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Lui & Lei

L’anatroccolo e il cigno


di geniodirazza
04.04.2023    |    6.278    |    2 9.3
"Tornarono alla memoria emozioni fanciullesche quando scopriva il sesso e il piacere di abbandonarsi alla lussuria mentre il cuore si gonfiava a rischio di..."
Non aveva avuto una esistenza semplice né facile, Maria; la sua prima disgrazia, da cui tutta la sua vita era destinata ad essere condizionata, fu quella di nascere e crescere fino alla giovinezza in un ambiente rustico, conservatore, la cui impronta si portava addosso nella stessa indole paziente e umile, fino ad essere subalterna a qualunque maschio avesse potere su lei, padre, fratello, fidanzato o marito che fosse.
Lasciarsi affascinare da Nicola fu un altro errore clamoroso; ma, a sedici anni, con la testa ancora piena di principesse e sogni, l’equivoco fu più che naturale ed inevitabile, così come apprendere da lui, quasi coetaneo ma già rotto a mille esperienze, tutti i segreti del sesso; Nicola era conosciuto in tutti gli ambienti del territorio per la sfrontatezza dei suoi giri notturni nei comuni circostanti per frequentare le discoteche alla moda, corteggiare e conquistare tutte le femmine che avessero una qualche voglia.
Non era capace e non si preoccupava di badare all’età, alla condizione sociale o a possibili conseguenze; impazzava con la sua smania di sesso con tutte, senza escludere la ragazza che diceva di amare e alla quale si era, formalmente, promesso; quando la sua sinecura e l’insipienza di lei fecero trovare Maria incinta, lei tacque la cosa troppo a lungo per rimediare con un aborto; lui neanche se ne preoccupò; per evitare faide paesane, fu deciso il matrimonio.
Maria riuscì a malapena a conseguire la maturità al liceo scientifico della città vicina, dove anche Nicola si diplomò; naturalmente, di Università neppure si parlò e lui fu di colpo costretto a mettesi sotto e lavorare sodo per mantenere una famiglia; gli andò bene e in pochi anni riuscì ad avere un’impresa edile sua con la quale godevano di un benessere soddisfacente; naturalmente, niente cambiò nei costumi e nei rapporti.
Lui trasferì nella nuova famiglia i riti arcaici di quella di origine, imponendo la posizione di maschio dominante come incontrovertibile; il pantalone non restò mai chiuso e continuò a dare sesso a chiunque gli accennasse almeno una certa simpatia; sua moglie era ‘obbligata’ ad accettare supinamente la copula settimanale di cui non aveva quasi coscienza; in cambio, doveva occuparsi della famiglia e, in particolare, della piccola Anna.
L’arrogante pretesa di essere il dominante in famiglia sembrava esonerare Nicola da ogni interesse ai problemi quotidiani, dalla cura della casa a quella della figlia, dalle bollette da pagare alle riparazioni da far effettuare; la moglie non riservava, a se stessa, neppure qualche abito più elegante o una visita ad un centro estetico per sottolineare la sua immensa bellezza naturale; riuscì comunque ad essere una validissima e sincera amica per sua figlia che l’adorava.
Anna però, cresciuta in un clima assai diverso, non perdonava a sua madre la supinità atavica al maschio dominante; quando raggiunse la maggiore età, andò a stare con il ragazzo che frequentava e furono inutili le geremiadi di sua madre e il terrore che esprimeva per le possibili violente reazioni di suo padre, che in altre occasioni non aveva lesinato botte; iscritta alla facoltà di Legge e completamente diversa da Maria, sapeva bene difendere i suoi diritti.
Di più, era regolarmente ‘fidanzata’, con un termine che aveva voluto Giancarlo, quarantenne avvocato divorzista padre di Nando, il suo ragazzo; proprio il ‘suocero’ l’aveva guidata nelle sue scelte anche contro i genitori; ammirava molto quella ragazza e, conoscendone le qualità culturali, le aveva già proposto di fare il tirocinio nel suo studio dove, dopo, avrebbe anche potuto essere presa come associata, specie se il rapporto col figlio fosse culminato in un matrimonio o in una convivenza.
