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Lui & Lei

Il principe azzurro 1


di geniodirazza
14.02.2024    |    1.458    |    0 9.3
"Si fece leccare e stimolare culo e figa da dietro, standosene carponi; da quella stessa posizione si fece penetrare, accettando con gioia le spinte vigorose..."
A trentacinque anni, Gerardo aveva deciso di cambiare lavoro, lasciando il posto garantito di piccolo dirigente in un’azienda florida per affrontare l’avventura totalmente incerta di libero professionista come consulente aziendale, per sfruttare tutti i talenti che si era scoperto come procacciatore di nuove iniziative di speculazione; la scelta non andava giù soprattutto ai familiari, per i quali l’alto stipendio garantito era fonte di sicurezza.
A nutrire i maggiori dubbi era sua moglie Concetta, detta Tina, trentaduenne proprietaria di un negozio di abbigliamento femminile, che nei dieci anni di matrimonio non aveva mai smesso di comportarsi come la ‘principessa’ in perenne attesa del principe azzurro; anzi, nell’intimità, aveva proprio il perenne atteggiamento della ragazzina inesperta che si rivolgeva all’amato solo con i vezzi propri delle coppie di adolescenti.
Suo marito non aveva mai smesso di favorire la sua tendenza ai sogni astratti ed alle dolcezze leggere e delicate, che metteva in atto soprattutto quando facevano l’amore; ne derivava che non usava mai il notevole cazzo di cui disponeva, almeno venti centimetri per uno spessore notevole, per scopare la partner con la vigoria che avrebbe imposto la situazione di coniugi ormai ‘vecchi’ ed abituati quindi ad una intimità non banale.
In realtà, con il gioco dei ragazzi innamorati, Tina gli aveva vietato sempre di romperle il culo; aveva esitato molto a prenderlo in bocca e quando si concedeva lo faceva con molta degnazione; addirittura, quando avevano scopato la prima volta, si era lasciata andare a lunghe lamentele accampando una verginità ed una castità decisamente improponibili, per i tempi in cui vivevano; lui non aveva trovato tracce né segnali di un imene integro.
Ad ogni buon conto, lungo i dieci anni di matrimonio, lui si era tenuto fedele al ruolo di ‘principe azzurro’ rispettoso della castità totale della ‘sua principessa’ e non aveva sollevato proteste per le limitazioni che lei gli imponeva nell’intimità, a cominciare dalla luce spenta e dal corpo coperto anche durante la scopata, ‘per vergogna’ sosteneva lei; per deliziosa fanciullaggine, pensava lui; per fortuna, lei amava i preliminari lunghi e deliziosi che, ostentando molta castità, accettava con evidente partecipazione.
Nello studio che aveva ormai avviato con successo, Gerardo ricevette presto molte visite interessanti, di investitori disposti a rischiare con lui in nuove sperimentazioni; per converso diventò abilissimo a conoscere in anticipo movimenti di iniziative e di strutture per cui era in grado di proporre il meglio del mercato, con grande soddisfazione di tutti; nel gruppo dei nuovi investitori che si proponevano, lo colpì Fernando, un giovane arrembante che quasi impose un dialogo amichevole al limite della pornografia.
La principale caratteristica del personaggio era una parlantina irrefrenabile e convulsa, che svariava su ogni possibile spunto, caratterizzandosi soprattutto con l’autoincensamento e con un’autostima smisurata degna forse di migliori cause; raccontava a tutti e con abbondanza di particolari le sue conquiste specialmente sessuali e descriveva minuziosamente gli incontri e le scopate, con abbondanza di elementi al limite dell’assurdo.
A Gerardo raccontava di preferenza le vicende più facilmente verosimili; avendolo eletto, in qualche modo, a suo confidente personale, narrava le fasi di conquista specialmente delle donne sposate insoddisfatte del rendimento dei mariti, spesso tacciati dei più velenosi epiteti e delle debolezze più diverse, dalla mancanza di dimensioni al cattivo uso della mazza, dall’eccesso nei preliminari inutili alla difficoltà ad affrontare rapporti diversi, come l’inculata.
