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Lui & Lei

L’esercizio del potere


di geniodirazza
20.03.2024    |    1.609    |    1 7.2
"Se sei ragionevole, noi abbiamo bisogno di un punto di appoggio per muovere certi capitali, rinnovarli e conservarli in sedi opportune; impegnati a farlo per..."
Uno dei cardini della ‘filosofia della periferia’ era la certezza che un buon matrimonio potesse risolvere totalmente i problemi dell’avvenire di una ragazza; questo obiettivo si poteva raggiungere soprattutto non facendosi scavalcare nella corsa alla conquista di qualunque soggetto nuovo e interessante attraversasse i nostri orizzonti e non cedendo a riserve moralistiche sulla sessualità; non fu strano quindi che sin dall’adolescenza prendessi a modello le mie compagne più grandi e le imitassi cercando ogni volta di essere prima in tutto; per questo, poco più che adolescente feci tutte le mie esperienze di sesso, favorita anche dai ragazzi, tutti di alcuni anni più grandi di me, di cui ero continuamente a caccia.
A Marzio, che conobbi quando avevo poco più di quindici anni, cominciai a fare le prime succosissime seghe; non appena sentii parlare di pompini, mi affrettai a prendere il cazzo in bocca; in breve tempo riuscii ad essere un’abilissima pompinara; lo stesso avvenne per tutte le esperienze; diedi il culo e la figa senza problemi, mi feci sborrare tra le tette e da quelli che ce l’avevano più grosso, in bocca mentre mi scopavano tra le tette; presi la pillola da subito e scopavo alla grande.
Lui era innamorassimo e lo diceva in tutte le lingue; io non provavo altro che un tiepido affetto e, dopo le grandi scopate, una passione smodata per il suo cazzo; lui lavorava in fabbrica e, a ventidue anni, era già responsabile di un settore; io vi entrai da operaia, a diciannove anni; subito dopo decidemmo di sposarci; non ero innamorata, ma mi pesava stare in famiglia e dipendere dai miei; ero felice, quindi, di uscire dalla loro tutela e andarmi a godere la vita con il mio ragazzo.
Guadagnava bene, lui; e non mi lesinava niente; mi trovai poco più che ventenne a decidere della mia vita facendomi passare tutte le voglie che mi giravano per la testa; la nostra storia scivolò felice per più di cinque anni; ne avevo venticinque e lui trenta, quando feci l’incontro che mi avrebbe travolto; nello stesso capannone lavoravano due ragazze, Nicoletta e Antonietta, che dimostravano un grande feeling; tutti dicevano che erano lesbiche e che convivevano; non me ne interessavo; fui invece presa e travolta dai loro discorsi sulla superiorità della donna e, nelle chiacchiere che si accendevano negli intervalli o fuori dal lavoro, mi sentii votata ad una nuova crociata.
La bandiera che stavolta seguivo, senza rendermi esattamente conto dei termini delle cose, fu quella del femminismo aggressivo antimaschilista; misi nel mirino il mio compagno, etichettato immediatamente maschio alfa e prepotente, e decisi che mi sarei ribellata a modo mio al suo strapotere maschile; mentre eravamo a pranzo in mensa, con il solito gruppo delle mie amiche, gli dissi fuori dai denti che non intendevo far controllare da un maschio la mia sessualità.
Lui per anni mi aveva manovrata per il suo piacere; io adesso avrei usato la figa per il mio piacere; se non gli stava bene, poteva anche andarsene; Lorena, l’amica del cuore, cercò di farmi riflettere che lei viveva da sola, non aveva nessuna intenzione di legarsi a un maschio e quindi poteva cambiare i partner come le aggradava; noi avevamo un rapporto che imponeva dei doveri e rendeva assurdi i miei discorsi; io avevo già fatto una scelta e non potevo imporre la mia volontà; ero io che diventavo arrogante.
Non la presi neppure in considerazione e annunciai a Marzio che mi sarei ritenuta libera di fare il mio comodo finché non avesse fatto un gesto di umiltà e di asservimento totale; mi chiese ironicamente se poteva fare altrettanto; gli risposi piccata che, se trovava qualcuna, poteva anche fare i suoi comodi; Lorena ancora una volta mi invitò a riflettere che io guadagnavo la metà di Marzio, che lui partecipava alle spese di gestione familiare per il settanta per cento ed io sprecavo il mio salario in abbigliamento e cura del corpo.
