Gay & Bisex

Enosigeo


di honeybear
19.03.2021    |    5.046    |    1 8.6
"Restò in ginocchio con gli occhi all’altezza dei due uccelli fluttuanti nell’aria che lentamente tornavano a riposo..."
“…Riferito a Poseidone…” sottolineò Mattia in risposta all’amico e si aggiustò il cappellino dopo essersi infilato la maglietta levata dallo zaino a coprire il suo fisico gracilino arrossato dal sole della giornata.
Lui e Giovanni si sedettero sulla sabbia morbida e calda rivolti verso il mare. Solo apparentemente sembravano osservare l’astro infuocato che, inabissandosi, cedeva il passo all’eterea Selene. Dietro le lenti a specchio stavano in realtà ammirando una lunga chioma castana che la leggera brezza scompigliava mettendo a nudo la flessuosa schiena alla cui base due glutei sodi a stento venivano contenuti da un paio di pantaloncini rossi.
La figura si voltò camminando nella loro direzione.
I due ragazzi trasalirono.
La loro vista venne ammaliata da due occhi azzurri come il mare che stavano scrutando. Il viso abbronzato era solcato da piccole increspature dovute certamente all’eccessiva esposizione a sole e salsedine mentre le labbra morbide erano incastonate in un velo di barba sporcato da piccoli granelli di sabbia.
Deglutirono mentre i loro sguardi scendevano sui gonfi pettorali lucidi da cui sporgevano due grossi capezzoli scuri tra cui ballava un fischietto argentato, e si perdevano definitivamente sul ventre scolpito e sulle larghe spalle.
“Enosigeo… Unione dei termini greci é(n)nosis cioè scossa e gaia ovvero terra…” bisbigliò Mattia mentre la supposta divinità li oltrepassava ignorandoli.
“Scotitore della Terra… Certamente delle mie parti basse…” gli fece eco l’altro rotolando sulla pancia per rivedere da altra inquadratura le sacre terga.
Giusto in tempo!
La lycra del costumino giallo fluorescente che indossava ci mise un attimo a tendersi in modo preoccupante, evidenziando sagome che poco avrebbero lasciato all’immaginazione degli ultimi bagnanti rimasti e dei loro figli. L’uccello si gonfiò in un attimo e una sensazione di calore bagnato lo avvolse proprio lì in un attimo.
L’amico seguì l’esempio a ruota.
“Ecco dove vi eravate cacciati! – la voce acuta di Sharon li riportò alla realtà - Sono dieci minuti che vi aspettiamo al bar per l’aperitivo! Datevi una mossa!” e afferrandoli per un braccio tentò di farli alzare.
Si scambiarono un sorriso imbarazzato. Tossicchiarono arrossendo e iniziarono a protestare.
“Lascia, faccio da solo” si lamentò Mattia.
“Anche io! Dacci un minuto e arriviamo. Tu precedici intanto!”
L’amica sbuffando se ne andò lasciandoli a terra. Annasparono nelle rispettive borse alla ricerca dei bermuda. Goffamente tentarono di afferrare il telo per cingerselo in vita.
Fu un attimo: i rispettivi sguardi si posarono sull’alone imbrattato di sabbia che si era formato nella zona pubica.
Risero nervosamente mentre si coprivano in fretta con la salvietta; terminarono di vestirsi e raggiunsero il resto della comitiva che li accolse con parole di scherno.
Non li sentirono: i loro occhi puntavano nuovamente e unicamente nella direzione della spiaggia dove il bel manzo che li aveva stregati stava iniziando a sistemare i lettini.
Immediatamente la fantasia alienò le loro menti isolandoli dal resto della compagnia: i lettini erano diventati i loro fianchi che le mani forti del ragazzone spingeva in avanti. Le stesse mani abbassavano calme i rispettivi pantaloni e subito dopo due buchetti strettissimi e pelosi si immaginavano aperti da un dito medio che, senza troppe attenzioni né ritegno, si faceva strada nei rispettivi culetti anticipando un cazzone mostruoso che, purtroppo, non sarebbe mai giunto alla sospirata destinazione.
“Ehi…- la stridula voce di Sharon li riportò bruscamente alla realtà – Pianeta Terra chiama Mattia e Giovanni!” la comitiva rise di gusto.
“Bentornati! Avevate uno sguardo imbambolato che sembravate in trance… A cosa stavate pensando? Cosa stavate guardando?” chiesero gli amici curiosi.
“I… Le barche dei pescatori…” bofonchiò Giovanni mentendo spudoratamente.
Il bagnino si era nel frattempo levato i pantaloncini rossi e con uno striminzito slip stava indugiando sotto la doccia dello stabilimento balneare che, con i colleghi, aveva appena terminato di sistemare approntandola per l’indomani.
Purtroppo non poterono assaporare appieno l’effetto che avrebbe prodotto su di loro la visione dell’acqua che scivolava sulla pelle di…
“…Poseidone…”
“Cosa? – chiese Carla – Cosa stai dicendo?”

