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trio

Gemelle 2


di geniodirazza
30.12.2023    |    4.121    |    2 7.9
"Bruna non riusciva ad esprimere la sua felicità e non aveva nessuna voglia di nasconderla; fare l’amore con Franco sarebbe stato il coronamento di un soluzione..."
Per consentire a Bruna di partorire senza scandalo, madre e figlia si trasferirono in Svizzera per due mesi; Franco prese il posto di Bruna e continuò a dirigere, in nome di lei, le attività che li avevano resi ricchi, ricercati e ammirati; quando le donne tornarono a casa col batuffolo rosa di Achille, la gioia dei quattro si sarebbe potuta tagliare col coltello; mantenendo un difficile aplomb ormai acquisito, Bruna fece tutto il necessario per legittimare a suo cognato il figlio e per fissare i ruoli previsti nella società.
Il momento più dolce del rientro fu quello in cui, per la prima volta, si ‘rifugiarono’ nel loro appartamento per dare il via ad un amore apparentemente libero da vincoli; Bruna lo prese per mano e lo guidò verso il letto ; a terra c’erano tappeti meravigliosi; si fermò in mezzo alla sala, aprì le braccia e lo invitò da lei; non si fece pregare e l’accolse nell’abbraccio più caloroso, le strinse la vita e la fece aderire completamente al suo corpo.
Sentiva i capezzoli che s’indurivano e gli premevano sul petto, l’osso pubico che si strusciava sul suo e scatenava brividi ed emozioni nuovissime, la bocca che si apriva calda ed umida ad accogliere la lingua che la percorreva tutta; fece scivolare le mani lungo la schiena e raggiunse il sedere, afferrò i glutei e li strinse contro di se, accentuando, se possibile, l’accostamento del sesso al suo che si era già levato al meglio della sua erezione e le scivolava ora tra le cosce, rasente la vulva.
“Che mi stai combinando? Mi fai bagnare tutta, mi fai aprire il ventre, mi fai sentire piena di te … ”
“Bruna, il nostro è amore vero, quello che ti porta a fonderti ed essere una sola cosa con me; pensi che qui possiamo esprimerlo al massimo? O dobbiamo limitarci a quelle poche effusioni che ci consentono gli abiti castiganti che ancora indossiamo? Posso averti tutta, completamente, con la passione di cui siamo capaci? Posso entrarti con tutto il mio amore nel ventre, nel cuore, nell’anima? Sei veramente decisa a fare l’amore con me, qui, adesso?”
”Stupido, non chiacchierare; amami e fammi sentire che mi ami con tutto te stesso; io ti darò tutto quello che ho!”
La fece sdraiare per terra, su un meraviglioso tappeto, e la baciò con un’intensità che quasi non ricordava di avere mai provato con Fulvia né con nessun’altra; si strusciava sul suo corpo come un rettile, per sentire ogni spigolo, ogni brandello, per amarla tutta, dalla testa ai piedi; cominciò a spogliarla arruffatamente, senza rispettare nessun criterio di logica, quasi strappandole di dosso gli abiti; ma intanto passava la bocca e la lingua su tutta la pelle, da quella del volto a quella del seno, dal ventre fino alla vulva sulla quale si fiondò con un desiderio smodato di sentirne gli odori, i sapori, la consistenza, la passione.
Quando prese in bocca il clitoride e cominciò a succhiarlo come un capezzolo dolce e meraviglioso, ebbe dei fremiti continui e sentì che era agitata da scatti di orgasmi che agivano come scosse elettriche su tutto il corpo che vibrava e si scuoteva per l’intensità del piacere; ‘ti amo’ le sussurrava mentre procedeva a ‘mangiare’ tutto il suo corpo, dalla testa ai piedi; ‘ti voglio tutta’ le confessava mentre si riempiva la bocca dei suoi umori da orgasmo e li ingoiava con profonda libidine; ‘prendimi, ti voglio anche io’ gli rispose alla fine, ormai sull’orlo di un orgasmo quasi definitivo.
Si spogliò nudo e le tornò a pesare addosso, facendo scivolare il corpo sul suo quasi a fondersi in un androgino strano; poggiò il sesso, eccitato e duro, tra le sue cosce e fece accostare lentamente la cappella alla vagina; fu lei stessa a spingere il corpo in avanti e a farsi penetrare; si limitò a sentire la mazza che forzava i tessuti del canale vaginale fortemente lubrificato dagli umori che aveva scatenato; poi Bruna alzò le gambe dietro la schiena e il suo inguine si fuse con l’altro, in una penetrazione dei sessi che non lasciava più nessuno spazio.
