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Lui & Lei

La mistress 1


di geniodirazza
14.10.2022    |    3.005    |    1 9.6
"Dopo i primi movimenti del cazzo nell’intestino, lei si rilassò, l‘ano si distese e la mazza scivolò avanti e indietro con solo entusiastici brividi di..."
Paolo aveva ‘sfiorato’ Ginevra quando frequentavano l’istituto per Ragionieri, all’incirca una decina di anni prima; non si erano conosciuti, perché lei, nella sua arroganza, neppure prendeva in considerazione uno studentello qualsiasi, senza nessun talento per farsi notare; lui si accontentava dell’amicizia di alcuni compagni di classe, ai quali era utile per copiare i compiti in classe e da cui quindi era protetto e stimato.
Aveva aderito alla ‘Confraternita’ segreta costituitasi nell’Istituto e, tra gli amici, contava anche quelli che costituivano la ‘cupola’ dei giustizieri che imperversava con lo strapotere clandestino in tutto l’Istituto; questo lo metteva al riparo da ogni sorta di aggressione; Ginevra, invece, per il carattere impossibile, era stata esclusa e più volte si era mossa all’attacco della ‘cupola’ esibendo, in quelle manifestazioni come in tutte le altre, la sua pretesa di dominio su tutto.
La conseguenza più grave era stata la punizione che i ‘giustizieri’ le avevano comminato per alcune angherie commesse ai danni di alcune ragazze più fragili; dopo la festa privata, che avevano organizzato clandestinamente in una palestra fuori dalla scuola, si trovò circondata da tre energumeni incappucciati che la ridussero a malpartito a colpi di cinghia; i colpevoli non furono mai identificati.
Dopo le superiori si persero di vista perché Paolo proseguì all’Università a si Laureò in Economia mentre Ginevra smise di studiare dopo il diploma di ragioneria; finì per ritrovarla, ad anni di distanza, quando fu assunto a dirigere l’Amministrazione di una grande azienda cittadina dove la ragazza aveva trovato lavoro come impiegata; con una manovra da grande acrobata, tirò fuori la comune esperienza scolastica e se ne proclamò amica.
Non le credeva molto, avendola conosciuta in giovinezza; ma la possibilità che il tempo l’avesse cambiata e l’indiscussa avvenenza ebbero la meglio e, quando ne ebbe l’occasione, non ebbe esitazione a finirci a letto; lei, come prevedibile facilmente, fissò subito precisi paletti; non si sognasse di convivere; quando lei lo chiamava, poteva andarla a scopare a casa sua; liberi di fare sesso, dovevano essere leali e tenersi informati, meglio se annunciandolo.
Ginevra era assolutamente convinta che lui non avrebbe mai avuto il coraggio o la possibilità di scopare con un’altra; la clausola serviva a lei per avere consenso e mano libera; se mai lui avesse avuto una qualsiasi occasione, avrebbe provveduto a metterlo in riga e ridurlo a slave e forse a cuckold; passarono così serenamente un paio d’anni e si adagiarono in una relazione non impegnativa, a distanza ravvicinata, che andava bene a tutti e due.
La sera che, ad una festa sociale in fabbrica, Ginevra, schizzinosa come sempre, si rifiutò di partecipare, Paolo si aggregò volentieri ad una piccola banda di operai che lo stimavano molto; quando la più carina tra le ragazze, di nome Ofelia, cominciò a pomiciare leggermente con lui, non si trattenne e ne accettò le carinerie; l’intesa con Ginevra gli consentiva di parlargliene non appena si fossero incontrati.
Perciò, quando lei si avviò a tornare a casa e gli chiese di accompagnarla, accettò volentieri; sul percorso, lei gli si appoggiò alla spalla e tirò la mano di lui sulla figa; il cazzo gli balzò prepotente e la strinse a se, preoccupandosi della guida ma ravanando nel vestito fino a che raggiunse la figa umida e la masturbò un poco; sul portone di casa, parcheggiò, scese con lei e si lasciò condurre al piccolo appartamento che la ragazza abitava; fu una stupenda serata di sesso amoroso.
