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Lui & Lei

Lo stallone


di geniodirazza
29.10.2022    |    17.873    |    2 9.6
"La durata programmata era scaduta, era ora di pranzo e dovetti riavermi, lavarmi e riassestarmi; gli chiesi se ci saremmo ancora rivisti; mi avvertì che, se..."
Nelle conventicole delle ‘signore bene’ che si organizzavano quasi quotidianamente nel circolo ‘dei signori’, il gossip era il centro focale della vita e quasi sempre l’oggetto erano le corna o, per lo meno, le avventure sessuali; naturalmente, ognuno raccontava secondo la propria esperienza, qualche volta secondo le sue fantasie e quasi sempre secondo le voci più ricorrenti; sapevo bene che, al centro dei pettegolezzi più ‘gettonati’, c’ero io.
Circa quattro anni prima, avevo deciso di ‘punire’ con il tradimento mio marito, al quale attribuivo il difetto di guardarmi dall’alto in basso, quando commettevo errori; non accettavo l’evidenza che in realtà mi sosteneva anche affermando il falso e che ero io, di fronte a me sessa, a sentirmi inferiore e ad affermare che era lui a disprezzarmi; tradirlo rappresentava la soddisfazione di una tigna che mi portavo dietro dall’infanzia, quando i miei capricci dovevano essere vangelo per tutti o pestavo i piedi.
Il primo errore fu scegliere come amante un imprenditore concorrente di mio marito, la cui moglie frequentava i miei stessi cenacoli; la storia andò avanti per circa un anno e, a ben guardare, fu ridicola; ma lo scandalismo la fece diventare immensa ed io contribuii ad ingigantirla dichiarando che mio marito era, di volta in volta, impotente, minidotato, incapace di far godere, cornuto contento, cuckold o persino frocio.
Erano bugie orribili di cui avrei dovuto vergognarmi, ma la tigna mi spingeva a calcare la mano; dopo quell’episodio, continuai a sbagliare scegliendomi altri due amanti sempre nello stesso ambito di persone e con le tesse conseguenze, creare intorno a Biagio, mio marito, la convinzione diffusa di un povero imbecille tradito dalla moglie perché incapace di provvedere ai suoi bisogni; circa sei mesi fa presi coscienza, finalmente, dei danni che arrecavo e cercai altre soluzioni.
Decisi che fosse più prudente cambiare location e scegliere un luogo da appuntamenti il più distante possibile; non risultando più elementi utili per incentrare il gossip alle mie ‘gesta’ sessuali, divenne prevalente l’interesse ad altri personaggi; ma la goduria maggiore per noi tutte era sempre e soprattutto ascoltare, dalla viva voce di quelle che osavano raccontare, le vicende con cui preparavano ai legittimi mariti i palchi di corna di cui erano ignari portatori.
Nel gruppo, si distingueva una signora che aveva da proporre piccanti novità una volta ogni tre mesi circa, perché tanto duravano le sue passioni specialmente per giovani aitanti e nerboruti, che riusciva a trovare spesso tra i lavoratori dell’azienda di suo marito o di altre simili; ogni volta, era uno sfoggio di potenza e di durata, di abilità sua e degli amanti, di particolari delle scopate destinati a solleticare il nostro piacere e provocare, se possibile, eccitazione.
La mia smania di primeggiare e di mettermi al centro dell’attenzione mi portava spesso a contestare, a giudicare, a suggerire; quasi puntualmente trovavo da obiettare e da commentare; ormai conoscevano il mio carattere capriccioso e ambizioso, esibizionista e saccente; non mi davano peso, finché quella stessa signora perse la staffe e mi chiese a muso duro quali esperienze potessi vantare per giudicare i suoi racconti.
