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28. MARCO, LA SEDIA E L’ESIBIZIONE


di Janus
19.08.2023    |    112    |    2 9.3
"Fermai l’auto sotto il ponte, mi sfilai rapidamente la tuta da ginnastica, indossai febbrilmente la parrucca, infilai gli stivaletti da donna e mi passai un..."
L’amico Marco di “Morenasex” mi aveva notevolmente soddisfatta per cui, qualche giorno dopo il primo incontro serale, ebbi voglia di lui e lo contattai con un sms proponendogli di rivederci appena lui avesse potuto. Non mi rispose subito, forse era impegnato e non aveva tempo per controllare il telefono… poi sentii il tipico trillo del messaggio di testo in arrivo e, col cuore in tumulto, armeggiai per leggerlo. Aveva scritto di sì!! Quella sera, stesso posto e stessa ora!! “Benissimo” pensai tra me e me “Stasera lo prendo di nuovo!”. Naturalmente le restanti ore di lavoro di quel giorno mi sembrarono una eternità; appena finito, mi precipitai a casa, mangiai un boccone in pochi istanti poi iniziai a prepararmi all’imminente incontro di sesso. Quindi doccette anali, ritocco della depilazione, body-cream e fondo tinta per le prime piccole rughe che, ahimè, cominciavano ad apparirmi in viso. Risolsi di indossare ancora le mie spesse calze autoreggenti nere ed un perizoma anch’esso nero, ma quella sera volli anche indossare alcuni nuovi capi femminili che mi ero procurata negli ultimi giorni: una minigonna elasticizzata ed una specie di giacchina corta molto aderente che rimaneva aperta sul petto, sotto la quale indossai un reggiseno nero. Nella solita borsa da tracolla misi le cose che non potevo indossare subito, data la strada da percorrere in veste maschile, e scelsi di nuovo gli stivaletti alla caviglia col tacco non troppo alto che avevo usato la volta precedente, perché mi ci ero trovata bene. Per quel secondo incontro con Marco, però, la mia fantasia mi spinse a portare anche un paio di altre cose: una vecchia coperta, da mettere per terra, ed una robusta sedia di legno… contavo di usare entrambi quegli oggetti per farmi inculare in posizioni diverse da quella classica in piedi! Come la prima volta, indossai sopra l’abbigliamento femminile una tuta da ginnastica, facile da togliere una volta arrivata nelle vicinanze del luogo di incontro e da rimettere per tornare a casa; con quella indosso e la borsa accessori in mano mi misi in macchina, presi di nuovo l’autostrada e la percorsi verso la località di residenza di Marco. Uscita dal casello più vicino al luogo dell’incontro, percorsi le strade locali fino al ponte ormai noto ed imboccai la stradina bianca che scendeva verso il greto del fiume sulla destra della provinciale. Fermai l’auto sotto il ponte, mi sfilai rapidamente la tuta da ginnastica, indossai febbrilmente la parrucca, infilai gli stivaletti da donna e mi passai un filo di rossetto per far sembrare le mie labbra più carnose. Appena pronta rimisi l’auto in moto e lentamente, dato il fondo malagevole, raggiunsi la piazzola tonda sopraelevata tra gli alberi dove pensavo che Marco mi attendesse. Però non c’era nessuno sul posto, evidentemente Marco non era ancora arrivato… spensi il motore, scesi e per qualche istante mi godetti il fresco, umido ma comunque gradevole, che permeava la zona nel silenzio rotto soltanto dallo scroscio soffuso dell’acqua del vicino fiumicello. Mi eccitava da matti essere en-femme in quel posto, appena illuminata dalla luna, sui miei tacchi alti… poi sentii il rumore di un’auto che si avvicinava… “Speriamo che sia lui e non degli sconosciuti” pensai tra me e me “Non vorrei fare incontri indesiderati…”. Dei fari squarciarono il buio che mi circondava e l’auto in arrivo parcheggiò sul lato opposto della piazzola rispetto alla mia, confermandomi che doveva trattarsi sicuramente di lui, visto che si era messo esattamente dove era la volta precedente. Spento il motore, Marco scese e mi venne incontro sorridente; ammirò per qualche istante il mio abbigliamento sexy poi mi fece “Ciao, stasera sei uno schianto… quasi da discoteca o privé… complimenti… come stai?”; “Grazie, sei gentile… benissimo, tu…?” risposi, e scambiammo qualche ulteriore battuta di circostanza. “Stasera sono più organizzata…vedrai!” gli feci ancora; “Davvero? Mi incuriosisci…” fu la sua risposta. Poi la voglia di entrambi