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32. OSPITE DEL “DONGIOVANNI”


di Janus
22.04.2024    |    28    |    4 9.3
"Il buio era appena rotto dal chiarore delle stelle e il mio ospite ci mise un po’ a trovare la chiave giusta, ma infine riuscimmo ad entrare; ad occhio si..."
Come raccontato nel precedente episodio, nel corso dell’ultimo incontro il “dongiovanni” ed io avevamo risolto di scambiarci i rispettivi recapiti telefonici; dallo scambio del numero al contatto il passo, naturalmente, fu breve! Fu così che, dopo una decina di giorni, lui si fece vivo chiedendo se io fossi in giro e gradissi incontrarlo; gli dissi di sì, suggerendo però di vederci in una zona più comoda di quella in cui ci eravamo conosciuti: in quel momento per me il noto parcheggio degli incontri gay/bisex era piuttosto fuori mano e, tutto considerato, anche per lui comportava molta strada da fare in macchina. Allora lui propose di incontrarci nei dintorni della cittadina in cui abitava con l’ipotesi di raggiungere, eventualmente, una sua casetta in collina dove avremmo potuto divertirci in tutta tranquillità. Mi indicò, quindi, un supermercato sito in una zona poco abitata nel cui parcheggio ci saremmo potuti trovati dopo l’orario di chiusura, verso le 21.00; per me sarebbe andato benissimo, perché in quei giorni mi capitava di essere proprio da quelle parti per lavoro.

Terminate le incombenze lavorative, già tutta eccitata alla prospettiva dell’imminente incontro col “dongiovanni”, presi dal bagagliaio della mia auto la borsa col necessario per mettermi “en femme” e la misi sul sedile del passeggero, poi accesi il motore e mi avviai. Il supermercato che lui mi aveva proposto non era molto distante e lo raggiunsi più o meno in una decina di minuti; effettivamente era in una zona con pochissime case isolate, appena fuori della locale strada principale, dotato di un parcheggio ampio e quasi privo di illuminazione. All’arrivo notai un paio di automobili nelle piazzole più vicine all’ingresso clienti; le superai e mi diressi in fondo al piazzale, nella zona più buia, dove spensi il motore e mi guardai intorno. Osservai per alcuni minuti e, vedendo che la presenza di auto restava minima, mi tranquillizzai e cominciai a prendere dalla fida borsa gli indumenti e gli oggetti necessari per trasformarmi in Gianna, cercando di metterli in ordine sul sedile del passeggero.

Prima di procedere al travestimento fui però presa da un momento di incertezza: allora inviai un messaggio al “dongiovanni” dicendogli che ero arrivata al parcheggio e chiedendogli, in base alle sue intenzioni, se preparami sul posto o nella casetta di cui mi aveva accennato… pochi secondi e lui mi rispose invitandomi a cambiarmi in quel parcheggio che, per quanto ne sapeva, era sicuro. Benché ancora titubante misi a portata di mano le cose che avevo in mente di indossare, poi presi il coraggio a due mani e aprii la portiera, spegnendo subito la lucetta interna che si era accesa in automatico. Scesi e, rimanendo per quanto possibile nascosta dallo sportello aperto, mi spogliai completamente per poi indossare svelta mutandine di pizzo nero, calze pesanti e maglione lungo da donna, infine i calzettoni che arrotolati alla caviglia potevano far passare le mie scarpe per invernali da donna.

Dato che non era caldo, infilai sopra il maglione il mio solito giaccone e mi sedetti di nuovo in macchina, dove prima mi passai sulle labbra un filo di rossetto, poi mi sistemai in testa la parrucca lunga usata negli ultimi tempi, ed infine inforcai degli occhiali femminili con correzione adatta ai miei occhi. Dopo qualche minuto vidi approssimarsi un’auto che, appena vicina, riconobbi essere l’utilitaria del “dongiovanni”; girò intorno alla mia vettura, poi si fermò di fianco e lui scese, avvicinandosi al mio finestrino. Abbassai il cristallo e lui si affacciò, scambiando con me qualche convenevole; stando seduta, il maglione femminile che indossavo lasciava scoperte le mie cosce: lui se ne accorse e sorridendo allungò la mano per carezzarmele… che tocco gradevole, mi sembra di sentirlo tuttora, ripensandoci! Mentre mi palpeggiava mi fece “Vedi quelle luci lassù, in collina? La mia casetta è quelle parti… se ti va, potremmo andarci… possiamo arrivarci in una decina di minuti”. “Perché no?” feci io, aggiungendo “Ti seguo in macchina o andiamo con la tua...?” e lui “Andiamo con la mia, poi ti riaccompagno qui”.