Sin dagli anni delle Superiori, Paolo era sta etichettato come un ‘romanticone’ per la tendenza a stabilire con le ragazze un rapporto fondamentalmente sentimentale, più che scopereccio; non si smentì nemmeno quella sera e, benché i fumi dell’alcool e la voglia montata durante i titillamenti e le pomiciate gli avessero reso il cazzo un palo grosso e durissimo, cominciò con un abbraccio da anaconda nel quale alcune cose balzarono subito.
Innanzitutto, la sensibilità delle tette di lei che, piene e carnose per natura, si fecero immediatamente più dure e compatte schiacciandosi voluttuosamente contro il suo torace che rispose con due capezzoli duri come chiodi che quasi lottavano con quelli di lei grossi come fragole e vogliosi di essere succhiati; e la libidinosa spinta della figa contro il cazzo, al punto che ebbe la sensazione immediata che il clitoride si masturbasse contro il cazzo, attraverso i vestiti.
Il bacio che si scambiarono fu di quelli che sarebbero bastati, per lui, a scoparsi in piedi senza spogliarsi e senza penetrazione; il duello delle lingue fu di una sensualità estrema e lui si sentì trasportato in un eden di piacere dall’abilità con cui lei esplorava tutta la cavità orale, strappandogli godimenti e voglia; quando gli catturò in bocca la lingua e la succhiò come un piccolo cazzo, dovette quasi frenare la sborrata che gli premeva sul basso ventre.
Non se ne stette fermo a lasciarsi scopare, ma attivò la sua capacità di succhiare la lingua e di percorrere anche lui tutta la cavità per strapparle piacere e libidine senza fine; quando toccò a lui catturare la lingua sottile e puntuta, ma morbida e dolce, provò intense sferzate di piacere capaci di strappare a tutti e due brividi di goduria; passarono intensi e lunghi minuti a succhiarsi le bocche, mente le mani correvano a percorrere tutte le parti del corpo.
Lui le afferrò le tette piene e morbide e le percorse, soffermandosi sulle aureole agitate da brividi e sui capezzoli assai reattivi alle sfregamento tra le dita; sentiva di darle piacere e ne prendeva altrettanto; una delle mani scivolò sul culo perfettamente disegnato e si impossesò delle natiche, stringendole e ’impastandole’ a lungo, prima di infilarsi in mezzo, all’inutile ricerca del buchetto, ancora protetto dal leggins anche se non da qualsiasi tipo di mutandina.
La stringeva con forza col pube contro il suo e la scopava in piedi, attraverso i vestiti, come se volesse sborrarle sulla figa; lei rispondeva agitandosi sulla mazza per eccitare al massimo il clitoride che lui persino avvertiva dalla stoffa leggera; quasi certamente colse un leggero orgasmo che lei aveva raggiunto strofinandosi; infilata la mano nel pantalone, dopo avere fatto scorrere la cerniera che lo chiudeva sul fianco, infilò un dito in figa e la masturbò; l’orgasmo stavolta fu netto e lungo.
Fu chiaro a entrambi che era il caso di andare ben oltre e prendersi il sesso con convinzione; fu lui a decidere di agire; la spinse supina sul letto e le sfilò con qualche difficoltà il pantalone che aveva già aperto; quando lo lasciò cadere a terra insieme ai mocassini che indossava, gli si aprì davanti il panorama entusiasmante delle gambe perfette, lunghe e affusolate, dei fianchi larghi e asciutti e, in mezzo, della figa vogliosa, completamente rasata, da cui occhieggiava il clitoride rosso e duro.
Si chinò con la testa tra le cosce e afferrò il bottoncino tra le labbra; lo succhiò a lungo, con amore, strappandole gemiti vogliosi e acuti; giocò a leccare golosamente le grandi e le piccole labbra, partendo spesso dall’interno delle cosce e lasciando una bava di saliva che eccitava tutti e due; arrivato sulla figa, godeva a leccare intensamente le labbra e a infilare la punta della lingua in vagina quasi a toccare il canale rorido e voglioso; con le labbra e coi denti succhiava e stimolava il clitoride.
