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Gay & Bisex

La fiaba di Cappuccetto Orso


di honeybear
12.06.2013    |    14.888    |    15 8.6
"Tanto da far riemergere il nonno da sotto il letto dove aveva provato ad immobilizzarlo il Lupo: “Ooohhh… Nonnooo… Ma allora tu… Tu… Aaahhh…..."
PREMESSA
Il racconto che segue fa parte di una serie che vorrei dedicare ad un mondo che mi piace davvero tanto, quello delle fiabe, di cui vorrei offrire la mia particolare rilettura. L’idea aveva già preso forma con il racconto “La fia dei tre Orsi” pubblicata tempo fa. Spero che lo scritto risulti piacevole, eccitante e che, come sempre, Vi divertiate!
Con affetto
HB

LA FIABA DI CAPPUCCETTO ORSO
C'era una volta uno splendido esemplare di giovane maschio. Era alto e muscoloso con braccia e spalle forti attaccate ad un torace possente che si assottigliava in una vita stretta. Completavano la scultura di carne, un culo alto e sodo ed un paio di gambe muscolose quanto le braccia con due polpacci grossi e ben torniti. Il suo vigoroso corpo era generosamente rivestito da un manto di riccio pelo scuro che, mentre era impegnato a spaccare la legna e s’imperlava di sudore, risplendeva al sole al pari del suo candido sorriso incorniciato da un’ispida barba di qualche giorno.
Tutti lo amavano (o avrebbero voluto); e specialmente il nonno che, non sapendo più che cosa regalargli, si decise per un jockstrap ed una t-shirt con cappuccio di colore rosso. Questi indumenti, abbinati agli scarponi da lavoro, facevano risaltare tutta la sua virilità e la sua mascolinità, tanto da lasciare senza fiato la fauna maschile del villaggio (e non solo quella naturalmente). Poiché quell’abbigliamento gli donava particolarmente, ed il ragazzo non voleva indossare altro, lo chiamarono Cappuccetto Orso.
Un giorno il padre, dal quale aveva preso molto, lo chiamò dicendogli:
"Vieni, Cappuccetto Orso! Devi portare questo cestino al nonno dall’altra parte del bosco. Contiene delle cose di cui ha bisogno… Sii gentile, salutalo per me. E mi raccomando, va' da bravo senza deviare dalla strada perché potresti perderti nel bosco o, peggio, incontrare il Lupo Cattivo…"
"Sì, farò tutto per bene… - promise Cappuccetto Orso – E non devi preoccuparti: conosco il bosco come le mie tasche e non potrei mai perdermi. Riguardo al Lupo Cattivo… Beh, non credo che mi spaventerei se dovessi incontrarlo. Ma prima di andare, lascia che dia un’occhiata al contenuto del cestino… Magari hai dimenticato qualcosa…"
Tolse prima un panetto di burro e quando estrasse il secondo oggetto, sorrise:
“Papà, ma sei sicuro che questo serva davvero al nonno!? – chiese mostrandogli il doppio dildo – Quell’uomo vive solo ormai da tempo. Teniamocelo noi. Anzi proviamolo subito...”
Non permise al padre di ribattere: aveva infatti già generosamente cosparso il giocattolo con il burro, si era girato e stava cominciando ad infilarsene un’estremità su per il culo. Dapprima avvicinò la cappella di lattice al suo buchetto che fremente l’accolse avido; quindi cominciò a spingerlo piano piano, iniziando prima a dimenarsi, poi a titillarsi gli enormi capezzoli pelosi ed infine a masturbarsi. Ogni volta lo estraeva fino quasi alla fine per reinfilarsene sempre qualche centimetro di più:
“Mmmmmm… Fantastico! E tu vorresti regalare questa meraviglia al nonno…”
“Veramente non ho detto che gliel’avrei regalato…” rispose il padre avvicinandosi. La vista del figlio così infoiato dal gioco che stava facendo, gli suggerì un’idea tanto stuzzicante da rendergli il cazzo più duro dell’acciaio.