Era rimasta sorpresa, inizialmente, dalla disponibilità dell’uomo; poi Nando le aveva spiegato che, sposatosi romanticamente giovane con una ragazza che adorava, dopo la nascita del figlio, era stato sorpreso, quasi a tradimento, dalla fresca sposa che, innamoratasi di un altro, aveva lasciato lui, il figlio e lo studio a cui era associata; suo padre gli aveva evitato l’impatto duro raccontandogli che la mamma era morta dandolo alla luce; ma le sue ricerche avevano ristabilito la verità, all’insaputa del padre.
Anna, in pratica, si sentiva assai garantita nelle scelte, perché il suo ragazzo e l’avvocato suo padre non avevano problemi a sostenerla; lei poteva anche fare a meno di discutere con suo padre, sempre pronto ad imporre la sua volontà, spesso irrazionale, di ignorante e supponente, illuso di conoscere tutto e capire tutto dalla profondità dell’abisso culturale di un contadino immigrato con le paturnie della sua educazione cavernicola.
Per questo, discusse assai spesso con sua madre fino a che decise di trasferirsi stabilmente a casa di Nando, col benestare di Giancarlo che però, anche lui pressato da una coscienza etica di stampo antico, le chiedeva continuamente di incontrare i suoi; quando Anna gli disse abbastanza chiaramente che suo padre era meglio lasciarlo fuori, le chiese di incontrare almeno sua madre, per un caffè e per quattro chiacchiere.
In qualche modo, Anna convinse Maria ad andare con lei in un bar del centro dove avrebbe incontrato il padre del suo ragazzo che aveva espresso il desiderio di conoscerla; solo il grande amore della madre per sua figlia le fece dominare le difficoltà che avvertiva; andarono all’appuntamento, una disinvolta nei suoi abiti giovanili e persino provocatori, l’altra infagottata nell’abitino comprato ai grandi magazzini.
Ma, a ben guardarle, fisicamente non cedevano niente in bellezza, l’una all’altra, nonostante il divario di età; Giancarlo, quando le vide arrivare, non poté celare un moto di sorpresa; Nando lo guardò preoccupato; ma l’avvocato divorzista aveva già capito molto più di quanto sapesse e l’accolse con la massima galanteria; nell’oretta che trascorsero, fu affascinato dal garbo della donna, dalla sua sensibilità e dalla cultura che sentiva monca per mancanza di aggiornamento.
Tornando a casa, Anna chiese a sua madre se avesse notato l’aria incantata del suocero quando la guardava; sobbalzò quando Maria le fece notare che, se avesse guardato bene, si sarebbe accorta che l’incanto di lei era stato assai maggiore; confessò che non si era sentita tanto ammirata e corteggiata da quando era adolescente, prima di farsi travolgere dalla selvaticità di suo padre; si sarebbe ancora di più meravigliata dopo, quando Nando le riferì i commenti tra lui e suo padre.
Pareva che il brillante avvocato divorzista fosse rimasto incantato dalla bellezza a tutto tondo, fisica e spirituale, della donna; aveva colto facilmente che aveva sofferto molto perché costretta in un ruolo che non le si adattava; giurava che, se si fosse liberata, come sua figlia suggeriva, da quella prigione, il cigno che nascondeva sotto l’anatroccolo poteva esplodere in tutto il suo valore; se avessero accettato, avrebbe aiutato madre e figlia contro il maschilista prepotente che voleva ingabbiarle.
Non fu facile, per Maria, tornare alla quotidianità, dopo l’incontro con il ‘suocero’ di sua figlia; qualcosa le era scattato dentro che non aveva avvertito nemmeno da ragazza, con Nicola; quando sua figlia le fece sapere che Giancarlo avrebbe avuto piacere di cenare con lei e con i figli, istintivamente si rallegrò all’idea di rivedere l’uomo che l’aveva intrigata, anche se temeva fortemente le reazioni del suo violento ed irascibile marito.