La ragazza si abbandonò languidamente al cunnilinguo e se lo godette per molto tempo; poi, quasi esausta, lo rovesciò di forza sul letto, accanto a se, e prese a spogliarlo con determinazione; in un niente lo ebbe nudo al suo fianco, mentre anche lui provvedeva a liberarla della camicetta, unico velame rimasto addosso; quando furono nudi, lei lo rovesciò al centro del letto e si fiondò con la bocca sul cazzo avviando il pompino più stratosferico che lui avesse mai ricevuto.
Partì dall’ano che titillò con la punta della lingua provocandogli una strana e nuova eccitazione; passò poi al sacchetto delle palle che leccò amorosamente; le prese in bocca una per volta e le leccò con voglia intensa; si dedicò poi alla mazza che reggeva con una mano mentre la lingua svariava tutto intorno al bastone e lo titillava in ogni dove; lui veniva colto da improvvisi e irresistibili brividi di piacere e doveva farsi forza per non sborrarsi sulla pancia.
Quando la lingua sfiorò il glande, lui ebbe dei moti violenti del corpo per i brividi di goduria; lei proseguì decisa e leccò tutta la cappella fino al meato, abbassò di colpo la testa e fece sprofondare la mazza lungo il palato fino alla gola; continuò a leccare e succhiò a lungo la cappella; si mosse a scoparsi in bocca e lui le andò incontro muovendo il ventre dal basso in alto per spingere l’asta profondamente oltre l’ugola.
Fu un pompino lungo e sapiente; lui era quasi deciso a versarle in gola la sborrata immensa che gli premeva dalla prostata fino alla punta del cazzo; un paio di strette di lei, alla mazza che teneva in mano fuori dalla bocca, ed alle palle che continuava a carezzare con l’altra mano, lo convinsero che non era ancora il momento di sborrare; la ragazza voleva almeno il cazzo in figa; capì e si impose uno sforzo mentale per raffreddare l’impeto; ci riuscì.
Quando lei fu evidentemente sazia del pompino, si staccò di colpo e si distese su letto, a braccia e gambe divaricate, quasi in croce o in offerta; lui le montò addosso e fece aderire quasi perfettamente gambe a gambe, petto a petto, inguine ad inguine; il cazzo scivolò naturalmente tra le cosce e, indurendosi al limite dell’impossibile, si adagiò sulla figa; lei lo prese in mano, lo accarezzò a lungo e lo guidò dolcemente all’imbocco della vagina.
Fu una scopata lunga e dolcissima, forse degna del ‘romanticone’ che gli avevano affibbiato come nomignolo; ma, dopo molto tempo, si trovò a godersi il percorso lieve e lento di un rapporto tutto desiderio, passione e voglia di compenetrarsi; non era solo lui a cercare le sensazioni dolci del cazzo che attraversava il canale vaginale per andare a incontrare l’utero acceso e pronto a scaricare gli orgasmi infiniti di una donna calda e passionale.
Di fronte, si trovò una donna eccezionalmente sensibile e predisposta all’amore tenero e vagamente sognato; Ofelia dimostrava concretamente di voler sentire con tutti i sensi il cazzo che attraversava il percorso naturale trascinando con se emozioni ad alto tasso di erotismo; i muscoli della vagina sembravano tutti tesi allo scopo di strappare dalla mazza che li attraversava il massimo del godimento; sembravano stringere l’asta per ‘mungerne’ il piacere.
A lungo si sentì piombare in un gorgo di libidine, mentale prima che fisica, e si abbandonò volentieri all’esaltante sensazione di una passione senza tempo; scoparono quasi intendendosi a volo e alternandosi nei ruoli; molte volte lui frenò l’orgasmo e rinviò la sborrata; moltissime volte sentì le contrazioni della vagina per un nuovo orgasmo, di cui sembrava non tenere il conto, tanto era partecipata e passionale la scopata a cui dava vita, senza lasciarsi travolgere dal maschio.
