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Lui & Lei

IL CONDOMINIO - CAPITOLO QUARTO


di Giangi57
05.02.2020    |    8.585    |    1 9.6
"Adesso anche Meito e Haroko sembravano aver dimenticato che la loro preda era la moglie del potente Tobashi, anoi avevano dimenticato anche l'esistenza di..."
CAPITOLO QUARTO

Nei giorni che seguirono Dionigi poté godere di una relativa quiete. La settimana trascorse tranquilla e, altrettanto tranquillamente, iniziò la successiva. Ma era una tranquillità destinata a durare poco. Il martedì torno alla carica Daddo Gregori e, questa volta, non si limitò a citofonare ma scese in portineria. Spiegò a Dionigi che i giapponesi erano molto ma molto più importanti dei tedeschi ragion per cui era disposto a pagare a Dionigi un milione e mezzo.
«Dovresti salire soltanto verso la mezzanotte e fermarti un paio d'ore al massimo. Andiamo, non dirmi di no».
«Signor Gregori, io mi ci gioco il posto se la signora Brusati viene a saperlo», obiettò Dionigi. «Mi creda, piacerebbe anche a me renderle questo servigio altrimenti».
«Dionigi, la signora non ne saprà mai niente, diamine! Il mio appartamento è insonorizzato, ci ho
speso più di sessanta milioni. La signora non verrà mai a saperlo, come potrebbe? Andiamo, fa' il bravo, ti do due milioni, okay? E forse anche il signor Masaki ti sarà riconoscente. Sono suoi amici quelli che vengono domani sera».
« Ma il signor Masaki non è il rappresentante della Honda? Che c'entra con le sue collezioni?», chiese Dionigi, stupito.
«Lui personalmente, niente, ma i giapponesi di cui parlo sono suoi amici. Molto potenti, molto ricchi, molto influenti. Il signor Masaki desidera ingraziarseli. Allora, accetti?».
«Per quando sarebbe?».
«Per domani sera, domani a mezzanotte, per la precisione».
«Devo rifletterci, signor Gregori, le darò una risposta più tardi».
Il Daddo dovette accontentarsi e se ne risalì ma era chiaramente in ansia. Dionigi ci rifletté sopra per qualche ora. Il rischio che la signora Brusati scoprisse qualcosa era scarso ma esisteva. D'altronde due milioni gli avrebbero fatto comodo, aveva una gran voglia di comprarsi una libreria, non gli andava di lasciare i suoi libri nel baule. Stava per citofonare al Daddo quando dall'ascensore uscì, lindo come sempre, invariabilmente vestito di scuro, Fujko Masaki, l'uomo della Honda che abitava al primo piano. Masaki venne direttamente alla guardiola e Dionigi gli aprì.
«Signor Dionigi, il signor Gregori ha parlato con te di un certo affare di domani sera, suppongo..».
«Si, me ne ha parlato. Io.... »
«Prima che tu mi dia una risposta io prego di ascoltare. Miei amici di Tokyo molto importanti, molto ricchi. Daddo ti dà due milioni, io aggiungo un milione, Sono per te tre milioni. Non male, vero ?»
«Eh, no. Non male», ammise Dionigi.
«Tu poco e piacevole lavoro», prosegui Masaki,
«Poco faticoso, molto piacevole. Mio potente amico Tobashi, sua signora Liuko. Loro contano. Poi Kony, Haroko, Meito. Loro managers di Tobashi. Loro contano poco. Loro fanno quello che dice Tobashi e signora Liuko. Soltanto queste persone. Tu accetti?».
«Ma... che dovrei fare, di preciso?», chiese Dionigi.
«Soltanto quello che vorrebbe signora Liuko».
«Quello che vorrà», lo corresse automaticamente Dionigi.
«Giusto, grazie. Quello che signora Liuko vorrà.
«Forse niente, chissà, dipende. Accetti, allora?».
«Va bene, accetto», si arrese Dionigi.
«Una condizione», avvertì Masaki. «Tra poco scende mia signora Joko con macchine per fotografie.
Lei fa a te una piccolo foto. Se piccola foto piace signor Tobashie signora Liuko tu hai tre milioni per lavoro poco faticoso e molto piacevole. Okay?».
«Non mi piace che le mie foto vadano in giro», obietto Dionigi.
« No problem», assicurò Masaki. «Tua faccia non riconoscere nessuno, no problem. Però tu fare piccola foto. Si? Okay?».
«E va bene, occhei, occhei», si arrese Dionigi.