La montò a lungo, così attaccati da sembrare un solo corpo doppio, e non si fermò finché l’orgasmo non si scatenò dalla prostata e si scaricò con una lunga e possente eiaculazione nell’utero; sentì che lei urlava il suo piacere da farsi sentire anche dalla madre, dal padre e da tutti gli inquilini; vibrò sei o sette volte, quanti furono gli spruzzi che le scaricò in vagina, ed urlò sempre più piano, finché si limitò a gemere dolcemente, quasi piangendo.
Le chiese se stava bene; lo rassicurò con i gesti e con il bacio, lungo, profondo, col quale lo strinse ancora più intensamente a lei; impiegarono un tempo infinito a scaricare la tensione da orgasmo, ma non arretrò di un centimetro finché il membro restò duro e piantato nel suo ventre; quando cominciò a cedere e a ridursi, si adagiò più dolcemente su di lei e la guardava intensamente negli occhi; sussurrò ancora ‘ti amo’ e lasciò che scivolasse fuori di lei; stupidamente, si preoccupò che lo sperma che colava dalla sua vagina sporcasse il prezioso tappeto; capì al volo, sorrise e commentò.
“Il tappeto si lava; un amore come il nostro non lo riusciresti a inventare con nessuna mai più; ho attraversato il paradiso, con te; non sognarti di sparire, adesso; mi hai condotta a confessare il mio amore; ora te lo gestisci … e al meglio, anche.”
Le chiese solo se intendeva tornare da sua madre prima che il bambino scatenasse una guerra; sorrise e cominciò a rivestirsi, con calma.
Passarono mesi di frenetica attività, per Bruna e per Franco, super-impegnati a far funzionare la macchina industriale che avevano progettato e avviato; il piccolo Achille gattonava già tra i piedi di nonna Melina ed era famoso nel vicino parco tra le mammine e i nonni a cui i nipotini erano affidati; il Comune aveva scelto anche Bruna, per l’annuale selezione dei cittadini che si erano distinti nella loro attività; l’orgoglio di tutta la famiglia era enorme.
Alla cerimonia c’erano tutti, anche il piccolo Achille; a sorpresa, arrivò anche Fulvia, del tutto imprevista; il suo interesse primario era, evidentemente, aggredire Franco del quale aveva saputo che si era licenziato dal posto di lavoro e viveva, ufficialmente, alle spalle della sua gemella; poiché la scelta la privava dell’obiettivo massimo, l’assegno divorziale, chiedeva come e perché fosse arrivato a quella decisione; nutriva anche dubbi sui rapporti veri tra lei e suo marito.
Non trovò orecchie disponibili, tra i familiari tesi a godersi il trionfo di Bruna; ingoiò amaro e tacque, sperando che si sarebbero chiarite molte cose, parlando; in particolare, era sorpresa di sapere che sua madre ospitava il marito da lei cacciato, ma la sua domanda di chiarimento trovò solo il sorriso beffardo dei suoi, tutti presi dal bambino che le appariva un’altra incognita perché lei sapeva che la madre era sua sorella, mentre per molti il padre era Franco ma ufficialmente veniva negato.
Fu il suo ex marito ad aprire uno spiraglio ai suoi dubbi, quando decise di rivelarle che Achille era suo figlio e giuridicamente proprietario di tutti i suoi beni, sui quali lei non poteva avanzare diritti essendo impossibilitata ad avere figli e non potendo reclamare l’adozione del figlio di lui; dopo un breve consulto con un avvocato amico suo, cedette di colpo tutte le sue resistenze e chiese al marito se poteva pensare ad una soluzione che ricucisse il rapporto e collocasse in una nuova dimensione il figlio.
“Se hai fede e credi nei miracoli, comincia a pregare; forse qualcosa potrebbe accadere!”
Sua madre risultò più condiscendente; lei era tenacemente ostile al divorzio, Bruna aspettava ancora il principe azzurro e considerava Franco, padre di suo figlio, solo il cognato col quale aveva partorito un bambino attribuibile anche a sua sorella, per la condizione di gemelle monozigote; Franco era meno categorico di quanto affermava e poteva sempre cambiare opinione; aspettasse che la tempesta passasse e cercasse di correggere gli errori.
