Racconti Erotici > Gay & Bisex > Il giocattolo dello zio - Parte 3
Gay & Bisex

Il giocattolo dello zio - Parte 3


di honeybear
08.04.2013    |    26.450    |    14 9.1
"Questa volta partii dalla bocca: gliela sfiorai con le labbra per suggergli il mento e di nuovo riprendere a leccare la zona del petto, senza trascurare i..."
Rincasai per l’ora di cena accompagnato dallo zio. Fu lui a presentare ai miei genitori i brandelli della maglia giustificando l’accaduto con il fatto che mi ero impigliato nel filo spinato che stavamo stendendo a protezione della nostra proprietà:
“Sei proprio uno sfigato – ironizzò mio fratello – la prossima volta vado io ad aiutare lo zio…”
“Per fortuna non ti sei fatto nemmeno un graffio! – sospirò mia madre – devi stare più attento!” si raccomandò.
La rassicurai e dell’episodio non si parlò più. Nei giorni seguenti infatti l’attenzione si focalizzò sui lavori che avrebbero interessato il nostro podere: i fratelli si erano decisi a dare una ripulita al capanno per liberarlo dal ciarpame accumulato negli anni e renderlo più decoroso.
Si diedero tutti un gran daffare, così io e lo zio non avemmo occasione di rimanere nuovamente soli. Ripensai alle sensazioni ed alle emozioni intense di quel pomeriggio con una punta d’inquietudine: se lui fosse tornato ad importunarmi, avrei avuto la forza di resistergli?
Provai a convincermi che quello vissuto sarebbe rimasto un episodio isolato e mi unii al resto del parentado che, quella domenica, si era dato appuntamento in campagna per concludere le pulizie. Tuttavia, chi per un motivo, chi per un altro pian piano si dileguarono. A fine giornata rimanemmo solo io e lo zio Antonio.
Entrò nel capanno. Ero appoggiato al massiccio banco da lavoro in legno intento ad ammirare i vecchi attrezzi che usava mio nonno per lavorare la terra. Lo zio aveva separato le parti metalliche da quelle in legno. Aveva poi molato le prime ed accuratamente lucidato le seconde. Ora giacevano sul quel solido piano di noce in attesa di essere ricomposte ed appese.
Prese una bottiglia di birra dal frigo e, dopo averla stappata, si avvicinò a me da dietro: le sue braccia muscolose si affiancarono alle mie imprigionandomi in una stretta che non mi dava scampo. Il petto villoso e leggermente umido di sudore premeva con tutta la sua forza contro la mia schiena provocandomi quel solleticante pizzicore tipico del pelo contro la stoffa. La sua camicia sbottonata svolazzò ai lati mentre la sua bocca iniziò a muoversi delicata lungo il collo fino alle spalle.
Cominciai ad avvampare: di nuovo quei brividi lungo la schiena... L’uccello, pressato contro il bancone, che iniziava ad ingrossarsi…
“Hai sete?” mi chiese. Annuii sempre dandogli le spalle.
Mi girò e si rovesciò un sorso di birra lungo il petto: il liquido dorato e la schiuma bianca si mischiarono alle gocce di sudore formando una serie di rivoli che, partendo dal collo, scorrevano lenti verso il basso increspando i peli che incontravano sul percorso.
“Bevi!”
La punta della mia lingua si avvicinò passando lieve sulla pelle cercando di raccogliere quanto più poteva di quel nettare. Succhiai i capezzoli per spingermi fino all’ombelico dove mi arrestai per risalire. Ne volevo ancora ma non sapevo se mi era consentito esprimere richieste.
Pensò lui ad accontentarmi.
Questa volta partii dalla bocca: gliela sfiorai con le labbra per suggergli il mento e di nuovo riprendere a leccare la zona del petto, senza trascurare i peli bagnati e i capezzoli, per scendere verso l’addome. La mia corsa non si arrestò lì. Sentii la sua mano premere sulla mia testa per spingermi ad inginocchiarmi di fronte a lui.