Ci pensò Anna, ad insistere tanto e con tali argomenti che alla fine sua madre dovette cedere; si preparò al meglio delle possibilità e andò volentieri a cena a casa di Giancarlo, anche per rendersi conto personalmente del posto dove sua figlia viveva, felice a quel che le pareva, con il compagno e col ‘suocero’; guardò quasi sbalordita l’agiatezza che traspariva da tutto l’arredamento e dalla immensa biblioteca; i ragazzi, sua figlia Anna e Nando, erano ai fornelli.
Impiegò un attimo ad impossessarsi di un grembiule e ad affiancarli, tra i sorrisi dei due che accoglievano con felicità la disponibilità della donna nei loro confronti; Giancarlo che rientrò e li trovò a spignattare non fu altrettanto felice; rimproverò affettuosamente tutti e tre per avere messo un’ospite ai fornelli; fu rimbeccato all’unisono che la mamma di Anna non era un’ospite ma persona di famiglia.
Sedettero a tavola nella massima libertà e Maria si sentì travolta immediatamente dall’atmosfera di affetto che le creavano intorno; parlare con ‘l’avvocato’ la inorgogliva e la riempiva di entusiasmo perché finalmente poteva fare sfoggio di sensibilità culturale, di profonda passione per il bello, insomma di tutto quanto con il rozzo marito con cui era costretta a convivere non era possibile parlare.
Quando si accennò al lavoro, fu costretta a confessare che per cultura atavica era stata relegata ai fornelli; Giancarlo le disse che, nella sua professione, aveva incontrato molti casi di donne disperate perché non era stato loro consentito di trovare un lavoro; le suggeriva di rimediare cercando un’occupazione prima che la ‘cancrena’ della subordinazione la uccidesse; Anna ribadì a sua madre i rimproveri che ormai quotidianamente le muoveva per essere supina al tiranno.
“Anna, non devo neppure confessare che questi due incontri hanno gettato uno sprazzo di luce nel buio della mia vita; ma tu, ed anche l’avvocato che ti sostiene, vi rendete conto che parlate con una donna vicina ai quaranta, senza specializzazione, senza curriculum, senza professionalità? Cosa dovrei cercarmi, un posto da commessa o da lavapiatti? E poi? Mio marito mi caccerebbe, finirei in mezzo a una strada e non potrei sperare in un amore che mi accogliesse in casa sua come fa con te il tuo Nando … “
La discussione venne interrotta da una telefonata che arrivò ad Anna; era suo padre che imprecava contro moglie e figlia minacciando violenze; con un decisionismo ingiustificabile, prese il ricevitore Giancarlo che si qualificò come avvocato di sua moglie e di sua figlia, comunicò che avevano scelto la separazione di fatto, in attesa di quella legale e avvertì che avrebbe agito a termini di legge contro qualsiasi iniziativa tesa a danneggiare le due donne e chi le aiutasse.
Maria era interdetta, spaventata dalle possibili violenze minacciate dall’uomo specialmente a sua figlia; Anna la rincuorava, certa che l’avrebbero difesa gli uomini che ora l’avevano cara, il compagno e suo padre; Maria, affranta, chiese quasi in lacrime cosa sarebbe stato di lei; a sorpresa, Giancarlo annunciò.
“Da stasera, se vuoi, vieni a stare con tua figlia; da domani mattina, se sei d’accordo, cominci a lavorare con me in studio; la mia segretaria fra qualche mese si sposa e si licenzia; tu puoi, in questi mesi, imparare a sostituirla … Ci sono altri problemi da risolvere o possiamo organizzarci per coabitare?“
La suggestione era forte; ma Maria aveva ancora esitazioni; sua figlia la esortò a saltare il fosso e cominciare a vivere, con lei e con le persone che le amavano; non reggeva neppure la scusa di avere solo il vestito che indossava; le misure erano quelle di sua figlia che era ben fornita, per la generosità del ‘suocero’; alla fine, valutasse che doveva uscire dal guscio ed affrontare la nuova realtà; quando annunciò che accettava di restare lì, sua figlia saltò di gioia, ma l’avvocato era decisamente il più contento.
