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La favola di HairlessNeve e dei 7 (O)nani(sti) - Parte 3


di honeybear
04.11.2013    |    4.558    |    2 9.8
"I sette (O)nani(sti) lo seguirono a ruota, impiastricciandosi l’un l’altro..."
Grimildo andò in una stanza segreta dove non entrava nessuno e preparò una mela velenosissima. Di fuori era bella, così rossa, che invogliava solo a vederla; ma chi ne avesse mangiato un pezzetto, sarebbe morto.
Quando la mela fu pronta, si tinse il viso e si travestì da contadino. Passò un’ultima volta i sette monti, fino alla casa dei sette (O)nani(sti).
Bussò.
HairlessNeve si affacciò alla finestra e disse: “Non posso lasciar entrare nessuno! I sette (O)nani(sti) me l'hanno proibito!”
“Non importa - rispose sornione il contadino. E prese a slacciarsi la camicia e a strofinarsi con la mela i pettorali ben definiti scendendo fino all’inguine dove si fermò - le mie mele le vendo lo stesso. Tieni, anzi: voglio regalartene una”.
E nel porgergli il frutto balzò sul davanzale.
Avvicinò le sue labbra a quelle del ragazzo. Lui non lo respinse:
“Sono dolci le tue labbra…”
“Come le mie mele!” e iniziarono a far vorticare le lingue nei rispettivi palati mentre le camicie volavano al vento.
“No! –HairlessNeve si ritrasse - non posso accettar nulla!”
“Hai forse paura che la mia mela sia avvelenata?” in un attimo fu nella cucina.
“No. Non è questo… È che…”
“Se non vuoi accettare la mia mela, accetta almeno questo…” dolcemente gli prese una mano e gliela infilò nei pantaloni: accarezzò una soffice nuvola di pelo, da cui qualcosa di enormemente duro spingeva, bramoso di rivedere la luce del sole. HairlessNeve sorrise e glieli sfilò fulmineamente, liberando il vigoroso uccellone del patrigno.
Dapprima l’assaggiò timidamente, scappellandolo con le labbra; indi, prendendoci sempre più gusto, s’infilò l’intera mazza in bocca perdendosi con il naso nel corvino intrico di peli pubici. Ne aspirò l’aroma che trasudava, lasciando che le narici s’inebriassero di quel profumo virile. Guardò verso l’alto. Il contadino annuì. Fu così che il cazzo di Grimildo finì per la terza volta nell’ignara altrui bocca.
Il giovane mise tutta la foga di cui fu capace nello spompinare il contadino: l’asta divenne fradicia al pari della cappella. Si fermò un attimo a contemplare l’opera ed ammirare la staticità di quella mazza imperiosa, interponendo una mano all’altezza del pube per sbatterla sulla sua faccia. Una presa decisa, all’altezza della nuca, gl’intimò tuttavia di tornare al lavoro. Prestò particolare cura nel far penetrare la lingua nel piccolo orifizio che traboccava gocce di liquido prespermatico. Bevve con avidità quell’ambrosia dolce-amara, ingoiando anche quanto più poté del siluro che stava slinguando:
“Magari non è dolce come le tue mele… Ma ha comunque un buon sapore…” commentò sorridendo mentre riprendeva fiato.
“Puoi sempre assaggiare anche la mela: così avrai veramente un termine di paragone…” suggerì il finto contadino con un sorriso beffardo, mentre HairlessNeve mangiava il bel frutto con gli occhi.
Quando vide il contadino leccarla, sentì di non poter resistere più a lungo; ma la perplessità era ancora tanta:
“Facciamo un gioco…” propose Grimildo, determinato a vincere anche le sue ultime resistenze. Il ragazzo lo guardò incuriosito mentre vide la mela avvicinarsi alla bocca e scorrergli sulle labbra.
“Adesso io mi giro e tu provi ad infilarmela… Che ne dici?”
L’idea gli piacque assai. Solo che prima doveva dilatare a dovere quel buco così stretto.
