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La Cena - Parte 1


di honeybear
28.05.2013    |    8.706    |    8 8.4
"Appoggio il frenulo sulla lingua lasciando scorrere all’interno un po’ dell’asta, come avevo fatto con i grissini; infine stringo con le mani i coglioni neri..."

PREMESSA
Il racconto che segue è la continuazione di quello intitolato ‘IN PAUSA PRANZO’ pubblicato precedentemente.
Le vicende sono tra loro slegate (ci sono solo dei rimandi alle due situazioni): potete quindi leggere i due scritti separatamente o in sequenza. A Voi la scelta. A me non resta invece che augurarVi buona lettura e buon divertimento!
HB

LA CENA
Beh, nemmeno io avevo impegni per cena. Così, dopo esserci rivestiti e salutati con un ultimo bacio, concordammo di rivederci per 20.00, sempre a casa sua.
Al lavoro combino ben poco. I pensieri sono fissi su quanto accaduto in pausa pranzo, sul suo fisico così maschio, virile e sexy e, naturalmente, sul vasetto di yogurt fatto colare nel solco del mio culetto e a quanto ne seguì. Subito dopo inizio invece a fantasticare sulla cena: a come ‘potrei essere mangiato’…
Giunge finalmente l’ora di uscire dall’ufficio. Mi fiondo a casa sotto una doccia bollente. Sempre più eccitato all’idea di quanto potrebbe accadere di lì a poche ore, le mie mani cominciano a scorrere libere sul mio corpo: mi massaggio i pettorali senza trascurare di titillarmi i capezzoli che s’induriscono all’istante, scendo lungo i fianchi fino ad arrivare alle natiche. Comincio a toccarmele, a palpeggiarle. Le apro per bene ed infilo un dito nel buchetto mentre l’acqua tiepida continua ad accarezzarmi. Ne infilo un secondo e le faccio girare; intanto sento il cazzo che comincia a diventare duro. Non posso trascurarlo; così inizio a masturbarmi dolcemente. Abbasso la pelle del prepuzio e lascio che le mie dita giochino con la cappella sfruttandone la sensibilità. Ansimo e gemo quando, passando a dedicarmi al resto dell’asta, la sento pulsare. Decido di fermarmi prima di venire: il resto del lavoro lo finiremo a cena. Del resto l’eccitazione ha sempre ha avuto un effetto stimolante sulla mia fantasia!
Così, finisco di prepararmi. Abbigliamento assolutamente informale: jeans, camicia sapientemente sbottonata sul petto e scarpe sportive in tinta con la cintura. Un ultimo sguardo allo specchio: mi piaccio (anche se in realtà spero di non restare a lungo con gli abiti indossati)!
Che la serata abbia inizio!
Puntuale come un orologio svizzero, alle 20.00 suono il campanello di casa.
Viene ad aprire e, se possibile, è ancora più affascinante del pomeriggio. La maglietta attillata, disegna le sue forme, lasciando immaginare tutto: dall’addominale appena abbozzato, al fianco leggermente stretto rispetto le spalle larghe, fino al capezzolo che spunta in rilievo dalla stoffa. In maniera un po’ zarra, lo scollo a ‘V’ mette in bella la fitta peluria del petto.
Deglutisco e soffio verso l’alto scompigliandomi il ciuffo.
Dalla vita in giù vado semplicemente a memoria, sperando che jeans, boxer e tutto quanto c’è di superfluo, seguano quanto prima la via del pavimento.
“Prego accomodati” e dandomi un bacio mi fa strada in quel soggiorno che, insieme alla camera, ci vide protagonisti nell’ora di pranzo.
L’arredo è stato adattato per sistemare il tavolo al centro della sala, apparecchiato in maniera molto semplice e sobria. Speravo solo nelle luci soffuse: nella fretta forse gli è sfuggito il dettaglio.