Mi ricordò senza mezzi termini le mie dichiarazioni, che mio marito non sapeva scoparmi, che era un mezzo frocio, cuckold o addirittura impotente; osservò che gli amanti che avevo avuto le erano ben noti e, se avesse voluto, avrebbe potuto raccontarmi come fossero strutturati e quanta superficialità mettessero nelle loro scopate; in breve, mi disse fuori dai denti che era certa che non avessi nessuna esperienza di scopate belle ed entusiasmanti.
Cercai di ribattere che lei non sapeva niente delle mie esperienze e che il mio bagaglio era altro da quello che lei pensava; ed era anche vero, perché in realtà mio marito aveva un cazzo grosso e nerboruto, non meno di venti centimetri in erezione, ma soprattutto lo usava da dio ed era capace di sfondare un culo o una figa dando alla donna la sensazione che avesse usato un piumino da cipria per farle toccare il paradiso con gli orgasmi; solo dopo, ci si accorgeva che aveva spanato un po’ tutto.
Dopo le stronzate che avevo raccontato sulla sua impotenza, come poter spiegare che era capace di fermarsi per ore ai preliminari, che amava fare il classico cappottino di saliva su tutto il corpo, che lo ficcava in bocca e si faceva succhiare anche per ore, che conosceva tutti i segreti del cunnilinguo e li metteva in pratica ogni volta che mi stendeva supina e cominciava a leccarmi la figa? Mi rendevo conto che le bugie mi si ritorcevano contro; ma non potevo ritrattare senza sfigurare.
Lei naturalmente incalzò e mi rinfacciò che non potevo capire il piacere che le dava il giovane amante che la spogliava con la delicatezza con cui si sfoglia un fiore, petalo per petalo, e passava prima le mani poi la bocca e infine la lingua su ogni tratto che andava scoprendo; raccontò che, denudata, la faceva stendere e si sistemava sotto di lei; cominciava a leccarla tra le dita dei piedi e risaliva lentamente lungo la caviglia e le gambe fino al ginocchio.
A quel punto, virava verso l’interno coscia e lambiva tutto il percorso fino alle grandi labbra a cui si dedicava con amore; di colpo, discendeva dall’altra parte, leccando l’altro interno coscia e scendeva fino alla caviglia e ai piedi per andare a inserire lussuriosamente la lingua tra le dita; mentre faceva questo percorso di saliva, le dita si infilavano in figa e tormentavano saporitamente il clitoride.
Quando si spostava dalle gambe al ventre, la leccata svariava dal pube allo stomaco, da un’anca all’altra e la lingua copriva tutta la superficie; lei aveva un ombelico aggettante molto prominente; lui gioiva a succhiarglielo come un nuovo clitoride e gli effetti sulla sua figa erano gli stessi, orgasmi, sferzate e brividi di piacere; la lingua che grufolava sull’inguine, nel suo caso sui peli che aveva lasciato corti ma consistenti, era una provocazione continua alla sborrata; la voglia di cazzo diventava irresistibile.
Ma il suo stallone amava molto succhiarla a lungo, prima di scoparla; ritornato con la lingua sulla figa, tormentava a lungo le grandi labbra e passava poi a quelle piccole che si aprivano per dargli accesso al clitoride; su quello spaziava senza limiti, titillando con le dita, leccando, succhiando e perfino mordicchiando; si arrendeva, in genere, quando l’aveva fatta sborrare almeno un paio di volte per succhiare tutti i succhi della figa, indifferente ai residui di piscio che scappavano.
Tacitata che fui io, la donna proseguì il suo racconto nell’attenzione quasi devota delle altre perché, evidentemente, la narrazione stimolava molta eccitazione e le mutande di molte erano ormai da strizzare, visto che il modo di raccontare della protagonista era tale da far immedesimare ciascuna e sentirsi al suo posto, in ogni attimo della scopata; ogni emozione di lei era vissuta con la stessa passione da tutte e non erano poche le mani scese a carezzare la figa da sopra ai vestiti.