La volta che, più eccitato che mai, lo avvertì che voleva parlargli di una vicenda straordinaria che gli era capitata, Gerardo istintivamente si ritrasse a riccio, temendo un racconto a luci rosse che lo avrebbe disturbato; invece il fanfarone cominciò a parlare di un incontro avvenuto la sera precedente in un bar, che lui conosceva perché era quello dove sua moglie si incontrava molte volte con le amiche con cui passava lunghe serate, e talvolta intere nottate per giocare a burraco.
La notizia non lo sconvolse particolarmente, perché il locale era noto per essere frequentato da donne sull’orlo di una crisi di nervi, pronte ad agganciare qualunque fusto si presentasse; un lieve fastidio perché si trattava di un locale noto fu superato subito dalla certezza che non poteva entrarci sua moglie; ma le certezze vacillarono quando aggiunse che la signora incontrata aveva sui trent’anni e si chiamava Tina, proprio come lei; ancora però la certezza che la sua consorte fosse troppo immersa in un’aura di favola infantile gli diede la serenità che non poteva trattarsi di lei.
Per di più, Fernando assicurò che non era successo niente; solo, parlando con la donna, l’aveva trovata molto esperta e disinvolta; era convinto che, tempo una settimana, l’avrebbe portata a letto ed avrebbe avviato una storia forse importante; Gerardo si limitò a liberarsi di lui accampando un lavoro urgente da fare; dimenticò l’episodio nel giro di qualche ora e si lasciò prendere dalle incombenze immediate, prima fra tutte un grosso progetto a cui Fernando aveva dichiarato di volere essere associato.
Da quella volta, però, il ciarliero ‘amico’ non mancò di comunicargli, giorno per giorno, gli sviluppi del suo incontro con la misteriosa Tina e, in particolare, descrisse nei minimi dettagli il primo rapporto che consumarono; era successo un pomeriggio che lui aveva trascorso fuori sede per un incarico delicato da svolgere personalmente; Gerardo vi si era impegnato con tutte le sue energie e quasi cacciava via l’importuno che lo assillava con le sue conquiste; l’altro non demordeva e raccontò.
Era andato, subito dopo pranzo, al solito bar ed aveva incontrato la donna, come d’accordo; dopo i convenevoli più o meno normali, erano saliti sulla sua auto ed erano partiti per un motel lungo la statale, il ‘Bellevue’, noto a tutti per essere un posto per appuntamenti di amanti clandestini; lo aveva frequentato spesso e sapeva bene come muoversi una volta arrivati alla reception; si fece dare immediatamente la chiave della camera che solitamente usava.
Tina sembrava felice della prospettiva di una lunga e ricca scopata; nonostante l’aria da bambola indecisa, sapeva esattamente cosa fare; mentre si avvicinavano al punto di destinazione, gli aveva accennato a difficoltà con suo marito, assertore convinto di un amore puro e immacolato, per rispettare il quale lei gli negava fermamente qualunque rapporto che non fosse quello canonico alla missionaria; la sua idea era che si trattasse di un cuckold mascherato, ma non osava metterlo alla prova.
Fernando se ne fregava altamente dei limiti dei mariti; glielo disse apertamente e la invitò a godersi la scopata senza farsi opprimere da sensi di colpa o sentimenti simili che, nella condizione in cui erano, sarebbero serviti solo a farsi del male; aveva cominciato a smanacciarla non appena varcata la soglia e aveva capito subito che lei era una donna molto calda e molto esperta; avrebbe avuto bisogno di fare ricorso a tutto il suo repertorio per portarla agli apici che meritava.
Una volta dentro, la avvolse in un bacio forsennato e le perlustrò tutta la bocca con una lingua morbida e pastosa, che la donna apprezzò; sentì immediatamente la mazza che le premeva contro l’inguine ed eccitava il clitoride stretto fra il bastone di carne e l’osso pubico; ebbe un primo involontario e repentino orgasmo; si abbandonò tra le braccia dell’uomo e ne godette le membra forti e rassicuranti.
Dovette bloccarlo perché minacciava di strapparle il perizoma; non intendeva portare a casa tracce dell’adulterio; lo frenò e si sedette sul bordo del letto per spogliarsi; lui si accostò e le sbatté sul viso l’inguine duro per la mazza che premeva; lei slacciò il pantalone e lo tirò giù insieme allo slip; aveva avuto già esperienza di amanti troppo eccitati e violenti ed aveva imparato a controllarli e a dominarli.