“Poseidone… Eh sì, se me lo dovessi immaginare, avrebbe le sue fattezze, sentenziò Mattia uscendo dalla doccia nella quale aveva lasciato l’amico trastullarsi con il suo birillo.
Lo osservò eccitandosi a sua volta e così, mentre finivano di menarselo, si promisero che sarebbero riusciti a sedurlo facendone il loro trofeo estivo.
Impresa ardua dal momento che di lui non conoscevano nemmeno il nome ma soprattutto, si erano appena affacciati, allo sfavillante mondo del sesso gay.
“Con un po’ di impegno e qualche sforzo…” si ripromisero…
Ma nonostante l’impegno e gli sforzi profusi, non riuscirono a rimediare grossi risultati.
Anzi.
Mattia, non capì mai bene come, si ritrovò inginocchiato in una stretta e umida cabina a succhiare l’uccello peloso del vicino di ombrellone, il sig. Pino, complice un gioco di sguardi male interpretato dal primo e decisamente ben interpretato dal secondo.
“Dai… Dai continua così… Mmmm, sei davvero bravooohhh... “ la sua mano tremula scostò l’elastico del costume di Mattia per insinuarsi tra le irsute chiappe.
Mattia interruppe per un attimo l’azione. Osservò prima il volto paonazzo e sudato di Pino, poi si voltò a guardare il suo fondoschiena ed infine, sorridendo malizioso, riprese a lavorare il bastone di bocca con una certa foga.
“Oooohhhh…” il dito non riuscì a portare a termine il cimento intrapreso perché un caldo e copioso fiotto di liquido denso inondò la gola di Mattia che ingoiò prontamente.
Si rialzò dopo aver ripulito con cura la cappella grondante e iniziarono a slinguazzarsi.
“Baci davvero bene…”
“Grazie sig. Pino! - rispose arrossendo mentre sentiva la mano riprendere il discorso con il suo fondoschiena. Si ritrasse prontamente – Quella cosa lì però no, non voglio farla…”
“Beh, non oggi ma domani magari…”
“Beh… Domani…”
Si ritrovò nella stessa cabina, malamente rovesciato su una panca, con le gambe alzate e spalancate e due lingue che gli leccavano la coroncina pelosa.
Il sig. Pino aveva deciso di estendere al cognato l’allettante invito al (ricco?!) banchetto.
Con una scusa banale i due si erano allontanati dalle rispettive famiglie e avevano dato appuntamento al ragazzo dove il giorno prima si era consumata la passione.
Chiusa la porta alle loro spalle, iniziarono a farsi massaggiare le aste mosce con i costumi ancora indossati. Raggiunta l’adeguata consistenza, invitarono Mattia a ravanare all’interno dei pacchi e a sfilare i costumi continuando a masturbarli.
“Mmmm… Avevi proprio ragione: è davvero bravo!”
“Grazie!” rispose educatamente Mattia.
I due marpioni si guardarono perplessi; si strinsero nelle spalle e lo invitarono ad inginocchiarsi per lappare le due nerchie nel frattempo abbondantemente irrorate di liquido prespermatico.
L’epilogo fu il risultato di un tragico, errato calcolo dell’esiguo spazio a disposizione.
Rovesciato sulla panca Mattia si lamentava, oltre che per il piacere provato dall’azione delle lingue, anche e soprattutto per il dolore che la scomoda posizione gli infliggeva.
“Ahi… Ahia, mi si sta spezzando l’osso del collo…” sbuffava il poverino.
I due cognati se ne infischiarono bellamente delle proteste ma soprattutto delle pose plastiche che il terzetto andava via via drammaticamente assumendo. La loro folle intenzione di sverginare quel delizioso culo caldo il cui anellino pulsava fremente, li aveva resi ciechi dinnanzi al pericoloso esito che l’intricata situazione rischiava di avere e sordi ai lamenti della vittima sacrificale.
Fortunatamente andò bene: Mattia si ritrovò completamente schiacciato dai due omoni che, pur senza riuscire a penetrarlo, lo inondarono di sborra.
Si rialzarono velocemente permettendogli di riguadagnare il respiro. Restò in ginocchio con gli occhi all’altezza dei due uccelli fluttuanti nell’aria che lentamente tornavano a riposo. Spostò lo sguardo al suo petto completamente macchiato di liquido opalescente. Iniziò a raccoglierlo e, con somma soddisfazione, se lo portò alla bocca per inghiottirlo alternando quel gesto alla pulizia delle due cappelle lucenti.
Terminò con cura il lavoro; poi alla chetichella uscirono dalla cabina.
“Magari domani troviamo un posto più comodo…”
“No, domani arrivano i nonni. Dobbiamo rimandare…”
“Beh… Anche io avrei un mezzo impegno…”
A Giovanni non andò molto meglio.
Riuscì a rimediare un incontro con Ottavio, il figlio del proprietario dello stabilimento che frequentavano e che stabilì di condurlo a casa propria.
“Tanto i miei sono ai bagni… – disse prima di farlo salire sul Ciao truccato - …E abbiamo tutto il tempo che vogliamo!” continuò mentre Giovanni gli si avventava contro facendogli sentire la sua erezione, ma anche per non cadere dalla sella lunga.
“Ehi… Guarda che ho la stessa voglia che hai tu… - riprese prima di affondare la sua lingua nella gola dell’altro – E con il tuo culetto mi ci divertirò un mondo!” concluse iniziando a spogliarlo con foga.
Quando mise mano alla cinta, i pantaloni volarono via in un lampo.
Poi l’amara sorpresa: sugli slip dei Giovanni si era formato lo stesso alone umido e giallognolo di qualche giorno prima in spiaggia.
“Scusa… Ma è che…” provò a giustificarsi.
Ottavio, questo il nome dello stallone, non si perse d’animo. Gli strappò letteralmente le mutande di dosso. Spinse Giovanni contro il divano in pelle facendolo voltare. Si inumidì una mano ed iniziò a strofinarla nel solco peloso che aveva provveduto a sollevare alla giusta altezza.
Delle cinque dita ne rimase ben presto uno sola che, a fatica, provava disperatamente a centrare il bersaglio.
“Da bravo rilassati… Se irrigidisci il culo rendi tutto più difficile… Non stringere…”
“Scusa… È che…”
“Non hai fatto molta pratica. Si vede, ma a questo rimediamo con un bel po’ si sano esercizio… Abbiamo tutto il tempo. Tutta l’estate…” lo rassicurò Ottavio.
“Mmmm…. Stupendo….” mugolò Giovanni che strabuzzò gli occhi quando senti il cazzo dell’altro strusciarsi là dove sino a poco prima c’era l’anulare.
Il destino avverso mise il suo zampino quando fu il momento di procedere alla penetrazione.
Giovanni, come richiesto, arretrò verso la mazza che stava per impalarlo… Ma la foga della passione arse troppo rapidamente, provocando l’eiaculazione di Ottavio che sbiancò con il suo seme i peli del culo dell’altro.
La magra consolazione fu che, per porre rimedio al pasticcio, il maldestro ragazzo si dedicò a ripulire con dovizia il buco dell’altro.
“E io? Io niente?” si lagnò Giovanni.
No, per il momento tutto rimandato.
La chiave che girava nella toppa e il padre di Ottavio che rincasava per prendere dei documenti misero fine all’incontro. L’uomo tuttavia non ci mise molto a tirare le somme di quanto si era appena consumato...