Le chiesi ancora una volta di farsi gli affari suoi e mi misi in caccia per scopare contro mio marito almeno una volta; era venerdì e sapevo che alcune ragazze andavano la sera in discoteca, mi aggregai a loro; non sapevo, o non volli sapere, che Marzio era concupito da quasi tutte le mie compagne di lavoro, che era nel mirino della moglie del proprietario della fabbrica e che gli sarebbe bastato fare un gesto perché Lorena per prima gli gettasse le braccia al collo.
Quasi a conferma, parlottarono un poco in disparte e seppi, ma troppo tardi, che avevano concordato di andare a cena ed a scopare poi a casa di lei; mi misi in tiro per la serata, con l’abbigliamento più sconcio che riuscii a mettere insieme, e andai via con l’auto delle mie amiche; neanche mi accorsi che Marzio si era messo altrettanto in tiro, ma per una serata di gran lusso, e che uscì subito dopo di me con la sua auto per andare da Lorena.
Da quel momento cominciava per me l’immersione in un mondo fantastico di sesso e di trasgressione superiore ad ogni immaginazione; la comitiva era costituita da tre coppie definite e da un solo singolo; poiché ero sola, finii accoppiata naturalmente a Gerardo che, montati in macchina, non perse tempo prima di infilarmi una mano fra le cosce, praticamente nude fino all’inguine; le dita raggiunsero facilmente la figa e ricevetti un ditalino da paura; sborrai violentemente.
Andò a fermarsi in un parcheggio vuoto, aprì il pantalone e tirò fuori un cazzo assai notevole; mi chiese ’un piccolo anticipo sulla notte prevedibile’ e spinse la nuca finché ebbi il cazzo ficcato in gola; lo frenai, mi assestai sul sedile in modo che potesse rimettermi in figa le dita e ripresi a leccare con il ‘mio’ metodo che prevedeva un lungo percorso su palle e mazza, prima di infilare la cappella in bocca e cominciare a succhiare; non potevamo trattenerci molto; sborrammo insieme in pochi minuti.
In discoteca, mi scatenai a lungo facendomi strusciare su tutto il corpo le mazze vogliose dei compagni di divertimento e di molti altri giovani che erano lì per divertirsi e lo fecero a lungo col mio culo, con le tette, con baci lussuriosi più o meno arbitrari; per tutta la serata, non feci che sborrare sui cazzi che mi stimolavano da tutte le parti, da sopra i vestiti; impedii a Gerardo di portarmi nel bagno per una sveltina perché, a quel punto, volevo una sazia scopata.
Quasi naturalmente, a fine serata, salutammo gli amici e salii in macchina con lui; guidò direttamente fino alla sua abitazione, un miniappartamento in periferia, e per tutta la notte scopammo come scimmie; non gli diedi solo la figa, come pensavo inizialmente, ma mi feci passare il cazzo su tutto il corpo, dalla bocca al culo attraverso le tette, in una sconvolgente spagnola con pompino finale; sborrò tre volte, in bocca in figa e in culo; io versai tanti di quegli orgasmi, che non contai più, alla fine.
Tornai a casa e ignorai totalmente mio marito; eppure, la condizione del letto intatto mi avrebbe dovuto far sospettare qualcosa; da quel momento e per due mesi circa, Gerardo fu il mio amante di riferimento e mi adattai alle sue voglie fino a divenirne decisamente succuba e schiava; dopo alcune sapide scopate da soli, mi fece conoscere il piacere dello scambio di coppia e quello di una donna che mi riempiva di sesso in ogni parte della sensibilità del mio corpo.
Una volta che ci trovammo a casa di una delle coppie di amici, finii quasi senza volerlo stretta tra i due mentre la compagna dell’amico mi spogliava, mi baciava, mi leccava e mi titillava sapientemente; mi abbandonai con molta libidine alle lussuriose carezze dei tre e infine mi trovai volentieri a cavalcarne uno, mentre l’altro mi inculava con decisione e la donna svariava su tette e viso con baci sensuali e con libidinose leccate; uscii dall’incontro malconcia ma molto più informata e decisi che quella fosse la mia strada.