La sorpresa vera la portò Bruna quando, al termine della cerimonia, avvertì che non tornava con loro ma si fermava con alcuni politici; Franco sospettò che qualcosa non quadrasse, ma tacque per prudenza e, con un improvviso ripensamento, quella sera andò con sua moglie nella loro casa; parlarono molto e si rese conto che Fulvia era ancora restia a un dialogo costruttivo perché ancorata a convinzioni campate in aria, prima fra tutte la pretesa di asservirlo alle sue voglie.
Non fecero sesso, quella notte, e per qualche giorno si incontrarono castamente, quasi rinunciatari ad ogni proposito di scambiarsi sentimenti o passione; Bruna aveva intanto fatto sapere che aveva scelto di andare a stare con Mattia, leader cittadino di uno dei maggiori partiti politici, in lizza per un posto da parlamentare e destinato, in caso di elezione, a trasferirsi a Roma; quando fu eletto, la ragazza non dovette rendere conto a nessuno; partì semplicemente con lui.
Franco, secondo il costume ormai suo, non si perse d‘animo; fece firmare dalla cognata, prima della partenza, una delega generale che gli consentiva, senza intaccare l’organigramma registrato della società, di ereditare il ruolo di direzione da Bruna e, forte di questo potere, spaziò in tutti i campi coperti dalla società che, formalmente, possedeva il patrimonio totale dell’organizzazione; Fulvia cominciò a seguire meravigliata le sue gesta.
In una delle feste per beneficenza che, tra le altre cose, venivano organizzate sotto il nome di una delle aziende, la moglie non volle essere assente e chiese a Franco di portarla con se e di trattarla da moglie, come era per legge; nonostante i dubbi non rivelati, lui fu contento di vederla finalmente accettare il ruolo e tentare di coprirlo al meglio; risultò, alla fine, impeccabile anche nel giocare a fingersi all’oscuro di tutto, come era in effetti, facendo risaltare ancora di più il ruolo del suo accompagnatore.
La conseguenza quasi automatica fu che tornarono, da soli perché Achille era rimasto coi nonni, all’alloggio matrimoniale e Fulvia riuscì a convincere suo marito a verificare che una trentina di copule contro di lui, di puro sesso senza un briciolo d’amore, non avevano danneggiato il suo fisico solido e giovane; costringerlo a fare l’amore fu una conquista maggiore di quel che lei aveva vagheggiato immaginandolo cornuto contento a guardare i bull che la montavano o addirittura di schiavizzarsi al suo piacere.
Nella nuova fase, progressivamente i due trovarono un sentiero appena praticabile per uscire dal ginepraio delle polemiche contrapposte, lei ricevendo ogni mese, come cambiali che scadessero, amanti mercenari puntuali e tecnici ma senza il brivido più elementare di passione; lui, creandosi una condizione da bigamo, col beneplacito della suocera e con un figlio ormai di due anni; riuscirono a tornare uniti e pacifici fino a provare ancora amore reciproco, tiepido ma convinto.
La calma sopravvenuta tra Fulvia e Franco aveva contagiato in qualche modo anche Bruna e presto le gemelle monozigote si trovarono a confessarsi esperienze e desideri segreti in lunghissime telefonate o lettere elettroniche; alla sorella raccontò il precipizio dall’incontro a letto con il nuovo amore fino alla totale disistima di lui e del genere a cui appartenevano entrambi, in definitiva, quello dei politicanti.
Allontanatasi dalla casa e dagli affetti perché convinta di dare un nuovo corso alla sua vita, in poche settimane di convivenza si era resa conto che l‘uomo visto come grande amore rivelava un limite forse di tutti i politici fuori sede; la famiglia restava fissa e intoccabile ma lontana dagli impegni; il sesso veniva da escort e travestiti o da relazioni adulterine più o meno clandestine; l’amore veniva considerato, nella classifica degli impegni, un fastidio talvolta da evitare.
Giunti a Roma e preso possesso dell’appartamento, avevano deciso di cenare fuori e di fare l’amore per tutta la notte; con l’ansia connaturata ai nuovi incontri, si tirò a lucido per essere il più affascinante possibile; passò mezz’ora in vasca con sali e profumi, si unse il corpo di creme, si depilò in ogni dove, fece un buon clistere, uscì dal bagno veramente ‘strafiga’; scelse di vestirsi elegante ma sexy; autoreggenti e microtanga, per cominciare; un reggiseno che disegnava e non c’era bisogno che sostenesse.