«Molto bene. Bravo Dionigi. Posso usare citofono?», Al cenno di assenso chiamò al citofono il suo interno, parlò brevemente in tono di comando, evidentemente con la moglie, in giapponese. Dopo aver riattaccato disse a Dionigi. «Mia signora scende subito per piccola foto. Se tutto okay tu domani tre milioni. Arrivederci, Dionigi».
Se ne andò svelto, lasciando perplesso Dionigi. Che significava che 'sua faccia non riconoscere nessuno'? Forse la signora Joko lo avrebbe ripreso di spalle?
Dieci minuti dopo la vide uscire dall'ascensore Era in kimono e babbucce e reggeva un treppiede e una macchina fotografica. Sembrava finta, il volto era quello di una bambola di porcellana. Le aprì la porta della guardiola ma lei sorrise e negò col capo: «Tua casa, non qui. Possibile?». Invece di parlare sembrava che cinguettasse. Dionigi mise il solito cartello bene in vista e la fece entrare in casa. Lei si guardò intorno incuriosita. «In tua casa niente luce? Niente fiori?».
«Eh, signora, siamo a livello di marciapiede», spiegò Dionigi.
«Allora flash», decise lei, osservando l'ambiente. Piazzò il treppiede, vi mise sopra la macchina Polaroid e, sopra la macchina, posò un guanto di nero e una bustina.
«Tu in piedi, poco in qua... ancora... basta, così okay», diresse poi Dionigi mentre regolava l'altezza del cavalletto. A lui pareva che fosse troppo basso, comunque la fotografa era Joko Masaki, si arrangiasse. Lei applicò una lunga peretta che comandava lo scatto e andò a mettersi a fianco di Dionigì, controllò, pareva che tutto andasse bene. Con qualche stupore Dionigi osservò che adesso infilava il guanto di pizzo sulla mano destra, prendeva la misteriosa bustina...
«Ora giù i pantaloni, Dionigi». Lui ebbe un soprassalto, credette di aver capito male, la guardò come un allocco. «Io fotografa tuo organo maschile. Capito? Non tua faccia. Tuo organo».
«Oh cazzo!», si lasciò sfuggire Dionigi, esterrefatto.
«Ecco, tuo cazzo», approvò lei con un sorriso grazioso.
«Non tua faccia. Tuo cazzo. Per signora Liuko. Capito? Okay?».
Che diavolo! per capito aveva capito ma era imbarazzato, un po' in vergogna di fronte a quella giapponesina minuta. Ora capiva anche perché il marito aveva detto «no problem. Infine si disse che il suo cazzo era anonimo, mica ci aveva scritto il nome e cognome sopra, per tre milioni, poi.. Abbasso calzoni e slip e mostrò l'organo desiderato, per la verità spenzolante fra le cosce, Joko scatto una foto e annui, «Credo che è venuta bene. Aspettiamo soltanto. Attesero il necessario, lui sentendosi un cretino, fermo impalato con il cazzo esposto e la brache alle caviglie. Poi Joko estrasse la foto, annui contenta. «Okay. Ora su la testa, prego !».
Dionigi pensò che questa Joko era un po' strana ma rialzò la testa e sporse il mento, «No! Non tua testa, testa di cazzo!» disse lei.
«Oh, Ah! Eh, ma come faccio? Io.... »
« Io, non tu. Tu non toccare assolutamente me Okay?».
Gli si mise accanto con la peretta dello scatto nella sinistra e usò la mano inguantata per accarezzargli lieve il cazzo e le grosse palle. Immediatamente si videro gli effetti e Joko, mormorando compiaciuta qualcosa in giapponese, impugnò la verga e cominciò a menarla lentamente. In meno di dieci secondi si ritrovò nel piccolo pugno guantato di pizzo una
stanga dura come legno stagionato,
«Oooh! molto, moltissimo okay!» esclamò ammirata. «Tuo organo alto come Fusijama, duro come lui? Molto duro! Ora infila questo..».
Gli porgeva la bustina e Dionigi l'aprì e vide che si trattava di un preservativo, «Ma... io non so adoperarlo, non ne ho mai messo uno!» avverti disorientato.
«Facile. Metto io. Come al mio signor marito Fuijko Masaki. Io faccio sempre. Io metto a te», disse Joko. Gli si inginocchiò di fronte ed espertamente fece entrare il grosso cazzo nella guaina di lattice.