Quando i quattro amici mi misero al centro delle loro voglie e mi trovai coi loro cazzi piantati contemporaneamente in figa, in culo, in bocca e tra le mani, presi possesso della situazione e li feci ruotare più volte finché non si furono saziati tutti dei miei buchi e del mio piacere; fu, in qualche modo, la consacrazione di una ‘sacerdotessa del sesso’ che non si fermava davanti a nessuna proposta e cercava le occasioni per ricevere quanto più cazzo fosse possibile; mio marito era evaporato dalla mia vita.
Quella di me con quattro amanti fu probabilmente l’occasione migliore per esprimere la mia sessualità, forse la mia ninfomania; come se si fosse aperta di colpo la valvola di una bombola di gas, il mio corpo esplose in una nuvola di desiderio irrefrenabile e mi scatenai nel sesso più aggressivo e illimitato possibile; guidata dal solito Gerardo, cominciai a frequentare ambienti e personaggi che fino a quel momento erano le mille miglia lontani dal mio mondo.
Cominciò col rendere abituali gli incontri con estranei, in rapporti trini, col solo maschio aggiunto, o quadrupli, con o senza scambio di coppia; approfondii la conoscenza dei rapporti saffici e mi trovai spesso a scopare con donne vogliose ed abituate a rapporti omosessuali; grazie alla mia capacità di adattamento, diventai facilmente una cerbiatta disponibile a chiunque o una maîtresse in grado di soddisfare qualunque cerbiatta vogliosa.
Quando mi fece visitare i primi privè, le spa e i locali per il sesso libero, mi trovai improvvisamente come un pesce in acquario e tirai fuori tutta la mia libidine e la capacità di affascinare illustri sconosciuti; in uno di quelli, il ‘Trocadero’ famoso per gli spettacoli hard, per le evoluzioni al palo delle ballerine di lapdance e per le scopate che potevano essere prenotate, con semplici cenni al manager della protagonista, diventai di colpo la superstar che tutti i bavosi anziani delle prime file ammiravano lussuriosi e pagavano profumatamente; Gerardo cedette il posto ad un maneggino che diventò il mio manager personale.
Per qualche tempo le cose per me andarono alla grande, perché scoprii in me talenti che non avrei mai immaginato; imparai ad aggredire il palcoscenico diventandone immediatamente la protagonista e la stella; i costumi succinti, le mosse languide nella danza, gli atteggiamenti provocatori e le forme straripanti che ammiccavano da qualunque costume mi guadagnarono rapidamente l’acclamazione degli ospiti specialmente quelli danarosi e importanti che, dalle poltrone della prima fila, sbavavano per me.
Le banconote che mi infilavano negli slip e nei reggiseni diventarono di valore sempre più alto; gli appuntamenti per scopare a fine spettacolo o per passare con me intere notti cominciarono a fioccare tanto da dovere stabilire rigide priorità, sulla base della generosità dell’offerta; in poco tempo mi trovai a prostituirmi per cifre molto consistenti; ma il mio interesse, più che venale, era di orgoglioso dominio sulla debolezza sessuale dei maschi che si piegavano alle mie voglie, come Marzio non aveva mai voluto fare.
Il massimo segnale del successo fu un avviso del mio manager, meglio definirlo magnaccia a quel punto, che mi aveva promesso un contratto fisso col ‘Trocadero’ e che, finalmente, riuscì ad ottenere un appuntamento col direttore per sottoscrivere un importante accordo col quale entravo nello staff del locale per un periodo da definire; per tutte le puttane che lavoravano in quel campo, era il top dei desideri ed io l’avevo ottenuto.
La sera della definizione del contratto, nella sala privata dove la cerimonia aveva luogo, c’erano tutti gli amici che avevano partecipato alla mia personale escalation fino al ruolo di primadonna del ‘Trocadero’, i maschi, compreso il mio pappone, e le donne sposate con due di loro; Gerardo chiudeva il gruppo; il direttore del locale lesse i punti del contratto e firmammo, io e lui; si riservò però di avere il visto e l’avallo del proprietario del locale, di cui lui era solo un funzionario.
