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Il desiderio del "nero"


di cuckold211
06.02.2021    |    27.181    |    10 9.8
"Inizio a sbottonare la camicetta, mentre gli spettatori, sfoderati i loro cazzi, prendono a menarseli..."
Per chi ha apprezzato il precedente racconto dal titolo "Una seratina piccantissima", eccone un seguito, ma solo in riferimento alla coppia protagonista, perché, in realtà, si tratta di una nuova avventura.

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Chi non si è accorto che, oggi, davanti ai supermercati, stazionano diversi extracomunitari di colore, che ti vengono incontro per aiutarti a caricare in auto le borse pesanti e ricevere un obolo, che spesso si risolve nel ritirare l'euro inserito nel carrello usato per la spesa?
Ebbene un giorno mi ero recata al supermercato. Come mia abitudine, ero abbigliata con calze e reggicalze di colore nero, coordinato al reggiseno, e, nello scendere dall'auto, mi scosciai in modo da mostrare le mie intimità, fino alla parte scoperta delle gambe.
La camicetta, al di sopra della gonna, era anch'essa un po' sbottonata ed erano visibili le mie tette da milf abbastanza procace.
Dopo aver fatto la spesa, il giovane mi aiutò a caricare le borse in auto e poi, mi aprì lo sportello e restò lì fermo, ad aspettare che salissi, probabilmente perché sperava di poter ancora dar un'occhiata alle mie cosce.
Lo accontentai ed egli, visto che attorno non c'era nessuno, ebbe la spudoratezza di tirar fuori il suo membro e mettermelo davanti alla faccia.
Restai sorpresa per quell'azione, ma molto di più, perché ciò che vedevo era straordinariamente interessante: era un cazzo bellissimo e durissimo, che mi veniva offerto e dovevo decidermi subito.
Presi ad accarezzarlo con amore e devozione, ma presto dovetti rinunciare a proseguire oltre, perché intorno a noi vi era del movimento. Così misi in moto e mi allontanai, mentre lui diceva: "Tu veni di sera... tu piacere me... io aspetto".
Quelle parole dette in modo non corretto, erano comunque servite a solleticare la mia indole da "puttana", per cui quella stessa sera tornai nel parcheggio, individuai, il tipo e mi feci notare.
Egli capì benissimo perché ero lì e non fu neanche necessario fargli vedere niente.
Mi si avvicinò allo sportello e tirò fuori la sua fantastica dotazione.
Assumendo la posa come se stessimo chiacchierando, mi strofinò la cappella su tutta la faccia, per fermarsi sulle labbra. Ero già eccitata per quanto avevo immaginato avrei fatto, ma, per di più, mi eccitò sentire l'afrore di maschio che proveniva dall'organo che avevo davanti, quindi aprii la bocca e lo accolsi con tutta la passione che una donna sa esprimere quando si stente intrigata.
Inoltre ero da sola: stavo per cornificare mio marito a sua insaputa e ciò mi eccitava ancora più; gli avrei raccontato l'accaduto con tutta la complicità possibile nel chiuso della nostra stanza, rivelandogli come e quanto ero stata "puttana".
Lo leccai e ne aspirai l'odore, gustando il sapore che quella cappella offriva; certo, mi sarebbe piaciuto accoglierlo in figa, ma temevo per possibili infezioni/contagi... non avevo profilattici con me, di solito era mio marito che me ne forniva, quando si giocava con qualcuno.
Così proseguii a succhiarlo senza uso delle mani, di cui una ravanava tra le mie cosce per accontentare anche la micetta che aveva preso a grondare.
Continuai a succhiarlo fino a farmi venire in bocca. Inghiottii con ingordigia il suo succo, senza perderne una goccia.
Tornai a casa che mio marito era appena rientrato dal lavoro e subito corsi a baciarlo.
Mi accolse tra le braccia e, baciandomi, allungò una mano sulla fica.
La trovò allagata e, lanciandomi uno sguardo indagatore, mi chiese:
"Dimmi, tesoro, hai fatto la "porcella" con qualcuno? Lo sento dal sapore che ha la tua bocca ed anche la tua fica non mente... togli subito le mutandine, perché sarebbe un peccato che ne assorbissero gli umori... voglio farlo io con la lingua".