«Ecco, vedi? Ora io faccio godere te, tu godi tanto, più tanto possibile, vero?». Dionigi avrebbe avuto voglia di infilarle una mano sotto il kimono, di toccarla ma era stato avvertito di non farlo e si limitò ad osservare la piccola mano guantata di lei che gli sFlorava appena il cazzo, poi lo stringeva, che menava un po' lentamente e un po' svelta, poi rallentava, limitandosi quasi ad una carezza che scendeva sino ai testicoli gonfi. Insomma una sega cosi nessuna era mai stata capace di fargliela. Gli usci un lungo sospiro mentre si lasciava manipolare a quel modo. Il volto di lei era impenetrabile, la boccuccia a cuore non faceva una piega, gli occhi a mandorla osservavano il grosso palo di carne con attenzione e pareva piuttosto intenta ad un lavoro qualsiasi piuttosto che a una pratica voluttuosa. Se Dionigi avesse saputo che, in quel momento, Joko stava bagnandosi abbondantemente ne sarebbe stato sicuramente orgoglioso. Poiché non era in grado di saperlo si contentò di quella carezza che, ne era certo, lo avrebbe portato rapidamente all'orgasmo proprio per la sua singolarità. In confronto alla piccola mano guantata di pizzo il suo cazzo sembrava ancora più grande di quanto non fosse in realtà e Joko parve rendersene conto. Smise e raccomandò a Dionigi: «Tu resta fermo e duro così, vero?». Tolse la mano e premette lo scatto.
«Tu resta fermo, vero? Io prendo foto...».«Oooh! venuta moltissimo okay!», esclamò contenta dopo che ebbe estratto la fotografia. La pose sul tavolo e tornò ad impugnare il cazzo di Dionigi. «Ora tu godere molto, si?».
«Godrei di più se tu me lo prendessi in bocca!» si lasciò sfuggire Dionigi.
«Tuo organo in mia bocca, io succhio? No, non possíbile».
«Vuol dire che godrò un po' di meno, pazienza», sospirò lui.
«No, non possibile», ribatté Joko e lui credette di scorgere una nota di rimpianto nella vocetta da uccellino. «Forse se io prendo in bocca tu fai più seme? più... uhm... come si dice in italiano?».
«Sperma, sborra, sbroda...», sospirò Dionigi.
«Eh, si, farei molta più sborra se tu mi succhiassi il cazzo».
« Molta? Oh, peccato, no, non possibile! Tu godi con mia mano, forse... un poco.. così?». Mentre glielo menava diede una leccatina rapida alla verga e Dionigi maledisse i preservativi. Poi Joko si prese in bocca la cappella e, continuando a menare il cazzo, le diede una succhiatina, un'altra, un'altra ancora.
«Così tu fai più tanto sborro? si?». Dionigi aveva una gran voglia di chiavarsela, questa giapponesina di porcellana, di farla gridare, di farle smettere questa sua impassibilità. Ma aveva promesso di non toccarla.
«Oh, sì, molto di più!», sospirò. «Perché non lo facciamo senza il preservativo? Senza 'sto coso io godo tantissimo di più!».
«Oh, no!! Non possibile! Tuo sborro deve restar in condom, io fotografo quanto dentro condom!».
«E va bene, facciamo a modo tuo, signora Joko! Succhialo ancora, come prima! E fai anche con la mano! ». Lei annuì, tornò a prendersi in bocca il cazzo e, questa volta, ne imboccò quasi metà mentre la manina inguantata di pizzo riprendeva a menare. Sapeva succhiarlo e, contemporaneamente, lo slinguava, la troia di porcellana! Aveva abbandonato la peretta dello scatto e, con la mano sinistra, gli accarezzava le natiche, l'interno delle cosce...
«Aaaah! signora Joko! così mi fai godere!! guarda che sto per godere!! Succhia... succhia più forte!!». Lei capì più che le parole l'eccitazione del maschio e incavò le gote, succhiò aspirando con quanta energia le davano i polmoni e Dionigi venne con un grugnito da bestia, ansimando un piacere che non si sarebbe mai atteso così intenso. Venne e venne e Joko continuava a succhiare, lui ebbe all'improvviso la certezza che non era l'intenzione di suggergli sin l'ultima goccia di sperma ma che lei lo facesse con passione, che fosse intrigata e presa da ciò che gli stava prodigando. Joko si staccò soltanto quando lui pregò:
«Basta, signora Joko! basta, mi fai morire...». Allora lei allontanò la testa e Dionigi le vide gli occhi neri farsi opachi all'improvviso e come smorti , quasi sembrava che fosse stata lei ad avere l'orgasmo. Ora gli restava il cazzo ritto con quel ridicolo impermeabile che lo ricopriva e, sulla punta, il sacchetto ricolmo di sperma che non trovava spazio sufficiente e s'era fatto un palloncino. Joko guardo il cazzo, osservò il palloncino e, con un sospiro, mormorò:
«Ouanto!! Moltissimo okay! Signora Tobashi sarà contenta».