Mentre si riempivano i calici di spumante per il brindisi, entrò il personaggio atteso che mi lasciò di stucco.
“Ciao, Carmelina, sei riuscita finalmente a proclamarti puttana a tutti gli effetti; Marzio sa di questa tua scelta?”
“Nicola!?!?! ... Che ci fai tu qui? ... Marzio non ha voluto cedere alla mia scelta e resta cornuto e inetto ... “
“Ludovico, imbecille con la crema, che cazzo hai combinato?”
“Nico, credimi, mi hanno imbrogliato; la signora si è presentata come venticinquenne e con un marito disponibile; ho le dichiarazioni scritte, sua e del suo manager ... “
“Tu saresti il manager? Un pappone da marciapiede è stato promosso a promotore di puttane per locali di lusso? Chi ti ha conferito un incarico così alto? O te ne sei impossessato senza chiedere il permesso?”
Fece cenno a due suoi guardaspalle che prelevarono di peso il poveretto che si stava bagnando i pantaloni perché il panico lo aveva fatto pisciare addosso; Nicola, che avevo riconosciuto, era sin da ragazzo il più prepotente del quartiere; molto amico di Marzio, pareva avesse assunto un ruolo assai importante nella malavita della città, braccio destro di uno dei capifamiglia più temuti e rispettati del territorio; l’amicizia inalterata con mio marito mi faceva vedere un futuro assai nero.
“Senta, mi pare che il suo tono sia altamente offensivo con tutti noi ... “
Un uomo passò a Nicola alcuni fogli; ne lesse uno con gli occhi che ridevano.
“Tu quindi sei l’azzeccagarbugli, il sedicente avvocato che sa solo trascinare le liti in tribunale; sei anche quello che ha scopato meno con questa puttana, da quel che dicono i documenti ... Senti, stronzo, ti offro una possibilità di scampo; se non la sfrutti o non la rispetti, di te si troveranno frammenti non più grandi di un orecchio ... La nostra famiglia ha bisogno di utili imbecilli come te; se farai a puntino tutto quello che ti verrà chiesto, diventerai organico alla famiglia; se rifiuti, sai cosa ti aspetta ... “
Passò a leggere altri fogli e si rivolse a Gerardo che identificò come il caprone che mi aveva traviato e condotto a fare la puttana; non lo degnò quasi di uno sguardo e si limitò ad indicarlo a uno dei suoi uomini; Gerardo fu prelevato e portato via; Ludovico gli chiese cosa sarebbe stato di lui; non serviva a niente, era un parassita della società; avrebbe avuto la pena prevista per i traditori dell’amicizia.
“Quindi dobbiamo ritenere che noi possiamo ancora essere utili alla tua vendetta?”
“Perché parli di vendetta, amico? Io sono un imprenditore che stabilisce funzioni e ruoli; vedo che tu sei direttore di una filiale di banca; tra te e tua moglie avete sfruttato lungamente e con piacere le grazie di questa puttana; tua moglie le ha insegnato il lesbismo ed ha passato lunghe notti con lei a praticare amore saffico; se vi rifiutate di riparare gli errori, un incidente d’auto farà morire nel rogo della macchina te, tua moglie e i vostri figli.
Se sei ragionevole, noi abbiamo bisogno di un punto di appoggio per muovere certi capitali, rinnovarli e conservarli in sedi opportune; impegnati a farlo per noi e, non solo non sarà punito nessuno dei due, ma vi arricchirete anche un tantino; se però la tua fedeltà al lavoro ti impedisce di favorire certe nostre manovre, ti ho già detto il rischio che correte; ti suggerirei di pensarci molto, prima di scegliere la fine anche dei tuoi figli del tutto estranei ai vostri giochi di lussuria.”
Fu sua moglie a rispondere.
“Signor Nicola, la prego di credere che non c’era volontà di offendere il suo amico, almeno in noi; comunque siamo colpevoli, come lei ha detto; mio marito farà quello che lei gli ha chiesto e spero proprio che, passato questo brutto scoglio su cui siamo andati a sbattere, potremo avere occasione di parlare ancora con maggiore serenità; a noi piacerebbe essere organici ai vostri progetti.”