Sopra, una camicetta molto ammiccate, coi bottoncini di madreperla che, volendo, poteva aprire solo gonfiando il petto; una minigonna che scendeva solo qualche centimetro sotto la vulva ed un tacco da dieci che portava in cielo il fondoschiena già ammirato di per sé per come era alto e sodo; quando arrivò all’auto di Mattia era bellissima; quando, per sedersi, aprì il cappottino che aveva indossato sopra, gli occhi di lui balzarono fuori dalle orbite.
“Sei una bomba, amore mio; io ti violento qui stesso e salto la cena!!!”
Gli suggerì di non raccontare stupidaggini e lo invitò a muoversi; intanto, gli schioccò un leggero bacio sulla guancia per non segnarlo col rossetto; in una mezz’oretta arrivarono al ristorante in collina che avevano scelto e fece un ingresso da gran diva, quando si liberò del soprabito e attraversò la sala da pranzo con tutto il carico della sua sensualità; lui la seguì come un cagnolino e sembrava sbavare e quasi baciare il pavimento dove passava.
Si sedettero a tavola e lo invitò a mantenere un contegno più consono al locale; scherzarono un poco sull’argomento, poi cercarono di distrarsi pensando alla cena; in realtà, tutte le pietanze erano una scusa per scambiarsi bocconcini come due fidanzatini, per brindare continuamente anche al niente, per bere dallo stesso bicchiere.
Quando la cena fu finita ed uscirono, se non erano proprio innamorati pazzi, era certo che la serata non poteva concludersi lì; a confermarlo, prima di entrare in macchina, Mattia la prese in vita, la abbracciò stretta e le divorò le labbra, infilando in gola mezzo metro di lingua; rispose con la stessa furia e sbatté il pube contro il suo, a cercare lo spessore della sua asta che prometteva meravigliosamente.
Si staccò repentinamente, prima che la stimolazione del sesso, anche da sopra i vestiti, accentuasse la colata di umori che già aveva distrutto il microtanga ed aveva aggredito le calze; quando arrivarono all’ascensore, le mani di lui si infilavano nella vulva e fra le tette; dovette frenarlo, perché non si sa mai, in un condominio; naturalmente, appena entrati in casa, la incastrò immediatamente contro la porta appena chiusa e la divorò di baci, sul viso, sulla bocca, sul seno, mentre le mani scivolavano a saggiare il sedere e la vagina, insinuandosi nei pertugi e provocando lussuriosi colpi di leggero orgasmo.
Si spogliarono mentre andavano nella camera da letto e, giunti, lui la spinse supina sul letto, si abbassò fra le cosce e aggredì con la bocca la vulva che leccò, mordette, succhiò, aspirò, titillò mandandola ai pazzi; colava come una fontana il cui rubinetto fosse irrimediabilmente andato; quando si sentì sazia di orgasmi, lo bloccò e lo spinse supino sul letto, si inginocchiò a fianco a lui e finalmente si godette l’asta che risultò molto più bella di come se l’aspettava.
Non aveva lo spessore e la lunghezza di Franco, che era un fuoriserie; ma con i suoi ventidue centimetri si batteva bene; inesorabilmente, il confronto con quello che era diventato il suo amante abituale scattò e si augurò che sapesse usarla come il cognato che in quello era un grande artista e la faceva morire; ricordando di colpo che Franco era il marito di Fulvia, anche se respinto, dovette condire le ultime frasi con molte richieste di scuse.
Intanto, era stata lei che lo aveva portato al limite della crisi, praticandogli una fellazione, a sua memoria, tra le più belle ; lo sentì lamentarsi, gemere, mormorare, implorare, sussurrare frasi senza senso, finché le esplose in bocca un orgasmo lungo e ricco, che ingoiò tutto con amore, senza lasciarne una goccia.
Si sdraiarono sul letto, quasi a prendere requie dopo il primo scontro; la prima a riaversi fu lei che gli prese di nuovo in bocca l’asta, la fece tornare dura e ritta come piaceva a lei, gli montò sopra e la guido verso la vulva; si impalò lussuriosamente, lentamente, godendosi ogni centimetro del membro che la penetrava, finché lo sentì urtare la cervice dell’utero e procurarle un’enorme esplosione.