Esaurite le incombenze serali, andarono a dormire; Anna avvertì sua madre che lei da due anni divideva il letto con Nando, ‘quando dormiamo’ aggiunse ridendo; lei aveva a disposizione la camera per gli ospiti; Maria sapeva che doveva affrontare realtà in netto contrasto con la sua educazione; sorrise a sua figlia agitandole il dito per raccomandarle buonsenso; l’altra rise; il padrone di casa, sollecito, le chiese di che avesse bisogno, poi si ritirò nella sua camera.
La donna non riusciva a prendere sonno; lesse per un poco un volume di poesie che aveva preso in biblioteca; si crogiolava in quella dimensione nuova che le consentiva libertà di azione; ma non riusciva a prendere sonno; troppe cose tutte insieme l’avevano messa in agitazione; per giunta, avvertiva dalla camera a fianco rumori fortissimi del letto che cigolava e sbatteva contro il muro; capì che la sua ‘bambina’ si stava dando da fare col suo maschietto e la fregola l’assalì.
Riuscì a reggere per un poco; poi, esasperata, decise di dirgliene quattro; uscì infuriata ma le si spalancò agli occhi la vista della camera dell’avvocato, con la porta aperta e la luce accesa; ci ripensò; era stupido protestare con due giovani che si amavano e seguivano l’istinto; forse era preferibile commentare con l’altro vecchio, un alibi stupido e inconsistente per coprire la voglia di amore che invidiava a sua figlia, i cui gemiti le suonavano quasi sconosciuti; entrò nella camera padronale; lui leggeva.
“Neanche tu riesci a dormire con questa colonna sonora?”
“Io mi sono assuefatto; anzi, se tutto tace, mi preoccupo che non ci siano problemi tra loro; Anna mi è molto cara e vorrei davvero che fosse amore, quello tra lei e Nando.”
“Te ne intendi di amore?”
“Purtroppo, ho sperimentato l’entusiasmo esaltante degli adolescenti e l’ho visto sgonfiarsi alla prima occasione; ho cercato l’amore maturo, ma ho scoperto che per la maggior parte delle persone è solo sesso; ho l’impressione di vivere solo adesso un amore vero, meditato, convinto e di buonsenso; ma non oso azzardare.”
“Io sono tabula rasa, in questo; ho capito che il mio matrimonio è stato un rituale atavico senza amore; adesso mi sento in mezzo al guado; vorrei saltare, ma ho paura di non trovare chi mi prenda dopo il salto.”
“Una delle cose che ho capito è che il fondamento dell’amore è la fiducia, forse addirittura la fede; se ce l’hai, non cadi male. … Ma non hai freddo lì in piedi, in camicia da notte?”
“L’unico posto dove potevo scaldarmi era nel letto, quando mio marito si degnava di dormire con me; se entro nel tuo letto, cosa succede?”
“Succede che io e te sperimentiamo quanta fiducia c’è tra noi … “
“Anna mi direbbe che è il momento di salire sul cavallo e imparare a cavalcare; mi fai spazio accanto a te?”
“Per caso, desideri che ti prenda in braccio per portarti sul letto?”
“Non sarebbe un cattiva idea; mia madre raccontava che ai suoi tempi si faceva; ma mio marito avevo ben altro a cui pensare, quando lo sposai … “
“Io ti confesso che mia moglie, la mamma di Nando, la portai in braccio al talamo nuziale, ma eravamo giovani e lei era addirittura vergine … “
Maria era salita sul letto, si era infilata sotto le coperte e si era accostata a lui; il calore di quel corpo le metteva addosso una voglia maledetta di abbandonarsi con fiducia, ma ancora aveva qualche tremore da superare.
“Sono indiscreta se ti chiedo cosa è successo?”
“No; ma non è una bella storia; come ti ho detto, abbiamo vissuto una favola meravigliosa in cui credevo ciecamente; un paio d’anni dopo che nacque nostro figlio, lei perse la testa per Ettore, il mio più caro amico; sparirono insieme; rimasi da solo col bambino, vittima di quell’entusiasmo adolescenziale che ti ho detto; Nando non sa che la madre è viva e sta chissà dove col suo amore, forse lo stesso di vent’anni fa; ho provato a sostituire Amalia; non ci sono riuscito; voglio provarci con te!”