Non le ci volle molto per imporre al maschio il freno, afferrando il fallo a due mani, una per i testicoli, e dando il via al più sapiente dei pompini, che le venivano quasi spontanei; in anni di corna a suo marito aveva succhiato con molto gusto quasi ad ogni scopata; sapeva bene come trattare il cazzo e stimolarlo per fargli raggiungere l’orgasmo; avviò la sua particolare interpretazione e in un niente l’altro gemeva tra leccate, succhiate e affondi.
Quasi a riscattarsi da quella condizione di subordinazione del suo piacere alle voglie della donna, Fernando le sfilò in parte il bastone dalla bocca, le prese le guance e spinse la mazza in fondo alla gola, incurante delle sue reazioni al limite del soffocamento; Tina si vergognò di trattare suo marito come un povero imbecille, di fronte a quella aggressione da autentico caprone; fece scattare la sua reazione e controllò con le mani la mazza fuori e con la lingua la cappella in bocca.
Cominciò a succhiare con tutta la sua maestria; si infilò una mano fra le cosce e si masturbò con passione; succhiò il cazzo con tanta abilità, con tanta insistenza e con tale energia che in breve l’altro dovette cedere e le sparò contro l’ugola una serie infinita di spruzzi di sperma; mentre anche l’utero esplodeva in un orgasmo violento, trattenne la cappella in bocca finché il sesso non fu svuotato; raccolse fino all’ultima goccia ed ingoiò con gioia; lui era rimasto sorpreso e si complimentò per l’arte dimostrata.
Lei si spogliò del tutto e si sdraiò schienata al centro del letto; tirò a se il maschio e obbligò la bocca ad appoggiarsi sul seno; l’esperienza le suggeriva che era il turno di lui a farla godere con la bocca; Fernando non si tirò indietro; leccò e succhiò sui due capezzoli con molta cura, ma senza l’affetto, anzi la devozione, che metteva suo marito; evitò i confronti e si lasciò sollecitare sui seni; quando cercò di portare la bocca sulla vulva, l’altro ebbe una reazione imprevista.
Si stese lui supino al centro del letto e invitò lei a salirgli addosso offrendogli la vulva e impossessandosi del fallo; intuì che le chiedeva un sessantanove e vi si dedicò con tutta la sua esperienza; poiché l’altro aggrediva con foga il sesso, lo imprigionò fra le cosce e riuscì a imporgli l’alternanza nelle funzioni; quando lo succhiava, gli teneva stretta la testa fra le cosce; quando voleva essere succhiata, lo rilasciava.
Lui, che era avvezzo a diverse esperienze, colse il senso della proposta e si adeguò; per una mezz’ora, fecero rinvenire i sessi succhiandosi a vicenda, lei la mazza sempre più dura e lui la vagina e l’ano che trovò pronto alla penetrazione; la previsione di una scopata straordinaria gli suggerì di affidarsi alla donna, che in breve divenne padrona della situazione e gli fece attraversare il mondo del piacere.
Si fece leccare e stimolare culo e figa da dietro, standosene carponi; da quella stessa posizione si fece penetrare, accettando con gioia le spinte vigorose del maschio contro il culo che ad ogni colpo era spinto notevolmente in avanti; capito che l‘altro amava il sesso aggressivo, al limite del dolore, scelse le posizioni e i modi più favorevoli attingendo alle esperienze fatte, prima che con suo marito e prima del matrimonio, quando incontrava giovani violenti.
Il focoso amante la scopò in figa da dietro, da davanti, da sopra, da sotto, a cucchiaio, standole steso sulla schiena con la mazza infilata dentro; insomma, in quasi un’ora di copula, la possedette continuamente cambiando spesso posizione; lei seguitava ad avere orgasmi sfiancanti e non cessava di bearsi della libidine che manifestava; quando decise di godere, lui la possedette a missionaria e, assicuratosi che era protetta, le versò nell’utero un fiume di sperma.
Prima che scadessero le due ore per cui era previsto l’uso della camera, lui decise di romperle il culo; aveva con se un tubetto di lubrificante; al momento opportuno, leccò accuratamente e amorevolmente l’ano, passò il lubrificante nel canale rettale e sul cazzo e la penetrò con un certo garbo nell’intestino; Tina godette infinitamente della pressione che, dal retto, la mazza esercitava sull’utero; la lussuria fu immensa.