La donna raccontò che il giovane amante, dopo averle succhiato lungamente la figa procurandole indicibili orgasmi, la faceva girare e proseguiva il cunnilinguo a pecorina, leccandole da dietro culo, perineo e figa fino a sentirla urlare di piacere e squirtare; quasi per conseguenza, la prima scopata in figa la faceva a pecorina, infilandole con gusto il cazzo fino alle palle e sbattendola per un tempo che le appariva interminabile, tanto era il piacere che le procurava.
Talvolta, quando si sentivano pieni di libidine per la lunga scopata, lui le afferrava da dietro le tette leggermente pendule per la posizione, e appoggiava la punta del cazzo all’ano; la lunga abitudine ad essere inculata faceva sì che il cazzo, lucido di umori raccolti in figa, scivolasse diritto nell’intestino e lei si sentisse spostare in avanti tutto il ventre, sicché l’orgasmo si trasmetteva allo stomaco e la sballava completamente.
Non era un caso che ogni tre mesi, più o meno, doveva cercarsi un nuovo cazzo da mungere; dopo lunghissime sedute di sesso con lo stesso ragazzo, la verve un poco fletteva e, se non cambiava stallone, rischiava di cadere nella routine che odiava con tutta se stessa; suo marito ormai contava meno del divano dove qualche volta scopava; e, comunque, non influiva o perché non si rendeva conto o perché, perverso come era, godeva perfino delle corna che lei gli piantava.
Queste ultime considerazioni in parte mi turbavano; io facevo le corna a mio marito ma mi ero convinta che fosse l’unico percorso per costringerlo a rendersi conto che mi aveva trascurato dopo gli anni di amore intenso e focoso che mi aveva dedicato all’inizio del matrimonio; come sperassi che le cose potessero cambiare se lui veniva a conoscenza dei mie tradimenti, era un interrogativo che non mi ponevo.
Quello che mi angosciava era invece l’altro punto che l’amica narratrice aveva sottolineato; io avevo avuto tre amanti fissi, oltre a qualche passeggera trasgressione quasi casuale; e tutti e tre erano ben conosciuti nell’ambienti e da qualcuna erano stati personalmente sperimentati, come aveva fatto intendere la signora narratrice che aveva anche, giustamente, avanzato qualche riserva sulla loro capacità di corrispondere ad una voglia di cazzo come la mia, esplosiva e abituata alla dotazione di mio marito.
Riuscii a cogliere che almeno a quello potevo e dovevo rimediare, cercandomi location differenti, dove fossero più solide le difese della privacy; nel mio furore ossessivo e imbecille, non davo nessun peso a tre anni di corna, solo perché gli amanti non erano all’altezza; non avevo nessuna idea che potessero offendere come qualunque tradimento e dimenticavo i giovani stalloni con cui avevo passato pomeriggi intensi in motel di periferia per sopperire alle carenze degli amanti.
Ad ogni buon conto, i discorsi della signora mi avevano colpito e, per certi aspetti, ferito; quando le feci osservare che parlava a sproposito, specialmente riferendosi ai comportamenti delle altre, mi avvertì che, prima o poi, certi conti sarebbero arrivati anche a me e non riteneva che fossi in grado di rispondere come lei o altre amiche che avevano la forza economica e sociale per abbattere i mariti; io ero la compagna adultera di un imprenditore arrivato da poco ai vertici ma anche una povera parassita.
Me ne andai piccata e la mandai al diavolo molto sgarbatamente; sentii che mi urlava dietro di non rompere più i coglioni con la mia supponenza vuota di contenuti; sapevo, dentro di me, che aveva rigirato la lama in una ferita sanguinante, quella della mia inadeguatezza al ruolo; fu anche quell’episodio a indurmi a decidere di visitare la spa dove mi avevano raccontato che uno stallone meraviglioso, per duecento euro all’ora, deliziava in tutti i modi una femmina calda e vogliosa.