L’idea mi piacque molto, ma sulle prime mi sentii un pochino incerta: normalmente preferivo avere la mia auto sempre a portata di mano… però quella sarebbe stata la prima volta che qualcuno mi avrebbe portata in giro travestita: quel pensiero mi eccitò alquanto e dissipò rapidamente i miei dubbi! Allora presi la borsa in cui avevo riposto il vestiario maschile e, preferendo averla con me, la caricai sui sedili posteriori dell’auto del “dongiovanni”; poi chiusi la mia vettura e, con la borsetta del necessario per fare la porcellina in mano, salii accanto a lui. Mise in moto e ci avviammo verso l’uscita del parcheggio del supermercato; come prima, il maglione femminile da seduta non mi copriva l’inguine lasciando in vista le mie cosce incorniciate dalle calze pesanti nere, e le mutandine di pizzo che avevo indossato… il “dongiovanni”, da buon maschio, mi mise la mano tra le gambe per palpeggiarmi mentre guidava! Mi sentivo calda e davvero, davvero donna e femmina, in quella situazione; dentro di me c’era un misto di eccitazione e gioia, ma anche di vago timore all’idea che avremmo potuto essere fermati da forze dell’ordine per un controllo… comunque, scacciai quella paura e cercai di godermi quella nuova e profonda sensazione di femmina porca, portata in giro da un uomo che voleva montarmi, che mi pervadeva intensamente… e in quel momento credetti di comprendere cosa provassero le donne quando venivano rimorchiate dagli uomini per scoparsele!

Il “dongiovanni” continuò a parlarmi del più e del meno, mentre con una mano guidava e con l’altra mi palpeggiava tra le cosce; la strada, dopo aver attraversato un centro abitato, si arrampicava sul fianco delle colline portandoci in quota, e il mio amico di tanto in tanto mi indicava la valle sottostante e il mare buio più in là, accennando ai nomi delle località riconoscibili dalle luci notturne. In effetti ci volle più dei dieci minuti da lui preventivati per raggiungere la casetta, ma infine arrivammo e, dopo qualche manovra data la strettissima stradina d’ingresso, parcheggiammo nel piazzaletto erboso antistante il fabbricato. Il buio era appena rotto dal chiarore delle stelle e il mio ospite ci mise un po’ a trovare la chiave giusta, ma infine riuscimmo ad entrare; ad occhio si trattava di una casetta di montagna ristrutturata, composta da un locale d’ingresso arredato con dei divani e un tavolinetto che fungeva da soggiorno, un bagno e una camera da letto matrimoniale. Su un lato del soggiorno c’era anche un caminetto: lui mi chiese se avessi gradito il fuoco acceso, ma io declinai ringraziandolo perché non era poi così freddo.

A quel punto, sapendo benissimo entrambi perché eravamo lì, sia io che lui iniziammo a toglierci di dosso il superfluo… lui si sfilò i pantaloni e le mutande, rimanendo nudo dalla vita in giù e facendo dondolare il suo magnifico uccello già mezzo duro sotto i miei occhi; io mi tolsi il giaccone e le mutandine dandogli la schiena per fargli ammirare il culo appena coperto dal maglione, poi mi girai… grazie alla pur parziale illuminazione della stanza, quella sera ebbi l’opportunità di vedere bene il suo attrezzo: a parte le notevoli dimensioni, direi tranquillamente prossime ai 17-18 cm di lunghezza per almeno 15 di circonferenza, il suo cazzo aveva la particolarità di essere più grosso verso la cappella rispetto al resto dell’asta… forse per questo all’inizio della penetrazione mi faceva male!!!

Lui si sedette sul divano e io mi inginocchiai tra le sue gambe, prendendoglielo prima in mano poi in bocca; che piacere, sentire di nuovo il suo cazzone tra le mie labbra: mi era davvero mancato, dopo che l’avevo gustato così bene nei due precedenti incontri!! Per parecchi minuti mi godetti quel pulsante bastone di carne calda, ora ammirandolo rapita, ora segandolo lentamente, ora leccandone la lucida cappella, ora passando le labbra su e giù per tutta l’asta, ora lambendo e succhiando delicatamente i suoi testicoli… quanto mi piaceva, il suo cazzo… ogni tanto cercai di mandarmelo tutto in gola, fino alle palle, per assaporarlo completamente… e ogni tanto dovetti scostarmi i lunghi capelli della parrucca che indossavo, che si ostinavano a finirmi in bocca insieme a quello stupendo uccello… ma una cosa è certa: mi gustai appieno, completamente, ogni singolo istante di quel pompino: sì, mi sentivo femmina, mi sentivo puttana, mi piaceva il cazzo e non avrei esitato un istante ad ammetterlo apertamente con chiunque!!