Intervenne l’altra donna, moglie dell’ultimo accusato.
“Crede che lo stesso trattamento possa essere riservato anche a noi?”
“Dai miei fogli risulta che suo marito è responsabile dell’ufficio progetti della regione; non le dovrebbe sfuggire che per le nostre attività quel posto, occupato da un buon amico, è prezioso; vale il discorso fatto ai vostri amici ... ”
“E io le garantisco che la nostra risposta è la stessa della mia amica; spero che avremo occasione di conoscerci meglio.”
“Ludovico si farà premura di fornirvi una tessera VIP non appena si avvierà la collaborazione; è un posto dove si cena bene e si parla con calma di progetti ... “
“Bravo Nicola, adesso sei anche diventato importante; vuoi vistare ed avallare quel contratto o no?”
“Avvocato, il protocollo del ‘Trocadero’ impone prostitute maggiorenni ma non più anziane di venticinque o, in casi eccezionali, trenta anni di età; la vostra amica puttana è decisamente oltre i trent’anni; è già un reato averne dichiarato venticinque nella scheda di assunzione? ... Sì??? Quindi è già passibile di denuncia per esercizio della prostituzione e per false dichiarazioni ...
Il protocollo del locale prevede la possibilità per il proprietario di mettere in mobilità il personale; posso essere io a decidere dove è destinata la nuova puttana che si aggiunge allo staff? Sì??? Allora, Ludovico, per cominciare a correggere i tuoi errori, dirotterai la signora Carmelina al bordello di Dora, quello all’interporto... “
“Nico, ... tra i camionisti???? ... Non reggerà nemmeno un mese, tra quelle belve ... “
“Ha retto anni con le corna al mio amico; che vuoi che mi preoccupi se non regge due mesi coi camionisti?”
“Che state dicendo? Dovei andare a fare la puttana dei camionisti?”
“Hai firmato un contratto; la tua età ti destina a quella attività ... “
“Io avevo firmato per fare la ballerina di lapdance al ‘Trocadero’!”
“No, piccola; la tua firma è per lavorare col ‘Trocadero’; i regolamenti dicono che sei oltre l’età per la lapdance; ho il diritto di spostarti dove ti compete; per le vecchie puttane ci sono solo i camionisti; se osi ancora contestare, ti mando a fare pompini sotto i ponti ... “
“Ludovico, puoi fare qualcosa?”
“Sei stata tu a bluffare sull’età e su tuo marito; per tua disgrazia, Nicola conosce la tua vera età ed è amico di tuo marito; se avessi saputo chi eri, non ti avrei accettato nemmeno se fossi stata l’ultima donna sulla terra; dimentichi che tra me, Nicola e Marzio, c’è un’antica amicizia? Tuo marito è l’unico che potrebbe intervenire e chiedere pietà per te, ma dovrebbe piegarsi a Nicola e al suo capo; non so se lo farebbe volentieri ... “
“Gli puoi telefonare, per favore? Marzio non è vendicativo e sanguinario come Nicola; forse divorzierà, forse mi ripudierà, se esiste il ripudio, ma non mi manderà a fare l’agnello tra i lupi dell’Interporto; ti prego, almeno parlagli ... “
“Pronto, Marzio? Sono Nico ... Ciao, amico; ho qui una puttana che dice di essere tua moglie; dovrei farla a pezzi perché è irrecuperabile; te la senti di parlarle e di decidere tu? ... Non avere problemi; per me sei sempre il fesso che perde la testa e se la gioca con una puttana indegna; ma sai quanto ti voglio bene e sono disposto anche ad assistere al tuo suicidio se pensi che ne possa valere la pena .. Ti aspetto al ‘Trocadero’. Basta che ti qualifichi. Ciao, amico carissimo!”
“Nico, ma che combini? Lo sai bene che Marzio non consentirà che mi uccidi lentamente e perversamente; non potevi essere tu a decidere prima di farlo venire fino a qui?”