Capivo che era da puttana pagare uno stallone per scopare; ma non ero in grado di spaziare liberamente, come le altre signore, tra i giovani prestanti e disponibili in palestra, sui campi da tennis o dovunque si incontrassero i rampolli della buona società; farlo lontano dai pettegolezzi e dai chiacchiericci mi consentiva una certa libertà; scegliere quelli con cui scopare soddisfaceva il mio bisogno di ribellarmi senza avere l’intenzione di tradire, anche se una vocina mi diceva che questo era illusorio.
Purtroppo, nelle mie peregrinazioni nel sesso, alla ricerca di qualcosa che mi desse le stesse emozioni che avevo provato con Biagio, non avevo incontrato nessuno che fosse all’altezza; mi ero presa cazzi duri, lunghi e grossi sbattuti in bocca, in figa e nel culo con violenza, senza delicatezza, altri di normale dimensione e delicati come piumini ma che non mi avevano esaltato, cazzi piccoli, extra large, morbidi da bambino e duri come cemento, insomma avevo provato di tutto.
Ma non avevo mai trovato l’equivalente di quello che per sei anni, quelli del matrimonio sereno, era stato il ‘mio’ cazzo; la possibilità che questo stallone così glorificato potesse riempire il vuoto che sentivo in me, forse dovrei dire nella mia figa, mi spinse a volerlo sperimentare; non sapevo a chi rivolgermi e decisi di andare alla spa per cercare, sul posto, qualcuno disposto a parlare; pagai la tessera e l’ingresso per il giorno intero; accennai all’esigenza di qualcosa di ‘diverso’ ma l’impiegata glissò sulla mia domanda; andai negli spogliatoi, scelsi un armadietto, mi spogliai e indossai il solo accappatoio.
Mi diressi ad una sala con una grande piscina e mi sedetti su un gradino coi piedi nell’acqua; a poco distanza notai una ragazza che conoscevo di vista; ricordai che l’avevo incontrata come avvocato ad una festa; mi fece un lieve cenno di saluto, risposi e mi avvicinai; dopo il reciproco riconoscimento di prammatica, azzardai la domanda che mi urgeva, se sapesse qualcosa di attività sessuali; mi accompagnò alla reception e, habitué del locale, chiese quali disponibilità ci fossero.
Le suggerii di riferirsi allo stallone decantato; l’altra disse che il personaggio veniva solo il sabato per quattro o cinque incontri; gli appuntamenti per quel sabato erano fissati; potevo riprovare il sabato successivo; per scrupolo, fece una telefonata; con mia meraviglia mi disse che il soggetto aveva suggerito che aspettassi la fine degli impegni prenotati; se ci fosse stato tempo, mi avrebbero chiamato; Silvia, l’avvocato, chiese se dovessi pagare; mi rispose che l’avrei fatto dopo, se concludevo.
Chiesi alla nuova amica di tenermi compagnia nella nuova avventura; forse intenerita dalla mia aria imbranata, si trattenne con me per tutta la mattinata e mi aiutò a muovermi nelle diverse sale con i differenti servizi; quando fui chiamata per andare al rendez - vous, mi accompagnò fino all’uscio e bussò; venne fuori un maschio decisamente bello, sulla trentina, con un fisico forte, apollineo quasi; dietro l’asciugamano si intuiva un cazzo notevole.
La visione improvvisa di quel corpo mi ricordò la volta che, impreparati e imbranati, uscimmo su una spiaggia di nudisti; molti occhi di maschi si appuntarono sulle mie forme plastiche e sul culo magnetico; ma quelli di quasi tutte le donne si appuntarono su mio marito, decisamente bello e desiderato, specialmente per il grosso batacchio che gli danzava barzotto tra le cosce; seppi subito che avrei dovuto impegnarmi più ad evitare le sue frenesie sessuali che i corteggiamenti a me.
Come ci avevano avvertito, aveva il volto coperto dalla fronte al naso da una maschera che modificava anche la voce, che usciva assai falsa per un suono metallico; ritenni che forse un personaggio pubblico che nascondeva quel ‘vizietto’ ma lo soddisfaceva ampiamente; mi sentii solidale almeno nel tradimento dei valori della vita quotidiana e accettai da subito l’entusiasmo e il calore che mise nell’approccio.