Mi serve un aperitivo e si siede accanto a me sul divano. Sorseggiando dai bicchieri inizio ad avvicinarmi a lui accarezzando la maglietta aderente, scendendo dal torace fino al pacco: mi sembra poco partecipe. Anzi, addirittura si alza per andare a prendere il vassoio con le tartine e gli stuzzichini che appoggia sul tavolino di cristallo. Prendo un’oliva e faccio per imboccarlo, ma lui, intercettandola anzitempo, se la mangia da solo.
Sono incredulo, ma lascio correre.
Il resto della serata purtroppo non va meglio. Ad ogni mio tentativo di avances, trovo un muro: infilo in bocca un grissino e mi allungo verso di lui per fargli prendere in bocca l’altra estremità in modo da sgranocchiarla insieme e trovarci bocca a bocca, ma lui spezza il grissino; provo a fargli piedino sotto il tavolo risalendo fino in mezzo alle sue cosce, ma lui scosta la sedia ed io quasi picchio il mento sul tavolo…
“Scusami…”
“Siamo un po’ nervosi stasera… O quantomeno assenti…” lo rimprovero mentre mi massaggio la mascella.
“No, è che vorrei fosse tutto perfetto. Se non ti spiace vado a prendere il dessert…”
“Ci sono io…” ironizzai.
“No, magari quello dopo!”
Si alza per scomparire in cucina e ritornare con la fruttiera ed una salsiera.
“Intingi la frutta nella crema… E’ a base di yogurt!”
Trasecolo: sono così spiazzato da non cogliere l’ironia. Davvero non mi sembra la stessa persona con cui scopai nel primo pomeriggio. Mi sembra piuttosto di essere ospite della brutta copia di uno di quei game-show dove sei la cavia di un cuoco dilettante o qualcosa del genere. Ormai non ho altra scelta che stare al gioco, sperando che la serata finisca presto, e scelgo uno spicchio di mela.
“No, meglio questa” e si alza venendo verso di me con una fragola in mano. L’intinge nella salsa e me l’avvicina alla bocca posizionandosi dietro la mia sedia. L’aroma è ottimo e lui inizia un sottile gioco con il frutto: ogniqualvolta allungo la lingua per leccare la salsa, lo ritrae per poi puntarlo nuovamente alla mia bocca.
Nelle mie parti basse qualcosa si smuove: il compito che non avevo finito di svolgere a casa, mi ricorda che dev’essere concluso.
Alla fine riesco a socchiudere le labbra e lui con decisione m’infila la fragola mimando una scopata di bocca: la fa entrare ed uscire fino a che non la mordo.
Sorride e se la porta alle labbra dove ripete lo stesso gioco ingoiando quanto rimasto.
“Un’altra?” chiede sorridente.
Sorrido anch’io. Mi avvicina una seconda fragola insieme alla salsiera. Qualche goccia di crema scende nella ‘scollatura’. Prendo il tovagliolo, ma lui mi anticipa:
“Faccio io…” e, nel momento in cui i piccoli aghi della barba si scontrano con la mia pelle ed i miei peli, perdo il controllo.
L’uccello si fa ancora più duro e con i suoi sussulti mi chiede la libertà.
Inizio a sbuffare. Lui, senza perdere tempo, passa dalle leccate ai baci percorrendo e ripercorrendo il sentiero imboccato infinite volte, aggiungendo nuova strada. I baci passano al collo, salgono al mento, fino ad arrivare alla bocca. Due lingue si cercano. Una rivolta verso l’alto ed una verso il basso. Si mescolano, penetrano nelle rispettive gole, si aggrovigliano.
Versa di nuovo un filo di salsa nella mia bocca e riprende il gioco.
“Devi stare attento a non sporcarti…” dice mentre, sempre servendosi del contenuto della salsiera, disegna una strada cremosa che parte dall’ultimo bottone aperto della camicia fino alla patta dei pantaloni.
