Racconti Erotici > Lui & Lei > Sesso in ufficio - Secondo capitolo
Lui & Lei

Sesso in ufficio - Secondo capitolo


di Giangi57
07.02.2020    |    6.348    |    0 7.0
"E tuttavia, sussultava ogni volta che lui le toccava capezzoli sensibilissimi..."
Sesso in ufficio – Secondo Capitolo

Marco per gli amici e per le ragazze era Leader e niente altro, il numero uno della banda dei motociclisti Crazy Bikers. Era un capo e come tale era rispettato In quel momento stava andando a trovare una donna. La conosceva da qualche settimana, aveva il doppio dei suoi anni ed era pronta a buttarsi nel fuoco per il suo giovane amante. Con lei che l'adorava, Leader si sentiva forte e provava un senso di onnipotenza. Nudo davanti allo specchio del bagno, il ragazzo si ammirò compiaciuto: neanche un filo di grasso sul suo corpo asciutto dalle spalle possenti e dalle cosce muscolose.
Si passò una mano tra i capelli folti e si carezzò il fallo. Era così eccitato di andare a trovare quella che lui chiamava la “vecchia" che il semplice contatto della mano glielo fece rizzare. Era proprio della sua verga che si sentiva più fiero, non ne aveva mai vista una più lunga. Con le dita, fece scorrere il prepuzio in su e in giù per qualche secondo e si ritrovò in piena erezione.
Si girò su se stesso, per guardarsi di profilo. Una grossa vena correva lungo quel fallo eretto al massimo, la punta che superava il punto dell'ombelico. Leader non dimenticava mai di esibirlo davanti ai componenti della sua banda, quando orinava. Era sicuro che qualcuno usciva complessato da quel confronto e questo lo esaltava ancora di più.
La signora che lo aspettava si stava, anche lei, preparando all'incontro. La signora si chiamava Marta e conosceva bene i gusti del suo amante. Lui voleva trovarla vestita da puttana e lei faceva sempre quello che lui desiderava. Un amante così giovane, cosi ben dotato e così vizioso, non si trova all'angolo di ogni strada e lei non voleva perderlo. Marta era una donna molto bella, di circa quarantacinque anni, ancora affamata di sesso. In verità, non pensava che a questo e non aveva mai avuto degli scrupoli nel soddisfare i suoi desideri erotici. Suo marito l'aveva lasciata per andare a stare con un'altra e lei ne aveva fatto una malattia tanto che l'amministrazione comunale, per la quale aveva lavorato per anni, l'aveva messa in congedo anticipato. La sua pensione, però, era modesta ma sua figlia, per pura fortuna, aveva trovato un lavoro di segretaria nel più importante studio notarile della città.
Sapeva bene che tipo di uomo era Leader. Lo aveva conosciuto un giorno che lui era passato a prendere sua figlia e da allora il giovanotto era venuto spesso a farle visita di nascosto. Ogni volta che si ricordava di quel primo incontro, riusciva a stento a non masturbarsi.
Leader era stato così odioso, l'aveva costretta a fare delle cose così vergognose che, per quanto la cosa potesse apparire contraddittoria, Marta si era innamorata pazzamente di lui.
Marta era la madre di Marina. Sapere che Leader andava a letto anche con sua figlia la eccitava moltissimo e, in più, la rassicurava sulla sua avvenenza. Leader era la medicina di Marta.
Quel pomeriggio, Marina era andata in ufficio e i due amanti avevano tutto il tempo necessario. Marta si infilò un paio di calze nere sulle lunghe cosce, un reggipetto ricamato dello stesso colore, a foggia on balconcino, che le lasciava scoperti i capezzoli. Secondo quanto Leader le aveva chiesto la sera prima, non sera lavata: il vizioso adorava sentire il suo forte odore di femmina e paragonarlo a quello della figlia così bionda e cosi diversa dalla madre che era scura sia di capelli che nel pube.