«E la signora Masaki no? Sei tu che mi hai fatto godere così tanto. Perché non proviamo senza?».
«Senza condom? No... non possibile... allora sarebbe grevissima inflazione».
«Gravissima infrazione», la corresse Dionigi. «E perché?».
«lo faccio interesse di mio signor marito Fuijko Masaki, così. Senza condom gravissima infrazione fedeltà. Ora togli condom, io fotografo quanto dentro, grazie».
«E buona notte!», sospirò Dionigi. Gli era rimasto un preservativo da buttare e una gran voglia, insieme alla sensazione agrodolce che le sue piccole fortune, in quel palazzo di via Lazzaretto, dipendessero non dalla sua gentilezza e dalla buona volontà ma dalle dimensioni del suo cazzo.
Era bene o male? Dionigi era un filosofo, sapeva che niente è tutto bene cosiccome niente è completamente male. Se la prese dunque con filosofia, ma, per tutto il pomeriggio, restò col cazzo in stato di preallarme. Se pensava alla manina di Joko Masaki si rizzava, se riusciva a non pensarci si riduceva allo stato di riposo. Ma ci pensò per tutto il pomeriggio. Come sarebbe stata questa signora Liuko Tobashi? Come la delicata Joko che lo aveva fatto impazzire la con quella sua manina guantata di pizzo, con quella sua boccuccia a cuore che a malapena riusciva a contenere la sua cappella? Cenò con due uova fritte e accese il vecchio televisore in dotazione all'alloggio. La vista di Pippo Baudo, finalmente, glielo fece ammosciare. In quello stato misericordioso segui tutto il programma e, alla fine, se ne ando a dormire ma non prima di essersi fatto due robuste dosi di whisky liscio che lo aiutassero a trovar sonno subito.
Si alzò, intronato, poco prima delle sette. Doccia barba e caffè alla napoletana lo rimisero in sesto.
Alle sette e mezzo scese Fuijko Masaki che si fermò alla guardiola, brevemente. «Molto okay, Dionigi. Signor Tobashi e signora Liuko molto contenti. Qui c'è busta per te. Poi viene Daddo con resto. Lui dice particolari».
Che cosa si fa, anche da parte giapponese, per compiacere i potenti! pensò Dionigi mentre Masaki usciva. Poi scese il Daddo, con gli altri due milioni. «Questa sarà una serata particolare, mi raccomando», avvertì. «Le ragazze andranno via a mezzanotte dopo aver presentato i modelli. Dopo che le avrai fatte uscire salirai. Ubbidirai in tutto e per tutto ai signori Tobashi. Non te ne pentirai, Dionigi. Non vogliono molto, in fondo, lui è soltanto un... un guardone, non parteciperà ecco qui due milioni, contanti, niente ricevute e niente tasse.

A mezzanotte in punto uscirono Winona Giorgia e Gigì, le ragazze baciarono tutte Dionigi mentre attendevano i taxi che lui aveva chiamato. Dopo aver controllato ancora una volta il proprio aspetto e aver aggiustato il nodo della cravatta scura usci dal suo alloggio e si avvio all'ascensore. I giapponesi erano arrivati alle dieci. Quattro uomini piccoli e magri e una donna insolitamente alta, vestita all'europea, elegantissima. Non aveva potuto giudicare della sua bellezza perché era nascosta dietro un paio di occhialoni scuri. Il corpo però, inguainato in un lungo abito da sera, gli era parso notevole. Al mezzanino venne ad aprirgli Daddo, a momenti, non lo riconosceva. Lo stilista indossava un kimono giapponese che aveva tutta l'aria d'essere autentico e s'era allungato col bistro l'orlo esterno degli occhi in modo da renderli a mandorla. In più indossava una parrucca nera con lo chignon attraversato da un'asticciola d'avorio.
«Carissimo Dionigi, entra in questa umile casa, s'inchino dopo avergli strizzato l'occhio, «Ti preserterò i miei potenti amici». Erano nel salonetto, tre vestiti di scuro, all'occidentale, in piedi accanto alla passarella rivestita di moquette. Seduti sulle poltroncine stavano la donna in kimono a babbucce, e colui che sicuramente era Tobashi, anch'egli in kimono.
"Ti presento al potente signor Tobashi», disse Daddo e Dionigi si inchinò il più che poté. «Ti presento alla potente signora Liuko, moglie del potente signor Tobashi». Dionigi fece un inchino più covinto. La signora Liuko, senza occhialoni, era indubbiamente attraente. Il suo incarnato candido era perfetto, gli occhi lucenti, i capelli nerissimi si gonfiavano intorno al capo culminando in un nodo circolare sulla sommità.