Scosta la sedia dal tavolo e mi si pone davanti dedicandosi a quella nuova via. Il passaggio della lingua attraverso la stoffa leggera della camicia impregnata di quella sostanza viscosa ma, ancora di più, il suo arrivo in corrispondenza della cerniera dei jeans, mi fanno perdere il controllo. Gli afferro la testa tra le mani provando a guidarlo nei movimenti.
Lui non vuole costrizioni: si libera della presa per risalire ogni volta a baciarmi e tormentarmi le labbra con il dito usato per raccogliere un po’ della crema rimasta. Me lo infila in bocca, lascia che io lo sugga a dovere e, come l’uccello che spero mi scoperà presto, lo fa entrare ed uscire mimando l’inculata.
Soddisfatta la sua voglia, mi bacia e se torna in fondo al sentiero che ritraccia tutte le volte. Io lo guardo allontanarsi dopo il bacio e l’unica reazione che riesco ad avere è quella di abbassare il mento verso il petto e sbuffare per l’eccitazione.
Sento la sua lingua muoversi intorno alla forma del mio membro. Poi sento l’azione dei denti e delle labbra che ne seguono i contorni. La stoffa dura dei pantaloni non impedisce alla sua azione di sortire l’effetto voluto. Devo a tutti i costi liberare l’uccello: l’erezione mi fa troppo male.
Sembra non badarci più di tanto, impegnato com’è ad infilare le mani sotto la camicia per accarezzarmi il petto e giocare con i capezzoli: mi afferra per i lembi aperti costringendomi ad alzarmi. Ora siamo uno di fronte all’altro e riprendiamo a baciarci mentre le mani, dopo l’ennesima rapida incursione tra le mie cosce, tornano ad insinuarsi nella camicia: sento le sue carezze delicate sui miei pettorali, sento il pollice e l’indice che prima stringono i capezzoli, poi iniziano a tormentarli, facendoli ruotare a destra e sinistra, quasi fossero due manopole per regolare la sintonia di una radio. Mi mordo le labbra: provo un leggero fastidio subito offuscato da un gemito di piacere soffocato, mentre la mia testa si perde ad annusare i suoi capelli profumati.
L’attacco si fa più serrato: non perde tempo a slacciarmi i bottoni della camicia. C’infila nuovamente le mani all’interno per aprirla, facendo saltare tutti i bottoni, polsini compresi. Sono a torso nudo davanti a lui. Di nuovo entrambe le sue mani sul petto. Di nuovo sui capezzoli. Di nuovo in caduta libera fino a spingersi tra le mie gambe, dove disegna i contorni del mio pacco stringendolo e massaggiandolo. Con lo sguardo lo supplico di liberare l’uccello dalla gabbia. Per tutta risposta ottengo di ritrovarmi io con il naso davanti alla sua lampo. Gliela abbasso. Infilo la mano per tastare: data la durezza della mazza, la nostra, rischia di essere una guerra senza vincitori né vinti. Lo afferro nonostante la ritrosia dell’elastico dei boxer e lo faccio comparire al mio cospetto in compagnia dei coglioni pelosi. Lo osservo sorridendo: è lungo, grosso, nodoso e pronto da scappellare.
Detto, fatto.
Spingo indietro la pelle del prepuzio con le labbra e lascio che la lingua giri e rigiri intorno alla cappella che mischia alla mia saliva le prime gocce di liquido prespermatico. Sollevo lo sguardo incrociando i suoi occhi scuri che sorridono come la sua bocca, mentre mi picchietto la mazza sulle labbra bagnate di saliva, sulle guance e sul mento.
Annuisce mugolando.
Socchiudo le labbra e aspiro. Poi do il via alle danze: bacio e ingoio la cappella come avevo fatto con i pomodorini dell’aperitivo. Appoggio il frenulo sulla lingua lasciando scorrere all’interno un po’ dell’asta, come avevo fatto con i grissini; infine stringo con le mani i coglioni neri e lucidi di pelo gustandomeli, ora singolarmente, ora in coppia, come le olive del Martini dry che mi aveva servito poco prima.