Marta udì il rumore inconfondibile della moto del suo amante. Nella sua vestaglia di seta, truccata pesantemente proprio come una puttana, andò ad aprire la porta di ingresso appena sentì suonare il campanello mentre, già eccitatissima, i suoi capezzoli si indurivano e la sua passera, dalle grandi labbra molli, si bagnava abbondantemente in anticipo.
Leader entrò senza rivolgerle neppure uno sguardo e, come se fosse a casa sua, si diresse verso il salotto per versarsi un sorso di scotch. Lei gli andò vicino, ma lui la respinse bruscamente e, aggrottando le sopracciglia,
“I soldi. Dove sono i soldi?”
“Nel solito posto, caro.” Questo faceva pari nel gioco dell'umiliazione. Marta si girò e si solevo la vestaglia per scoprire le natiche fonde. Lui le abbasso le mutandine denudando i due globi di carne rosa e le apri il solco dai peli ricciuti e scuri. Fra le natiche c'era un biglietto da cinquecento franchi. Leader lo prese e se lo portò al naso mentre Marta diventava rossa come un papavero.
“Puttana, questa banconota puzza. Non ti sei lavata brutta porca !”
“ma. Sei stato tu. !” le dette uno schiaffo. La donna non capiva più o meglio capiva anche troppo bene. Questo ritornello sarebbe stato il "tema" del pomeriggio. Si senti eccitatissima.
“Sei solo una gran porca, Marta. Levati la vestaglia e fammi vedere le tette.!”
Lentamente, le lacrime agli occhi, lei lasciò cadere la vestaglia per terra. Lui raccolse la cintura di seta e glie la mise sotto gli occhi chiedendole, nello stesso tempo, di arcuare la schiena per far sporgere i capezzoli già eretti dalle grande areole rosate.
“Troia! Puttana! Prendi questo!”
Cominciò a colpirla con la cintura il più forte possibile su i seni. Marta gemeva, anche se, in realtà, non provava dolore. La cintura era troppo leggera. E tuttavia, sussultava ogni volta che lui le toccava capezzoli sensibilissimi. Sotto la stoffa dei calzoni del giovanotto si poteva ora scorgere un rigonfio prepotente. La donna si immaginò quell'enorme fallo dentro la sua passera e rabbrividì di piacere.
“Andiamo, puttana!”
Leader l'afferrò per un braccio e la trascinò in bagno. Qui, le ordinò di fare pipì nel lavandino. Lei salì su uno sgabello e si accucciò sul lavabo, tremante. Le gambe spalancate, la passera con la clitoride eretta e ben in vista che emergeva dalle mutandine di seta con lo spacco sul davanti, la donna offriva uno spettacolo osceno. Si vergognava da morire, ma anche questo faceva parte del gioco. Dopo che ebbe finito di orinare, il giovane vizioso le ordinò di scendere e di seguirlo.
Quando però arrivarono nella camera della figlia, lei si fermò di botto.
“Stenditi sul letto, vecchia troia e levati le mutandine e il reggipetto.... tieni solo le calze.”
“No, Leader, qui no! È la stanza di Marina.”
“Appunto, ci divertiremo di più. Anzi, ho ancora un'altra idea. Aspetta un momento...”
Marta era paralizzata. Come avrebbe potuto farsi chiavare li, su quel letto, con la foto del suo ex marito in bella mostra sul comodino della figlia? Leader, intanto, era andato a frugare in un cassetto dell'armadio e aveva tirato fuori un paio di mutandine, un paio di mutandine di Marina!
“Infila queste e alla svelta!”
“Oh no! Non posso... Andiamo in salotto o in camera mia.”
Lui le si avvicinò con il volto irato e le mollò un ceffone ancora più forte del precedente. Piangendo, Marta tentò di infilarsi quelle mutandine di cotone bianco, ma Marina era molto più magra di lei e lo slip riuscì a coprire solo a metà le sue natiche grassocce.