Quello stallone sembrò assomigliare terribilmente al mio maschio, anche se da anni ormai non lo frequentavo, sopratutto il cazzo che avevo tante volte avuto per le mani e dentro il ventre dalla figa o dal culo; ma la location era fuori da ogni logica; l’idea che mio marito potesse essere lo stallone che scopava settimanalmente con quattro o cinque femmine non reggeva, anche perché non ne avrebbe avuto il tempo.
Ma soprattutto fu la convinzione che fosse solo la mia immaginazione a giocarmi uno scherzo; mi convinsi che si trattava di casuale somiglianza; quando mi abbracciò e mi strinse in un bacio caldissimo, una marea di ricordi mi sopraffece e mi ritrovai fra le braccia di Biagio che mi possedeva nella mente e nel cuore, prima di penetrarmi in figa; mi chiese se intendevamo scopare a tre; gli dissi che Silvia mi faceva solo compagnia; l’avrei ritrovata ala fine e saremmo andate via insieme.
A sorpresa, dichiarò che, se ci fossero state altre occasioni avrebbe gradito dedicare un po’ di tempo anche alla mia amica, al costo della sola tariffa per me; lei espresse grande piacere all’idea e forse credette di averlo affascinato; per il momento, si limitò a credere che l’amicizia con me fosse stata la leva per fagli decidere di scoparci entrambe, eventualmente anche insieme, in un’occasione futura e probabile.
La camera era ampia e dominata da un materasso alto al centro; mi guidò fino al giaciglio e mi fece stendere supina; inginocchiato sotto di me, si piegò a leccarmi e succhiarmi; partì dalle dita dei piedi e le leccò e succhiò amorosamente; lo faceva talvolta mio marito, i primi anni; l’emozione mi bruciò il cervello e godetti più di quanto fosse lecito forse perché il gesto mi riproponeva una vecchia me stessa, molto diversa.
L’emozione mi accompagnò per tutto il lungo e lento percorso che fece con la lingua, sulle caviglie e poi sulle gambe, fino al retro delle ginocchia; potevo prevedere quasi tutto, a quel punto, e il mio corpo si tese mentre aspettavo che la lingua, come fece, scivolasse sull’interno della coscia sinistra per arrivare dolcemente a lambire le grandi labbra; attesi che dividesse con la punta le labbra per succhiare quelle piccole, interne, per farle aprire a corolla e accedere al clitoride.
Gemevo come se soffrissi e fremevo per il passo successivo quando, come faceva Biagio, passò sull’interno della coscia destra e la percorse lussuriosamente fino al ginocchio; scivolò sulla gamba e sulla caviglia, arrivò ai piedi e succhiò a lungo le dita, una per una, scatenando tutta la mia lussuria che esplose in un grosso orgasmo con squirt; leccò devotamente tutto, nonostante il vago sentore di piscio; urlai il mio godimento, gli presi la testa e la spinsi sulla figa.
Ero quasi certa che stavo scopandomi mio marito, perché quelli erano esattamente gli step dei suoi preliminari; quasi a conferma, abbandonò l’inguine e si dedicò al ventre, particolarmente all’ombelico che accarezzò con dita, labbra e denti fino a farmi urlare ancora di piacere; mi scappò quasi involontariamente.
“Biagio maledetto, ti amo ti amo!”
“Chi è questo Biagio?”
“E’ quel maledetto amore mio che sto riempiendo di corna da quattro anni perché mi trascura per il lavoro!”
“Perché non lo lasci?”
“Per fare cosa? Non ho un reddito, non ho un lavoro; mi ha cresciuto e coccolato lui; poi ha dimenticato come si fa … “
“Ti scopa bene?”
