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Una moglie racconta.


di cuckold211
22.01.2023    |    28.792    |    12 10.0
"Dopo un po' di questi discorsi, scendo a casa, rimuginando su tutto quello che era successo e, ovviamente, mi ritorna la voglia..."
PROLOGO

Si era d'inverno, ma la mitezza del clima della nostra bella isola, ci portò ad organizzare uno dei nostri soliti raduni di gruppo. Sul tardi, dopo aver cenato, le nostre mogli sarebbero uscite per svagarsi, ma, purtroppo, si scatenò un temporale di quelli da far paura.
Allora si cambiò programma: perché non far raccontare a qualche moglie qualcosa di licenzioso, che sicuramente c'era stato prima di approdare alla pratica della trasgressione o che, quantomeno, avesse fatto scoprire alla coppia il reciproco desiderio di potersi divertire amorevolmente, mettendo da parte ogni tipo di gelosia o tabù?
L'idea fu accolta con favore dai presenti e così si fece avanti Liliana, moglie di Paolo, che si sedette sulle ginocchia del marito e quest'ultimo non perse tempo ad infilarle una mano tra le cosce. A suo dire, sarebbe servito a tenere alta l'eccitazione di lei, affinché potesse raccontare i fatti, senza nulla omettere.

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Sono Liliana, ho 42 anni e, con mio marito 45enne, pratichiamo il gioco da circa 15 anni. Forse, per quello che racconterò, qualcuno potrebbe censurare il comportamento della persona che mi ha deflorato, ma devo chiarire che non vi fu nessuna forma di violenza: ero consenziente e decisamente felice di esser sua; forse il vero ed unico neo stava nel fatto che, all'epoca, avevo 15 anni e lui era mio zio, fratello di mia madre, che di anni ne aveva 58. Si abitava tutti nella stessa palazzina, composta di tre piani e garage.
Al primo piano, abitavamo noi: io, con i miei genitori e mio fratello, più grande 3 anni.
Al secondo piano, mio zio, con moglie e due figli, un maschio ed una femmina.
Al terzo, l'altra sorella di mia madre, che, però, per dieci mesi l'anno, era disabitata, dato che il marito era nell'arma e faceva servizio a Roma. Venivano in Sicilia, solo un paio di volte l'anno, per ferie.
Nel 1993, per un brutto male, venne a mancare la moglie di mio zio, che restò da solo.
I suoi figli, nel giro di 2 anni, andarono via da casa: la femmina si sposò e andò a vivere al nord; il maschio, prima per studiare e poi per lavoro, restò fuori anche lui.
Mio zio, ancora in servizio, lavorava in una banca. Fu estremamente doloroso per lui metabolizzare il lutto, in quanto, fin dal momento in cui era stato diagnosticato il male che aveva colpito la moglie, era caduto in una profonda depressione.
Mio zio era un uomo che aveva molta cura di sé: faceva la corsetta ad mattino e poi, per il suo lavoro, era sempre ben vestito e, per le faccende domestiche, veniva una donna che gli teneva in ordine la casa. Per mangiare, se ne andava fuori o, a volte, veniva da noi.
Mi ero avvicinata a mio zio a causa del computer. In quegli anni, ancora non c'erano in tutte le case, come adesso; lui aveva dovuto comprarlo per lavoro, mentre io, oltre la curiosità che provocava quel sistema, spesse volte lo trovavo utile per eseguire qualche ricerca.
Tutto cominciò da una storiella con un ragazzino che, a quel tempo, era il mio fidanzatino. Avevo circa 14 anni, lui 16 e, a volte, col motorino ci andavamo ad imboscare in qualche posto tranquillo e, lì, ci baciavano; spesso ci scappava qualche sega e/o lui mi toccava.
In quegli anni, da noi, prevaleva ancora il timore di perder la verginità, per cui ci limitavamo sempre e solo alla masturbazione. Aveva un pene molto sottile e, forse, per lunghezza poteva andare, ma era bianco come il latte, la cappella rosa e sottile e, quando sborrava, emetteva solo un po' di liquido, per niente denso.

