi, compriamo una pillola del giorno dopo e i problemi spariranno … “
“No, è giusto come dici tu; due figli coetanei, da amare con la stessa intensità, da educare insieme, da far crescere al meglio sono la certezza che si sosterranno sempre, senza superiorità e senza contrasti; spero solo che davvero Vittoria e Giuseppe saranno sempre uguali, per me ma anche per te che potresti essere portato a privilegiare il maschio tutto nostro.”
“Io so che ti amo e, come mi hai costretto a riflettere, amarti significa amare anche la figlia che è parte di te come lo sarà nostro figlio; spero solo che tu sia veramente maturata, in questo senso, e che la lealtà, la chiarezza e la sincerità ti aiutino ad essere sempre compagna, amica leale, spalla asciutta nel dolore e pilastro nelle necessità.”
“Dino, ha sbagliato una ragazzina non cresciuta per colpa di qualche frase equivoca accettata senza riflettere; io voglio essere la moglie cavernicola che si occupa dei suoi amori e li vive intensamente come protesi staccatesi dal suo corpo; se avrai bisogno di correre per il mondo per sbandierare potere e fascino, non sarò io a muovere foglia; Vittoria e Giuseppe saranno la mia vita, il mio amore; tu lo sei sempre stato e lo resterai anche se dovessi diventare un altro; ho imparato la lezione; adesso ritorno a quella di mia nonna e di mia madre; è stupido e antistorico, ma è pacifico e rasserenante.”
“Se devo restare con te, ti creo problemi per il pranzo e per la cena? Vedo che non esci molto; hai fatto scorte?”
“Te l’ho detto, devo tornare alle lezioni di mia madre e, più ancora, di mia nonna; loro non si sono mai trovate in difficoltà perché sapevano organizzare la dispensa; non sono ancora alla loro altezza, ma ce la faccio a sfamare mio marito; nel caso, ricordando una stupida barzelletta, ci si può sempre cibare d’amore!!!!”
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