E così, mentre gli raccontavo cos'era successo, egli mi ripulì con la sua abituale delicatezza e profusione, poi aggiunse:
"Peccato che non abbia trovato goccioloni di sperma del ragazzo tra i tuoi umori !"
"Ma, tesoro, ho avuto paura che potesse trasmettermi qualche malattia; non avevo profilattici con me".
"Allora dovrai rifarlo... ho voglia di aspirare da questa tua fica tutto il piacere che altri vi riversano. Che dici se, subito dopo cena, andiamo a fare un giro?"
Mio marito era euforico; aveva capito che ero pronta a tutto: in quel momento ero un'arma letale nelle sue mani.
Si manifestò compiaciuto per la mia iniziativa e mi esortò ad andare oltre un semplice pompino. Voleva che la moglie, al pari di una "puttana", offrisse le sue intimità a sconosciuti, incontrati per caso.
Lo informai che, se quella era la sua intenzione, ero felicemente pronta ad esaudirla, perché la cosa rappresentava un divertimento anche per me stessa.
Uscimmo senza un programma definito e gironzolammo un po' in macchina, fino a quando decidemmo di fare due passi a piedi in centro.
Feci incetta di sguardi illibidiniti di diversi maschi che incrociavamo, attratti dalla mia procacia, che mio marito non tentava affatto di nascondere, ma anzi la evidenziava, vuoi con baci sul viso e collo, vuoi con una sua mano che artigliava il mio lato B.
Entrammo in un piccolo bar e, seduti ad un tavolino, ordinammo due grappe barricate. Subito dopo di noi, entrarono due extracomunitari, che andarono a piazzarsi di fronte a noi. Ci servì il proprietario, un signore sessantenne che, con fare poco gentile, sbatte fuori dal locale dei ragazzi che, giocando a boccette, ne avevano fatte rotolare due fuori dal biliardo.
Mio marito si accorge che i neri mi fissano con insistenza e mi avverte.
Io la prendo come una sfida ed inizio a provocarli. Non mi sento impaurita e neanche scandalizzata e, avendo avuto conferma con il ragazzo del supermercato sulla consistenza della dotazione di soggetti di quella razza, mi lascio prendere dalla curiosità di gustarmi i loro attrezzi neri.
Prendo, perciò, a ricambiare i loro con miei sguardi provocanti e, addirittura, rispondere, rivolgendo qualche sorriso, passarmi la lingua sulle labbra e così faccio loro capire la mia disponibilità; noto che parlottano nella loro lingua, per poi ridere compiaciuti.
Ordiniamo altre due grappe giusto per prolungare il gioco, ed il gestore, cui non è sfuggita l'intesa che si è stabilita tra noi e quelli, provvede ad abbassare la serranda del bar.
Io mi alzo e vado in bagno, ma il mio è più un pretesto per sculettare ed aumentare la loro eccitazione nei miei confronti.
Quando torno, trovo i quattro maschi, marito compreso, a confabulare fra loro.
Sono frastornata... ho la testa che mi gira... ma sono eccitata al pensiero che avrò, tutti per me, tre maschi, oltre il marito, da soddisfare.
Mi sento in balia di quei maschi, dell'odore di sesso che da essi promana, e mi sento pronta e vogliosa ad affrontare questa nuova esperienza.
I quattro "porci" si sono sistemati seduti in circolo ciascuno su una sedia, lasciando uno spazio libero al centro. Lo raggiungo e, senza proferir parola, inizio a spogliarmi, lentamente, sotto i loro vigili sguardi; in particolare mi soffermo a guardare mio marito, che si mostra illanguidito, ma anche fiero di esser il legittimo utente delle intimità che presto saranno oggetto della cupidigia di ciascuno dei presenti.
Tolgo la giacca e poi la gonna. Inizio a sbottonare la camicetta, mentre gli spettatori, sfoderati i loro cazzi, prendono a menarseli.
Bruno, il proprietario del bar, ha un bel cazzo dritto e nodoso; i due extracomunitari, ghanensi, di nome Samir ed Ossim, non fanno che confermare il mito della razza nera: sono entrambi muniti di sventole di grosse dimensioni che mi strabiliano ma, nel contempo, mi incuriosiscono; sarò capace di accoglierli nei miei orifizi? Avrò male?