“Slaccia!” m’intimò sfilandosi gli stivali.
Cautamente avvicinai le mani ai bottoni dei jeans che con mano tremante aprii. Lo spettacolo che mi si parò dinnanzi agli occhi mi lasciò senza fiato: il cazzo dello zio, compresso dall’intimo, era inclinato su un lato e la sua sagoma faceva bella mostra di sé come una specie di scultura in rilievo.
“Toccalo”
Mi arrestai sconcertato. Non ero pronto, non sapevo come fare.
“Toccalo!” ripetè.
Non mi arrischiai ad innervosirlo. L’idea che mi venne fu di abbassargli l’elastico delle mutande come la volta precedente. Arrivò puntuale il ceffone.
“Ho detto toccalo!” sibilò.
Cominciai allora a fare scorrere la mia mano lungo la protuberanza: il pollice in basso e le altre quattro dita verso l’alto. Mentre massaggiavo, cercavo di compiere movimenti lenti e, per quanto possibile, delicati. Il fiume di birra, continuamente alimentato, scendeva placido lungo il petto, e trasudando dai peli pubici, aveva tinteggiato di un color ocra l’esile stoffa degli slip.
“Assaggia”
Al gesto della mano accompagnai ancora una volta l’azione della lingua cui si aggiunse la forza con cui lo zio premeva la mia testa contro il suo sesso. L’effluvio che sprigionava inebriava le mie narici: non credevo che l’aroma della birra e la fragranza di un maschio potessero annientare ogni mia volontà. Mi sentivo in paradiso. E credo anche lui: il suo respiro eccitato era un segnale inequivocabile di godimento.
“Prendilo in bocca” mi ordinò allentando la presa.
Che fare? Il paradiso stava lasciando il posto all’inferno: non avevo mai fatto nulla del genere in vita mia. Prevedevo una gragnola di ceffoni visto che certamente avrei sbagliato ogni mossa.
Mi concentrai, per quanto lo stato d’ansia me lo permettesse.
Infilai deciso la mano nelle mutande soffermandomi a giocare con i caldi coglioni di quella montagna umana.
Un sospiro. Fin lì tutto bene dunque. La tacita approvazione allentò il mio nervosismo e così anche il mio uccello riprese ad indurirsi.
Lasciai il regalo ancora incartato, ma lo rivolsi verso di me. Guardai in alto mentre avvicinavo le labbra alla cappella. Lentamente la scoprii liberando in un attimo tutto il resto. Ora l’asta dello zio si stagliava davanti ai miei occhi. Il roseo candore di quel membro eretto, così lucido e voluminoso, contrastava nettamente con il vello bruno da cui nasceva.
Cominciai il lavoro partendo dalla radice del pube. Mi sentivo una specie di flautista: da un lato le mie labbra scorrevano armoniose sulla pelle setosa, dall’altra, con altrettanta grazia, si muoveva la mano in un concerto che speravo non avesse fine.
Corsi e ricorsi lungo quell’asta cercando di insalivarla a dovere per poi dedicarmi al prepuzio: lo addentai tirandolo delicatamente verso di me.
Un gemito, poi un sussulto.
Incoraggiato dall’effetto che stavo producendo sullo zio mi spinsi oltre incuneando la lingua in quel lembo di pelle. L’apertura che si era creata mi permise di insalivare senza sosta la parte a contatto con il glande e di girarci intorno fino al limite del frenulo.
Ancora gemiti e sussulti.
Con l’aiuto dei denti lo feci scorrere completamente godendo infine di quel fungo rosso e lucente che riempiva la mia bocca. Non sarei riuscito a trattenermi oltre: dovevo venire. Alzai lo sguardo verso l’alto sperando di essere graziato.
Le sue mani si posarono sulla mia nuca, ma le mie aspettative andarono deluse: lo zio pretendeva semplicemente che ingoiassi tutta l’asta. Un conato mi assalì. Cinque dita raggiunsero la mia guancia destra quando estrassi il cazzo dalla bocca per tossire e respirare.