I dildo(s) degli amici (O)nani(sti) soddisfarono la bisogna. Dopo averli adeguatamente lubrificati, li utilizzò uno alla volta, in successione: dal più piccolo al più grande. E i gemiti di piacere di Grimildo aumentavano in maniera direttamente proporzionale alla dimensione dell’oggetto introdotto:
“Così… Così, dai… Daiii… Fino in fondo… In fondooohhh…”
La bizzarra situazione, favorì anche l’eccitazione di HairlessNeve che, con una mano riprese a giocare con le pieghe di quell’invitante anello di carne, masturbandosi furiosamente con l’altra.
Fu la volta della mela.
HairlessNeve la leccò per benino. Fece fare la stessa cosa a Grimildo ponendosi sopra di lui per riuscire a baciarlo. L’avvicinò infine all’orifizio che l’avrebbe accolta, iniziando a farla roteare, ed imprimendo delle spinte leggere. Ad ognuna il contadino si mordeva le labbra per l’eccitazione e dondolava i fianchi, desideroso che quella cinica agonia avesse fine, per poter godere appieno del frutto proibito.
Una spinta più decisa e venne varcata la prima soglia. Grimildo emise un grido che si risolse in un gemito prolungato. Il dolore, in parte lenito dalla precedente fase preparatoria, stava via via lasciando il posto ad un’ondata d’intenso piacere che lo investì definitivamente quando fu sfondata anche la membrana più interna di quell’ano voglioso.
HairlessNeve si fermò. La mela infatti, faceva ora capolino da quel buco dilatato a dismisura, per metà dentro e per metà fuori. Contemplò soddisfatto il risultato del suo lavoro:
“Sììì… Sììì… Sììì…” gemeva Grimildo, mentre l’altro si divertiva a spingere e tirare delicatamente.
“Non ce la faccio più… Devo venire… Devo venire…” così dicendo l’aguzzino riversò tutto il suo seme sulle natiche del patrigno.
“Ed ora la mela… Toglila… - lo supplicò – …Così potrò venire anch’io! Addentala! E sfilala”.
HairlessNeve ubbidì. Ma non appena l’addentò, se ne staccò un morso… Fu così che cadde a terra morto.

Grimildo completò l’operazione da solo.
Alzatosi, l'osservò ferocemente e scoppiò a ridere esclamando:
”Bianco come la neve, rosso come il sangue, nero come l'ebano! Stavolta nemmeno i sette (O)nani(sti) ti sveglieranno più!”
E lasciò la piccola casetta. Al castello, con l’aiuto di uno dei servitori, riprese il gioco con la mela, poco prima interrotto. Mentre il prestante giovane con cui si stava intrattenendo, tornò a seviziargli l’ano come già aveva fatto il suo nemico, domandò allo specchio:
“Dal murooohhh, specchiettooohhh, dillo… Dillo… Dillooohhh… Spingi… Spingi fino in fondo… In fondooohhh… Mmmmhhh… Nel regno chiiihhh… Sì, sì, sì… Così… Così! Chi è il più bello?”
E finalmente lo specchio rispose: “Nel regno, Grimildo, tu sei quello”.
Allora il suo cuore invidioso ed il suo culo bollente ebbero pace, se mai ci può esse pace per un cuore invidioso ed un culo bollente.
La sera, i sette (O)nani(sti), tornando a casa, trovarono HairlessNeve che giaceva a terra: non usciva respiro dalle sue labbra. Sembrava morto. E questa volta sul serio…
Lo sollevarono. Cercarono se mai ci fosse qualcosa di velenoso: gli slacciarono i vestiti spogliandolo, ispezionarono ogni centimetro del suo corpo, lo lavarono con acqua e vino, ma inutilmente. Il bel giovane questa volta non si ridestò.
Lo deposero su un cataletto, lo circondarono tutti e sette e lo piansero.
Lo piansero per tre giorni.
Pensarono di sotterrarlo; ma in viso, con le sue belle labbra rosse, egli era ancora fresco, come se fosse vivo. Si dissero perciò:
“Non possiamo seppellirlo dentro la terra nera” e fecero costruire una bara di cristallo, perché lo si potesse ammirare da ogni lato. Ve lo deposero incidendovi il suo nome a lettere d'oro, scrivendo che era figlio di Re.
Esposero la bara sul monte e uno di loro, a turno, vi restò sempre a guardia. Persino gli animali vennero a piangerlo: prima una civetta, poi un corvo e infine una colombella.