“Per perdermi lo spettacolo di te che strisci ai piedi dell’uomo che hai distrutto? Non mi ha ancora chiesto di perdonarti; non è certo che lo farò anche davanti alle preghiere del mio amico; le donne come te mi fanno schifo, ambiziose, incoscienti, ignoranti e volgari; hai creduto di ribellarti e ti sei stretta intorno alla gola la corda per impiccarti; hai scelto la via più squallida per opporti a quello che ritieni tirannia ed è solo amore; io non ti perdonerei.
Sai che ti ho amato come lui, da adolescenti; mi sono tirato indietro quando lui si è proposto perché io andavo a rubare mentre voi limonavate; non potevo offrirti un futuro di serenità; se avessi saputo che avresti sputato nel piatto che ti metteva davanti, ti avrei domato io e avresti fatto la puttana, ma per me non per la tua lussuria sfrenata; anche adesso preferirei farti sparire piuttosto che rischiare ancora corna da una puttana irriducibile.
Se tuo marito decide che devi continuare a fare la porca che sei per natura, non posso oppormi al suo desiderio; ma ricordati sempre che, al minimo cenno di trasgressione, sarai ammazzata senza avvertimenti e senza consentirti, stavolta, di fare leva sulla bontà di tuo marito per evitare una punizione che è giusta da qualunque punto di vista tranne che da quello legale ... “
Marzio era arrivato, venne diritto nella saletta e scambiò con Nicola e con Ludovico un abbraccio più che fraterno; i tre avevano attraversato insieme l’adolescenza e mio marito era stato sempre il vaso di coccio tra i due di ferro che lo proteggevano; anche adesso, solo a guardarli, si aveva la sensazione di un trio imperturbabile e invincibile; sembrava che nessuno volesse parlare per primo; ero stata io a chiedere l’intervento di mio marito e dovevo essere io a mettere sul tavolo il problema.
“Marzio, ti prego di ascoltarmi qualche momento; ho commesso errori che non si perdonano a nessuno, se non si ha una bontà d’animo che scivola nella stupidità; sai bene che non ti ho mai considerato stupido ma solo troppo buono; adesso ho bisogno di tutta la tua duttilità; se non te la senti di giocarti una vita intera sulla mia stupidità, hai ragione; se riesci a provare ancora un poco di compassione per la bambina stupida che crede nelle favole e si fa violentare, allora posso e devo chiederti di avere pietà di me.
Nicola, giustamente per carità, presenta tutto come reato, come colpa passibile di condanna aspra e spietata; ha ragione, da un certo punto di vista; ma non tiene conto di un fattore; non so spiegarti come e perché, uno che vede la sua morte davanti agli occhi fa un esame di coscienza e si trova cambiato come un guanto che hai rovesciato, sfilandolo; l’ho vista, la mia morte, stasera; l’ho vista nella sparizione del mio pappone, un imbecille che mi ha distrutto illudendomi di crearmi.
L’ho vista nella resa degli amici che consideravo immensi e potenti per scoprire che sono fragili e inutili; l’ho letta nello sguardo fulminante di Nicola, che io ricordavo dolce e appassionato; l’ho vista nella feroce determinazione di Ludovico che solo adesso ha saputo che sono bugiarda e sono tua moglie; ho visto che mi guarda come l’agnello sacrificale; ho tanta paura di essere arrivata al capolinea e di non avere più speranza di vivere; dicono che solo tu puoi alimentare la fiammella della mia vita.
Non ti chiedo di tornare ad amarmi come ho sentito in questi anni; ti chiedo solo di avere pietà della ragazzina di cui ti innamorasti e di non farmi gettare nella fossa dei leoni o di non farmi fare a pezzi per vendicare il tuo onore; so che ti chiedo molto, forse troppo; ma è solo quando mi sono vista sbattuta tra maschi assatanati e irrispettosi di qualunque umanità che ho capito quale amore ho buttato nel cesso; ti chiedo, se ti riesce, di perdonare un’ultima volta.”
“Lina, mi metti in un casino immane; mi ero rassegnato ad averti persa; ero già pronto a discutere separazione e divorzio; tu mi sconvolgi con una minaccia di morte e una richiesta di perdono; lo sai che il nostro cervello è diviso in due emisferi, uno razionale e l’altro emotivo; la parte razionale di me mi impone di cacciarti e di liberarmi dalle catene del matrimonio in attesa di un amore più vero e pacifico; quella emotiva mi suggerisce di aspettare.