Ero nell'età in cui la curiosità, la voglia di conoscere, la facevano da padrona. Con le amiche gli argomenti erano sempre di quelli alquanto salaci. A scuola avevamo un professore, un tipo belloccio, di cui tutte ne erano invaghite. Una, in particolare, si vantava di esser riuscita anche a baciarlo. Un'estate, dopo che la scuola era finita, essendo stata rimandata in due materie, mi dovevo preparare per affrontare l'esame di riparazione. Chiesi a mio zio se, per qualche ora nel pomeriggio, potessi salire su da lui ed usare il PC. Lui non mi dice di no, anzi, mi aiuta a studiare ed usare il pc in maniera adeguata.
Fu in quei pomeriggio che si delineò un buon feeling con mio zio.
Lui mi insegnava ad usare il PC ed io chiedevo consigli; in pratica parlavamo di tutto, finché, un giorno, siam finiti sul tema sesso.
Ormai lo inquadravo come un amico, non lo zio di 58 anni; lo vedevo come un ragazzo di venti, molto aperto di mentalità e molto complice in tutto. Mi aprivo con lui a raccontare quello che, fino a quel momento, avevo fatto col mio ragazzo, con cui, tra l'altro, avevo chiuso.
Lui mi dava consigli e mi ripeteva che c'era molta ignoranza sul sesso; mi diceva sempre che dovevo star molto attenta a non legarmi a ragazzi che soffrivano di gelosia e che erano ancora aggrappati alla mentalità dei nonni. Mio zio era molto giovanile allora ed aveva una certa somiglianza con Tiberio Timperi della TV.
Man mano che il tempo passava, mio zio mi attraeva sempre più e cominciai a vestire in maniera un po' più provocante: minigonna di jeans, maglietta aderente. Avevo già un fisico alquanto attraente: una seconda di seno ed un culetto sodo e prominente. Un giorno mio zio era al PC e mi stava spiegando il sistema; io ero accanto a lui con una maglietta che, se mi fossi abbassata, si sarebbero visti i capezzoli.
Ero senza reggiseno ed ho notato il suo sguardo, ivi compreso il rossore che gli aveva imporporato il viso. Io, da maialina, andai a sedermi su una sua gamba, per star più comoda. Nello muovere una gamba, con il ginocchio gli toccai lì in mezzo.
Ebbi l'impressione che avesse una bomboletta di schiuma da barba. Per istinto, sollevai gli occhi e ci incrociammo con lo sguardo.
Lui mi sorrise e disse: "Ti sei fatta una bellissima donnina".

Avevo da poco conosciuto un ragazzo di 18 anni, che mi attraeva molto ed avevo anche trascorso serate in discoteca. I miei genitori, a volte rimproverandomi, mi lasciavano uscire il sabato sera, purché rientrassi non oltre la mezzanotte. Nella comitiva, già c'era qualche patentato e diverse amiche avevano già avuto rapporti completi. Quando raccontavano di certe loro esperienze, facevano paragoni sulle misure dei ragazzi conosciuti e quantità di sborra da essi emessa.
Il mio nuovo amico, anche se ancora non ufficialmente il mio ragazzo, un paio di volte mi aveva messo il cazzo in mano, mentre mi baciava e toccava la figa. Io raccontavo tutto a mio zio quando eravamo assieme: lo facevo senza vergogna, quasi a chieder consigli su come comportarmi, per non far la figura della ragazza ingenua ed inesperta.
Desideravo sentirmi adulta e vantarmi con le amiche che ci sapevo fare. In quel periodo, avevo un fisico da 18enne: nessuno mi dava meno di quell'età, anche per prendere dei drink; infatti vigeva una norma che vietava gli alcolici ai minorenni ed a me non chiedevano mai il documento per verificare la mia reale età.
Un sabato sera, con il mio amico, ci imboschiamo nel parcheggio della disco e lì, dopo esserci scambiati un po' di baci con relativa sega, mi preme sulla testa per farmi prendere il suo cazzo in bocca. Per me era la prima volta e, quando giungo con la bocca sulla cappella, tiro fuori la lingua, gli do un paio di leccate e prendo il cazzo in bocca. Nemmeno due minuti e mi ritrovai la bocca piena di sborra; ebbi come un conato di vomito e subito sputo tutto, prendendolo a parolacce. Rientrammo in discoteca e andai in bagno con una bottiglietta d'acqua. Feci un bel po' di gargarismi e, per quella sera, non l'ho più guardato in faccia. L'indomani, era domenica, a pranzo c'era mio zio ed io mi ero da poco alzata dal letto. Avevo un pantaloncino da pigiama ed una canotta e son rimasta così anche a pranzo. In casa, ovviamente, ero ancora la bambina di casa; non si faceva caso a come vestivo.
Mio padre, mentre mangiavamo, mi rimproverò per esser rientrata troppo tardi: era quasi l'una, ma mio zio mi difese e gli disse:
"Ma dai, lasciala stare; che vai a pensare? Continui a far il "matusa"? Oggi, per i ragazzi, quell'ora è come fosse mezzogiorno".
Rivolsi una strizzatina d'occhio allo zio, per aver preso le mie difese.
Dopo pranzo, lui se ne torna su ed io, dopo un po', dico a mia madre che dovevo studiare e che sarei salita su dallo zio per usare il PC. Forse nemmeno mi ascoltò, dato che era presente tutta la famiglia e, com'ero vestita, anzi svestita, salii su da lui che, nel frattempo, si era messo a petto nudo e con dei pantaloncini.
Del resto era una domenica di quelle in cui faceva davvero molto caldo. Appena entrai gli comunicai di dovergli raccontare una cosa, per poi proseguire con la storia del pompino e della sborrata sopraggiunta in meno di due minuti. Eravamo seduti sul divano, io, con le gambe intrecciate all'indiana, lui, seduto normalmente, ma leggermente disteso.
Non mi ero accorta che, in quella mia postura, i pantaloncini offrivano ampia panoramica della mia figa che, sebbene coperta da mutande, era pur sempre un bel vedere. Mentre gli racconto i fatti, vedevo i suoi occhi puntati tra le mie gambe e sui suoi pantaloncini era comparso un certo rigonfiamento.
Lui mi dice che, evidentemente, anche il ragazzo era alla sua prima esperienza e, essendo entrambi molto eccitati, non avevamo saputo gestire i vari momenti per affrontare un rapporto orale che, come teneva a precisare, era forse il più bello in tema di sesso. Tenne a precisare che, quando la donna lo sa far bene, per l'uomo è più appagante della stessa penetrazione. Gli chiedo consigli in merito e lui mi dice che, per prima cosa, il maschio dev'esser uno di quelli che stimolano una forte attrazione sulla donna, altrimenti in essa non insorgerà il desiderio di eseguire quella pratica.
Mentre diceva queste cose, si fermò un attimo e mi disse:
"Liliana, mi raccomando, tutto questo che ti dico deve restare un segreto fra noi; nemmeno all'amica più intima devi raccontare questa complicità che c'è fra di noi e nemmeno cosa ci raccontiamo, né cosa facciamo".
Io gli giuro che mai nessuno avrebbe saputo alcunché.
Dopo queste premesse, lui mi guarda e mi dice:
"Vieni, avvicinati!" Ottempero, ed egli mi guarda ed aggiunge:
"Davvero vuoi che ti insegni come far impazzire un uomo?"
Io gli rispondo di sì, perché mi volevo sentir adulta da far invidia alle mie amiche. Lui mi accarezza il viso, poi mi accarezza le tette e mi dice:
"Con questo corpo, hai già tutto per esser invidiata anche dalle più belle star della TV".
I suoi pantaloncini ora presentavano un bozzo esagerato. Lui aveva notato che il mio sguardo era sempre lì e mi chiese se mi fosse piaciuto veder cosa c'era sotto.
Io, come in trance, annuisco con la testa, lui mi prende la mano e me la porta sopra la stoffa. Io lo impugno per saggiarne la consistenza: non ci potevo credere, la mia mano non riusciva a chiudersi attorno all'asta; quindi, mi dice: "Abbassameli tu" alludendo ai pantaloncini che erano del tipo costume da bagno, privo di mutande, ma con la solita retina presente in quel genere di indumento.
Nell'afferrarlo con la mano, lui solleva un po' il bacino e mi aiuta ad abbassarlo. Resto impressionata da ciò che vedo; non avevo mai visto il cazzo di un uomo adulto; a parte la misura, c'era anche il colore, molto scuro di carnagione. Rimango per qualche istante affascinata, lui mi prende la mano e me l'accompagna sulla verga. Io, goffamente, la impugno e la stringo. Lui mi guarda e suggerisce:
"Il cazzo non va afferrato con violenza, ma bisogna prenderlo con delicatezza, senza stringere, ed accarezzare prima le palle".