Azionò i muscoli della vagina e quelli dell’utero e lo sentì, inopinatamente, urlare per il secondo orgasmo che gli esplose nella vagina; era imbarazzata e sbalordita perché due eiaculazioni in così poco tempo rischiano di ridurre al minimo i tempi di durata dell’amplesso; e lei avrebbe voluto ancora goderselo; per fortuna, Mattia aveva una buona resistenza e riuscì a ‘tenere botta’ il tempo necessario a farla godere con la vagina, con il sedere, con le tette e con la bocca; dopo un paio d’ore, però, era al capolinea e lo disse chiaro; lo spedì a dormire.
Quella copula fu però quella che un detto latino etichetta come ‘rara avis’, uccello raro, perché volò quell’unica volta; dal mattino seguente, il suo ‘principe azzurro’ fu preso dalla frenesia dei dibattiti, degli incontri, delle assemblee e di tutto l’apparato che circonda la vita di un politico impegnato; anche lei fu coinvolta in infinite attività, di cui talvolta ignorava persino l’abc; in conclusione, a pochi mesi dall’inizio, la loro storia era già agli sgoccioli; il commento finale fu aspro e ambiguo.
“Se fossi Fulvia, anziché Bruna, lui sarebbe già in viaggio per l’inferno ... “
“Ma tu sei l’altra faccia di me; sono certa che stai già inseguendo un nuovo sogno di grande amore ... “
“No, dolcissima; sto cercando di razionalizzare come faresti tu; credo che verrò a chiedere a Franco di ridarmi i miei ruoli; così potrei tornare a casa ed occuparmi di mio figlio ... “
Stavano parlando in video chiamata e la mamma Melina era lì a due passi; non resistette alla voglia di intervenire.
“Bruna, tua sorella e tuo cognato stanno lavorando per ricucire lo strappo; ma sai perfettamente che il padre di tuo figlio ama sua moglie e la madre di suo figlio come due metà di una stessa donna; ti vuole anche bene, infinitamente; te lo ha dimostrato lasciandoti andare via quando ti sei illusa di avere trovato in un altro il principe azzurro che ti ostini ad aspettare; credi davvero di avere bisogno di un assenso ufficiale per convincerti che sarebbe felice di ritrovarti al posto dove ti ha innalzato per le tue qualità?”
“Mamma, ma se Bruna torna per riprendesi Franco, per me non c’è speranza di recuperare quel poco che sto cercando di ricucire con tanta pazienza ed umiltà!”
“Nemmeno ti rispondo! Tuo marito ha pazientato per due anni di fronte alle tue assurdità; ancora non capisci che vuole salvare tutto, non solo il possibile? Tu cerca di guadagnarti la stima che hai sperperato; poi capirai da sola come riconquistarlo!”
“Mamma, devo ancora fermarmi un poco a riflettere; è difficile ammettere di essersi sbagliati; se Mattia non merita il mio amore, tornerò a casa tua e parlerò con Franco; lo so che mi vuole bene e mi ama anche, specialmente perché c’è Achille tra noi; ma ho bisogno di piangermi addosso un poco; poi deciderò e ne sarò convinta, vedrai!”
Bruna non avvertì neppure quando, esauriti tutti i tentativi di riportare tra loro due l’atmosfera che solo la prima sera aveva sentito, decise di partire senza neppure salutare; lasciò silenziosamente Mattia, Roma, il Partito e tutte le attività; tornò a casa, decisa a riprendersi il posto che si era conquistato con sacrifici e impegno, sperando di trovare nel padre di suo figlio l’alleato di sempre; la madre sentì aprirsi la porta quando non aspettava nessuno e l’avvolse nel più caldo e affettuoso abbraccio.
La figlia, che tornava, come il figliuol prodigo di evangelica memoria, dopo aver dissipato una parte dell’affetto che le avevano consegnato al momento di partire, si sentì come sollevata dalla certezza di essere nel solito porto sicuro dove vigevano amore e condivisione del male e del bene; l’abbraccio del piccolo Achille che le correva incontro, incerto nei movimenti ma determinato e deciso nell’amore, fu il toccasana per tutto quello che lasciava alle spalle.
Franco se la trovò davanti, la sera che andò dalla suocera a cenare e a spupazzarsi suo figlio, prima di concedersi all’affetto ora incontaminato di sua moglie; l’abbraccio fu da amanti separati per lungo tempo e con molto dolore; ritrovò di colpo, tra le braccia della donna da cui aveva avuto un figlio, il piacere immenso dell’amore, familiare e sensuale, che lei gli aveva sempre ispirato e dato senza limiti; riproporla a capo del piccolo ‘regno’ che avevano realizzato insieme fu il primo gesto per ritrovarsi.