Subito, Leader la spinse sul letto con la schiena e si mise in ginocchio fra le sue cosce aprendosi la patta dei pantaloni. Con un gesto brusco estrasse la verga eretta, enorme e con il glande già scoperto. Marta ebbe un brivido di aspettativa.
Succhiami il cazzo, puttana!”
Marta si drizzò sui gomiti. Nel movimento, le mutandine troppo piccole si lacerarono in parte. Leader si impossessò dei grossi seni della donna, godendo della vista dei peli del suo pube che superavano lo stretto elastico delle mutandine bianche.
“Non toccarmi con le mani e alza le braccia in alto!”
le ordinò implacabile. Lei ubbidì. L'odore della traspirazione che la donna emanava da sotto le ascelle lo erotizzò. Sempre più eccitato, il giovanotto guardava il volto pesantemente truccato dell'amante, le palpebre cariche di mascara, la bocca troppo rossa così come le sue gote. Marta si sporse in avanti e gli afferrò il pene eretto con le labbra inghiottendolo poi nella bocca. Subito, cominciò ad aspirarne il glande titillandolo, con la punta della lingua, sul meato dilatato. Quella verga era così lunga che non poteva infilarsene in gola più di metà. Respirava con il naso, a fatica, gli occhi chiusi, cercando di non guardare la foto della figlia e del marito, in bella mostra sul comodino. Leader le ordinò di aprire gli occhi - voleva, in questo modo, umiliarla ancora di più, e poi la spinse di nuovo con la schiena contro il materasso. Allargandole le cosce, ammirò quella passera schiacciata dal tessuto troppo stretto delle mutandine poi, dopo un istante, estrasse un coltello di tasca e, sotto gli occhi spaventati di Marta, afferrò la stoffa degli slip e la tranciò di netto. Sentendo il freddo della lama sulle grosse labbra della sua passera, la donna si lasciò sfuggire un grido.
“Oh... Leader. non farmi male!”
Lai rise, mentre le mutandine restarono aperte dalle natiche all'elastico, fin sotto il sotto il pube. Lei ubbidì piegando la schiena e spingendo in avanti la sua passera bagnata. Leader si masturbò il membro per qualche istante e poi avvicinò la bocca cominciando a leccare a gran colpi di lingua la passera della mamma di Marina. Malgrado la differenza di età e del colore dei riccioli del pube, il giovanotto ritrovava lo stesso gusto della vulva della figlia anche se molto più forte. Ormai arrapato al massimo, le strappò quello che restava degli slip e, dopo averle sollevato in alto le cosce, immerse la punta della lingua dentro l'ano dilatato. Il naso schiacciato contro la sua passera molle e bagnata, le narici infilate dentro le grandi labbra, la lecco a lungo inebriandosi di quei forti odori di femmina. Poi si sollevò per far mettere Marta in ginocchio, in faccia alla foto di Marina e del marito. Quando la penetrò dal dietro, con la sua enorme verga, la donna si lasciò sfuggire una specie dì rantolo gridando:
”Infilamelo bene. Mettimelo dentro tutto... Voglio sentire i tuoi coglioni battermi contro il culo...”
Invece di ubbidire, lui le aprì le natiche e le infilò un dito nell'ano girandolo e rigirandolo dentro quel foro plissettato mentre continuava a chiavarla con vigorosi colpi di reni in fondo alla vulva grassoccia.
“Dimmi che sei una puttana. Dillo, puttana!”
“Si. sono una puttana. Mi piace il tuo cazzo, mi piacciono le tue palle, e. e anche il tuo dito nel mio culo.. Il tuo è il più grosso cazzo che abbia mai visto...”
Ma non riusciva più a concentrarsi. Si stava facendo chiavare sul letto della figlia mentre questa la fissava dalla foto. L'enorme verga di Leader le distendeva completamente la vagina. Il suo ventre ribolliva.
“Voltati, puttana.”