Mi accompagna la mano sui coglioni che sembravano due palle da tennis. Dopo aver guidato la mia mano per un bel po', al fine di accarezzare sia i coglioni che il cazzo, mi insegna a segare senza stringere forte ed imprimere il moto del su e giù. Mentre lo sego, mi ordina di sputare sulla cappella, ma non con forza, bensì far colare la saliva dalla bocca a pochi centimetri dalla cappella e, con la mano, spalmarla per bene, proseguendo nella sega. La posizione da me tenuta non gli consentiva di toccarmi la figa e mi invita a mettermi più distesa, col viso appoggiato sulla sua pancia. In quella posizione potevo segargli il cazzo, che svettava a pochi centimetri dalla mia bocca. Lui allunga una mano e, dopo avermi spostato il bordo delle mutande, comincia a giocare col dito sul mio clitoride, oltre che carezzare le labbra della vagina, in cui, di tanto in tanto, faceva penetrare un dito.
Ero eccitata al massimo e non mi accorgevo di aver accelerato la sega e stretto più forte il cazzo. Lui ride e mi dice:
"Così me lo stacchi. Devi controllarti, altrimenti fai male ad un uomo".
Mi son vergognata per la gaffe e riprendo l'azione con movimenti più delicati. Lui mi mette una mano sui capelli e mi spinge un po' più giù. Mi dice di versare ancora della saliva sulla cappella, ma, questa volta, spalmarla con la lingua. Io eseguo tutto ciò che lui mi suggeriva di fare, cercando di non farmi più rimproverare. Aveva capito che stavo frenando il mio piacere, per darne di più a lui. Quel dito che avevo in figa era come se non lo sentissi più. Allora mi dice che doveva insegnarmi a dare e ricevere piacere nello stesso momento, senza bloccare il mio piacere quando mi dedicavo al suo.
Mentre giochiamo, lui assume un tono da maestro su cosa fare, sul movimento da tenere e mi raccomanda di non far mai asciugare il cazzo, ma tenerlo sempre umido con la saliva. Dopo un paio di volte che gli avevo sputato sopra e, con la lingua spalmato la saliva, mi spinge sulla testa, invitandomi ad imboccare la cappella e giocare con la lingua. Mentre con le labbra serravo la cappella in bocca, non ha voluto che facessi su e giù, ma star ferma tenendo la cappella in bocca, mentre segavo. Dovevo anche infilar la punta della lingua nel buchetto del cazzo. Dopo un bel po', mi dice di spostare il viso, perché era pronto a venire. Mi solleva il viso e, senza fermare la mia mano, imposta lui il ritmo alla sega, appoggiando una sua mano sulla mia e dirigendo gli schizzi sulla sua pancia.
Finora non avevo mai visto così tanta sborra e così densa, sembrava colla, da come mi filava nella mano. Lui mi chiede di andar a prendere dei fazzoletti o un rotolo di carta igienica e, dopo esserci puliti, mi abbraccia e mi bacia in fronte.
Mi dice che adesso toccava a me godere e lo voleva fare in modo che godessi veramente. Mi fa togliere pantaloncini e mutande e si mette con la testa fra le mie gambe, leccandomi la figa. Fino a quel momento, nessuno mi aveva mai leccato. Dopo un paio di minuti che lui mi succhiava il clitoride e mi fotteva con la lingua, raggiungo un orgasmo mai provato in vita mia. Avrei voluto spostarmi, ma lui mi teneva bloccata e, tenendomi sempre la lingua dentro la figa, ha proseguito finché non mi son rilassata e goduto. Quando si è alzato, aveva il viso tutto farcito dei miei umori: avevo avuto la sensazione che gli stessi pisciando in faccia, quando ho goduto.
Gli chiedo scusa per avergli bagnato il viso, mi ero vergognata, ma lui si mette a ridere e mi dice che non era pipì, ma il reale orgasmo che deve ottenere la donna.
"Noi uomini spruzziamo la sborra e voi donne emettete dei liquidi un po' meno densi. Per un uomo, ricevere quegli umori in bocca e berli, è il massimo del godimento, così come lo è per la donna. Ovviamente non per tutti e tutte, farsi sborrare in bocca ed ingoiarla, è il massimo del godimento, ma la donna che lo fa, sicuramente dà all'uomo un piacere infinitamente bello.
Io lo guardavo affascinata da questi discorsi e, dopo che avevamo assunto di nuovo la posizione da seduti, gli ho chiesto se a lui era mai capitato di imbattersi in donne che ingoiavano.
Mi racconta che sua moglie non aveva mai creato problemi ad ingoiare, anzi ne era molto ghiotta: non c'era una scopata che non si concludesse con una sborrata in bocca.
Dopo un po' di questi discorsi, scendo a casa, rimuginando su tutto quello che era successo e, ovviamente, mi ritorna la voglia. In serata, esco con la mia amica e le chiedo se lei ha mai ingoiato la sborra del suo ragazzo. Lei mi racconta che non c'è mai riuscita a mandarla giù, anche se il suo ragazzo continua ad insistere. Lei l'ha sempre sputata, ma mi ha raccontato che aveva un rapporto bellissimo con un'amica di sua madre, con cui parlava di tutto e questa le diceva sempre che non c'è cosa più appagante per un uomo, veder la propria donna ingoiare il suo seme.
Lei lo faceva sempre col marito e, fra l'altro, lo avvertiva come qualcosa di estremamente eccitante anche per sé stessa.
Sono stata per giorni a rimuginare su questo fatto: avrei voluto dimostrare a me stessa, che ero di gran lunga superiore alle mie amiche o, forse, ero solo troppo porcella rispetto a loro.