Daddo presento i signori Kony, Haroko, Meito», a Dionigi sembrarono tutti eguali. Kony e Haroko si inchinarono in silenzio, Meito fu una sorpresa Parlava un italiano perfetto.
«Lieto di conoscerla Dionigi. Permette che ci diamo del tu? Si? Grazie, questo faciliterà le cose. Ora, se vuole seguire me ed i miei colleghi nello spogliatoio».
Il potente Tobashi e la signora Liuko parevano due statue tanto erano estranei alla conversazione. Daddo fece strada sino agli spogliatoi, si ritirò con una strizzatina d'occhi.
«Due parole di spiegazione», esordi Meito che sembrava il più giovane. «Il mio collega Kony riprenderà la scena. Si tratta di rappresentare, sia pure rozzamente, un'antichissima storia giapponese. Un samurai e la moglie vengono aggrediti dai briganti che violentano la moglie sotto i suoi occhi. Legato, lui assiste impotente. Non ci sono risvolti psicologici. In pratica è tutto qui. I briganti recitano a soggetto, naturalmente, ma è vietato far realmente male alla signora Liuko, vietato spingersi oltre i di lei desideri, vietato spargere il seme maschile entro il suo corpo. Tutto chiaro, sin qui?».
«Abbastanza», borbottò Dionigi. «Ma come possiamo sapere se stiamo andando oltre i suoi desideri?»
«Lei lo dirà e io tradurrò per lei. Il signor Tobashi osserverà impotente ma potrà intervenire per dare ordini o suggerimenti e dovremo ubbidirgli. Bada a ciò che fai, Dionigi, non lasciarti trasportare dall'impeto perché la pagheremmo cara tutti. Okay?».
«Okay», sospirò Dionigi.

Erano vestiti, approssimativamente, come gli antichi briganti giapponesi: una casacca di ruvido cotone che arrivava alle anche, chiusa con una cintura della stessa stoffa, aperta sul petto e sul ventre a lasciare in mostra i genitali. Per il resto erano nudi, si vedevano i membri maschili. Dionigi aveva sentito dire, o forse letto da qualche parte, che gli orientali hanno un membro notevolmente più piccolo dei maschi occidentali ed era vero. Il suo cazzo era tre volte più grosso di quello dei suoi compagni.
«Ricorda, Dionigi», ammoni Meito mentre si avviarono al saloncino, «assolutamente non devi spargere il tuo seme dentro il corpo della potente signora Liuko. Non nella natura, non nella bocca. Spargerai il tuo seme fuori di lei, non dimenticartelo».
Dentro il saloncino, seduto a gambe incrociate ad un'estremità della passerella, stava Daddo, immobile che pareva una statua, le mani infilate nelle maniche larghe del kimono. Sotto la passerella Tobashi e Liuko, seduti stavolta su uno spesso tappeto, conversavano pianamente in giapponese. Nessuno dei due si volse all'ingresso dei «briganti». Kony si separò immediatamente dai compagni e raggiunse un punto della passerella dove aveva lasciato una macchina da ripresa televisiva ultimo modello. Dionigi, Haroko e Meito salirono anch'essi sulla passerella e, fingendo di spiare la coppia Tobashi-Liuko, si appiattirono carponi. In realtià, secondo le disposizioni di Meito, attendevano che Kony fosse pronto per la ripresa.
Al cenno dell'operatore i tre “briganti” balzarono giù, piombando sulla coppia che finse terrore. Haroko e Meito trasportarono Tobashi ai margini del tappeto e gli avvinsero i polsi con un cordoncino di seta, lungo però più di un metro. In quel modo Tobashi poteva avere un certo gioco di braccia. Nel frattempo Dionigi tratteneva Liuko che fingeva di dibattersi. Immobilizzato simbolicamente Tobashi i due, ghignando e saltellando, furono intorno a Liuko e Meito disse a Dionigi: «Rovesciala sul tappeto ma non andarle addosso. Ti mostrerò come si fa».