Lei ubbidì subito e il suo giovane amante le alzò le cosce il più in alto possibile dicendole di restare immobile e poi le puntò l'uccello davanti al buco spalancato e palpitante del sedere. Oscenamente esposta, la donna cominciò a piagnucolare:
“Che fai? Sei pazzo! Ce l'hai troppo grosso! Mi spaccherai in due...”
“Non ti ho ancora inculata, ma c'è un inizio per ogni cosa.”
“Oh no! No!”
Sordo alle preghiere di Marta, il giovanotto spinse in avanti i fianchi e il glande si introdusse nell'ano. Lei lanciò un urlo di dolore e strinse i denti, incapace di trattenere le lacrime. Lui la teneva quasi sollevata dal letto, impalandola con la punta della sua verga grossa e dura.
“Ooohhh... Solo la punta...Prometti... Mi fa troppo male...”
Anche questa volta, Leader non stette ad ascoltarla ma spinse ancora di più infilandosi nei suoi intestini fino alla metà del fallo. Era molto stretto, là dentro, e il giovanotto capì che avrebbe eiaculato molto presto. Cominciò a muoversi lentamente in quel condotto che gli avvolgeva l'uccello come in una guaina di velluto umido. L'interno era caldo e lo sfintere si contraeva ad ogni affondo aumentando il suo godimento.
“Apri gli occhi, puttana e guarda la foto di tuo marito!” le gridò a un certo punto con un tono che non ammetteva replica.
“No! Mi vergogno troppo... E poi mi fai male!”
Lui la schiaffeggiò sulle natiche e poi le pizzicò i capezzoli.
“Sì... sì... ansimò lei... Guardo...”
“Adesso dimmi, come faceva l'amore con te?”
D'improvviso, la donna smise di sentire male, Altre sensazioni la invasero. La sua clitoride venne attraversata come da una piacevole scossa elettrica, Si senti terribilmente eccitata nel dover parlare del suo ex marito e anche al pensiero che sua figlia aveva, certamente, succhiato quell'uccello che la stava ora inculando.
“Mio marito... amava leccarmi la passera e anche che io lo leccassi... anche il buco del culo! Gli piaceva da morire... OHHH, Leader! Sto per godere... Sto per godere... Mettimelo dentro ancora di più... Spaccami il sedere!”
Leader la guardò godere sul suo cazzo, fiero della sua virilità, mentre anche lui si svuotava nel sedere della donna con spessi getti cremosi.
“Ti ho riempito il culo puttana, spero che tu sia contenta.”
“Ooohhh Oohsiiì..Sì.. Riempimi del tuo sperma!”
rispose Marta girandosi viziosamente a guardare quella grossa verga che, piantata in mezzo alle sue natiche, scivolava nel suo culo schizzandole dentro bordate di sperma.
Pizzicandosi da sola la punta dei capezzoli urlò quasi fuori di sé:
“Ancora... Ancora... Più forte...” Era la prima volta in vita sua che si faceva inculare e dal più grosso cazzo che avesse mai visto. Era pronta a tutto pur di non perdere questo formidabile stallone. Quasi nello stesso momento, Marina, sua figlia, si stava facendo inculare, lei pure per la prima volta, dal notaio Claudio Baroni, Anche Marina era pronta a tutto pur di non perdere il suo lavoro. La simmetria era perfetta.

Roberta Pardi, nata Crocetti, era la zia di Gerardo, il giovane ereditiero preda delle voglie di Luisa Baroni. Vedova da oltre quindici anni, Roberta gestiva, con fierezza, la pasticceria che il suo defunto marito le aveva lasciato in eredità e che era frequentata abitualmente dalle giovani studentesse dell'università e del liceo della cittadina.