Mio zio era partito per Roma e sarebbe rientrato la settimana successiva. Una volta tornato, ho atteso che i miei non fossero in casa e salgo su da lui. Quando suono alla porta, vedo che ritarda ad aprire e sto per ritornare sui miei passi, ma apre e mi chiama: mi riferisce che era sotto la doccia e, per aprire, aveva indossato un accappatoio. Io ero in jeans e maglietta. Lui mi dice che avrebbe provveduto a vestirsi e mi avrebbe raggiunto quanto prima.
Poi mi guarda, mi sorride e mi dice:
"Dai, vieni pure; ormai, non è più il caso di aver remore se mi vedi nudo".
Arriviamo in camera, si toglie l'accappatoio e lo vedo nudo. Lui nota che arrossisco e, mentre si infila i soliti pantaloncini, mi chiede:
"Allora, piccola, che hai combinato questa volta, mentre non c'ero?"
Gli racconto in poche parole quello che avevo fatto: niente di che, visto che non avevo un ragazzo. Gli riferisco il discorso avuto con l'amica e lui mi dice che, fra persone adulte, una donna che non ingoia, viene etichettata per una che non sa far pompini. Ci sediamo sul divano; io, per abitudine, mi levo le scarpe e mi siedo con le gambe rannicchiate, lui si versa un po' di whisky in un bicchiere e si siede con i piedi allungati sul tavolino. Mi dice che la mia età è molto importante per il sesso, perché è l'età in cui si procede con la scoperta di tutto, è la stura alla vita sessuale vera e propria, ma che può anche provocare uno shock, se avviene con violenza o con persone che perseguono il loro solo piacere.
Nel mentre, io cambio posizione e mi distendo con le gambe sopra le sue: mi piaceva tenere un contatto con lui, che comincia ad accarezzarmi i piedi a mo' di massaggio; purtroppo i jeans non permettevano che la sua mano potesse salire di molto, era costretto a fermarsi alla caviglia, mentre eseguiva quel massaggio al piede. Cominciamo a giocare, lui mi faceva il solletico e, nei miei movimenti, gli toccavo il cazzo con il piede, finché non ho avvertito che stava diventando duro.
Mi giro, gli salgo sopra e, abbracciatolo al collo, gli dico:
"Zio, voglio che sia tu a farmi diventar donna: non voglio che lo facciano dei ragazzini imbranati".
Mentre gli dicevo questo, strofinavo la figa sul suo cazzo, che era diventato duro. Ovviamente eravamo entrambi vestiti, lui mi alza la maglietta e mi slaccia il reggiseno, togliendomelo del tutto. Resto con le tette di fuori, lui comincia a leccarle e succhiarne i capezzoli; mentre lui faceva questo, io strofinavo la fica sul suo cazzo. Lui mi guarda e mi dice: "Promettimi una cosa", gli chiedo "cosa" e lui mi risponde:
"Non devi buttar via la tua vita; devi fare un percorso di vita normale; devi avere il tuo ragazzo e le tue storie; non voglio che tu non dia importanza ai ragazzi della tua età".