Prima di concludere la seduta, lui le chiese un ultimo orgasmo, il quarto in due ore, e la possedette canonicamente occhi negli occhi beandosi ambedue delle smorfie di piacere e dei gemiti dell’altro; quando le ebbe scaricato nell’utero la sborrata, lei si rivestì quasi in fretta, per non tardare oltre, e lasciò che lo sperma assorbito si riversasse sugli striminziti laccetti del perizoma; rinunciò anche ad una doccia, troppo lunga per il tempo di cui disponeva, e si precipitò a casa.
Fernando era perfino entusiasta della risposta trovata nella scopata con la giovane signora; assicurò, giurando, che avrebbe fatto durare a lungo quella relazione perché davvero aveva trovato l‘amante giusta per le sue voglie; Gerardo manifestò apertamente una santa pazienza e lo pregò di non assillarlo spesso con quei racconti che, in fondo, offendevano anche i suoi costumi, non essendo lui un assertore convinto del sesso violento e aggressivo, ma piuttosto di rapporti delicati; l’altro lo lasciò deridendo la sua bonomia.
Da quel momento, non passò giorno senza che Fernando andasse da lui a descrivergli come si era svolta la seduta di sesso selvaggio che aveva realizzato con la signora compiacente; arrivò anche a confessare che aveva registrato moltissime foto e video delle loro scopate, che aveva scaricato sul computer che gli avevano riservato; Gerardo gli fece osservare che i computer della società erano in rete unica e tutti potevano visionare quelle immagini, anche se protette da password; Fernando fece spallucce.
Passò qualche mese ma la solfa non cambiava; pareva che Fernando avesse veramente trovato la donna ideale con cui scopare nei posti, nelle ore, nei modi e con le tecniche che gli venivano in mente o che deduceva da video porno assai elaborati; Gerardo si era ormai rassegnato e aveva quasi l’impressione di vederli mentre si rotolavano a letto scopando come scimmie; cercare di evitarlo quanto possibile era il meno che potesse fare; neppure il progetto avanzato con lui procedeva, forse perché non se ne fidava.
La sorpresa gli arrivò come una mazzata tra capo e collo una mattina che Fernando si intratteneva nell’ufficio digitando qualcosa sul computer; chiamato all’improvviso ad un’altra incombenza, lasciò sullo schermo un’immagine che stava guardando; sbirciando casualmente, Gerardo rimase colpito dalla visione di una donna nuda oscenamente spalancata su un letto, forse d’albergo; capì che l’altro stava guardando le immagini catturate da quella che si scopava.
Incuriosito, ebbe la tragica rivelazione che si trattava di sua moglie; in un attimo tutti gli oltraggi del suo ineffabile interlocutore trovavano una perfetta corrispondenza con la sua situazione e, in particolare, con le debolezze che il suo rapporto con Tina aveva denunciato sin dagli inizi; il sangue gli andò alla testa, ma solo per un momento; recuperò l’aplomb che gli consentiva di fare un lavoro di fino come creatore di situazioni al limite e prelevò tutta la cartella, con oltre un centinaio tra immagini e video.
Trasferì tutto su un supporto esterno; per un ulteriore provocatorio dileggio, inviò da quello stesso computer, riconducibile a Fernando, alcune di quelle foto a sua moglie; chiuse il tutto, lasciando l’immagine di partenza sul monitor e uscì per sue incombenze; in realtà, stava soffrendo in maniera infernale e sentiva il bisogno di sfogare la sua rabbia; scelse come interlocutrice privilegiata Silvia, un’amica di Tina che aveva per lui un debole noto a tutti.
La beccò che era al bar; le chiese se le andava di sopportarlo a cena e di ascoltare un poco le sue lamentazioni; non le precisò niente e l’avvertì solo che preferiva un locale di media levatura per una cena che non fosse da pizzeria, anche se non la voleva impegnare molto; l’altra gli chiese se la sua proposta si riferisse ad un pacchetto completo, dopocena compresa.
“Non porre limiti alla divina provvidenza; prova a pensare anche più in grande, se vuoi; per ora, ti parlo da amico affettuoso!”