Dionigi ubbidì e Liuko si coperse il volto col dorso della mano. Sempre ghignando e pronunciando parole giapponesi che dovevano essere di minaccia oscena Meito e Haroko si accoccolarono accanto alla donna. Meito le allargò il kimono dalla vita in giù ma badando bene a che soltanto una gamba restasse scoperta sino all'inguine. Haroko fece altrettanto sul petto, scoprendo una mammella ferma e candida, una piccola mammella dal capezzolo appuntito. Immediatamente a Dionigi si rizzò il cazzo e quella superba erezione fu ripresa da Kony che vi indugiò con l'obiettivo. Poi Meiko comincio a leccare avidamente un piede di Liuko e risali con la lingua sulla gamba, sul ginocchio, sulla coscia, Una parte del cespuglietto nero di Liuko, che teneva le gambe semiaperte e la mano a celare il volto, fu leccata ingordamente. Allo stesso tempo Haroko leccava e succhiava il seno scoperto di Liuko.
Dionigi guardò dalla parte di Tobashi e vide il giapponese intento alla scena, le mani si movevano leggermente fra le ginocchia, forse era già in stato di erezione.
«Dionigi, strofina il tuo cazzo sul volto della signora!», ordinò Meiko e l'interpellato non si fece pregare. Dapprima strofinò il cazzo sulla mano di lei, poi la costrinse a toglierla dal volto e infilò il cazzo tra il volto di lei e la costrinse a comprimervi sopra la mano. Liuko fingeva di sottrarsi movendo la testa da una parte e dall'altra. In realtà, con la punta della lingua, stuzzicava il grosso tronco di carne.
Meito continuava a lececare la parte interna di una coscia e Haroko leccava il seno tutt'intorno all'areola scura. Dalla sua postazione Kony continuava a riprendere la scena, Daddo restava immobile come un bonzo immerso in meditazione, Tobashi continuava a solleticarsi il membro sopra il kimono. Un particolare sugli altri colpi Dionigi. Mentre Meito e Haroko, pur leccando lussuriosamente Liuko, avevano il pene ancora molle quello di Kony, che effettuava le riprese, era duro e gli rampava contro il ventre. Forse Haroko e Meito sentivano troppo la responsabilità di quella rappresentazione con la moglie del potente Tobashi. Lui, invece, non aveva inibizioni di sorta. Tuffò le mani nei capelli foltissimi di Liuko, e fu come immergerle in una massa di seta. Le costrinse fermo il volto e tentava di infilarle il cazzo in quella piccola bocca a cuore. Lei teneva le labbra ostinatamente chiuse. Forse era una regola, forse non era ancora il momento ma Dionigi non volle sentir ragioni di sorta. Spinse e forzò la chiostra dei dentini candidi, il cazzo entrò di prepotenza e, lungo com'era, sformò la guancia di Liuko. Un invasore prepotente ma gradito perché lei lo slinguò anche se con la mano ostentava di volerselo strappare via.
«Adesso il gioco è libero», disse Meito, «Gli unici divieti li conosci. Costringi pure la signora Liuko a fare il tuo piacere come meglio vorrai»,
Lui stesso non tenne più conto di quella che sino a quel momento era stata una coreografia obbligatoria e aprì del tutto il kimono, rivelando entrambe le cosce ed il ventre piatto di Liuko. Lei strinse subito le cosce, fingendo di resistere ma Meito gliele allargò a forza e vi insinuò il volto, cominciò a leccare il sesso della donna con avidità. Altrettanto fece Haroko, scoprendo completamente i seni, leccandoli e palpandoli ingordamente entrambi.
Tobashi grugni, gli brillavano gli occhi mentre infilava la mano dentro il kimono. Liuko mugolò sotto quel triplice assalto e Dionigi sentendo l'avida lingua di lei sulla cappella, ebbe un fremito e si chiese chi l’avrebbe chiavata per primo. Poi volle gustare lero modo la bocca di Liuko. Le sottrasse il membro e si chino a baciarla sulla bocca. Lei finse ripulsa se la coprì con la mano. Dionigi gliela tolse a forza e premette le labbra contro quelle di lei, piccole e carnose, le infilò la lingua in bocca e subito incontro quella di lei. Liuko non smetteva di agitarsi per quel poco che i tre uomini le consentivano. Adesso anche Meito e Haroko sembravano aver dimenticato che la loro preda era la moglie del potente Tobashi, anoi avevano dimenticato anche l'esistenza di Tobashi, i loro membri erano duri e pronti. In quanto a Liuko la sua lingua contro quella di Dionigi s'era fatta trenetica, dava piacere e ne riceveva, sicuramente era pronta per essere montata. Il primo a decidersi fu Meito che le andò sopra con un grugnito, un po' di fianco in modo che Kony potesse riprendere cazzo che penetrava. Liuko rispose al cazzo mordendo le labbra di Dionigi, una manina di lei scese a stringergli il membro, parve compiacersi di palparlo ma non le menò, lo tenne stretto forte. Adesso gemeva sulla bocca di Dionigi, lui le artigliò un piccolo seno lasciato incustodito da Haroko e cominciò a leccarle le guance e le labbra, la sentiva godersi il cazzo di Meito che la pompava con forza, sentiva nel palmo della mano la durezza del capezzolo, il turgore del seno che stringeva. Le leccò il collo e il piccolo orecchio roseo e lei si lamento forte. Tobashi urlò qualcosa, si mise a sbraitare in giapponese
«Mmmmh!t Tu puttana godi con questi banditi!! Tu sei puttana !! Ti ucciderò!», ansimò Meito, traducendo.