Lui non voleva che, per colpa sua, potessi aver problemi nella mia crescita. Gli prometto che la nostra complicità non avrebbe intaccato la mia esistenza, perché il suo esser sollecito ed accorto verso di me, il bene che dimostrava di avere per me, non poteva portare a compromettere il mio futuro.
Lo bacio su una guancia e gli dico:
"Adesso basta raccomandazioni, dammi lezioni, voglio diventar donna". Lui mi guarda e, senza parlare, mi slaccia la cintura dei pantaloni, io lo scavalco e mi levo subito i pantaloni; rimango in slip, luì mi tira di nuovo sopra di lui e, questa volta, il cazzo lo sentivo fra le labbra della figa. Lui mi tira a sé e mi bacia: almeno questa volta fu un bacio vero, con la lingua; la sua lingua mi mulinava in bocca, mi arrivava in gola e, quando ci stacchiamo, lui mi guarda e mi dice:
"Lezione 1: saper baciare è l'inizio di un rapporto. Più c'è affinità nel bacio, più sarà appagante il rapporto". Io, da quel bacio, avevo capito che, fino a quel momento, non sapevo per niente baciare ed i ragazzi che avevo avuto, ne sapevano ancor meno di me.
Fra le sue braccia, mi sentivo una donna; avevo capito la differenza tra i miei coetanei e un uomo maturo; tutto quello che faceva, era rivolto al mio piacere, mi diceva che un vero uomo pensa prima a far godere la sua donna, mi aveva baciato insegnandomi come giocare a succhiar la lingua, andando a toccare punti dentro la bocca che non credevo esistessero. Ero seduta sul suo cazzo che era diventato d'acciaio; stavo bene, mi stavo masturbando perché ce l'avevo fra le labbra della figa, ma, tutto d'un tratto, pensai che era giusto che anche lui avesse diritto a godere e, toltami da sopra, gli infilo la mano dentro i pantaloncini e prendo a segarlo. Lui mi tira a sé e, mentre ho il suo cazzo in mano, mi bacia un'altra volta: stavolta mi trova più collaborativa, ricambio i suoi movimenti di lingua e lui, con qualche manovra, si abbassa i pantaloni. Io mi stacco dal bacio e mi abbasso a leccar la cappella; lui mi dice:
"Oggi me lo prendi in bocca e ti insegno a far il pompino". Dopo aver leccato il cazzo da sotto a sopra, lo imbocco e lui, con la mano sulla mia testa, mi impartiva il ritmo da tenere, consigliandomi sempre di emetter saliva e cercar di scendere sempre più giù, così da poter accogliere quanto più cazzo possibile in bocca e respirare col naso.
Quando è quasi pronto ad eiaculare, mi dice di smettere e fargli vedere la mia figa. Io mi distendo per toglier le mutandine ed alzo le gambe in aria. Lui mi si mette sopra e, con la cappella, mi spennella la figa, giocandoci e facendo entrare la punta della cappella fra le labbra.
Ad ogni pennellata, entrava di qualche centimetro in più, finché la cappella fu accolta fra le labbra della figa: a quel punto ci voleva solo una spinta ed avrei perso la verginità. Ero al massimo dell'eccitazione e gli andavo incontro, ma lui non se l'è sentita di deflorarmi e mi dice: "Vieni, riprendilo in bocca".
Avevo l'eccitazione a 1000, mi riprendo il cazzo in bocca e, dopo un po', lui mi prende per i capelli e mi ferma, dicendo:
"Piccola, sto per sborrare; se non te la senti, fermati adesso".
Io non sento ragioni e mi rimetto a pompare: il primo schizzo mi arriva direttamente in gola e non l'ho neanche avvertito. Poi ho sentito che il cazzo vibrava, mi fermo e sento la bocca piena. Lui mi guarda negli occhi, quasi a chiedermi cosa intendevo fare e, in una manciata di secondi, apro la gola ed ingoio tutto.
Da quanto ero eccitata, non ho nemmeno gustato il sapore.
Anche questa volta mi fa venire con la lingua, poi, dopo esserci sistemate, mi dice che non se l'è sentita di sverginarmi, per timore di farmi male.
Io ero strafelice, l'avevo fatto sborrare nella mia bocca ed avevo ingoiato: per questo motivo, mi sentivo già adulta.
Eravamo a ferragosto. La sera del falò sulla spiaggia, la mia comitiva organizza di passare la mezzanotte in spiaggia, in un lido. Per quell'occasione si unisce a noi un ragazzo di 20 anni, amico del ragazzo della mia amica più intima. Quando ci presentiamo, lui comincia a corteggiarmi; io, come età, ero la più piccola della comitiva, anche se, in fatto di fisico, ero la più formata: madre natura era stata generosa con me, avevo un seno abbastanza bello ed un culo che non aveva niente da invidiare a nessuno. Poi avevo trovato un maestro che stava facendo di me una vera femmina, capace di far impazzire un maschio, mio zio, che, oltre al sesso, era diventato anche il mio consigliere su come vestire e come comportarmi con un uomo, anche in pubblico. Mi diceva sempre: fatti desiderare, ma senza aver la puzza al naso, perché tanti ragazzi sono timidi e, anche se non vogliono ammetterlo nemmeno a sé stessi, il comportamento di una ragazza che se la tira troppo, li fa scappare e ti ritrovi accanto soltanto dei bulletti cretini. Quando ho visto che questo ragazzo ci stava provando, e a me non dispiaceva, gli do filo e passiamo tutta la sera a far coppia. La mia amica mi viene all'orecchio e mi dice:
"Complimenti, lo stai facendo cuocere per bene", finché, a mezzanotte, fra fuochi d'artificio e brindisi, lui mi bacia. Era molto più bravo dei precedenti, ma niente a che vedere con quello che era il mio insegnante: mio zio.