Lui sembra gradire, almeno dall’ansimare e dalle sconcezze che bofonchia e mi lascia fare per diverso tempo. Le pulsazioni ed il rossore della cappella mi fanno quasi ritenere che sia pronto a produrla lui quella crema con cui abbiamo giocato all’inizio. Mi sfilo di bocca l’uccello ed osservo la cappella rossa e scintillante; il mio sguardo passa poi a lui che mi solleva, mi bacia e mi accarezza fino a tormentarmi i peli intorno all’ombelico. La sua mano scompare. Ha trovato il suo tesoro. Quando mi tocca l’uccello mi fa male: rischio di venire nelle mutande. E lui lo sa. È per questo che me lo libera velocemente.
Ora, al pari del suo, fa capolino dalla mia zip. Socchiudo gli occhi sollevato, ma subito dopo corrugo la fronte.
Una sensazione di fresco sulla cappella. Ancora quella maledetta crema di yogurt… Beh, almeno allevia un po’ il dolore dell’erezione. Si aggiunge alla sua saliva quando mi scappella. Distendo lo sguardo e mi godo il pompino appena iniziato.
Prima lecca la salsa, ne trattiene una piccola quantità in bocca, sale a mischiarla con la saliva dei nostri baci e ridiscende per spalmarla lungo tutto l’uccello. Mi da i brividi.
Con un secondo gioco di lingua, la pulisce poi completamente. Spero che il mio gemere ed il mio ansimare, possano essere considerati la giusta ricompensa agli sforzi che profonde per farmi godere. E, per la miseria, devo dire che ci riesce!
Risale. Afferra un grappolo d’uva. Me ne fa staccare un acino con la bocca. Se lo contende con me fino a farmelo ingoiare. Ripetiamo il gioco e questa volta è lui ad ingoiarlo. Lo mastica e con uno sguardo malizioso, scompare alla mia vista. Lo sento spandere quella specie di marmellata sulla mia cappella e farci scorrere intorno la lingua.
Ancora brividi. Non ce la faccio più!
Quando la estrae mi soffermo ad osservare la poverina: è praticamente viola per lo sforzo che sta sostenendo. Ma lui è deciso a non mollare, e continua a giocare con il mio uccello in gola, aiutando l’azione della lingua con le cinque dita.
Lo vedo allungare nuovamente le mani sulla salsiera: comincio a pensare che difetti di fantasia. Non è così. Questa volta a fare un tuffo nella crema sono i miei coglioni che riemergono con i peli grondanti di quel liquido dolce e dal sapore delicato. Li succhia e li risucchia per poi inzupparli nuovamente come i savoiardi nello zabaione. Lo lascio fare: la mia mente ed i miei sensi sono talmente impegnati a godere questi momenti, che quasi, non mi rendo conto che gli sto per sborrare in faccia!
Anche in questo lascio che sia lui a scegliere: sono totalmente in sua balia. È lui a decidere la velocità della masturbazione. È lui ad insalivarsi la mano per farne scorrere il palmo intorno alla cappella, ormai sensibile oltre ogni ragionevole limite di sopportazione. È lui a cercare di trapassare con la lingua il frenulo. È lui a chiudermi la bocca quando, sfinito, inarco la schiena urlando e riverso il contenuto dei miei coglioni interamente sul suo viso.
“Soddisfatto della serata?” mi chiede alzandosi. Inizio a leccarlo per pulirgli il viso da quella crema che imbratta i suoi splendidi occhi scuri. Sicuramente il sapore di questa è più acre dell’altra, ma delizia il mio palato allo stesso modo. Mi bacia. Lo bacio.
“Non crederai che sia finita qui, vero!?”
-CONTINUA-
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