Bruna non riusciva ad esprimere la sua felicità e non aveva nessuna voglia di nasconderla; fare l’amore con Franco sarebbe stato il coronamento di un soluzione meravigliosa ad un momento di esitazione ormai passato e di cui voleva dimenticarsi; ma la coscienza che alle sue spalle premeva Fulvia che aveva tutto il diritto di reclamare per se l’amore legittimo di suo marito la frenava; stavolta mancavano anche le motivazioni che l’avevano indotta e giustificata a prendersi l’amore di suo cognato.
Per quella sera, dovettero limitarsi a cenare insieme, come tante volte avevano fatto; non rinunciò comunque a strusciarsi su di lui, con tutto il corpo e con tutte le motivazioni più assurde; sentire il calore del corpo amato e desiderato era lo stimolo primo a carezzargli una mano, sfiorarlo con un bacio, fargli sentire sul braccio il seno gonfio di voglia; riuscì anche, in un momento di entusiasmo, ad abbracciarlo e a sentire il sesso forte e duro strusciarle sul pube ed eccitarla oltre ogni limite.
Per un momento, dovendo recuperare dei documenti, poterono eclissarsi anche nella ‘loro’ abitazione; volarono tra le braccia dell’altro e furono sul punto di lasciarsi andare ad una copula che urgeva nel loro corpo e nella loro mente; ma il buonsenso e la coscienza che avrebbe tardato troppo a rientrare da sua moglie li frenarono e fecero rinviare ad altro momento una desiderata ‘rimpatriata’.
Come sempre nelle vicende familiari, toccò a mamma Melina tirare le fila di un discorso che sembrava aggrovigliato e che invece, nelle sue mani abili, si rivelò assai più lineare di quanto appariva a tutti e risolvibile con elementare buonsenso; successe una sera a tavola, dopo una cena alla quale era riuscita finalmente a far partecipare tutta la famiglia; sin dall’inizio, il tono della voce disse con chiarezza che non ammetteva repliche e che, in caso di discussione, doveva ad ogni costo essere contenuta nei limiti da lei proposti.
“Bruna, vita mia, sappi che credo fermamente, come te, che esiste un principe azzurro e che prima o poi lo incontreremo; quello che tu per infantile ingenuità non cogli è che bisogna saperlo riconoscere in quel tempo, poco o molto che sia, in cui ti sfiora passando a cavallo nella tua vita spesso senza darti segnali, tempo o occasioni per riconoscerlo perché non ne possiedi l’identikit, non hai chiari i connotati che dovrebbe avere il tuo ideale.
Se ci rifletti, a quell’uomo misterioso chiedi di darti passione e sicurezza; non è l’abito con mantello, cappello e cavallo a identificarlo, ma le certezze che ti trasmette anche senza parlare, la fiducia che scatena in te fino a dargli un figlio per amore, per esempio; tu cerchi il principe fra mille facce anonime e intanto il tuo uomo ti ha già sostenuto, aiutato, sollevato, divertito,fatto innamorare; non so quante di queste prerogative avessero i ‘principi’ che hai incontrato, fino al più recente.
Ma sono testimone e certa che l’uomo che ti ama e ti vuole bene, vuole il tuo bene, capisci, vuole che tu faccia quello che ti fa stare bene, quello che ti sia veramente utile; quell’uomo lo hai già incontrato e lo possiedi ancora con la forza del tuo e del suo amore, dal quale è nato il mio meraviglioso nipotino; peccato che abbia sposato tua sorella che, peggio di te, ha confuso un diamante con un coccio di vetro e l’ha buttato via.
Tua sorella ha già avuto tempo e modo per ricredersi e tentare di ricominciare, con la mia benedizione e la buona volontà del marito; ma tu sei stata più realista del re; avevi capito di essere diventata principessa, anzi regina, accanto al tuo principe, ma hai avuto paura di crederci e ti sei attaccata al primo imbecille che ti ha illuso; vuoi capire che il tuo principe è Franco che crede in te, ti stima, vuole il tuo bene, ti ama fino a fare un figlio con te perché la stupida tua sorellina ha chiuso le porte a questa ipotesi.