La mia amica sparisce per qualche ora, nel mentre noi ci siamo fatti il bagno.
In acqua lui mi abbraccia e fra baci e strofinamenti vari, mi mette il cazzo in mano. Un bel cazzo, anche bello grosso e lungo; mentre siamo in acqua, vedo che la mia amica è sulla spiaggia; usciamo, lui confabula un po' col ragazzo della mia amica ed io con lei. Mi dice:
"Vado a far un bagno: sono tutta impiastricciata di sborra".
Ridiamo e si avvia verso l'acqua; il mio boy mi prende per mano e mi dice che c'è un posticino dove poter star tranquilli. Lì per lì non capisco cosa può aver chiesto al suo amico e, da dove venivano loro, ci dirigiamo anche noi. Lui voleva scoparmi, ma gli ho detto che ero vergine e non me la sentivo, come prima volta, farlo in piedi, dietro la cabina di un lido. Mentre ci baciavamo, mi infilò il cazzo fra le cosce e mi premeva la cappella sulla figa, che però era coperta dal costume, che non avevo voluto togliere; allora mi abbasso e glielo prendo in bocca. Mentre lo sto imboccando, mi tornano in mente gli insegnamenti dello zio e, lasciata la cappella, scendo verso le palle, leccandole e succhiandole, poi torno su e imbocco la cappella. Gioco con la lingua a farla entrare sul buchetto in punta, lui si appoggia e mi dice:
"Cazzo, non mi hanno mai succhiato il cazzo così. Sei Divina". Io me ne sentii orgogliosa. Intendevo far sapere che ero la migliore, perché di certo, fra loro amici, avrebbero parlato e cercavo di dimostrarmi esperta, sputando tanta saliva. Ovviamente lui non aveva la resistenza di un uomo di 60 anni e, dopo un po', mi avvisa che sta per godere. Gli passo le braccia attorno al sedere per tirarlo più a me e non farlo uscire. Solo con la bocca, faccio una decina di volte su e giù a pompa, facendomi arrivare il cazzo in gola. Lui comincia a vibrare ed a scaricare il contenuto dei suoi coglioni dentro la mia bocca. Serro le labbra, come mi aveva insegnato il maestro, ed ingoio tutto. Lui, dopo l'ultimo schizzo, scivola per terra col culo sulla sabbia: non ha avuto nemmeno la forza, per un paio di minuti, di rimettersi il costume. Mi guarda e mi dice:
"Sei una forza della natura: non sapevo che esistevano ragazze che sanno far pompini come te; hai ingoiato una sborrata da cavallo?"
Io mi metto a ridere e gli rispondo con modi da donna navigata:
"Evidentemente, finora, hai avuto a che fare solo con delle ragazzine".
L'indomani la mia amica viene a casa mia e, guardandomi con un po' d'invidia, mi dice:
"Lo sai che si è sparsa voce che ci sai fare? Ma dove hai imparato?" ed io, ridendo, rispondo: "Al computer".