Anche Liuko gridò, come se la straziassero, in tono di invocasione.
«Chiedo perdono, non posso fare a meno di godere, io godo!» tradusse ansimando Meito e Dionigi
si accorse che godeva veramente, nel momento culminante del piacere gli strinse il cazzo ancora piú
forte, poi si rilasciò tutta, la pelle finissima fattasi improvvisamente rorida. Forse i cazzi dei giapponesi erano più piccoli di quelli degli occidentali ma, in quanto a funzionamento, niente da eccepire, penso Dionigi. Meito infatti continuava a pompare sempre allo stesso ritmo, sembrava una macchina per chiavare, instancabile. Dionigi cominciò a desiderare che godesse, lui fremeva di impazienza, voleva infilare il cazzo in quella fica lussuriosa, fotterla di brutto. Intanto si contentò di leccarle il collo all'attaccatura dei capelli e lei ebbe un lungo brivido, un lamento di protesta, non aveva bisogno di conoscere il giapponese per capire che si lamentava di non essere ancora pronta ma nessuno dei tre smetteva di leccarla, di succhiarla, di chiavarla.
Tobashi sbraitò ancora, gli occhi accesi quasi fuori dalle orbite.
«È una puttana e la punirà perché ha goduto con i banditi», tradusse ansimando Meito. Continuava a pompare e, insieme, palpava le bianche cosce della donna, gliele allargava, sembrava che per lui fosse un esercizio che compiva a beneficio della macchina da presa. Da parte sua Haroko aveva costretto la piccola mano di Liuko sul cazzo duro e la obbligava a menarglielo al ritmo che preferiva. Dionigi non trovò di meglio che strofinarle nuovamente il grosso membro contro le labbra e questa volta lei non finse neppure la ripulsa ma glielo prese subito in bocca e lo succhiò. Era evidente che stava riprendendosi. La sua mano sul cazzo di Haroko si mosse svelta e lui non ebbe più bisogno di costringerla. Il suo corpo cercava di andare incontro al pene duro di Meito che la trafiggeva, la sua lingua assaporò la cappella di Dionigi e lei riprese a mugolare appassionata con quel grosso cazzo in bocca. Ma, a riprova che neppure i giapponesi sono completamente macchine, a Meito sfuggì un grido roco e lui fece appena in tempo a scattare indietro, l'obiettivo di Kony riprese il momento in cui lo sperma zampillava dal suo cazzo bagnato e andava ad abbattersi sul bianco ventre di Liuko, sulle sue cosce e sui peletti neri della fica. Prima che lei avesse il tempo di protestare Haroko le si buttò tra le cosce aperte con un tale impeto che mandò Meito a gambe all'aria. Dionigi si attendeva di vederlo infilare il cazzo nel corpo di Liuko ma lui, incurante del fatto che il sesse della donna fosse stato appena abbandonate da un cazzo, si curvò a leccare avidamente, grugnendo come un verro in calore. Liuko gridò, si agito, spingendogli la fica contro la bocca e lui l'agguanto per le cosce e sembrava che volesse divorarla. In quanto a Dionigi si rassegnò ad attendere palpando piccoli seni turgidi di Liuko, posandole i coglioni sulla bocca per farseli leccare, infilandole la cappella fra le labbra, osservando stupito il saettare velocissimo della lingua di Haroko. Poi il giapponese rialzò la testa e si gettò addosso a Liuko già agitandosi prima ancora di averla penetrata, le agguantò i piccoli seni, come fu dentro di lei cominciò a muoversi svelto, sempre più svelto e succhiava un seno della donna mentre le palpava l'altro. Liuko gridò come se fosse in ansia, forse spronava il maschio, anzi tentò di allacciare le gambe ai fianchi di Harokoe quel suo gesto provocò furibonde grida da parte di Tobashi. Il potente signor Tobashi aveva finalmente scoperto il cazzo, una verga falcata dalla cappella ben larga e gonfia e se lo menava svelto.