prese il sopravvento e, senza aggiungere altro, mi girai dandogli le spalle e mi accostai a lui fino ad appoggiare il culo sul suo inguine, prendendo ad ancheggiare per massaggiargli il cazzo con le chiappe. Lui emise qualche mugolio di piacere e mise le mani sui miei fianchi, poi le infilò sotto le coppe del mio reggiseno e mi afferrò i capezzoli, prendendo a strizzarmeli tra le dita con delicatezza… la cosa mi eccitò moltissimo e sculettai ancora più energicamente strusciandomi sul suo pacco che, potevo percepirlo chiaramente tra i glutei, stava inturgidendosi rapidamente. Dopo alcuni minuti di quel petting Marco mi fece “Prendimelo in bocca, dai, fammi sentire la tua linguetta…”; non me lo feci ripetere, avendone gran voglia anche io: mi girai verso di lui, mi abbassai sulle cosce e, con pochi gesti, gli slacciai la cintura e feci scorrere in giù la zip, lasciando che i suoi pantaloni scivolassero giù fino alle caviglie. Il suo uccello era già prepotentemente gonfio, ancora trattenuto a fatica dalle mutande… avvicinai allora il mio viso a quel rigonfiamento e lo strusciai ben bene su di esso, strappando a Marco altri mugolii di evidente piacere. Poi non ce la feci più e, con una mano per lato, afferrai i suoi slip e glieli calai lasciando che il suo cazzone ne emergesse in tutta la sua maestosità… era splendido, grosso, lucido e duro, illuminato dalla luna! Avvicinai di nuovo la bocca a quel bastone di carne e presi a leccare l’asta in su e giù, lentamente, andando ad ogni nuova leccata un po’ più giù verso i suoi grossi testicoli ed un po’ più su verso la cappella. Arrivata alle due estremità, presi a baciare e succhiettare le sue grosse palle quando ero in basso, e a lambire il glande tutto attorno quando ero in alto. Qualche minuto di quel voluttuoso andirivieni, poi presi a dedicarmi alla cappella, ora facendovi scorrere sopra le labbra socchiuse, ora imboccandola cercando di farmi entrare in gola il più possibile della sua lunga asta carnosa… che indicibile, indimenticabile goduria! Marco mi mise le mani sulla nuca, coadiuvando il movimento avanti ed indietro della mia testa e gustandosi il mio servizietto di bocca per diversi minuti, poi mi fermò facendomi capire che non voleva rischiare di venire subito. A quel punto il suo cazzo era durissimo, ed io avevo una insopprimibile voglia di essere inculata; andai allora alla mia auto, aprii il bagagliaio, tirai fuori la coperta e la distesi sul terreno in mezzo alla piazzola; poi presi anche la sedia e la misi vicino alla coperta. Marco, che intanto si era sfilato pantaloni e mutande per essere più libero, vide i miei preparativi e, col cazzo sempre duro in mano, li apprezzò con un “Ma brava, ottima idea questa!!”. Io gli sorrisi e presi dall’auto la mia borsa con gli accessori, poi gli girai le spalle, mi alzai la minigonna elasticizzata tutta in vita mostrandogli il culo incorniciato dal perizoma, infine mi calai lentamente la mutandina ancheggiando troiescamente e me la sfilai dai piedi mettendola nella borsa. Marco si avvicinò e mi mise una mano tra le chiappe, mentre con l’altra continuava a tenersi l’uccello, segandolo lentamente per mantenerlo in erezione. Mi fece appoggiare alla fiancata della mia auto, si abbassò dietro di me, mi divaricò i glutei con entrambe le mani e prese a leccarmi il buchino con foga ed avidità… fu bellissimo, sentire la sua lingua esplorarmi lo sfintere e cercare di penetrarlo!! Poi cedemmo al naturale istinto di accoppiamento: dalla borsa presi un profilattico per Marco ed il lubrificante per me… lui indossò quella doverosa protezione, io predisposi alla penetrazione il mio ano, ungendolo ben bene e rendendolo largo e cedevole con le dita. La coperta era lì pronta, per cui mi ci inginocchiai sopra a pecorina col culo verso la luna per essere illuminata, con gli avambracci appoggiati a terra; Marco si inginocchiò dietro di me e per un po’ strusciò avanti ed indietro l’asta del suo cazzone tra le mie chiappe, deliziato dallo spettacolo che gli stavo offrendo; poi, si afferrò l’anguilla e la puntò sul mio sfintere iniziando a spingere con piccoli affondi… io cercai di rilassarmi per facilitare il suo ingresso… ed ecco che, senza alcun dolore, la sua cappella superò l’orifizio e proseguì all’interno seguita da tutta l’asta… che