La mia amica sembrava volesse indagare se avessi qualche storia con qualcuno che a lei aveva tenuto nascosta. Mi dice che non è giusto: noi ci siam sempre dette tutto. Le chiedo perché mai mi fa tutte queste domande e lei ammette che quel tipo aveva raccontato tutto al suo ragazzo e che avevo anche ingoiato la sua sborra. Allora le rispondo:
"Sì, è vero, ero un po' su di giri e lui, al momento di godere, mi aveva trattenuto la testa e, fra eccitazione ed i fumi dell'alcol, avevo ingoiato".
A questa spiegazione, lei si rilassa e mi dice che avevo combinato un bel guaio: ora il suo ragazzo la stava tormentando, fina dalla scorsa notte, perché da lei voleva lo stesso trattamento.
Mio zio era andato a fare il Ferragosto fuori; era stato invitato da colleghi in un villino al mare, a qualche centinaio di km di distanza. Sarebbe ritornato il giorno 18 e non vedevo il momento che ritornasse per raccontargli tutto. Mi sentivo importante perché ero stata invidiata da tutte le amiche, perché queste notizie volavano nella comitiva e la più importante era che fossi ritenuta la più porcella fra loro.
Ancora non avevamo i cellulari con WhatsApp, ma qualcuna di noi aveva il cellulare, mentre io avevo il mio vecchio Nokia. Ci mandavamo qualche messaggio e, poiché erano a pagamento, ci limitavamo. Quando la sera ci siam ritrovati tutti davanti il bar, tutte le ragazze mi guardavano con una certa invidia.
Il giorno che rientrò mio zio, sarei dovuta andare con i miei genitori al mare, da amici. Ma io mi inventai una brutta diarrea e dico loro che non me la sento, che è preferibile rimanga a casa. Mia madre avrebbe voluto annullare l'invito, ma riesco a convincerla ad andare. La verità era che volevo rimaner da sola; sapevo che mio zio doveva rientrare verso le 9.30, i miei vanno via ed io mi faccio una doccia. Avevo già un bel ciuffetto di peli sulla figa e, pensando a mia mamma che se l'era depila, a volte anche davanti a me, perché non avevamo remore a mostrarci fra noi, la imito e mi rado. Poi, quando mi son vista allo specchio, mi son pentita: con quel ciuffo, sembravo più donna, invece ora mi sentivo come tornata bambina.

Rimango nuda, aspettavo di sentir arrivare mio zio. Lui quando arrivava si sentiva la saracinesca del garage ed il portoncino di ingresso; mentre sto laccando le unghie dei piedi, tenendo un piede sullo sgabello, mi guardavo la figa un po' arrossata dalla depilazione e, ricordandomi che mia mamma, dopo essersi depilata, ci metteva della crema, ne prendo un po' e me la spalmo. Quella manovra mi fa venir voglia, ma, mentre mi sto toccando, sento aprire il garage. Il cuore prende ad accelerare di ritmo; subito vado in camera mia ed infilo la mini di jeans, una maglietta senza spalline che era una specie di fascia attorno al seno e lasciava scoperte spalle ed ombelico. Stavo per indossare gli slip, ma poi ci ripenso e li infilo nel taschino della gonna; corro ad aprire la porta, mentre lui sta salendo col trolley.
Aveva un bermuda bianco ed una polo; ci salutiamo con un bacio e gli comunico che son sola, che i miei sono andati al mare, e lui, con un sorriso, mi dice:
"Ok, se vuoi, puoi salire".
Al volo, prendo le chiavi e salgo. Lui aveva lasciato la porta aperta e mi dice:
"Piccola, prepara il caffè, vado a rinfrescarmi: viaggiare in auto con questo caldo è un tormento".
Visto che non c'erano più problemi a mostrarci nudi, mentre è sotto la doccia, lascia la porta socchiusa ed io metto la moka sul gas. Mi avvicino al bagno e, a vederlo nudo con una abbronzatura da sembrar nero, col segno del costume e quel bel serpentone che gli penzola fra le gambe, mi scoppia un fuoco dentro.
Lui mi guarda e mi chiede: "Che c'è? Mi sembra che hai qualcosa da raccontare".
Gli faccio presente che siamo soli in tutta la palazzina, non c'è bisogno di mettersi nulla, tanto non lo vede nessuno, oltre me.
Nel mentre sento il borbottio della caffetteria e mi ricordo del caffè; mentre sto preparando le tazze, lui entra in cucina solo con un asciugamani, attorno ai fianchi. Prendiamo le tazze e ci sediamo sul divano. Io gli chiedo:
"Com'è stato il Ferragosto?" Lui mi dice che si era annoiato a morte: era in compagnia di brave persone, ma molto noiose. Si parlava solo di politica e di lavoro; le donne, poi, sembravano delle vecchiette, che non hanno nessun altro argomento oltre la cucina e figli.