In quel momento, la donna, che aveva appena festeggiato i suoi quarantacinque anni, aveva qualche problema. Suo nipote, rimasto orfano da poco, aveva deciso di vendere la casa di famiglia e sarebbe venuto ad abitare da lei per qualche tempo, in attesa di stabilirsi nella capitale dove aveva trovato un buon impiego. Roberta non aveva pianto troppo per la recente morte della sorella. In realtà non l'aveva mai amata: quando erano adolescenti, la madre di Jerome era quella che usciva sempre con i ragazzi più belli e che non aveva mai esitato a rubarle i corteggiatori per
puro capriccio.
Quel giorno, Roberta chiuse il negozio in anticipo. Aveva un gran fretta di rientrare a casa dove qualcuno o meglio qualcuna la stava aspettando. Dopo la morte del marito, aveva lasciato che la sua vera natura prendesse il sopravvento quanto alle scelte sessuali e adesso era con le persone del suo stesso sesso che amava andare a letto. La pasticceria l'aiutava a fare nuove conquiste, soprattutto con le giovani studentesse che la frequentavano.
Arrivando davanti all'ingresso di casa, la donna ebbe un delizioso brivido di anticipazione. Noemi, una ragazza di appena diciannove anni, l'aspettava timida e con gli occhi bassi. Per i suoi piaceri sessuali, Roberta cercava soltanto delle giovani donne, senza marito, prede facili da conquistare. Le giovani si piegavano più facilmente alla sua volontà. Sotto l'aspetto borghese e per bene, Roberta era, in realtà, un dominatrice che adorava umiliare le sue giovani vittime.
Fece entrare la ragazza in casa e le chiese di aspettarla seduta su una poltrona del salotto. Chiusasi poi nella sua camera da letto si denudò interamente. Aveva fatto ricoprire le pareti della stanza e il soffitto di specchi per potersi guardare mentre si masturbava nuda sul letto. L'immagine che essi le rimandavano era quella di una donna di media statura, quasi completamente priva di seno e con un pube folto e nero come una pelliccia di astrakan. Malgrado questa vegetazione, la sua vulva prominente e con una lunga fessura, restava perfettamente visibile come anche perfettamente visibile era la clitoride che sporgeva dal culmine della vulva e che il suo defunto marito non era mai riuscito a masturbare come lei avrebbe voluto. Delle anche robuste e grassocce, un sedere paffuto e un volto dalle labbra sottili e dal naso leggermente arcuato terminavano il quadro.
Roberta si vestì per accogliere la sua invitata, una ragazza dai capelli stopposi e dalle enormi mammelle. Un ciospo per i suoi compagni e le sue compagne ma una preda ideale per lei, che l'aveva conosciuta una sera nel suo negozio di pasticceria poco prima della chiusura.
Noemi compensava la propria solitudine mangiando dolci a tutto spiano. Roberta era abilissima nel riconoscere una ragazza frustrata e si accorgeva subito se qualcuno accettava il suo gioco. Gli "Oh, no signora!" di Noemi la prima volta che le aveva messo una mano dentro le mutandine per carezzarle la vulva, non significavano nulla. Bagnata com'era, doveva per forza essere una bella viziosa.
Roberta indossò un corpetto nero, dei polsini chiodati e un paio di alti gambali, anch'essi di cuoio nero. Vedendola arrivare così abbigliata, la ragazza abbassò gli occhi tormentando un fazzoletto con le dita dalle unghie laccate per l'occasione. Roberta versò un abbondante porzione di vodka in due bicchieri e gliene porse uno bevendo il suo tutto d'un fiato. Noemi l'imitò rischiando di soffocare.
“Alzati e seguimi,” ordinò subito dopo alla sua nuova vittima con tono che non ammetteva replica. La ragazza ubbidì immediatamente, le gote in fiamme e un tic nervoso che le deformava le labbra. Roberta la spinse nel lungo corridoio verso una stanza particolare della casa di cui, una volta entrate, chiuse immediatamente la pesante porta di legno che isolava ancora di più l'ambiente già insonorizzato.
“Spogliati, piccola viziosa.”
“Ho paura signora Roberta... Preferirei uscire di qui.”
“Ormai è troppo tardi. Sapevi quello che ti aspettava. Ti ho forse costretta a venire?”