Ritornato in ufficio, si trovò di colpo a dover subire ancora un amichevole assalto di Fernando che lo sollecitava a concludere il progetto a cui stava lavorando e sul quale aveva insistito a lungo per essere coinvolto, in parte almeno; dopo quanto aveva scoperto, nicchiò con maggiore determinazione e rinviò ogni discorso a quando avessero fatto chiarezza su molte cose; l’altro non poteva capire il suggerimento, ma lui si riferiva decisamente al terremoto che si stava scatenando tra lui e Tina.
Convinto ormai che non ci fossero più ostacoli alla realizzazione e, soprattutto, all’acquisizione di lui come socio, lo sfrontato aggiunse anche che aveva parlato con la signora che stava scopandosi in quel periodo e che l’altra aveva espresso l’intenzione di lasciare il lavoro che stava facendo, una bottega di abiti femminili, per passare ad un lavoro più importante e significativo; parlandone insieme, le aveva prospettato la possibilità di entrare come socia nel progetto.
Con la vendita della bottega che possedeva, poteva ricavare la quota necessaria per essere aggregata a loro e chiedere un posto da segretaria più dignitoso di quello di bottegaia che la rendeva inferiore al marito di cui temeva soprattutto la supremazia intellettuale e sociale; Gerardo lo guardò come fosse un extraterrestre e gli chiese da dove avesse ricavato la faccia tosta per promettere quello di cui non era affatto sicuro.
Con la solita improntitudine, Fernando lo rassicurò che non si sarebbe pentito delle scelte che gli avrebbe proposto e che, una volta diventato operativo il progetto, per ovvi motivi di opportunità, lui certamente avrebbe trovato molto più semplice affidare la direzione della nuova creazione ad un amico affidabile e convinto come lui si stava rivelando; Gerardo si limitò a guardarlo con nausea e atteggiò il viso ad una smorfia che solo un imbecille poteva non riconoscere di disprezzo.
Preso in contropiede e messo sul chi vive dalla rivelazione involontaria del parolaio Fernando, Gerardo si chiese cosa mai avesse in mente sua moglie, col discorso di lasciare la bottega per ‘virare’ verso un ruolo da segretaria che nessuno poteva garantirle, essendo, come l’aveva proposto l’altro, un incarico fiduciario; lui, che aveva ben chiaro che avrebbe diretto la nuova struttura e non avrebbe concesso niente al rivale, sapeva che Tina non aveva speranze, da quel lato.
Decise di parlare a sua moglie, senza sollevare scandali, visto che non intendeva ancora portare alla luce le vergogne di cui si era resa colpevole; all’ora di riapertura, si presentò alla bottega tristemente vuota, come spesso accadeva; Tina era lì, seduta dietro al bancone, che sfogliava una stupida rivista femminile.
“Ciao; ho sentito che ti stai attivando per vendere il locale. Come mai? Perché non me ne hai parlato?”
“Non devo affatto parlarne a te; il locale è mio, l’attività è mia e, se la chiudo in vista di un miglioramento, non sono tenuta a parlarne a un presuntuoso come te!”
“Scusami, credevo che il matrimonio comportasse ancora qualche impegno; mi sono sbagliato; scusami ancora! Hai già qualche richiesta o proposta?”
“No; certe mie amiche vorrebbero impiantare un atelier; una, Matilde che forse conosci come Tilde, è disegnatrice di moda molto brava e l’altra è la tua ‘favorita’ Silvia, che vorrebbe passare da operaia a commerciante. Anche loro sono pazze sognatrici?”
“No; e non ho detto che lo sia tu; ma le tue amiche non hanno il dovere morale di parlare con mariti o compagni visto che sono ambedue single; tu avresti forse la piccolissima incombenza di parlarne a chi vive con te!”
“Stai ancora a sottolineare che il mio reddito è minimo e che vivo bene grazie al tuo?”
“Ho capito; non è aria per parlare seriamente con te; se hai deciso, mi fa piacere; spero almeno che mi comunicherai eventuali cambiamenti radicali della tua condizione fiscale; comunque, risulti a mio carico per ogni cosa ... “
“Non preoccuparti; il mio obiettivo è liberarmi dal tuo predominio; spero proprio di guadagnare abbastanza da esserti per lo meno pari, quando sarà realizzato il progetto che sto perseguendo ... “
“Auguri, carissima; vado a lavorare per continuare a produrre per me e per i tuoi vizietti. Ciao!”