Egli rimase molto, molto tempo nella bara, ma non imputridì: sembrava che dormisse, perché si mantenne bianco come la neve, rosso come il sangue e nero come l'ebano.
La vita dei suoi amici riprese il normale corso, anche se il loro pensiero era costantemente rivolto a chi riposava sul monte.
Una sera capitò nel bosco un Principe bellissimo che chiese di pernottare nella casa dei sette (O)nani(sti). Era alto, biondo, con un velo di barba e gli occhi color del mare. Le gambe e i glutei, sodi e ben torniti, erano fasciati da una calzamaglia azzurra. Le braccia muscolose, l’ampio torace e l’addome scolpito, s’intravedevano dalla preziosa seta di una camicia bianca, vagamente trasparente.
Li sorprese intenti ad armeggiare con i loro sex-toys e subito si prodigò per dar loro una mano, anzi due. Dopo essersi liberato degli inutili indumenti, scoprendo un corpo effettivamente scultoreo protetto da un sottile e delicato strato di pelo chiaro… Lasciò i nani a bocca aperta, per lo stupore di cotanta meraviglia!
Sfruttando l’effetto sorpresa, afferrò un dildo o un vibratore con ciascuna mano. Fece disporre gli inebetiti (O)nani(sti) a coppie e giocò per buona parte della notte con i loro buchetti, sfondando quei piccoli e deliziosi culetti ora con un articolo ora con l’altro.
I nani, evidentemente soddisfatti del trattamento ricevuto, gli dedicarono la restante parte della nottata. Lo ripagarono alternando nuovamente i loro buchetti o le loro boccucce attorno alla sua mazza: lunga, nodosa e circoncisa producendo infine una tale quantità di sborra da riempire un lago.
Al sorgere del sole, lo sperma del Principe si riversò un’ultima volta sul suo torace e sul caldo nido di pelo biondo che ospitava il suo uccello regale.
La mattina vide anche la bara sul monte con all’interno il bel HairlessNeve. Lesse quel che era scritto a lettere d'oro.
Si rivolse ai nani:
“Lasciatemi la bara; in compenso vi darò quel che volete”.
Ma i nani risposero:
“Non la cediamo per tutto l'oro del mondo!”
“Regalatemela, allora - egli disse - non posso vivere senza veder HairlessNeve: voglio onorarlo ed esaltarlo come la cosa che mi è più cara al mondo”.
A sentirlo, i buoni (O)nani(sti) s'impietosirono e si risolsero di donargliela.
Se la caricarono sulle spalle per riportarla alla loro casetta, dove sarebbero giunti i servitori del Principe per scortare il feretro al suo castello.
Ora avvenne che essi inciamparono in uno sterpo e per la scossa quel pezzo di mela avvelenata, che HairlessNeve aveva trangugiato, gli uscì dalla gola.
Poco dopo riaprì gli occhi, sollevò il coperchio e si rizzò nella bara: era tornato in vita.
“Ah Dio, dove sono?” gridò.
Il Principe rispose, pieno di gioia: “Sei con me ora!”
E gli raccontò quel che era avvenuto, aggiungendo: “Ti amo sopra ogni cosa del mondo. Vieni con me nel castello di mio padre. Vivremo lì per sempre!”
A quelle parole, il Principe avvicinò le labbra a quelle del ragazzo. Le bocche si sfiorarono. Le lingue presero a cercarsi e a frugare nelle rispettive gole. Gli occhi di entrambi si chiusero mentre le mani scivolarono in basso ad accarezzare prima i fianchi e poi i rispettivi pacchi.
“Lo so cosa vuoi… - mormorò il Principe staccandosi per un istante da quelle labbra rosse come il sangue – la stessa cosa che voglio io...”
Il ragazzo sorrise dolcemente. Effettivamente, dopo le mille peripezie vissute, non desiderava altro che quanto stava per accadere su quel prato, sopra quei mantelli.