Si avvicinò a Cappuccetto Orso iniziando ad accarezzarlo sulle spalle per passare poi alla schiena pelosa fino a spingerlo a terra costringendolo carponi. Afferrò la seconda estremità libera del sex-toy e, dopo essersi messo a sua volta a quattro zampe, la fece scomparire prima tra le chiappe e poi nel culo.
Vedere i due uomini litigarsi a suon di spinte l’oggetto del loro piacere, era immagine da levare il fiato ed eccitare oltre ogni ragionevole dubbio: avevano raggiunto una sincronia perfetta. Con il dildo perfettamente teso, ognuno di loro spingeva fino a sfiorare le chiappe pelose dell’altro in una sinfonia di mugolii e sussulti che cessò solo quando, i loro uccelli duri e gonfi, non riversarono il rispettivo contenuto a terra.
Prima di partire alla volta del bosco, Cappuccetto Orso, aiutò il padre a pulire per bene il pavimento: ognuno leccò la sborra dell’altro senza lasciarne nemmeno un po’. Si rialzarono, presero a far vorticare le rispettive lingue nella bocca altrui, si diedero un ultimo bacio appassionato ed infine il ragazzo andò.
Il nonno abitava ad una mezz'ora dal villaggio. Quando Cappuccetto Orso giunse nel bosco, incontrò il Lupo Cattivo senza riconoscerlo.
Era questi un uomo di corporatura e aspetto pari a quelli del ragazzo davanti cui si ergeva in tutta la sua possanza e maestosità. Ciò che rendeva il suo aspetto bestiale, al di là della fitta peluria, erano l’abbigliamento trasandato e quella specie di ghigno che spacciava per sorriso. La bestia indossava infatti una canotta bianca praticamente a brandelli da cui s’intravedeva la morbida moquette che Madre Natura, nel tempo gli aveva regalato, ed un paio di jeans talmente corti che faticavano a contenere il grosso e lungo batacchio che gli pendeva tra le gambe (il Lupo non era avvezzo ad indossare biancheria intima). Completavano il quadro, la barba incolta e quella strana pettinatura simile alla criniera di un leone che gli scendeva fino alle spalle e gli si attorcigliava in due ciuffi ai lati della fronte.
Cappuccetto Orso, non immaginando dunque di avere di fronte la bestia contro cui il padre l’aveva messo in guardia, non ebbe paura:
"Buongiorno, Cappuccetto Orso" disse questi.
"Buongiorno a te - rispose il ragazzo - come fai a sapere chi sono?”
"Oh, tutti ti conoscono sia al villaggio che qui nel bosco! – un sorriso diabolico si disegnò sul viso - Dove vai così di fretta?"
"Dal nonno…"
"Che cos'hai in quel cestino?"
E gli mostrò il contenuto. Lo sguardo del Lupo Cattivo si fece ancora più inquietante. Avvicinandosi a Cappuccetto Orso e cominciando a strusciarsi voluttuosamente intorno a lui continuò a domandare: "E dove abita il tuo nonnino?"
Il ragazzo deglutì. Sentiva che l’uccello cominciava a farsi duro a causa dei movimenti di quel bestione che gli s’appressava, ma riuscì ugualmente a rispondere: "Ad un buon quarto d'ora da qui, nel bosco. Sotto le tre grosse querce. Là c'è la sua casa: è sotto la macchia di noccioli".
“Ah… Certo!” e avvicinò paurosamente la sua faccia a quella del ragazzo. La sua lingua saettò sulle labbra dell’altro senza dargli modo di ritrarsi. Successivamente passò alle guance e al collo. Inoltre le braccia possenti del lupo l’avevano spinto contro una pianta. Cappuccetto Orso era stato praticamente immobilizzato senza rendersene conto. Ed ora doveva lottare strenuamente contro i serrati colpi di lingua del suo carceriere che si stavano spostando sempre più in basso per bagnare il suo fitto pelo nero prima d’iniziare ad assaggiare il suo enorme pisello:
“Ti piace?” chiese il Lupo.