“Un poco mi dispiace per te; ma forse no; ho saltato il fosso e vorrei che ci fossi tu a raccogliermi e ad essermi vicino per cominciare a vivere, stavolta, e non a vegetare schiava di un uomo e di pregiudizi.”
Avevano parlato anche troppo; lui la abbracciò e le salì addosso baciandola come non ricordava di avere mai fatto; quel bacio, tra due persone mature coi figli che copulavano nella camera accanto, aveva un che di verginale, per lo stato d’animo con cui si accostavano, lui con la fede che Maria fosse la risposta al suo bisogno di affidarsi totalmente, lei con la sensazione di avere intrapreso una strada forse difficile ma che l’avrebbe fatta realizzare.
Maria, che da anni si era rassegnata alla copula settimanale col marito aggressivo e violento, scopriva all’improvviso il piacere infinito delle carezze dolci ed appassionate che Giancarlo le faceva, coprendo di piccoli e frequenti baci tutto il viso dall’attaccatura dei capelli al mento; istintivamente, prese a carezzare il corpo tonico e giovanile di quell’uomo che l’aveva affascinata con l’eloquio, l’aveva sommersa di eleganti dolcezze e la stava ora facendo volare con la rete fitta di baci sul viso.
Tornarono alla memoria emozioni fanciullesche quando scopriva il sesso e il piacere di abbandonarsi alla lussuria mentre il cuore si gonfiava a rischio di infarto e la mente si ottenebrava per il piacere che le montava dalla vagina al cervello e le impediva di pensare; accarezzò in punta di dita il petto, specialmente sui capezzoli, e tirò via il pigiama per avere davanti agli occhi il torace lievemente peloso e roseo come l’epidermide di un bambino.
Quando lui abbassò le spalline della leggera camicia da notte che Anna le aveva messo a disposizione, lo prese per le guance e si attaccò con la bocca alla sua in un bacio libidinoso; per qualche minuto le lingue duellarono perché ciascuno voleva succhiare quella dell’altro; la lussuria esplose e lei la sentì l’asta vigorosa e notevole premere contro la vulva e solleticare il clitoride; l’orgasmo che le sfuggì al contatto le fece temere di risultare sconveniente; non ricordava di avere mai goduto così, con Nicola.
Giancarlo le sfilò la camicia e si fermò in ginocchio a guardare il corpo bellissimo di lei; senza un filo di trucco, con la peluria incolta, risultava stupendamente naturale ed eccitante; l’avvocato si scoprì a riflettere che, se quella diventava la sua donna, la sua meravigliosa figlia doveva educarla a frequentare centri di bellezza per esaltare la divinità della madre; senza sapere perché, ormai vedeva quella donna come la compagna cercata per anni e incontrata per buona sorte.
Ferito mortalmente dal gesto della moglie che l’aveva abbandonato, aveva passato più di vent’anni a cercare una donna che fosse in grado di dargli almeno in parte le emozioni che aveva provato all’inizio della loro storia; la conclusione era stata sempre di tanto sesso e poco trasporto; con Maria, era stato colpo di fulmine dalle prime frasi che si erano scambiati con molta verecondia e riserbo.
Forse una certa sintonia per un’analoga condizione di ‘sacrificati’ era emersa sin dal primo momento; ma due incontri, anche solo per un caffè e per una cena, avevano detto chiaro che aveva trovato l’oasi di pace che cercava; se lei non fosse andata nella sua camera, sarebbe stato lui a cercarla; trovarsela nel letto calda, innamorata, spaventata ma desiderosa di comunicare anche col corpo, gli aveva risvegliato un impeto amoroso che aveva cercato di nascondere e che ora esplodeva incontrollato.