Mi determino, quindi, ad adottare tutte le cautele possibili, onde evitare di dover ricorrere ad interventi chirurgici.
Con addosso ancora calze, reggicalze, slip e scarpe, ma esibendo i miei seni voluminosi, da matrona, con capezzoli irti e simili a lamponi, mi avvicino a Bruno, gli prendo la verga in mano, la scappello e inizio un lieve movimento di va e vieni.
Mi piace quel contatto così intimo con una persona sconosciuta fino a pochi minuti prima. Egli, però, si spinge in avanti e mi afferra tra le labbra un capezzolo, succhiandolo con la voracità di un bambino affamato. I gangli nervosi del capezzolo stimolato, mi trasmettono un fremito in tutto il corpo, che non riesco ad occultare.
Nel contempo il "porco" infila una sua mano all'interno degli slip e un dito, quello medio, si affonda nella mia fica, ormai ridotta ad un lago di umori.
L'altra mia mano aveva afferrato il cazzo di Samir e, segandolo, che strano effetto faceva ammirare il contrasto del bianco della mano con il nero del membro.
L'altro ghanense, Ossim, si avvicina a me da dietro e mi sfila gli slip; si siede per terra, tra le mie gambe ed affonda il viso tra chiappe e fica, leccando come un forsennato.
Le sensazioni da cui sono presa sono tante e travolgenti: brividi intensi mi partono dalla nuca e, attraversata la spina dorsale, vanno a confluire tra culo e fica.
Ero ancora china, mentre menavo il cazzo di Bruno e quello di Samir, ma ora, senza allontanarmi dalla lingua di Ossim, mi sono sistemata in ginocchio e gambe larghe, ad assaporare quei bellissimi cazzi.
Non posso far a meno di rivolgere lo sguardo a mio marito e notarne l'espressione estatica; in effetti è la prima volta che vede sua moglie alle prese con tre cazzi di sconosciuti, di cui due neri.
In breve la situazione diventa caotica; la lingua di Ossim smette di leccare ed ora è il suo cazzo che cerca di farsi spazio tra le labbra della mia figa.
Va da sé che gli umori, fino ad allora emessi, gli fanno da lubrificante e, in men che non si dica, me lo trovo interamente conficcato dentro; quel contatto mi provoca magnifiche sensazioni alle mucose che lo avvolgono. Lo sento strofinare su di esse e battere in fondo, come un batacchio sul gong.
Sto ancora leccando e succhiando alla grande il cazzo di Samir, strofinandomelo sul viso, occhi, gola e seni, quando sento qualcuno premere sul forellino posteriore.
E' Bruno che, approfittando della mia posizione, a cavallo di Ossim, sta prendendo confidenza con il mio lato B.
In verità la cosa non mi sconvolge più di tanto, perché mio marito l'ha usato piuttosto spesso e sono abituata a quel tipo di penetrazione; però ora è diverso: il buchetto posteriore è più stretto del solito, a causa dello spazio occupato dal grosso pene di Ossim affondato in figa.
Dopo un po', sento Bruno avere le contrazioni che annunciano l'orgasmo, allora gli urlo:
"In bocca... vienimi in bocca... voglio ingoiare tutto il tuo piacere, non negarmelo !"
Bruno si sfila dal culo e si sposta sulla mia bocca. Mentre me la riempie di succo, sento Samir che si appoggia al buchetto lasciato libero.
E' lì che il terrore mi assale, ma, vuoi perché il buco è rimasto aperto dopo l'introduzione di Bruno, o perché, con l'età i muscoli sono più cedevoli, sta di fatto che mi penetra nel culo, sebbene avessi in figa ancora quello di Ossim.
Per la prima volta ero presa in doppia da due neri, mentre un bianco mi eruttava in gola il piacere, provocato poco prima, dal mio culo.
Fu allora che gridai verso mio marito:
"Guarda, cornuto... guarda questa "puttana" di tua moglie come gode a farsi scopare da persone completamente sconosciute, fino a pochi minuti fa. Guarda e godi, perché io sto godendo come non mai".
Fu così che mi ritrovai con culo e figa allagati dallo sperma dei neri e mio marito non si fece sfuggire l'occasione di fiondarsi a ripulirli con la lingua.
Del resto l'aveva fantasticato tante volte ed ora era anche giusto che ne cogliesse il momento.


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