“Sìììì… - ansimava – sìììì tanto… Tantissimo! Ma… Devo… Devo andare: il nonno mi sta aspettandooohhh… Oooohhh… Si preoccuperàaahhh… Aaaahhh… Nel non vedermi arrivare…”
“Hai ragione! Ma tu ora devi solo preoccuparti di venire…”
“Venire?” chiese gemendo mentre l’omone si era infilato in gola la cappella e, un po’ a fatica, l’intera asta di Cappuccetto Orso per succhiarsela con consumata abilità.
“Sì, venire (slurp)… Vedi io continuerò (slap, slap) a far scorrere nella mia bocca la tua asta insalivata (slap, slap) e a giocherellarci intorno con la lingua fino a che tu… Tu… Occazzo… Così… Così… Vieni… Vieni! Sborra! Sborraaaa…”
Cappuccetto Orso alzò gli occhi ascoltando le parole del Lupo. Vide i raggi del sole filtrare attraverso gli alberi, e tutto intorno pieno di bei fiori. Sentì però la necessità di socchiudere le palpebre quando iniziò a spargere qualcosa nella gola del lupo: lo stesso liquido caldo e denso con cui poco prima aveva imbrattato il pavimento di casa e che ora stava uscendo a fiotti dalla sua cappella bagnata.
Quando riaprì gli occhi il Lupo era sparito. Corse nel bosco a cercarlo ma non lo trovò.
Si era infatti diretto alla casa del nonno dove bussò alla porta:
"Chi è?"
"Cappuccetto Orso, ti porto le cose di cui hai bisogno! Aprimi".
"Non hai che da alzare il saliscendi - gridò il nonno - io in questo momento non posso alzarmi".
Il Lupo Cattivo obbedì. Entrò, e senza dir motto andò dritto al letto del nonno, scostò le tendine, e si fermò di botto:
“Però! Che gran vacca che sei...” e sorrise mentre con le mani pelose iniziò ad estrarre dal culo il vibratore con cui l’uomo nel letto stava giocando, per sostituirlo con le dita delle sue mani. Da due passò rapidamente a tre che faceva roteare per allargare l’anello di carne slabbrato da anni di pratica, dilatando ulteriormente un buco già sufficientemente largo. Il nonno sorrise e si passò la lingua sulle labbra.
Il Lupo, intuendo perfettamente le intenzioni della sua vittima, rimise al suo posto il vibratore e salì in piedi al letto chiudendo le tendine. Iniziò così a spogliarsi sopra all’uomo sdraiato:
“Wow…” Levandosi la canotta, i pettorali d’acciaio mostrarono in tutta la loro bellezza il vello scuro che li ricopriva e che andava assottigliandosi nella zona addominale dove la tartaruga scolpita, faceva bella mostra di sé.
“E ancora non hai visto niente nonnino!” quando gli short caddero sul letto, il nonno pensò che gli potesse venire un infarto. Davanti a lui si ergeva una cappella rubizza, degno coronamento di un cazzo taurino paurosamente in tiro che prendeva vita da un cespuglio di pelo fitto e luccicante.
Non osò chiedere di avvicinarsi per infilarselo in bocca: l’avrebbe sicuramente strozzato. Allungò invece un braccio invitando il Lupo a sedersi sopra di lui a smorzacandela per far sparire il non meno significativo cazzo del nonno tra le sue chiappe… In un solo boccone! Il Lupo cominciò dunque a cavalcare quella lunga e grossa asta nodosa con una furia mai vista. Saliva e scendeva ad una velocità che sorprese anche il daddy; contraeva o dilatava l’ano allo stesso modo in cui le sue labbra avrebbero praticato il migliore dei pompini di cui fosse stato capace. Si agitava, sia per sentire quella mazza incredibile fin nel profondo delle viscere, sia per il piacere d’incontrare a fine corsa i due coglioni pelosi dell’uomo steso sotto di lui.
Anche il nonno volle contribuire. Si mise perciò a dare dei colpi decisi con il bacino, badando a non perdere i goduriosi effetti del vibratore, fino a che, tra un grugnito e l’altro, la sua sborrata non esplose nelle viscere di quell’animale da monta.
“Mi hai esaurito Lupo!”