“M scopava meravigliosamente, una volta; esattamente come stai facendo tu; sarei quasi pronta a scommettere che dietro la maschera c’è mio marito … “
“E’ la prima volta che sento una donna fare l’amore così; non fai sesso, non scopi; stai amando tuo marito, attraverso di me!”
“Esattamente; per questo ti maledivo; io lo amo e lui non si cura neppure delle mie offese!”
“Cosa vuoi che faccia, adesso? Ti scopo da stallone o ti amo da Biagio?”
“Scopami, amami, fammi godere, sfondami; fai quello che senti; io amerò lui e scoperò con te!”
Riprese a leccarmi, stavolta sui seni; e ritrovai il tocco esaltante di mio marito nelle dita che sfioravano il globo, artigliavano le aureole e stringevano i capezzoli ; poi fu la lingua a passare delicata sulle mammelle, a percorrere lussuriosa le aureole, a titillare delicatamente i capezzoli; alla fine, anche i denti mi diedero brividi di piacere intenso sulle superfici rotonde e piene del seno e sulle aureole per arrivare a stringere quasi dolorosamente i capezzoli.
La memoria della bocca di mio marito si sovrappose e li scopai insieme, lo sconosciuto e l’amore antico e unico; soffrivo e piangevo, ma per il dolore intenso che sentivo nel cuore, nella memoria travolta e mortificata, per gli errori commessi, per l’inevitabile rottura che si preparava; se quell’uomo fosse stato mio marito, ero certa di poter ricucire un rapporto, di cercare e trovare una piattaforma per rinnovare l’amore che non era stato intaccato dalle corna; ma era solo uno stallone mercenario.
Quando mi si stese addosso e portò il cazzo alla figa, mi sentii bruciare ogni sentimento, vidi cieli stellati esplodermi nella testa, sentii le farfalle volare nello stomaco, udii suoni angelici carezzami le orecchie; godevo, nel cuore e nella testa più che nella figa sollecitata da una signora mazza che esplorava l’inesplorato, che titillava i precordi del piacere, che stimolava canale vaginale e utero per farmi scoppiare il ventre.
Non mi montò nella maniera classica; mi tenne dentro il sesso quasi gonfiandolo all’inverosimile; così faceva Biagio quando il suo amore pompava sangue ai corpi cavernosi e il cazzo mi riempiva fino alla testa; sapevo che sarebbe arrivata una sborrata da ricordare; lo era certamente per me, ma non sapevo come avrebbe reagito uno sconosciuto che era lì a scopare per duecento euro; invece sentii nella sborra che mi spruzzava nell’utero lo stesso piacere, la stessa libidine che mi inondava.
Mi trovai ad abbracciarlo con amore e a baciarlo con un’intensità senza pari; dopo che si fu ripreso dal languore in cui era certamente caduto, mi accarezzava con dolcezza il viso e mi copriva di piccoli baci; era mio marito che mi amava, come sapeva fare solo lui, al termine di un scopata ineguagliabile; anche se avevo coscienza che ero solo una troia adultera che stava dando ad un estraneo l’amore che aveva proclamato fino a quel momento intatto; mi giustificai che era dedicata a mio marito, la scopata.
La durata programmata era scaduta, era ora di pranzo e dovetti riavermi, lavarmi e riassestarmi; gli chiesi se ci saremmo ancora rivisti; mi avvertì che, se mi prenotavo per tempo, poteva dedicare un po’ di tempo, prima, anche a Silvia, perché era mia amica; e non avrebbe tenuto conto strettamente dei limiti di tempo, collocandomi a fine giornata; avvertì lui stesso che ogni sabato sarei stata l’ultima amante prima di pranzo.
Ne parlai con Silvia, raccontandole quanto amore avessi vissuto in quella scopata a pagamento; mi ammonì a non lasciarmi prendere da una passione pericolosa e insana; accettò, naturalmente, di sfruttare la situazione per scopare anche lei con gioia e, per sei mesi circa, ogni sabato andavamo verso mezzogiorno alla sua camera e scopavamo, lei per poco più di mezzora senza oneri e io per un paio d’ore circa.