Il “dongiovanni” si godette beatamente il mio servizietto di bocca e lingua, distendendosi ad un certo punto sul divano; mentre io mi ero tutta dedita al suo cazzo, lui mi palpava il culo cercando di infilarmi le dita nell’ano… per facilitargli l’opera, mi rialzai un istante e presi il mio gel lubrificante mettendomene una goccia sul buchino: lui sorrise e, appena rimessa in ginocchio per riprendere il suo cazzo in bocca, mi spinse un dito nello sfintere prendendo a masturbarmelo. Dopo parecchi altri minuti di lento e goloso sbocchinamento, visto che il cazzo gli si era eretto a dovere, mi rialzai e appoggiai le mani sul tavolinetto da salotto, voltando il culo verso di lui… e lui, non resistendo a quella vista, si rimise seduto, mi prese per i fianchi con le mani e tuffò il viso tra le mie chiappe per lambirmi l’ano con la lingua. Gli piaceva, eccome, leccarmi… e continuò a lavorarmi il buco con la lingua a lungo, quasi a voler contraccambiare il servizio resogli con il mio pompino…!

Quando infine si fermò notai che il suo cazzo sembrava essersi un po’ ammosciato, per cui glielo ripresi avidamente in bocca; un po’ sorpresa, constatai che sulla sua cappella c’era qualche goccia di liquido dal sapore aspro, forse un primo accenno di sperma, ma non mi feci problemi. Però nel timore che potesse venire troppo presto, gli proposi di incularmi e lui ne fu ben lieto; presi quindi un profilattico dalla mia borsetta e glielo passai, poi procedetti a dilatarmi lo sfintere il più possibile, infilandoci una bella dose di lubrificante, ricordando bene che la notevole circonferenza del suo cazzone mi aveva procurato un po’ di dolore entrambe le volte che mi aveva sodomizzata! Mi infilai nel culo prima due poi tre dita insieme, cercando di dilatarmelo e renderlo cedevole il più possibile, quindi visto che il “dongiovanni” era già pronto accanto a me, passai la mano unta di gel in sul profilattico che rivestiva il suo cazzone per rendergli più agevole la penetrazione.

Lui mi fece girare ed inginocchiare sul divano a gambe molto aperte: era un po’ meno alto di me, e in quella posizione riusciva ad avere il cazzo esattamente all’altezza del mio buchino ormai bramoso… sentii che mi appoggiava la cappella sull’apertura, per cui gli afferrai l’asta per aiutarlo ad impalarmi. Tenendo tra le dita l’asta, mi spinsi appena la cappella dentro lo sfintere… lui, come ormai avevo capito che amasse fare, appena certo di essere linea col bersaglio, diede un gran colpo di reni e me lo cacciò tutto dentro sino alle palle!! “Ahi, ahi... piano per favore… piano!!” gli feci io, con voce sommessa. Lui arretrò, estraendo il cazzo dal mio retto; io, cercando di superare il momento di dolore, glielo ripresi in mano e me lo riappoggiai sull’ano invitandolo implicitamente a penetrarmi di nuovo. Per fortuna il dolore passò presto; il suo uccellone mi rientrò dentro nuovamente senza altri problemi ed entrambi cominciammo a godere della monta… dopo poco persi ogni ritegno e, come una puttana in calore, cominciai a spingere il culo verso di lui ogni volta che affondava l’uccello dentro di me e a gemere, ansimando di piacere!

Il “dongiovanni” mi montò lentamente, con sapienti e profondi colpi di cazzo, sussurrandomi più volte di prenderlo tutto e di continuare a rispondere sculettando ai suoi affondi… io misi le braccia sullo schienale del divano e appoggiai la testa, avvolta nei lunghi capelli della parrucca, con le mani sotto il mento… socchiusi gli occhi e mi gustai troiescamente l’inculata e il sommo piacere che il mio ospite mi stava regalando: il suo grosso e lungo cazzo, ormai, mi procurava soltanto godimento ad ogni avanti ed indietro e io, pur brevemente, presi anche a toccarmi il pisello quasi fosse un clitoride, per completare la sensazione di femmina posseduta che si era impadronita di me. Dopo parecchi minuti di pecorina gli proposi di cambiare posizione e lo feci sedere sul divano; gli girai le spalle e, appoggiandomi con le mani sulle sue cosce, mi sedetti lentamente sul suo cazzo impalandomi ben bene. Cominciai quindi ad andare su e giù a ginocchia unite, aiutandomi per quanto possibile con le braccia, in pratica in uno spegnicandela… ogni volta che tornavo su sfilandomi di una decina di centimetri il suo cazzo, cercavo di stringere lo sfintere quasi in un risucchio; tra i mugolii di piacere il “dongiovanni” mi mormorò “…Sì… sì… così… brava, prendilo tutto…”.