Quando sentì che non avrebbe retto più a lungo lo stress dell’interruzione della libidine, le chiese se era protetta; lei lo rassicurò e lo invitò a sborrare in figa; per niente al modo avrebbe rinunciato al piacere della sborrata direttamente sull’utero; l’orgasmo arrivò quasi liberatorio e furono cinque spruzzi consecutivi che si schiantarono sull’utero sovreccitato; lui sentiva di liberarsi e di rilassarsi, lei si esaltava ad ogni spruzzo ed urlava.
Si rilassarono supini sul letto, fianco a fianco, e stentarono un poco a riprendere normali funzioni respiratorie, soprattutto; intanto, si tenevano abbracciati amorosamente e lei gli poggiò la testa tra scapola e collo in un gesto di affettuosa intimità; istintivamente, lui passò l’altra mano ad abbracciarla e la poggiò sui seni che sentì reagire lentamente ma decisamente; lei chiese se doveva rientrare a casa; lui negò recisamente; potevano fare l’amore anche fino al mattino successivo.
Quando ebbe recuperato la piena efficienza, lei spostò la testa sul ventre di lui e prese a titillare delicatamente il cazzo barzotto appoggiato sull’inguine; lo manipolò quasi distrattamente e lo leccò quasi ad assaggiarlo; la reazione di lui la sorprese un poco e sentì con gioia la mazza che si levava come un minareto dal ventre; quasi felice per sentirlo ripreso, lo accarezzò con le labbra lo riprese in bocca e lo succhiò con entusiasmo finché fu duro come cemento.
Si sistemò carponi sul letto, appoggiata ai gomiti e alle ginocchia; gli fece segno di andarle alle spalle; lui colse l’invito e si sistemò nella più classica posizione a pecorina; passò a spatola la lingua su tutto il sesso, insistendo con voglia sul culo e sulla figa; più volte fece penetrare al massimo la lingua nei due buchi; poi agì con le mani e la penetrò prima solo in figa, con due dita che manipolavano il clitoride, poi con quattro dita, di cui due nel culo e due in figa.
Lei si sentì pervadere da un piacere non abituale, che le stimolò le voglie già fortemente accese e la incitava a godere; la posizione assunta, a pecorina, favoriva inevitabilmente una ricca scopata da dietro e non persero tempo a raccontarselo; dopo che ebbe leccato lungamente e con amore l’apparato sessuale, dal monte di venere all’osso sacro, lui le infilò il cazzo in figa con estrema decisione anche se con delicatezza e dolcezza da illanguidirla.
Ofelia sembrò godere particolarmente la penetrazione amorosa e decisa, finché sentì la punta che spingeva l’utero e le provocava un orgasmo strano e nuovo, rispetto a quello che le produceva lo sfregamento del clitoride o il vai e vieni della mazza nel canale vaginale; colse che si trattava di quell’orgasmo uterino di cui aveva sentito molto ma che sperimentava in quel momento; ne fu particolarmente felice e se lo strinse addosso quasi a prolungarne gli effetti.
Paolo si era perso beato nel piacere di scopare con questa ragazza che, in un incontro occasionale, forse di una sola serata, gli concedeva tutto quello che poteva offrire e si prendeva il massimo piacere; le accarezzò il culo e forzò delicatamente il buchetto; si rese conto che risultava assai ricettiva nell’ano e capì che non era nuova a inculate decise e intense; le chiese se le andava di farsi inculare; per tutta risposta, lei si allontanò un attimo in bagno e tornò col lubrificante.
Quando accostò la punta all’ano, preventivamente dilatato con le dita e lubrificato al massimo, lui sembrava avere ancora qualche esitazione sull’opportunità di una pratica che, all’apparenza, doveva risultare sperequata, tra il diametro del cazzo e quello del forellino che forzava; fu lei a spingere indietro il culo e ad incitarlo; lo frenò ogni volta che la pressione si faceva sentire; impiegarono un tempo lunghissimo, ma alla fine il cazzo scivolò nel retto e lui la montò con gusto.