«Ti punirò, puttana! perché ti piace farti violentare!», tradusse Meito e in quel momento Haroko gridò come se lo scannassero e Dionigi vide che aveva tirato fuori il cazzo ed anche lui se lo menava velocemente, grugnendo in affanno, Poi afferrò una mano di Liuko e lei ricevette nel palmo lo sperma abbondante, accarezzò la cappella ma era chiaro che protestava, che Haroko l'aveva lasciata a metà o forse proprio sul punto di godere. Ora toccava a lui.
Cosiccome Haroko aveva allontanato bruscamente Meito adesso lui spazzò via Haroko e ne prese posto tra le gambe aperte di Liuko ma non aveva alcuna intenzione di posar la lingua dove l'altro aveva infilato il cazzo. Non soltanto non gli andava di farlo ma aveva troppa urgenza di penetrare Liuko. Era chiaro che lei ne aveva voglia, non attendeva altro che il cazzo ma Meito avverti: « Entra con delicatezza, lei non ha mai avuto un cazzo cosi grosso bada a non farle male!».
Comprensivo e delicato per natura anche se adesso gli toccava far la parte del brigante stupratore Dionigi guido il cazzo nella folta nicchia nera di lei la cappella allargò le labbra della fica e a Liuko sfuggi un «aahh!» che poteva essere di ansia, di attesa, di voglia e di allarme insieme. Contemporaneamente Kony scese con la macchina da presa, si avvicinò, si mise in una tale posizione da poter riprendere ogni particolare. «Ooooh!! aaaah!!» si lamentò Liuko mentre Dionigi spingeva ancora un poco, eccitatissimo ma sorvegliando i propri movimenti. La cappella entrò del tutto e, questa volta, il lamento era chiaramente di piacere.
Tobashi sbraitò, sputava le parole giapponesi insieme alla saliva.
«Le dice parole innominabili», tradusse Meito ma Dionigi trascurò tranquillamente il potente signor Tobashi. Se ne infischiava di lui, del guardone che continuava a menarsi il cazzo mentre gli altri scopavano sua moglie. Se era entrata la cappella sarebbe entrato il resto e cosi fu. Lentamente ma inesorabilmente il grosso cazzo di Dionigi allargò la fica, strettissima per la verità, così stretta che a lui parve davvero di stuprare una bambina, entrò quasi del tutto. Liuko gridò come impazzita, certo si sentiva quel gran cazzo sino in gola ma Dionigi non si fermò finché i suoi peli non si confusero con quelli della donna che gridava.
«Dice di fotterla, di più!», esclamò Meito, eccitandosi anche lui. Dionigi sentiva la cappella contro la bocca dell'utero ma cominciò a pompare. Dapprima adagio, volendo rassicurare se stesso e la donna, poi sempre più forte quasi con violenza. Vide Liuko stralunare gli occhi nel piacere e allora l'abbrancò per il culo, cercò lo sfintere con un dito e lo sentì palpitare nello spasimo del piacere. Allora infilò dentro il dito e, mentre Liuko arrovesciava gli occhi sino a mostrare il bianco, la pompò con il cazzo e con il dito. Anche per lui fu una scossa indicibile e l'orgasmo arrivò fulmineo, dandogli appena il tempo di ritirarsi.
Kony, il cazzo sempre duro che doveva farlo spasimare, filmò gli interminabili getti di sperma denso che colpirono addirittura il volto di Liuko, le sue mammelle, il ventre, il triangolo nero della fica, persino le cosce e Dionigi, sospirando di piacere, spremette il resto sul candido corpo di lei che giaceva finalmente immota.
Con un ruggito Tobashi si liberò del cordoncino di seta che gli avvinceva i polsi, lo brandì come una frusta e si avventò sulla moglie. Esterrefatto Dionigi fece appena a tempo a scansarsi. Una pioggia di colpi sferzò il corpo di Liuko, arrossandoglielo. Forse quel cordoncino di seta non poteva far proprio male ma l'abilità con cui Tobashi lo maneggiava, unita ad un autentico furore, fecero gridare di dolore la povera Liuko, colpevole di aver goduto con i «briganti».
Dionigi stava pensando di agguantare il potente signore e dargli una buona scrollata quando Tobashi rivoltò la moglie bocconi, usò il cordone di seta per legarle i polsi dietro la schiena e quindi si chinò su di lei. Kony fu pronto a riprendere un primo piano del cazzo di Tobashi che sforzava brutalmente l'ano della moglie. Gridarono entrambi e fu tutto. Tobashi non si mosse, restò conficcato in lei per un poco e, quando infine si ritrasse con un gran sospiro, il suo pene era molle e dal piccolo buco posteriore di Liuko colava uno sperma maritale...
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