Superato l’attimo di smarrimento iniziale, prese a carezzarla tutta, dalla testa ai piedi, soffermandosi a lungo su seno e ventre; esitò molto, prima di affrontare la vulva che sentiva eccitata e desiderabile al di sopra di qualunque altra avesse assaggiato, forse compresa quella verginale di sua moglie; si stese sul suo corpo quasi per sentirne il calore in tutte le le sue parti e assorbirlo nel suo; appoggiò discretamente il fallo fra le cosce.
Maria era letteralmente sconvolta dalle emozioni che quell’incontro le provocava; mai aveva sentito tanto compenetrato il corpo del suo uomo, l’unico che avesse conosciuto ma solo nella versione brutale delle penetrazioni bestiali; facendosi quasi violenza, allungò la mano tra i corpi ed andò a catturare il fallo che guidò alla vagina e lungo tutta la lenta e dolce penetrazione; quando lo sentì duro e adorato occuparle il canale vaginale, con un gesto istintivo strinse il corpo di lui tra le cosce.
In un raptus inspiegabile di lussuria, spinse dal basso verso l’alto e sentì la cappella sbatterle con forza contro l’utero; l’urlo che lanciò, per il dolore ma soprattutto per il piacere, fu udito dai ragazzi che sorrisero felici e si lanciarono in una nuova dolce copula, certi che una qualche ‘verginità’ era saltata; Anna godeva particolarmente, oltre che per la copula col ‘fidanzato’, per la coscienza che sua madre stava varcando un nuovo cancello per la libertà e forse la felicità.
Effettivamente, Maria stava prendendo coscienza di avere rotto un qualche tabù, perché finalmente conosceva il vero piacere di fare l’amore con un uomo che apprezzava e che era certa, a quel punto, di adorare; ‘Ti amo’ le esplose dal cuore, dal cervello e dal corpo; lo disse senza pentirsi; quando sentì lui che rispondeva ‘Io di più’ ebbe la sensazione che un cielo le esplodesse nella testa e la inondasse con frammenti di stelle che la rendevano luminosa.
Non la cavalcò a lungo, Giancarlo; dovette frenarsi per chiederle se era protetta; quando lo rassicurò che prendeva la pillola, le chiese se gli consentiva di godere in lei; Maria gli ribatté che doveva attendere solo qualche secondo per darle il tempo di farlo con lui; l’urlo che lanciarono insieme, mentre lo sperma inondava l’utero e faceva godere la donna, fu tale da risvegliare l’edificio; non se ne curarono; anzi furono felici che tutti sapessero quanto si amavano.
Quella notte fu di fuochi di artificio, per Maria, che non cessava di godersi quello che aveva a lungo solo subito; il sesso era per lei una scoperta meravigliosa che dava corpo e valore al sentimento che li stava agitando da qualche giorno e al quale finalmente davano corpo e voce; lui preferì non azzardate forme particolari di copula; era certo che non sarebbe stata una storia breve, la loro; preferiva rimandare ad altri amplessi la conoscenza di tecniche e sollazzi; per ora, era solo amore quello che provavano.
Si svegliarono acciaccati al suono della sveglia e immediatamente cominciò la vita comune, quando andarono insieme allo studio e Maria prese contatto con le incombenze a cui sarebbe stata chiamata; si intese immediatamente con la segretaria che si stava per sposare e imparò in fretta i rudimenti del lavoro; tornarono a casa insieme e lei preparò cena per quattro; cominciò così la loro vita in comune, due coppie felici di viversi con amore.
Nicola reagì con la solita irruenza all’annuncio che sua moglie era andata a vivere col ‘suocero’ della figlia; rapidamente, passò dalle minacce alle lacrime del ‘sedotto e abbandonato’ finché, dopo oltre un anno di tentativi, fu convinto dagli amici a ‘salvare il salvabile’ recuperando almeno il rapporto con sua figlia; cercò in ogni modo di sollecitare un incontro con lei che non dimostrava nessuna voglia di dialogare.