Si rese conto che ormai sua moglie non gli era legata con nessun filo e decise dentro di sé che avrebbe immediatamente realizzato una separazione di fatto a cui avrebbe fatto seguire la richiesta di sanzione legale e, appena possibile, il divorzio; tirò avanti alla meno peggio il pomeriggio di lavoro, in uno stato d’animo che sfiorava la depressione e, appena ebbe chiuso l’ufficio, si precipitò al famigerato bar ove aveva dato appuntamento a Silvia.
La trovò che dialogava amenamente con Matilde e con Franca, altra vecchia amica del periodo scolastico con la quale si era trovato spesso a parlare del suo matrimonio e dei problemi connessi, avvertendo in lei una decisa riserva su molti punti, senza che mai avesse esplicitato i dubbi che evidentemente la assillavano sulla conduzione della vita matrimoniale di cui forse conosceva bene anche i risvolti intimi e particolari.
Sin dal prime battute gli apparve chiaro che Silvia aveva colto esattamente la natura delle ‘lamentazioni’ che lui le aveva preannunciato lungo la cena fissata; della stessa cosa doveva aver parlato con le amiche fidate e tutte e tre erano ormai sul piede di guerra contro la moglie infedele; prendendo il coraggio a due mani, Franca si fece carico della responsabilità di vuotare il sacco e in un breve riassunto espose a lui tutti i problemi che non aveva mai affrontato.
Esordì dicendogli che Tina, quando si erano messi insieme, aveva già un curriculum assai sgradevole di frequentazione dei maschietti conosciuti; tutti gli amici del ‘giro’ se l’erano spupazzata a piacimento; anche mentre era ufficialmente e regolarmente ‘fidanzata’ col merlo scelto per sposarsi, continuava a scopare in tutta libertà.
A conclusione della ‘tirata’, Franca rivelò che Tina non gli aveva risparmiato sonore corna durante i dieci anni di matrimonio; non trovava strano che, alla fine, si fosse messa con uno sbandato che la stava conducendo a scelte stupide e pericolose; Gerardo accolse le notizie con la massima pazienza che seppe esprimere; si limitò a chiedere, alla fine, a Silvia se volesse ancora passare con lui la serata come avevano programmato; lei si limitò ad alzarsi, a prenderlo sottobraccio e ad avviarsi all’uscita.
La condusse ad un ristorante elegante, discreto e molto rilassante, immerso in un bosco al limite delle falde della montagna che sovrastava la città; lei si lasciò andare quasi pacificata con se stessa e fu dolcemente affettuosa, un poco oltre l’amicizia che formalmente dichiaravano; lei asserragliata in una sua volontà di essere single, lui oppresso dal magone che i recenti eventi gli avevano procurato, non sentivano gli spasmi della passione né l’estasi dell’innamoramento.
Piombarono di colpo in un’atmosfera dolce e rarefatta che sembrava invitare ad abbandonarsi al piacere di stare vicini; il personale di servizio, particolarmente discreto, si mosse intorno a loro per servire la cena ordinata come se evitasse a bella posta di disturbare un colloquio amoroso assai intenso; infine, si aggiunse un vinello secco non molto forte ma che scivolava piacevolmente giù e invitava a riempire il bicchiere; tutto contribuì a farli sentire sempre più vicini.
Quando uscirono dal locale, sembrava che si sostenessero a vicenda perché avevano bevuto; in realtà, il bisogno di sentire il contatto delle mani sul corpo si era fatto insostenibile e si stavano brancicando con lussuriosa voglia mentre sembravano barcollare; solo quando arrivarono all’automobile, lei lo bloccò contro la portiera mentre tentava di aprirla e lo avvolse in un bacio che diede a lui la somma della libidine che la animava e alla quale non riusciva ancora a dare espressione.
Il bacio fu lungo, sensuale e molto corposo, perché si strinsero con tutto il corpo; lei raggiunse un orgasmo sfregando il clitoride contro il cazzo duro, nonostante il vestito suo e il pantalone di lui; quando la sentì sciogliersi tra le braccia fino a doverla sostenere, la accompagnò al suo posto e la obbligò a sedere; prese posto alla guida e andò velocemente a casa di lei; scese davanti al portone e lo prese per un braccio.
“Adesso vieni sopra con me per salutarci per bene?”
Aprirono ed entrarono; lei faticò un poco ad aprire la porta, pressata da lui che continuava ad accarezzarla.
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