La ragazza fece un cenno negativo con il capo e, fissando come affascinata i peli che uscivano in grossi mazzetti ricciuti da sotto il corpetto di Roberta, cominciò a spogliarsi.
“Mi vergogno... Non sono bella nuda...”
Tuttavia, continuò lentamente a farsi scivolare di dosso il vestito fin quando non se lo tolse del tutto.
Noemi era rossa di pelo. In mutandine e reggipetto, quel corpo dalla pelle lattiginosa costellata da piccole macchie rosate era, per Roberta, due volte eccitante.
“Via il reggipetto e subito!”
La ragazza mise a nudo i suoi seni pesanti dalle areole violacee. Non si rasava sotto le ascelle e l'odore della sua traspirazione colpi le narici della pasticciera che si eccitò ancora di più.
“Le mutandine, adesso!”
“Oh, preferirei aspettare un attimo.” Roberta perse la calma. Impugnata una frusta di lunghi lacci di cuoio, assestò un violento colpo alla poveretta proprio sui seni. Noemi urlo di dolore
“No, si fermi, non mi faccia male..! Me le tolgo subito!”
Le mutandine scivolarono lungo le cosce leggermente grasse. Il pube della ragazza era rosso e folto
“Girati su te stessa.
Noemi ubbidì. Le sue natiche tremavano un poco ad ogni suo movimento, delle natiche bianche, solo leggermente più scure vicino al solco anale dal quale sbucavano ciuffi di peli rossastri. Roberta le ordinò di sedersi su un alto sgabello posto in un angolo della stanza. La ragazza ci si arrampico sopra e subito Roberta le posò il manico della frusta sulle ginocchia domandandole di spalancare lentamente ma il più possibile le cosce. A Roberta piaceva gustarsi le cose con calma. Adesso, vedeva le grandi labbra di Noemi semiaperte che rivelavano le piccole labbra e la clitoride eretta. Arrossendo come un papavero la ragazza si lamentò:
“Sono. vergine.. Lei mi ha promesso…”
Senza darle ascolto, la donna appoggio il palmo della mano sul rosso pube della sua giovane conquista per scendere subito dopo più in basso, aprendosi la strada in quella fessura umida e palpitante in maniera poterci infilare dentro un dito.
“Oh no.. Sono vergine, signora Roberta!”
Man mano che il dito si introduceva dentro di lei, Cosce della ragazza tremavano sempre di piacere mentre un forte odore di traspirazione e di sesso emanava dal suo corpo sudato. Roberta ritrasse il dito dalla vagina umida e se lo portò alle narici mentre la ragazza si faceva di porpora per la vergogna.
“Benissimo” disse soddisfatta
“Adesso mettiti in ginocchio sullo sgabello” La ragazza ubbidì piena di vergogna. In quella nuova posizione mostrava completamente il suo culo dalle natiche bianchissime. Roberta glie le afferro con ambo le mani scoprendole l’ano, una visione perfetta che le diede un brivido di anticipazione. L'ano, dai bordi quasi rossi e orlato da una sottile peluria anch’essa rossa, come se tosse una creatura viva e più in basso, la fessura grassoccia della vulva colava come una fontana.
La ragazza era colta a puntino. Roberta le assestò uno schiaffo sonoro su quelle natice bianche: Noemi ebbe un sussulto mentre il segno delle cinque dita appariva sulla pelle lattiginosa.
“Perché mi picchia!?”
“Stai zitta, puttanella !”
Improvvisamente, una pioggia di colpi di frusta si abbatté sul sedere della ragazza facendolo tremare e sussultare. Roberta mirava il solco peloso e l'ano Noemi si lasciò sfuggire un peto mentre le lacrime le colavano abbondanti lungo le gote. Roberta smise di frustare la sua vittima e ammirò la sua opera. Le natiche erano diventate rosso fuoco. L'ano restava socchiuso. La ragazza piangeva dolcemente.