L’escamotage lo fornì l’acquisizione di nuovi incarichi di lavoro per i suoi cantieri; poiché le clausole dei protocolli imponevano la presenza di un ingegnere che dirigesse i lavori, fece convocare il giovane Nando, che molti avevano indicato come tecnico di sicuro avvenire, ma del quale sapeva soprattutto che era il ‘fidanzato’ di sua figlia; l’idea di convocarlo per proporgli un’attività lavorativa di grandi prospettive si rivelò vincente.
La sua azienda aveva cominciato a partecipare a lavori di interesse internazionale; aveva raccolto intorno a se molti piccoli imprenditori e i suoi cantieri si erano insediati su tutto il territorio nazionale, molti anche all’estero; Nando, di fronte alla possibilità di lavorare per una ditta così importante, parlò a lungo coi familiari, padre, fidanzata e madre di lei, e tutti furono concordi nel valutare l’incarico decisamente importante da assumere.
Maria, col sostegno di Giancarlo, fece pressioni su Anna perché incontrasse suo padre, almeno per parlare ufficialmente solo di lavoro; le fece riflettere che la rottura tra i coniugi non cancellava il legame di sangue tra padre e figlia; la ragazza finì per convincersi che, appianatasi ormai la situazione tra Nicola, Maria e Giancarlo, lei poteva benissimo occuparsi di Nando e delle sue prospettive; lei aveva già realizzato il suo sogno della laurea e del tirocinio nello studio di Giancarlo.
Le cose andarono meglio di qualunque aspettativa; superato il leggero imbarazzo iniziale, riuscirono a parlare serenamente della loro realtà e delle prospettive; Nicola prese atto che si era creata una situazione di perfetta convivenza tra la sua ex moglie, ormai legalmente separata in attesa di divorzio, e il padre di Nando, l’avvocato presso il quale Maria lavorava da segretaria e Anna si faceva le ossa per diventare un buon avvocato.
Sollecitato a parlare di se, confessò che, nel corso di quell’anno, la mazzata ricevuta per aver perso l’affetto della figlia, prima ancora che il legame con sua moglie, lo aveva ridotto a più miti consigli; dopo un paio di tentativi falliti di ricreare la famiglia persa, aveva incontrato una donna più o meno della sua età, con una lunga e strana storia alle spalle; si erano incontrati perché lei doveva disfarsi di cantieri ereditati e si erano trovati poi a letto innamorati come ragazzini.
Anna si complimentò con lui, gli augurò di avere migliore sorte con la nuova compagna ed espresse l’opinione che non avrebbe disdegnato conoscere la nuova compagna di suo padre; Nando colse al volo la disponibilità di entrambi per proporre che un sabato sera cenassero in sei in un elegante ristorante per mettere sul tavolo tutte le tessere di uno strano mosaico; Nicola e sua figlia fecero presente che bisognava sentire anche gli assenti.
Un giro di telefonate consentì di dare corpo alla proposta e un sabato sera Nando, Anna, Maria e Giancarlo si sedettero ad un tavolo grande del ristorante più ‘in’ della città, in attesa dei due assenti, Nicola e la sua compagna; l’attesa fu breve e, di colpo, li videro entrare, lui elegante come non era mai stato e lei bella da lucidarsi la vista; Giancarlo ebbe un sobbalzo e strinse il braccio alla sua donna.
“Ragazzi, non vi agitate, ma state per assistere ad una scena imprevedibile … “
Nando si era già alzato, si era precipitato verso la coppia e aveva abbracciato la donna.
“Ciao mamma, sei bellissima!”
“Perdonami, Nando, ho sbagliato molto con te!”
Giancarlo era il più sorpreso di tutti; quando i due si sedettero al tavolo, chiese a suo figlio come avesse fatto a riconoscere la madre, che lui avrebbe dovuto ritenere morta, solo vedendola entrare al ristorante; Nando gli confessò che sin dal liceo una sua compagna, spigolando in internet, gli aveva fatto notare un profilo su un social che a lei suonava familiare; scavando, aveva scoperto che sua madre era andata via con un amico del padre.