I sette (O)nani(sti) non trovarono nulla di meglio da fare che fermarsi a godere dello spettacolo…
Il Principe l’aiutò a spogliarsi. Lo fece sdraiare a pancia sotto e si mise sopra di lui. Gli morse leggermente prima un orecchio e poi la spalla, lasciando un segno leggero sulla pelle diafana. HairlessNeve sbuffò impercettibilmente. Si voltò a baciarlo. Lo morse di nuovo. Più forte. Il sospiro che ne seguì si trasformò in un lungo gemito, prontamente tacciato da un nuovo bacio.
Le mani del Principe, le cui dita poco prima venivano ingoiate dalla sua bocca avida, presero a scorrere sul petto immacolato, massaggiandolo e strizzandogli i capezzoli inturgiditi. I brividi che ne seguirono vennero controllati a fatica. HairlessNeve sollevò leggermente i glutei piegandosi sulle ginocchia, lasciando così spazio a quelle mani di scendere prima al ventre e poi più in basso.
I sette (O)nani(sti) cominciarono a toccarsi.
Il Principe aveva però altre idee. Schiacciò nuovamente HairlessNeve verso il basso, proteggendone l’erezione con le sue mani forti. Affiancò il suo volto a quello del ragazzo per fissarlo e solleticargli gli zigomi con la barba. Lo prese dolcemente per la nuca avvicinandolo a sé. Lo baciò per poi allontanarlo repentinamente: volle fissarlo negli occhi, per scorgervi tutto il desiderio che era riuscito a suscitargli.
I sette (O)nani(sti) cominciarono a spogliarsi.
Il gioco di sguardi non durò a lungo perché il Principe forzò nuovamente quelle labbra con il più dolce dei baci possibili. Forzò la bocca del suo amato esplorandone ogni angolo con la lingua. La risposta di HairlessNeve non fu da meno e i sospiri che udì, non fecero che accrescere il desiderio di possedere realmente quel corpo così a lungo cercato:
“Vorrei scoparti…” gli sussurrò.
A quelle parole i sette (O)nani(sti) iniziarono a masturbarsi a vicenda.
L’abbracciò, voltandosi sulla schiena per portarselo sopra. Gli fece posare il capo sul petto muscoloso. Una delle sue mani delicate accarezzava i capelli corvini, l’altra massaggiava il membro in erezione.
Lo sentì sospirare. Di puro piacere.
“Si… Scopami… Per favore, fallo!”
A quella richiesta, le mani dei sette (O)nani(sti) si mossero più veloci sulle verghe in erezione.
Ogni singola parola era, alle orecchie del Principe, una soave melodia gorgheggiata dalle labbra dell’amato, prima che queste si schiudessero per ricevere dalla sua bocca l’ennesimo, tenero bacio.
Fu così che HairlessNeve si offrì completamente a colui che, ne era certo, l’avrebbe amato come nessun altro nel Reame. Ora desiderava solo sentire le mani del suo Signore su di sé e, quando l’avesse voluto, il suo uccello dentro di sé, per spegnere un desiderio d’amore e piacere altrimenti indomabile.
Solo allora realizzò che il Principe non si era ancora spogliato. Attese con piacere e dovizia al compito di denudarlo per tornare in fretta ad essere stretto dal forte abbraccio di quel corpo che, nuovamente l’accolse sopra di sé.
Le mani dell’amante ripresero ad accarezzarlo dolcemente sulla schiena, seguendone la sinuosa curva. HairlessNeve, perso nel piacere di quel tocco, sentì lentamente abbassare ogni difesa, annientare ogni volontà; soprattutto quando una scese in basso, e le dita si insinuarono fra le natiche nei più intimi pertugi. Quei tocchi lo pervasero d’ebbrezza, facendolo gemere a labbra socchiuse.
Ah, quelle carezze!
Ah, quelle dita esperte che allargavano il sottile solco tra le sue natiche sode, ansiose di penetrarlo, di raggiungere il centro del suo universo.
Trasalì. Una lieve sofferenza, un sottile dolore e poi il piacere. Sempre più intenso, più esplosivo. Gli divorava la carne, come mai aveva provato prima, né con il cacciatore, né con gli amici (O)nani(sti).
L’altra mano del Principe si posò sul pube. Giocò con i morbidi peli neri arricciandoli o lisciandoli. Manipolò dolcemente il prepuzio prima di farvi scivolare il mignolo all’interno, strappandogli un grido sommesso.