Ormai ‘lo stallone’ era il mio amante insostituibile e ci costruii intorno una vera storia d’amore; una volta che mi ero tolta i gioielli, mi chiese un cerchietto che Biagio mi aveva regalato dopo la prima scopata; gli spiegai che valeva poco, estrinsecamente, ma che aveva un grande valore intrinseco; glielo lasciai con gioia, quasi lo identificassi davvero con mio marito; la stessa cosa capitò con una collanina d’argento, regalo del primo anniversario, quando si poteva consentire poco perché era alle prime armi.
Silvia trovò la cosa alquanto sospetta, visto il valore intrinseco degli oggetti, ma tacitammo i dubbi; quando ormai anche quella storia scivolava sul terreno della monotonia, arrivò improvvisamene la convocazione di un avvocato amico mio e di Biagio; mio marito lo aveva incaricato di trattare la separazione legale e mi voleva parlare, meglio se con un avvocato che mi rappresentasse; chiesi a Silvia che accettò e mi accompagnò allo studio di Giovanni, l’avvocato, per sentire motivazioni e offerte.
La proposta era per una sentenza consensuale, senza liti e senza problemi; in alternativa, potevano presentare le ricevute della spa per le scopate settimanali e denunciarmi per avere speso i soldi di mio marito per fargli le corna; Silvia, in privato, mi sussurrò che mi aveva avvertita e che l’accusa era inoppugnabile; quando cercai di obiettare che avevo pagato solo per i servizi della spa, mise sul tavolo catenina e braccialetto; non fu necessario dire niente; solo, mi premeva chiedergli, come feci.
“Lo stallone mascherato era mio marito?”
“Non so niente di stalloni palesi o mascherati; se hai fatto questi regali e ne parli in quel tono, il giudice potrebbe dedurre che non sia stato puro sesso e regolarsi di conseguenza. Cosa decidi?”
Silvia, dopo essersi consultata brevemente con me, intervenne.
“Cosa può offrire il tuo amico per una separazione consensuale? Comunque ci sono anni di convivenza di cui tenere conto … “
“Una ragazza già ampiamente provata che fa un matrimonio di puro interesse, senza amore, che convive cinque anni more uxorio e consuma altri cinque in adulteri senza concedere prestazioni fisiche al marito ha ben poco da reclamare come assegno di mantenimento; io sono amico di Biagio ma anche tuo; è chiaro che i fatti direbbero che non l’hai mai amato e che l’hai ingannato proprio come testimoniano questo braccialetto e questa collanina.
Ma, poiché ti sono amico, sono portato a credere che hai sbagliato per immaturità, impreparazione e protervia; ne siamo convinti, io e mia moglie che, come sai, ti vuole assai bene e non vorrebbe vederti soccombere e finire male; so che Biagio non è disposto a cedere in niente; ti ha amato e ti ama ancora, con tutto se stesso; e qui dovremmo tornare ai regali che tu hai ‘girato’ allo stallone; per comprarli, fece molti sacrifici perché eravate agli inizi, poveri ed entusiasti.
Ti sei scatenata, solo dio sa come quando e perché; ne hai fatte di terribili, non tanto per le scopate adulterine ma per le motivazioni incomprensibili; anche se non sei nello stato d’animo per accettare, ti abbiamo voluto bene anche quando inorridivamo per quello che combinavi; hai chiuso tu il cul se sac in cui ti sei costretta e nessuno di noi è in grado di aiutarti a uscire; tuo marito è disposto a offrirti un lavoro che ti consenta di sopravvivere.
Se necessario, può anche sostenerti con un contributo finché non troverai un compagno che sia adatto ai tuoi capricci; ma è già troppo; bada che qualunque giudice non può offrirti un assegno sufficiente a fare la vita che facevi; al massimo saranno poche centinaia di euro, perché non avete figli e le colpe sono solo tue; cara collega avvocato, che le puoi suggerire?”