goduria quel cazzo dentro di me: mi sentivo totalmente posseduta, mi sentivo aperta, femmina e puttana al duecento per cento!! Lui iniziò a montarmi… affondi lenti, lunghi, uno dopo l’altro incessanti… andammo avanti diversi minuti così, alla pecorina; lui ogni tanto rialzava un ginocchio, riprendeva ad incularmi, poi metteva quel ginocchio a terra per alzare l’altro e continuava ad incularmi… anche io cominciai a sentire le ginocchia doloranti: nonostante la coperta, il terreno su cui eravamo era duro ed alla lunga si faceva sentire! Così fermai Marco e gli proposi di usare la sedia; lui si ritrasse estraendo il cazzo duro dal mio retto, dicendosi più che d’accordo. Presi la sedia e la piazzai in mezzo alla coperta, invitando il mio amante a sedervisi; lui ci si accomodò a gambe appena divaricate, col cazzo che svettava sempre duro e voglioso sopra le sue palle. Mi avvicinai, aprii le gambe ed andai a sedermi sopra le sue cosce faccia a faccia; con la mano presi il suo cazzone e lo guidai sul mio buco ormai slabbrato, lasciandolo di nuovo entrare senza la minima fatica. Essendo abbastanza alta ed avendo i tacchi, pur seduta sopra le gambe di Marco i mei piedi arrivavano a terra; “Ottimo” pensai tra me e me… misi le mani sulle sue spalle e cominciai ad andare su e giù sul suo cazzo. Marco gradiva molto quella posizione, lo intuivo da come mi guardava estasiato… dopo un po’ mi fece “Dai, girati, fammi vedere il tuo bel culo mentre ti impali sul mio cazzo…”; lo accontentai naturalmente: mi tirai su lasciando uscire dal mio sfintere il suo biscione, mi girai dandogli le spalle e, a ginocchia unite, mi sedetti letteralmente sul suo uccello. In quella posizione dovevo per forza appoggiarmi sulle sue ginocchia per andare su e giù, facendo forza sulle mie gambe unite… nessun problema, ovviamente… un po’ faticoso, ma riuscii ad stantuffarlo per diversi minuti. Poi cominciai a sentire che Marco respirava più affannosamente… capii che si stava avvicinando all’orgasmo, per cui cercai di accelerare il ritmo del mio spegnicandela. Ancora alcuni affondi e lui mi afferrò per i fianchi, trattenendomi seduta su di lui col cazzo tutto dentro il mio culetto: lo sentii mugolare per diversi secondi, mentre mi stringeva con forza a sé, facendomi immaginare che stesse scaricando nel profilattico un bel po’ di sborra calda… ancora qualche istante e smise di trattenermi, perciò mi alzai lentamente lasciando uscire il suo cazzone dal mio ano. Marco restò ancora seduto, forse affaticato dall’orgasmo (non era giovanissimo), poi si tirò su e si liberò del profilattico pieno… gli passai qualche fazzolettino per ripulirsi, mentre facevo lo stesso col mio culetto apertissimo da cui colava il lubrificante residuo. “Grazie davvero, dolcezza” mi fece lui “Spero di rivederti presto!”; “Piacere mio” ribattei, “La speranza è reciproca!”. Lui si rimise i pantaloni, li allacciò e si rimise svelto al volante; mise in moto, fece manovra ed in breve si allontanò sulla stradina mentre seguivo con lo sguardo il bagliore dei fari che spariva nella notte. A quel punto, rimasta sola, per prima cosa rimisi nel bagagliaio coperta e sedia; poi, ebbi un improvvisa voglia di esibizionismo… la serata non era affatto fredda, e la luce della luna mi spingeva prepotentemente a passeggiare en-femme nei dintorni, per cui lasciai l’auto nella piazzola e mi incamminai sulla stradina fin sotto il ponte ove mi ero cambiata all’arrivo, poi risalii fino all’asfalto. Mi trattenni per una ventina di minuti sulla provinciale, sculettando come una prostituta e passeggiando avanti ed indietro in prossimità dell’imbocco della stradina… quando vedevo arrivare un’auto in lontananza, indugiavo sul bordo dell’asfalto qualche istante fino a vedere appena il bagliore dei fari sulla mia pelle poi, prima che l’auto arrivasse troppo vicino, scappavo nella stradina resistendo alla voglia di farmi illuminare completamente… ritenni meglio non fidarmi: poteva sempre trattarsi di forze dell’ordine. Soddisfatta dell’esibizione e della passeggiata, tornai alla mia auto dove mi ripulii il viso dal poco trucco applicato e rimisi addosso la tuta da ginnastica, poi avviai il motore e tornai a casa con un altro intenso ricordo delle mie avventure en-femme…
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