Anch’egli bofonchiò qualcosa in risposta al segnale di quel corpo che aveva sedotto e che stava possedendo. HairlessNeve puntò lo sguardo su di lui. Era uno sguardo carico di significati, tutti accomunati da un solo denominatore: il piacere. Il suo sguardo implorava piacere.
A quella visione i sette (O)nani(sti) accelerarono ancora la masturbazione. L’altra mano scivolò dietro facendosi largo tra le loro chiappette.
I desideri dei due giovani erano ormai un tutt’uno, completamente armonizzati come lo sarebbero stati i loro corpi di lì a poco: fu così che il Principe allargò ancora il solco, insinuando le dita più a fondo, penetrando quel buco lentamente per poi ritrarsi altrettanto lentamente.
Un gemito, un sospiro, il lamento dell’altro.
Infine si adagiò con il suo peso sul quel corpo così bello, così liscio, così morbido per farlo suo. Definitivamente.
Posò la sua erezione nel solco. La fece scivolare, affondare fra quelle chiappe sode che aveva lubrificato con la sua stessa saliva.
HairlessNeve si lasciò sfuggire un sospiro. Era un sospiro che celava il desiderio di avere di più, il desiderio incontrollato che tutto finalmente si compisse. Il desiderio di essere una cosa sola con il suo principe. Come la fiaba che aveva sognato da sempre. Arcuò il corpo, offrendosi completamente all’altro uomo. Il desiderio divampava incontrollabile. Lo bruciava. Li bruciava entrambi.
Le mani dei sette (O)nani(sti) frattanto lisciarono le sette mazze alla velocità della luce e lo stesso fecero con i sette ani: quegli ometti si stavano dimostrando estremamente partecipi all’evento che si stava vivendo davanti ai loro occhi.
Un movimento rapido ed il bel principe si pose fra le gambe del ragazzo. Le spalancò, ma con dolcezza. Indietreggiando leggermente gli puntò il pene tra le natiche, scivolando fino a che non incontrò la fessura. Spinse. Sentì HairlessNeve irrigidirsi. Spinse più forte e contemporaneamente lo abbracciò in stretta tanto possente da togliere il fiato.
Con un susseguirsi di movimenti piccoli e decisi, il Principe lasciò che il suo cazzo continuasse a perlustrare la cavità dove si era incuneato, senza badare troppo alle richieste del suo partner d’alleviare l’intenso, insopportabile dolore, che pure stava lasciando spazio ad un’incredibile ondata di piacere. Un piacere tanto travolgente, da unirsi all’urlo liberatorio che accompagnò gli ultimi, dolorosi spasimi della lenta, inesorabile penetrazione. Solo quando il pene del Principe gli fu completamente dentro, questi allentò la stretta:
“Sei mio ora… Sei la mia puttana…” gli disse. Un enorme sorriso si disegnò sul suo volto.
I sette (O)vanisti, per non essere da meno, diedero vita al più incredibile dei trenini che si fosse mai visto: le spinte pelviche, perfettamente in sincrono, scatenarono una sinfonia di gemiti e sospiri all’unisono.
La mano del Principe prese a massaggiare l’uccello di HairlessNeve, rendendogli tutta la fiera durezza di qualche minuto prima. Il suo uccello seguiva lo stesso ritmo, affondando o sfilandosi da quel buco così stretto. Da quel corpo così sensibile ed aggraziato.
Dalla sua bocca uscivano le più dolci oscenità.
Improvvisamente i suoi movimenti si fecero veloci, la penetrazione più profonda e più cattiva. HarilessNeve iniziò a gemere e gridare in maniera concitatamente oscena:
“Ti prego… Ti prego, non smettereeehhh… Ooohhh… Non… Non fermarti! Non fermarti!”
“Puoi stare tranquillo – rispose ansimando, mentre lo sfilava – Non ho la minima intenzione di farlo!”
Una delle sue mani si posò sul fianco di HairlessNeve per controllarne i movimenti. L’altra si dedicò al cazzo gonfio di piacere, pronto ad esplodere.
“Sei la mia puttana ora… - ripeté il Principe rincarando la dose - La più troia delle cagne in calore… E voglio sentirtelo dire! Ora!”.