Per assicurarsi del piacere che era sicura di poterle dare, la pasticcera palpò a lungo le labbra del sesso di Noemi, fra le cosce. La ragazza si stara bagnando ancora di più di prima. Anche Roberta si sentiva colare sotto il corsetto. Raramente una giovane donna l'aveva eccitata fino a questo punto. Comunque, adesso era il momento di invertire la rotta, dopo il dolore il piacere.
Roberta infilò il volto fra le cosce della ragazza che si richiusero sulle sue gote stringendola con forza e lecco la vulva e l'ano della sua giovane conquista.
“Si, si, continui signora Roberta. Ma non mi faccia più male.”
La pasticciera si alzò in piedi e per tutta risposta le dette una manata sulla passera.
“Aaahhhh…”
“Padrona! Mi devi chiamare padrona! Hai capito! Voltati adesso..!”
wwww
Noemi spatancò gli occhi vedendo le due pinze di metallo che Roberta teneva in mano. La pasticcera impugnò uno dei due seni della ragazza e ne afferrò il capezzolo tra il pollice e l'indice per farlo indurire e sporgere ancora di più. Sentendo la dentatura di acciaio della pinza richiudersi su uno dei suoi capezzoli, Noemi lanciò un urlo acuto.
“Lei è pazza! Lei è pazza..!!”
Roberta la fece tacere con un manrovescio e, allora, piagnucolando, la ragazza si lasciò applicare anche la seconda pinza senza protestare ulteriormente, Il dolore le sembrava atroce.
Al settimo cielo dal godimento, Roberta contemplò il suo lavoro. Poi, soddisfatta, ordinò alla sua preda di distendersi sul pavimento e le legò le mani dietro la schiena.
“Adesso te ne starai qui tranquilla per un poco, a gustare la deliziosa sensazione di queste pinze. Prima, però, dovrai farmi un piccolo servizio.”
Roberta si fece scivolare una mano fra le cosce e si apri il cavallo del corpetto denudando la passera. Poi montò a cavalcioni del viso di Noemi che, timidamente, cominciò a leccare quel sesso molle e peloso.
“Oh, sì, puttanella... Succhiami la clitoride!”
Eccitatissima, la pasticcera si strusciò, a lungo, contro la bocca della sua giovane vittima. Alla fine si alzò e si diresse verso un angolo della stanza dove afferrò un fallo artificiale lungo e sottile. Vedendola tornare con quell'arnese in mano inginocchiarsi fra le sue cosce, Noemi ricominciò a piagnucolare:
“No, no” Ma era troppo tardi per lamentarsi. Roberta le aveva già allargato le chiappe e le stava infilando il fallo dentro l'ano che ne accettò la metà senza alcun sforzo.
“Mi va troppo in fondo, padrona.”
“Cosi non te ne potrai liberare, mia cara. Ora resta qui e a tra poco..”
Roberta usci chiudendosi la porta alle spalle. Quando fosse ritornata, la ragazza sarebbe stata pronta a tutto. Quel fallo infisso nel suo culo non era comunque che un piccolo assaggio di ciò che l'attendeva. Noemi non era certo la prima che veniva a farle visita per conoscere dei piaceri così particolari, e non sarebbe stata l'ultima. Quanto a lei stessa, ora avrebbe avuto bisogno di tutto il suo autocontrollo per pazientare il tempo necessario. Un buon pasto, già preparato in cucina, l'avrebbe aiutata ad ingannare l'attesa.
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore. Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Votazione dei Lettori: 7.0
Ti è piaciuto??? SI NO


Commenti per Sesso in ufficio - Secondo capitolo:

Altri Racconti Erotici in Lui & Lei:



Sex Extra


® Annunci69.it è un marchio registrato. Tutti i diritti sono riservati e vietate le riproduzioni senza esplicito consenso.

Condizioni del Servizio. | Privacy. | Regolamento della Community | Segnalazioni