Per quanto mi piacesse moltissimo prendere l’uccello così, quella posizione era comunque faticosa per cui, dopo qualche minuto, mi alzai e ripresi la più comoda posizione a pecorina sul divano… tenni però le ginocchia unite, perché ciò mi faceva sentire più femmina; mi passai dell’altro gel nel culo e mi aprii le chiappe con le mani, in un tacito invito al mio amante a sbattermelo di nuovo dentro. Lui naturalmente non perse tempo: mi prese con una mano un gluteo e me lo strinse per avere meglio in vista il mio buchino, e con l’altra si afferrò il cazzo puntandomelo nuovamente sull’ano… una leggera spinta e, senza il minimo dolore, me lo rimise di nuovo tutto dentro fino alla radice! Il mio “dongiovanni” andò avanti a stantuffarmi ancora per parecchi minuti, fermandosi ogni tanto; poi cominciò ad accelerare gli affondi sbattendomi sonoramente l’inguine sulle chiappe: intuii perciò che stesse per sborrare… alcune ulteriori energiche spinte, e si fermò attaccato a me mugolando di piacere; rimanemmo pelle e pelle per alcuni istanti poi lui si fece indietro, estraendo l’uccello che cominciava ad afflosciarsi, col profilattico pieno di sperma.

Riprendemmo entrambi fiato per qualche secondo guardandoci sorridenti, poi mettemmo mano a fazzolettini di carta ecc. per ripulirci: lui dallo sperma rimasto sulla cappella, io dal gel che mi colava dall’ano ormai slabbratissimo… ma lo tolsi solo dalle cosce: mi piaceva troppo sentirmi il buchino tutto umido di lubrificante, da perfetta puttanella fresca di monta!! Soddisfatte ormai le reciproche voglie, io procedetti a sistemarmi gli scompigliati capelli della parrucca, poi a rimettermi mutandine e giaccone; lui si rivestì degli indumenti che si era tolto, poi iniziò a spegnere le luci ed infine chiuse le porte della casetta. Risalimmo nella sua auto e ci portammo sulla stradina di accesso; lui scese a richiudere il cancello scorrevole invitandomi galantemente a restare comoda in macchina, poi ci avviammo lungo la strada ora tutta in discesa che ci avrebbe riportato in valle e quindi al parcheggio del supermercato ove si trovava la mia auto.

Lungo il tragitto il “dongiovanni” conversò con me amabilmente, raccontandomi qualche sua vicissitudine personale; per parte mia gli confessai che era la prima volta che qualcuno mi portava in giro in macchina travestita, e che la cosa mi piaceva immensamente. Ne approfittai per cercare di capire quanto altro avrebbe potuto farmi sperimentare, chiedendo in particolare se frequentasse, o semplicemente conoscesse, locali adatti ove portarmi travestita come pure se avesse avuto incontri in gruppo… ma in entrambi i casi mi rispose negativamente: evidentemente preferiva divertirsi da solo ed evitare posti ove avrebbe potuto essergli chiesto un documento di identità. Giunti in valle, riattraversammo il piccolo abitato in cui eravamo passati salendo, dove vidi con un brivido di paura i lampeggianti di un’auto di vigili urbani… fortunatamente svoltammo in una stradina laterale, evitando così il rischio di un controllo! Infine arrivammo al supermercato e alla mia auto, ove ci salutammo ripromettendoci di rivederci presto. Lui si allontanò verso la cittadina e, dopo essermi rivestita al maschile, io presi la strada di casa senza smettere un attimo di ripensare ad ogni singolo istante dell’incontro.

Ancora oggi mi è molto difficile trovare le parole giuste per descrivere compiutamente le intense e appaganti sensazioni provate in quell’incontro, ma una cosa è certa: quella sera Gianna, la “femmina col cazzo” che era e tutt’ora è dentro di me, aveva fatto altri grandi ed importanti passi alla scoperta di sé stessa. Quella sera Gianna non aveva avuto soltanto il pur irrinunciabile e agognato cazzo, ma aveva anche potuto tranquillamente vivere e comportarsi, prima e dopo il sesso, come la donna che si sentiva. Un uomo che voleva ovviamente fotterla l’aveva invitata, era andato a prenderla e l’aveva portata in giro in macchina… non in noti luoghi di incontri di sesso, ma per le normali strade, in mezzo alla gente, anche se di notte! Quell’uomo aveva fatto sentire Gianna desiderata, corteggiata, apprezzata e rispettata esattamente come una donna e lei, finalmente, iniziò a perdere anche le ultime parvenze di pudore nel mostrarsi per ciò che era nell’intimo.
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