Dopo i primi movimenti del cazzo nell’intestino, lei si rilassò, l‘ano si distese e la mazza scivolò avanti e indietro con solo entusiastici brividi di piacere per ambedue; riuscì ad imporsi di ritardare al massimo la sborrata e fece ricorso a tutta la sua sapienza per godersi il culo al massimo della libidine; il primo tempo fu di inculata classica, a pecorina dietro di lei, afferrandole le tette per spingere il cazzo dentro e fuori dal culo.
Quando la sentì sborrare, rovesciò i due corpi sul letto e restò col cazzo infisso dentro di lei; l’inculata riprese da dietro, ambedue su un fianco, con la gamba di lei libera stesa in alto e tenuta da lui con una mano, mentre l’altra sfregava il clitoride e la faceva sborrare; la scopò così sul fianco destro e su quello sinistro; la stese poi bocconi sotto di lui e continuò a martellare in culo facendole tenere chiuse le cosce in modo che il cazzo fosse stretto anche dalle natiche; la scopò con tutto il corpo.
Frenò ancora l’orgasmo e la fece stendere supina; le pose sotto le reni alcuni cuscini e la inculò da davanti, stringendole le tette e guardandola in viso; in qualche modo, si cambiarono passione e trasporto; forse avrebbe anche pensato di essersi innamorato, se non fosse stato preso decisamente da Ginevra, incombente presenza assente; anche Ofelia avvertiva, in quel loro darsi con tanto entusiasmo, qualcosa che andava al di là della ‘botta e via’; ma non intendeva rinunciare alla sua libertà di singola.
Scoparono però a lungo e in tutti i modi, percorrendo i sentieri che la tecnica amatoria suggeriva e quasi tastandosi sui vari modi di cercare il piacere; lei lo succhiò a lungo e si fece leccare intensamente, per ore, la figa e il culo; scoparono alla spagnola e si lanciarono in acrobatiche evoluzioni del sesso; quando era ormai troppo tardi per pensare di rompere l’incanto di una serata straordinaria, lei gli propose di dormire qualche ora insieme.
Ci sarebbero stati molti motivi per scappare via; ma l’emozione della scopata nuova e intensissima suggerì a Paolo di fermarsi almeno fino all’alba; in ora antelucana, sarebbe tornato a cambiarsi d’abito e sarebbe andato a lavorare; lo fece e si ritrovò a casa giusto in tempo per una doccia rigenerante, un cambio rapido e la corsa in ufficio; era ben presente la coscienza che avrebbe dovuto confessare a Ginevra la scopata imprevista ma contava sulla lealtà degli impegni.
Era convinto, sulla scorta di quello che si erano detti, che sarebbe stato sufficiente parlarne a Ginevra appena si fossero incontrati in privato; in ufficio, le anticipò solo che doveva parlarle di una particolare situazione in cui si era trovato e nella quale aveva fatto sesso; l’espressione che lei fece gli risultò incomprensibile e inadeguata certamente alla situazione; ma non ebbe neppure il tempo di pentirsi di avere accennato alla vicenda.
Per l’intera settimana gli tenne il broncio e lo privò persino del saluto; in ufficio, evitò di trovarsi in sua presenza, accampando impegni in altri reparti; ebbe la sensazione che, in definitiva, odiasse la realtà di essergli subalterna e che preferisse frequentare altri dirigenti; conoscendola, sapeva per certo che aveva sempre sopportato malvolentieri la dipendenza da lui e che finalmente gli esprimeva il massimo disprezzo; ci restò male ma attribuì tutto ad una difficoltà oggettiva per lei.
Per il venerdì pomeriggio, lei gli fissò un appuntamento a casa sua; pensò ad un incontro di sesso per pareggiare quello che aveva fatto fuori dal rapporto; andò molto sereno e si presentò coi cioccolatini che sapeva piacerle molto; gli aprì la porta in vestaglia trasparente sul corpo totalmente nudo; un poco se ne meravigliò, perché non erano soliti partire così decisamente all’assalto; lo guidò alla camera da letto ed anche questo era inusitato.
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