Il giovane mormorò che, sì, era la sua puttana, che non desiderava altro di sentire quel cazzo enorme in culo.
“Ripetilo! Più forte troia! I tuoi amichetti laggiù non hanno sentito!” e indicò i nani, sempre intenti ad incularsi l’un l’altro.
HairlessNeve si voltò a guardarlo, implorandolo con gli occhi di riprendere là dove si era interrotto:
“Sì! Sono la tua puttana – gridò – La più troia delle cagne in calore! È per questo che voglio sentirmi dentro quell’uccello che hai tra le gambe. Voglio sentirlo ancora… Ancora!”
A quelle parole seguì un lungo bacio. Poi la mano dell’amato tornò a masturbare la sua cappella fradicia di liquido pre-spermatico. La spremette come un frutto, strappandogli mugolii di piacere, e, ancora una volta, la preghiera di non smettere mai. L’apice del piacere stava per essere raggiunto. Il punto di non ritorno!
Anche il Principe sentì approssimarsi quel momento.
Scivolò un’altra volta in quel meraviglioso buchetto, strappando nuovi gemiti. Sentì il suo stesso corpo contrarsi e scuotersi, mentre i colpi di bacino si susseguivano a ritmo serrato.
Una spinta più energica delle altre. I muscoli tesi oltre il limite. Un’altra spinta, ancora più violenta. Ancora più a fondo, in quel corpo ormai totalmente in sua balìa.
Una pressione più forte ed il seme si riversò dentro HairlessNeve. Il giovane non riuscì a contenere l’impeto di quel fiume in piena e la sborra prese a colare lungo le gambe.
Ma non bastava. Non ancora. E lo strofinio che la mano dell’altro produceva sul suo pene ne era la dimostrazione. Più forte, più veloce, più forte.
“Puttana… Sei la mia puttana. La mia puttana… - parole ora sussurrate all’orecchio, ora gridate che lo mandarono oltre la soglia dell’oblio - Sei una fottuta puttana… La mia fottuta puttana!”
HairlessNeve esplose a sua volta con un grido che gli sfuggì dalle labbra arse, morse dall’impeto che quell’eruzione produsse. A lungo fu scosso dagli spasimi dell’orgasmo.
I sette (O)nani(sti) lo seguirono a ruota, impiastricciandosi l’un l’altro.
A memoria d’uomo, mai così tanta sborra s’era riversata in una sola volta nel Reame.
I due adesso erano una sola cosa. HairlessNeve infatti acconsentì a seguire il Principe al castello. Per l’occasione venne organizzata una festa con grandi pompe.
Ad eseguirle sarebbero state ovviamente le sapienti labbra del nuovo principe che, per non arrivare impreparato all’evento, si prodigò per rendere felice ogni abitante maschio in età adulta del nuovo Regno su cui si sarebbe apprestato a governare.
All’evento fu invitato anche il perfido Grimildo.
Infilatosi un vibratore sotto le sontuose vesti, andò allo specchio e disse:
“Dal murooohhh, specchiettooohhh, dillo… Dillo… Dillooohhh… Mmmmhhh… Nel regno chiiihhh… Chi è il più bello?”
Lo specchio rispose: “Grimildo, il più bello qui sei tu! Ma il nuovo Principe lo è molto di più!”
Il cattivone imprecò e il suo affanno era così grande da non riuscire più dominarsi: venne copiosamente sul magico cristallo.
Ripresosi, decise dapprima di non intervenire alla festa; ma non trovando pace, alla fine cedette.
Entrando al castello del Principe, gli si parò dinnanzi agli occhi lo splendido culo di HairlessNeve intento a prendersi cura del pene del suo amato Principe.
Dietro di lui, una lunga fila di splendidi manzi (di qualsiasi estrazione sociale) in attesa di analogo trattamento. Nel trono accanto, un Re impaziente, che menava il suo enorme uccello, bramando voglioso gli effetti prodotti sul figlio.
Grimildo osservò attentamente la scena e sorrise. Di colpo la rabbia e l’invidia provate svanirono: si avvicinò ad HarilessNeve ed indisse una tacita gara di bravura con il suo giovane rivale.
Chi vinse non fu dato saperlo… L’unica certezza fu che vissero tutti felici e gaudenti!
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