“Già, ma io non sono ancora sazio!”
In quel momento sopraggiunse Cappuccetto Orso, meravigliato del fatto che la porta fosse spalancata. Entrando nella stanza pensò: ‘Oh, Dio mio, che strana sensazione oggi! E dire che di solito sto così volentieri con il nonno!’
Allora si avvicinò al letto e scostò le cortine: questi era coricato con il lenzuolo che gli copriva la faccia. Si vedevano infatti solo un paio di ciuffi che si piegavano verso l’alto sopra la testa. Ma soprattutto c’era qualcosa che teneva sollevate le coperte al centro del letto. Incuriosito il ragazzo le scostò esclamando:
"Oh nonno, che mazza spaventosa hai!"
"Per montarti meglio Cappuccetto mio!" e pronunciate queste parole, il Lupo Cattivo balzò su di lui scaraventandolo sul letto.
"Oh, nonno, che mani grandi hai!"
"Per toccarti meglio Cappuccetto mio!" e, dopo avergli tolto la maglietta alla velocità della luce, gliele infilò in bocca affinché gl’insalivasse per bene le dita. Poi cominciò a farle scorrere rudemente sul corpo peloso della sua vittima, soffermandosi a giocherellare e a strapazzare i capezzoli e poi giù a tormentare la mazza che si stava eccitando attraverso la stoffa del jockstrap. Gli sfilò anche quello lasciando quel magnifico corpo completamente nudo:
"Oh, nonno, che lingua ruvida hai!"
"Per leccarti meglio, Cappuccetto mio!" ed iniziò ancora una volta dall’alto. Prima baciò e tormentò le sue labbra carnose per scendergli lungo il collo e poi di nuovo sui capezzoli che succhiò come un neonato alla poppata. Il ragazzo gemeva, ma lui non aveva alcuna intenzione di smettere ed infatti proseguì a leccargli il pelo che celava la tartaruga sull’addome per addentrarsi nel bosco di pelliccia a livello dell’inguine e ricomparire nella zona dei coglioni. Dove la lingua lasciò il posto alla bocca:
"Oh, nonno, che bocca grande hai!"
"Per morderti meglio, Cappucceto mio!" e all’affermazione seguì rapida l’azione. S’infilò il primo pelosissimo scroto in bocca, succhiandolo e baciandolo, dopo averlo soppesato ed osservato con attenzione. Passò poi al secondo, cui riservò analogo trattamento, ed infine si dedicò all’uccello. Lo percorse con le labbra fino alla cappella che s’infilò in bocca come un lecca-lecca ed iniziò ad aspirare e succhiare.
“Oh nonno… Nonno… Nonn… Non smettere! Ti prego, non smettere!”
“Non ci penso proprio, Cappuccetto mio!” e riprese a succhiare ed insalivare con foga l’arnese del giovane mentre con le dita iniziò ad ispezionare la zona dove lingua e labbra si sarebbero dirette a breve. L’attenzione della bestia si spostò dunque tra le chiappe il cui soffice pelo e la tenera carne vennero mordicchiate dai suoi denti aguzzi, prima che la lingua iniziasse a passare lungo il solco per concentrarsi infine sullo stretto orifizio.
Cappuccetto gemeva e si contorceva sudato e fremente. Nemmeno si accorse che il Lupo Cattivo aveva afferrato le sue gambe per appoggiarsele sulle spalle. Un piacere indescrivibile lo stava investendo e lui non avrebbe saputo descriverne le sensazioni. Ma davvero non gl’importava. Non in quel momento perché sentiva che qualcosa stava puntando deciso il suo buchetto:
“Oh nonno, che…”
“Questa l’hai già detta ragazzino!” e spinse con forza il suo uccello dentro Cappuccetto. Un dolore acuto. Una sensazione di bruciore. Un grido strozzato scosse l’aria immota accompagnando la fine della violenta penetrazione. Le palle pelose del Lupo sfregavano contro i suoi glutei pelosi; l'asta, dopo essersi fatta strada nel suo retto provava a penetrare sempre più in fondo. Entrambi si fermarono un istante per consentire al ragazzo di abituarsi a quella dolorosa e al contempo piacevole nuova presenza, che ospitava dentro di sé. Pochi istanti ed il Lupo Cattivo, con una strana luce negli occhi, sorridendo in maniera inquietante alla sua vittima, prese a spingere. Cappuccetto sentiva quelle palle sbattere contro le sue chiappe e solleticargliele con i peli. Ansimava e godeva come non mai. Tanto da far riemergere il nonno da sotto il letto dove aveva provato ad immobilizzarlo il Lupo:
“Ooohhh… Nonnooo… Ma allora tu… Tu… Aaahhh… Aaahhh…”
“Esatto! Non sono il nonno (anf, anf) – sogghignò – Sono il Lupo (anf, anf)! Il Lupo Cattivo!”