Franco, tu non sei innocente; non è giusto che ti arrochi dietro uno stupido perbenismo per mettere in discussione un regno che stai costruendo per te, per le donne che ami, per un figlio che è la tua eternazione; quando prenderai il coraggio a due mani e chiederai alle tue donne di cedere all’amore e di smetterla con i capricci e con le riflessioni eccessive sull’opportunità delle scelte? Fulvia forse si deciderà ad essere finalmente la tua compagna di vita, ma ha fatto troppi errori per rimediare a tutto.
Bruna ancora non ha aperto gli occhi e non ha scelto di imporre a sua sorella l’amore che prova e l’impegno a condividerlo al di là delle regole e delle leggi; non si rende conto che portarti a cena qui era diventare complementare alla sua gemella, che farti dormire con lei era imporre il suo amore a quello legittimo e matrimoniale, che fare un figlio con te era sigillare un documento che la rendeva moglie a tutti gli effetti, senza carte né preti; ma tu non l’hai sottolineato e l’hai lasciata partire con l’imbecille.
Fulvia, tesoro di mamma, spero che tu abbia finalmente capito quale confusione hai creato perfino nel senso delle parole; ti sei fissata sul termine trasgressione interpretandolo solo come libertà tua di scopare con caproni sconosciuti contro tuo marito che intendevi relegare al ruolo di slave di te che mistress non lo sarai mai; hai capito finalmente che trasgressione è anche quella di tuo marito e di tua sorella che fanno un amore intenso, che solo la fanciullaggine di Bruna non ha riconosciuto come amore da favola?
Trasgressivo è il figlio vostro, di tutte e tre, in definitiva, visto che l’unico utero disponibile era quello dell’altra metà di te, tua sorella Bruna; trasgressiva è la comprensione di Franco che lascia a tutte e due la libertà di sperimentare i vostri capricci per insegnarvi che il percorso migliore è quello della lealtà e dell’amore; ti assicuro che se non avessi un marito che amo alla follia, ti avrei dimostrato io che trasgressione è una suocera che fa l’amore col genero che sua figlia ha respinto.
Non sono qui per salire in cattedra e fare la predica; vorrei, da madre ma soprattutto da donna, indicarvi una via di uscita; quando ero assai giovane lessi un libro a quei tempi giudicato ‘pruriginoso’; si trattava del romanzo ‘La spartizione’ di Piero Chiara, che narrava di tre donne sole che avevano deciso che uno stesso uomo viveva con le tre e le avrebbe ugualmente amate , una per volta, con una regolare ‘spartizione’ dei momenti d’amore.
Riesci ad immaginarti che dolcezza potrebbe esserci se a trasgredire con te ci fosse tua sorella con tuo marito nello steso letto? Dipendesse da me, correrei da un artigiano a far costruire un letto a tre piazze e ci andrei a dormire con tua sorella, con la quale sei in sintonia infinita, anche di emozioni e di sensazioni; e con tuo marito che ha dimostrato di sapere amare con tutto se stesso sua moglie e la moglie alternativa, madre di vostro figlio.
Se ci rifletti, credo che alla fine dovrete solo preoccuparvi, quando il povero Franco non reggerà facilmente due donne innamorate, tra di loro e di lui, e dovrete fare scorta di Viagra da sciogliergli nelle minestrine come si fa con l’uovo sbattuto ai vecchi; ma sono anche convinta che troverete lì la sintesi delle vostre pulsioni fisiche e mentali; se posso concludere con un invito, andate a fare l’amore in tre, provate a trasgredire con la passione vostra e vedrete che molte cose vi si chiariranno.”
Il pistolotto fu accolto in un silenzio glaciale perché per un momento i tre interessati non sapevano cosa dire; il nonno si dedicò al nipotino con maggiore passione di sempre; Bruna, senza una parola, prese per mano Fulvia e Franco e li travolse in un bacio a tre di immensa sensualità; li trascinò letteralmente verso la camera che era stata sua e, prima di varcare la soglia, si rivolse alla madre.
“Il mio letto non ha tre piazze, ma stringendoci riusciremo a fare come hai suggerito. Grazie, mamma, per essere come sempre incommensurabile per buonsenso, intuizione e apertura mentale; avvertici quando riterrai che un altro figlio sia il caso di metterlo in cantiere; ora scusaci ma abbiamo da fare; ci rivedremo quando saremo state distrutte dall’amante migliore del mondo ... “
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