Poi chiede di me ed io, con orgoglio, gli racconto tutto nei minimi dettagli. Mentre sto raccontando, assumo la mia posizione solita e lui mi vede la figa in primo piano. Vede che mi son depilata e che era abbastanza lucida per via della crema. Fra il racconto e la vista della mia figa, l'asciugamani si scioglie e rimane nudo, seduto nel divano, con il cazzo che svettava in alto. Ci guardiamo e, senza dir niente, mi vado a mettere a cavallo del suo cazzo, ma lui lo tira verso la pancia ed io mi siedo sul tronco, sentendo il randello fra le labbra della figa. Mi sembrava d'esser sulla bici, lui mi tira e ci baciamo. Mentre facevo dei movimenti tipo sega con le labbra di figa e culo sui coglioni, dopo un po' non resisto e comincio a tremare per il sopraggiungere dell'orgasmo: era arrivato prepotente, senza poterlo controllare. Lo bagno tutto, come la prima volta, ed ho la sensazione di avergli fatto pipì addosso. Lui, da vero maestro, capisce che non era più il caso di aspettare, che ero pronta per diventar donna, mi gira, mi fa distendere, facendomi svestire nuda, distesa sul divano con sopra l'asciugamani, mi alza le gambe e mi lecca la vagina, finché non sono di nuovo al massimo dell'eccitazione. A quel punto, mi mette la cappella fra le labbra e mi viene sopra, baciandomi: io gli allaccio le braccia intorno al collo e, alzando al massimo il bacino, vado incontro al suo cazzo che, pian piano, entra un centimetro per volta. Faceva le prove: vi entrava la cappella e la faceva tornar fuori, poi entrava di più, finché avevo più di mezzo cazzo dentro, scendendo più giù, avrebbe aperto la strada per sempre, mi avrebbe fatto donna. Mi guarda per un istante negli occhi, mi bacia e mi dice:
"Da oggi sei donna", mi dà una spinta ed io ho avvertito come una puntura di spillo, ma il senso di pienezza che provavo, mi ha dato piacere. Ogni volta che mi arrivava in pancia, sentivo come un senso di sazietà; dopo le prime spinte, gli allaccio le gambe dietro la schiena e lui sopra di me, mi riempiva di baci ovunque, bocca, collo, fronte; quando fu pronto per venire, esce e mi sborra sulla pancia, arrivando con degli schizzi anche sul collo. C'era solo qualche poco di sborra rosa, forse qualche goccia di sangue s'era mischiata ai nostri umori. Ci alziamo e andiamo assieme sotto la doccia; lui mi ha voluto lavare. Mi ha fatto girare anche a novanta gradi e, con la doccia, mi ha fatto il bidet anche dentro la figa, allargando al massimo le labbra.

Dopo esserci asciugati, mi sentivo diversa, ma non avevo nessun dolore, avevo provato solo piacere e nessun fastidio. Lo vedevo pensieroso, lo abbraccio forte e gli dico:
"Grazie, zio. Come prima volta, non potevo esser più fortunata di così. Son felice che sia stato tu a farmi sentir solo piacere; non pensavo potesse esser così bello. Le amiche mi avevano sempre raccontato di un dolore molto acuto, che aveva impedito loro di provar piacere, ma solo dolore. Adesso capisco perché: esse, la prima volta, l'hanno fatto con ragazzini inesperti".
Avevo capito anche che gli erano venuti dei sensi di colpa; eravamo seduti sul divano nudi, eravamo vicini, gli tenevo la mano, poi, quasi mi venisse veramente dal cuore, lo abbraccio e bacio: questa volta sono io che lo volevo. Noto che si rilassa e ricambia: era l'ora di pranzo, mi sollecita a vestirmi, per andare da qualche parte a mangiar qualcosa.
Chiama mia mamma per sapere come mi sentivo e le rispondo che stavo andando con lo zio a mangiare qualcosa fuori; lei, allora, si tranquillizza sul mio stato di salute
Usciamo, mangiamo solo una granita con brioche: faceva un caldo infernale quel giorno. Mentre ero seduta al bar, sentivo un po' di bruciore, sicuramente dovuto alla penetrazione, non a lacerazione. Internamente non sentivo nulla, solo un po' di bruciore alle labbra.

EPILOGO
Liliana aveva terminato il suo racconto e la stanza era caduta nel silenzio, rotto da diversi mugolii di piacere: tutt'intorno c'erano mariti che copulavano o con la moglie o con quella di qualcun altro, e a Liliana venne da dire:
"Ma che "porco" questo mio marito: mi sta masturbando la fica, facendomela diventare fradicia di umori. Qualcuno avrebbe voglia di abbeverarsi alla mia fonte?"


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