Inspirai profondamente e me lo ricacciai in gola.
La mia lingua tornò a turbinare sulla cappella, solleticandone con la punta il filetto del frenulo ed il piccolo orifizio soprastante. Il liquido prespermatico prodotto dal membro si mischiava alla mia saliva mentre percepivo che gli stimoli prodotti dallo zio ne alimentavano l’erezione.
Sembrava un toro impazzito. Senza mai togliere le mani possenti dalla mia nuca, sbuffava ed inarcava la schiena come se fosse stato pronto a riversare il fiume di sborra nella mia gola. Le mani gli servivano per guidare l’azione di pompa: estraeva il membro annegato nella mia saliva per ricacciarmelo in gola fino a farmi sbattere i coglioni pelosi contro la bocca.
Il ritmo accelerò: “Ecco ci siamo! – pensai, ed istintivamente chiusi gli occhi, pronto ad accogliere dentro di me il suo seme.
A sorpresa si fermò. Mi fece alzare e voltare facendomi appoggiare i gomiti sul tavolo con il culo a suo favore.
Il mio sguardo cadde sulle parti metalliche degli attrezzi da lavoro.
Lui sorrise e ne scelse uno: il falcetto.
Lo bagnò con la birra rimasta ed iniziò a farlo scorrere sul mio corpo. Il freddo della lama inturgidì ulteriormente i miei capezzoli ed alimentò la mia erezione prigioniera, provocandomi un dolore lancinante. Lo passò e ripassò lungo la schiena, sulla pancia… Come se stesse spalmando del burro o della marmellata.
Si fermò giusto il tempo di abbassarmi i pantaloncini: sentivo il mio liquido prespermatico inumidire la stoffa degli slip… Il resto mi auguravo sarebbe seguito a breve!
Lo zio, incurante delle mie esigenze, continuò invece il suo gioco appoggiando la lama dell’attrezzo su una coscia per risalire lentamente. Sentii nuovamente il freddo metallo infilarsi tra la pelle ed il tessuto, appoggiarsi alla mia chiappa e girare lentamente di modo che la parte uncinata incidesse il cotone. Il resto della lama s’incuneò nel solco dei glutei infastidendone i peli: la sentivo salire lentamente mentre il tessuto si lacerava. Un colpo deciso e l’elastico saltò. Gli slip caddero a terra liberando definitivamente la mia erezione.
Mi fece voltare ancora verso di lui obbligandomi a raccoglierli. Li prese. Li fiutò per poi cominciare a passarseli lungo tutto il busto e detergersi. Indugiò a lungo nella zona del pube.
Li avvolse infine attorno all’erezione di entrambi. I colpi si susseguirono rapidissimi fino a che da una parte non si udì un ruggito possente, poi la quiete. Dall’altra un gemito ed un viso che scompariva nel folto di un petto villoso in cerca di un abbraccio… Di un po’ di coccole.
Lo zio mi allontanò prontamente. Dopo aver svolto la stoffa, abbassò lo sguardo osservando soddisfatto il frutto del nostro lavoro. Gli uccelli bagnati stavano tornando in posizione di riposo mentre la chiazza di sborra sulla stoffa dilagava, mischiandosi completamente alla birra. Sollevò quel vessillo ponendomelo dinnanzi agli occhi. Lo appollotolò come si fa con un foglio di carta mentre, nel dargli le spalle per l'ennesima volta, mi spingeva con forza contro il banco. Lo avvicinò al mio viso facendomelo annusare. Con un’azione lenta e decisa me lo infilò completamente in bocca.
- CONTINUA –
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore. Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Votazione dei Lettori: 9.1
Ti è piaciuto??? SI NO


Commenti per Il giocattolo dello zio - Parte 3:

Altri Racconti Erotici in Gay & Bisex:



Sex Extra


® Annunci69.it è un marchio registrato. Tutti i diritti sono riservati e vietate le riproduzioni senza esplicito consenso.

Condizioni del Servizio. | Privacy. | Regolamento della Community | Segnalazioni