Cappuccetto, per nulla spaventato dalla rivelazione, riprese a gemere e a gridare. Pregò l’animale che lo stava fottendo di non smettere mentre il suo bacino seguiva i movimenti delle anche dell'altro. Il Lupo continuava ad immobilizzargli le gambe con la sua potente presa e la mano di Cappuccetto afferrò il proprio cazzo durissimo iniziando a masturbarsi. Non ce la faceva più, stava per raggiungere il culmine.
Il nonno cercò di aiutare il nipote come gli sembrò più opportuno: si appostò ai piedi del letto e gl’infilò il suo uccello in gola.
Questa fu dunque la scena che si presentò agli occhi del cacciatore che, passando lì davanti, fu attirato dalle grida provenienti dall'interno. L’uomo si diresse verso il letto, adocchiò il cestino che giaceva a terra. Lo afferrò, rovistò all’interno e ne estrasse qualcosa:
‘Proprio quello che mi serviva’ pensò, mentre una mano sbottonava la camicia rivelando un torace muscoloso e ricoperto di fitti peli chiari, acuminati come aghi. L’opera tuttavia non era che a metà: la corsa riprese infatti decisa verso il basso dove si prese cura dell’uccello barzotto, prigioniero di un minuscolo paio di slip. La compagna frattanto piegava in due il dildo che aveva trovato nel cestino, dopo aver finito di togliersi gli inutili pantaloni.
L’azione, nel frattempo modificatasi, vedeva ora Cappuccetto Orso messo a pecora ed inculato dal Lupo con il nonno che si lasciava spompinare quieto e gaudente. Seduto su un cuscino in testa al letto, le braccia sollevate dietro la nuca.
Senza pensarci due volte, il cacciatore avvicinò il dildo piegato al culo del Lupo, solo dopo averlo accuratamente cosparso di burro, e con un colpo deciso lo penetrò. La bestia emise un grido che somigliava ad un ululato; si volse verso il suo carnefice e con aria di sfida lo guardò dicendogli:
“Non vorrai semplicemente lasciarlo lì, spero…” e strizzo l’occhio con aria di sfida.
Il cacciatore raccolse prontamente il guanto lanciatogli e cominciò a forzare con violenza l’ano del Lupo con quella singolare doppia penetrazione. Tutto ciò provocò una specie di reazione a catena: il Lupo prese a fottere Cappuccetto con la stessa foga con cui il cacciatore lo stava scopando e a masturbare quest’ultimo ferocemente; in egual misura Cappuccetto accelerò la velocità del pompino praticato al nonno.
L’effetto di cotanti colpi non tardò a farsi sentire. A beneficiarne fu ovviamente Cappuccetto Orso che venne letteralmente annegato dai fiotti di sborra che partirono copiosi un po’ da chiunque. Com’era già successo a casa (e come del resto l’aveva abituato suo padre) prima di riposarsi, ripulì diligentemente tutti gli uccelli che avevano contribuito all’impresa ad eccezione del suo di cui si occuparono gli altri. Lo stesso fecero per il suo corpo cosparso di quella calda e opalescente crema di cui si era suo malgrado imbrattato.
Infine si rovesciarono tutti nel caldo letto del nonno; qualcuno mancava all’appello: il Lupo Cattivo già fuggito chissà dove…
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