Io non dovrei cacciare solo te; dentro di te c’è la nostra storia, la ragazzina che tutti corteggiavamo e che io amavo al di là di ogni umana possibilità; la sfera delle emozioni mi porta a ricordare tempi duri e difficili di lavoro per affermarmi, avendo a fianco una donna che diceva che non mi amava ma che stava bene con me; insieme a te devo cacciare quegli anni in cui sei stata anche compagna a letto.
Dall’altra parte c’è la puttana che ha fatto tutto il peggio che una puttana può fare; da un lato, il rifiuto, la condanna, la vendetta; dall’altra parte, la speranza, il credo, l’illusione che tu davvero sia stata fulminata e qualcosa sia cambiata di colpo; il buonsenso mi porta a temere che tu possa ricominciare, anzi che stai barando per imbrogliarmi ancora; l’amore mi suggerisce che si può ancora credere ad una rinascita, al riscatto, alla possibilità di tornare sulla via maestra; non mi chiedere cosa voglio fare; non lo so.”
“Marzio, bada che questa donna è irrimediabilmente ninfomane e bugiarda; se le perdoni e la riprendi con te, tempo pochi mesi e ti ritrovi a dover fare i conti con altre corna; se tu vuoi fare la cazzata di perdonare a lei mentre sono stati puniti gli stronzi che l’hanno scopata, io non posso e non voglio impedirtelo; ti avverto però che, se ho ragione io e ci ricasca, anche la notizia di una sola sega fuori dal matrimonio determinerà la condanna a morte; e stavolta non saresti nemmeno avvisato!”
“Nico, non me la sento di essere il boia; lascia che ci riprovi; se sgarra, non chiedermi niente; agisci con i tuoi criteri di giustizia.”
Purtroppo per me, Nicola aveva visto giusto; tempo un mese e già avvertivo insopportabili pruriti di figa che mi spinsero a cercare giovani cazzi in tutti i posti che frequentavo, prevalentemente risolvendo con sveltine in bagno, talvolta appartandomi in macchina, spesso scopando dove fosse possibile con il massimo godimento; presto il palco di corna al mio illuso marito diventò ancora più grande e offensivo.
Soprattutto, avevo ripreso i contatti con Gerardo, tornato ad essere il mio amante principale; ci scopai in un mese almeno una dozzina di volte; la sera ‘della conclusione’ mi ero appartata con lui nel parcheggio in cui avevamo scopato in macchina la prima volta; ero impegnata nel più saporito pompino che gli avessi mai fatto; mentre ritmicamente alzavo e abbassavo la testa con in bocca il suo notevole cazzo, persa nel piacere e fuori dalla realtà, si aprì di colpo lo sportello dell’auto e un’ombra mi apparve.
“Che cazzo vuoi, tu che vieni a rompere i coglioni a chi sta serenamente scopando?”
“Devo portarti i saluti di Nicola!”
“Cristo, è la fine!”
“Non ancora; finisci quel che stavi facendo; fallo sborrare, intanto!”
Quasi automaticamente, ripresi in bocca il cazzo e lo succhiai con enfasi, cosciente che era l’ultima cosa che facevamo; la tensione della situazione lo fece sborrare presto; lo sperma che mi inondava la bocca fece scattare anche il mio orgasmo e mi trovai persa in una nuvola di piacere, dove forse galleggiava anche Gerardo; non sentii lo sparo della pistola ben silenziata e neppure la pallottola che mi attraversò il cervello; me ne andai senza un grido.
La cosa più risibile fu il commento di uno spettatore, quando scoprirono i cadaveri chiusi nell’auto.
“Beh, di positivo c’è stato che hanno fatto la morte più piacevole possibile; sono morti sborrando tutti e due!”
Marzio, presente a breve distanza e chiuso nel suo dolore, si terse di nascosto una lacrima, si girò e andò via a testa bassa, per andare a sfogare, a casa sua, il dolore per lo strazio della sua vita a cui aveva assistito.
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