Aveva vissuto con lui per più di quindici anni in giro tra Europa ed Americhe; avevano avviato diverse imprese; Ettore, come si chiamava l’uomo di sua madre, era morto qualche anno prima per una terribile malattia; di Amalia aveva perso le tracce ma non aveva impiegato molto a capire che tra quelli che avevano ceduto cantieri a Nicola c’era lei, non essendo in grado di gestire il patrimonio lasciatole da Ettore.
L’unico tassello che gli mancava era la relazione tra la madre genetica e il ‘suocero’; le rivelazioni di Nicola gli avevano chiarito che lui si trovava a dover dirigere anche i lavori dei cantieri della madre naturale; suggerì a suo padre di dedicarsi di più al suo nuovo amore, perché ormai i conti col passato non doveva più farli; il suo affetto era immutato; ma, per quel che lo riguardava, il passato di sua madre poteva anche essere cestinato.
Quasi a dare forza a quella presa di posizione, Anna annunciò che aveva saputo di essere incinta e che erano decisi, quanto prima, a mettere su una nuova famiglia, in una casa diversa da quella dell’avvocato, perché il nascituro vivesse in un suo ambiente di vita non dominato da un nonno finanche troppo esigente; Amalia commentò che sarebbe stata la nonna più attenta e premurosa del mondo, col loro bambino; Giancarlo si limitò a sorridere; Maria gli strinse la mano e si rivolse alla figlia.
“Anna, sei candidamente e stupidamente ingenua; sappiamo da settimane che sei incinta; per correttezza, avresti potuto parlarcene prima, perché le donne delle pulizie da settimane hanno trovato gli incarti del test di maternità usato, coi risultati riscontrati; addirittura, adesso scopriamo che vi sentite oppressi a casa nostra; tu e il tuo fidanzato siete nati da una passione d’amore, equivocata da almeno uno dei due; spero che vostro figlio non nasca da un assurdo gesto di liberazione ingiustificato.
Ti auguro tutto il bene del mondo e non devo dirti che sarei felice di occuparmi non solo di mio nipote, ma anche di suo zio che nascerà in contemporanea; sai, tu mi hai convinto a liberare la donna che tuo padre aveva sacrificato nella campagnola supina che serviva a lui; ma Giancarlo mi ha fatto riscoprire la favola meravigliosa del principe azzurro; nostro figlio nascerà da quell’amore e saprà che parte del merito è della sorellastra che mi ha incitato a vivere l’amore con tutta me stessa.
Se veramente ti eri resa conto di cosa significasse essere schiava di un maschio arrogante, non riesco a capire come tu e Nando possiate avere letto in termini di tirannia l’affetto del mio compagno; se io devo a te molto, tu devi a lui tutto; se tuo padre all’improvviso è diventato onesto e corretto, dovrebbe per lo meno pagare a Nando uno stipendio sufficiente a farvi vivere bene; Giancarlo so che finanzierebbe il vostro allontanamento perché la generosità è la cifra immutabile delle sue azioni.
Domattina Nando sceglie l’appartamento per voi e lo affitta; Giancarlo vi paga il trasloco e le prime spese; poi saremo presi tutti dalle maternità; ti assicuro che è lunga e dolorosa, se non hai a fianco un uomo che ti ami veramente; la gestazione della tua nascita mi è costata molto, con un donnaiolo a fianco; spero che a te costi meno, col tuo uomo; io so che avrò il compagno più adorabile che si possa desiderare; saremo insieme a far crescere nostro figlio, con le difficoltà che comporta il gap dell’età.
Tutte le separazioni comportano sofferenze; noi quattro lo sapevamo perché lo abbiamo vissuto e pagato; adesso lo scoprite anche voi due; ma è inevitabile come il corso della vita; a questo punto, la recita delle belle famiglie non regge; Giancarlo, che ne diresti, di andarcene nel nostro castello di tiranni a mangiare due bistecche da congelatore e rotolarci a letto per fare quello che conosciamo meglio, l’amore senza limiti?”
“D’accordo, amore; prendo i soprabiti e andiamo; Anna, domani cerca di essere puntuale; anche se dovessi festeggiare per tutta la notte, il tiranno non ammette deroghe, sul lavoro … “
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