“Se mi offre un lavoro, deve essere nella sua azienda, vicinissimo a lui … “
“Perché avanzi questa strana richiesta?”
“Silvia, perdonami se anche con te mi comporto sconsideratamente; ci sono cose che solo in anni di amicizia si imparano; a te, Giovanni, posso parlarne, ma all’amico, non all’avvocato; ero una puttanella, è vero, ma come lo si può essere a sedici o diciassette anni; quando conobbi Biagio me ne innamorai, ciecamente, assolutamente; per questo ci sposammo, non per il benessere garantito; ti prego di non pensarlo nemmeno, mi offende.
Sono durata solo cinque anni, come moglie fedele; ma sono stai quelli difficili per lui ed entusiastici per noi, per il nostro amore; nemmeno su quelli posso consentire che si gettino ombre; poi sono diventata una stronza, né adultera né puttana, solo una stronza presuntuosa e immatura che ama il suo uomo e cerca di umiliarlo perché si sente trascurata; ho fatto sesso ma non ho mai tradito il nostro amore; lo amo ancora ciecamente e so che anche lui mi ama ancora.
Lo stallone mascherato era lui che non ha smesso di amarmi; per tigna vuole separarsi ed ho il dovere di lasciarlo libero; ma dovete consentirmi, tu e lui, di passare i prossimi anni ad elemosinare il suo amore, il suo affetto, quei piccoli gesti che valgono tanto, come un bracciale senza valore legato a un momento irripetibile; questo è il senso, Silvia; voglio essere nella sua segreteria per stargli vicino ogni giorno, fino a dieci ore, per dedicargli tutta la mia devozione.
Voglio pagare giorno per giorno, con la fedeltà, come collaboratrice, che non ho saputo dargli da moglie; voglio anche tampinarlo, dimostrargli che non troverà una che valga più di me, come so di avergli dimostrato quando si nascondeva dietro allo stallone che mi dava e chiedeva amore e non sesso; se mi sto sbagliando, pagherò con una vita grama da mendicante; se non mi sto sbagliando e questa è l’unica via per riprendermi quello che ho gettato via, lasciatemi provare. Accettate, tu e il tuo amico incazzatissimo, questa condizione?”
“Per me sta benissimo; se deve offrirti un posto di lavoro e tu vuoi la segreteria, per me va benissimo; ma deve essere Biagio a decidere; gli telefono e ti rispondo.”
Si allontanò per chiamare mio marito; Silvia mi guardò con aria strana, poi mi disse che non capiva; le ribattei che l’amore non si spiega, si vive; io e Biagio ci eravamo amati ed odiati con la stessa intensità; io speravo e volevo che potessimo ricucire; lui forse mi avrebbe umiliato molto e amato tutte tranne me, un poco come era stato quando si travestiva da stallone; ma, se avevo visto bene, poi si sarebbe accorto che niente era morto tra noi e forse avremmo ricominciato da dove avevamo interrotto.
Lei mi fece riflettere che forse avevo ragione a ritenere che ci fosse lui dietro la maschera dello stallone; lo dimostrava il fatto che le avesse offerto la possibilità di scopare a mie spese; probabilmente, prevedeva che ci sarebbe stato uno scontro, forse legale, ed aveva voluto accertarsi che io, normalmente imbranata, avessi qualcuno a cui rivolgermi; in qualche modo, le aveva fatto accendere un debito a cui si era sentita in dovere di corrispondere al momento giusto; mi aveva assicurato una tutela.
Giovanni, tornando, mi comunicò con un sorriso sornione che Biagio era d’accordo; potevo cominciare l’indomani stesso; intanto, potevo continuare a vivere a casa nostra, da separati in casa, senza affettuosità o smancerie; lo abbracciai e andai a casa, non sapevo più se dal mio stallone o dal mio grande unico amore bistrattato e misconosciuto.
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