“E così ti piace il cazzo…” quando li sorprese tra gli scaffali del magazzino, i due ragazzi balzarono in piedi di scatto, completamente nudi. Gli uccelli già scappellati in tiro.
Girò loro intorno massaggiandosi il mento con le mani e sorridendo sornione.
Ottavio e Giovanni si guardavano di sottecchi. Le facce del colore delle cappelle umide.
“Cheffigura dimmerda… - bisbigliò il primo; poi tossicchiando tentò di articolare qualcosa del tipo - …Lascia che ti spieghi…”
Ma il padre non era in vena di ascoltare ragioni. Si slacciò i pantaloni; guardò Giovanni dritto negli occhi e sibilò: “Datti da fare troia!”
Un po’ per la paura, un po’ per lo stupore, non se lo fece ripetere due volte e si avventò sul cazzo afferrandolo con entrambe le mani, cacciandosene in gola quanto più poteva. Lo succhiò avidamente tanto che il padre di Ottavio lo allontanò con forza per ringhiargli in faccia: “E mi sa che a te piace quanto a quella puttanella del mio ragazzo! E allora conviene che te lo faccia assaggiare in ogni buco libero che trovo!”
Ciò detto lo fece mettere a pecora ponendogli davanti Ottavio il cui uccello sparì per la seconda volta nella gola di Giovanni. Sentì la lingua calda del genitore vellicargli l’ano per qualche istante, poi un’imprecazione ed infine un getto caldo che nuovamente bagnava le natiche lanose.
“Allora è un vizio di famiglia!” commentò serafico mentre terminava di spompinare Ottavio gustandosi tutto il carico che l’altro membro di famiglia fu in grado di regalargli.
Si rivestirono in fretta, padre e figlio estremamente imbarazzati.
“Io… Io non capisco come possa essere successo… - provò a scusarsi l’uomo - …A casa non mi capita mai…”
Giovanni sorrise comprensivo e sentenziò: “Sono cose che succedono quando la voglia è tanta...”
“Sì ma la prossima volta andrà meglio! - si giustificò il padre di Ottavio – Magari domani…”

“Ma domani abbiamo l’uscita in barca!” gli ricordò Mattia quando si ritrovarono sulla spiaggia osservando l’astro infuocato che, inabissandosi, cedeva il passo all’argentea luna.
In realtà gli occhi puntavano dritti verso il mare da cui il loro sogno proibito stava emergendo regalando loro un insperato momento di effimera gioia.
“Enosigeo…” e al suo passaggio, rapidamente si voltarono a pancia sotto sul telo mare.
Lui si voltò a guardarli.
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