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Prime Esperienze

Tre Figlie Di Mammà - Capitolo 5


di Giangi57
11.02.2024    |    92    |    0 6.0
"Non bisogna accusare mamma per questo, lo capisci, oggi ho vent’anni, sono libera, e faccio ancora tutti i giorni i lecchini a mamma, e ogni volta provo..."
Tre figlie di mammà (Trois Filles de Leur Mére)
Pierre Louÿs, (Gand, 10 dicembre 1870 – Parigi, 6 giugno 1925)
(Opera libera da diritti di autore, ai sensi dell’art. 25 della legge 22 aprile 1941, n. 633 “Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio”.
“Art. 25 - I diritti di utilizzazione economica dell'opera durano tutta la vita dell'autore e sino al termine del settantesimo anno solare dopo la sua morte.”)

AVVERTENZA ALLE LETTRICI

Questo piccolo libro non è un romanzo. È una storia vera nei minimi dettagli. Non ho cambiato nulla al ritratto della madre e delle sue tre figlie, alla loro età e alle vicende narrate.

Capitolo 5

Charlotte si appoggiò al letto coi gomiti, mi mise tra le mani il seno che mi piaceva tanto, e mi disse con la sua dolce voce: «Per quanto lontano mi spingano i miei ricordi, ho sempre visto inculare mamma. Lei era come me, faceva tutto. Di tanto in tanto trovava un uomo che preferiva farsi succhiare. Oppure rimediava una lesbica. Poiché aveva un petto più prosperoso del mio, ogni settimana, alla domenica, aveva un amico che la scopava tra le tette. La cosa mi divertiva, perché lui le schizzava sulla faccia. Tuttavia le capitava anche di chiavare, visto che ha avuto tre figlie. Ma questa era l’eccezione. Mamma era nota per farsi inculare. L’inculavano, in questo mamma è come me, lei non ha mai goduto in modo diverso, e neppure Ricette, e Lili diventerà come noi. Ma ci sono giorni, puoi ben immaginarlo, in cui una giovane puttana si fa inculare da sette o otto uomini senza che ce ne sia uno che la ecciti; e anche se ne trova uno, non capita spesso che ci sia da farsi inzuppare di sudore la camicia né da averne gli occhi cerchiati.
Dunque, quand’ero piccola, tutti i giorni (e almeno un paio di volte al giorno) mamma si scrollava sopra il letto e ogni volta allo stesso modo: appena uscito un signore, lei rimaneva tutta nuda, prendeva da un cassetto una candela di cui aveva fatto fondere un poco la punta, oppure un piccolo mattarello che faceva intiepidire, o magari il godemiché che aveva comprato per fottere le lesbiche, e prima di tutto se lo ficcava nel sedere.
Mamma non si è mai scrollata in mia presenza senza avere qualcosa nel culo. Poi si sdraiava nel letto e, con la punta del dito… Che vuoi? è così che le puttane godono.
Mamma mi ha sempre detto di avermi fatto poppare il suo sperma contemporaneamente al suo latte.
Quel che io ricordo è che durante la mia infanzia io la guardavo masturbarsi, e poi andavo a leccarla quando aveva finito, e più ce n’era più ero contenta. Mamma mi ha anche detto che avevo cinque anni quando l’ho leccata abbastanza bene da farla godere. Io non me ne ricordo, ma so che ero molto piccola.
Non bisogna accusare mamma per questo, lo capisci, oggi ho vent’anni, sono libera, e faccio ancora tutti i giorni i lecchini a mamma, e ogni volta provo lo stesso piacere quando lei gode, perché le voglio molto bene.
Naturalmente, ero ancora una bambina quando lei m’ha fatto gustare dello sperma d’uomo. Mi sembra di averne sempre bevuto. Lo leccavo su di lei quando ne aveva tra i peli o altrove. Mi ricordo di un vecchio signore che si faceva masturbare nella mia bocca; ma è passato tanto tempo… e sapevo già poppare il cazzo. È la prima cosa che ho imparato. Nella stessa mia strada abitava un’amichetta che era come Ricette, che non poteva succhiare un uomo senza vomitare.
E così io ero fiera perché a me non accadeva mai. A cinque o sei anni mi si faceva succhiar uomini che non avevano goduto da almeno quindici giorni. Sbavavo, avevo la bocca piena, ingoiavo di traverso; ma lo trovavo sempre buono.
A otto anni ho perduto la verginità posteriore. Mamma dice che è già troppo tardi e che avrei potuto farlo prima. Per prepararmi, mi ha masturbato per più di una settimana il culo col dito. E poi ci sono state due strane cerimonie. La prima davanti a un piccolo circolo di lesbiche che avevano fatto fare un godemiché speciale con il quale mamma mi ha inculata.
Impazzivano nel vedere una madre sverginare il culo della propria figlioletta, e lo spettacolo le aveva messe in uno stato tale che tutte hanno voluto incularsi l’un l’altra con dei grossi strumenti. Non dimenticherò mai quella scena. Una fanciulla che era stata condotta là da una signora e che nessuno, né uomo né donna, aveva mai inculata, è rimasta ferita in modo orribile, sfondata, spaccata, c’era sangue dappertutto. Ah! ti assicuro che se ne vedono di belle, nel mestiere di puttana, e che all’età di otto anni non ero più ingenua!
Qualche giorno dopo, seconda cerimonia. Presentata ancora come vergine, sono stata inculata davanti a un pubblico diverso da un ragazzetto della mia età che l’aveva ben duro. Poi mamma ha graduato così bene le mie esperienze che, senza troppo soffrire e senza incidenti, mi sono abituata ai più grossi arnesi. Non ho sanguinato.
Avevo il buco del culo fatto per quello.
E soprattutto… È davvero facile da capire.
Tutte le bambine vogliono fare come le loro mamme.
Le figlie delle attrici impazziscono di gioia quando a otto anni danno loro una parte. E le figlie delle puttane… quando hanno un uomo si credono… Mio caro, io non so esprimermi, ma vorrei soprattutto che tu non accusassi mamma per avermi venduta. Vedi come sono.
Non mi rotolo su di te come un’ossessa, non sono mai stata viziosa; però ti assicuro che a otto anni ero contenta di essere come la mamma. I giorni in cui mi faceva entrare nella sua camera, dove vedevo al suo fianco un signore tutto nudo, e bastava che io sollevassi la vestina per farglielo tirare, ero felice! ero fiera! Mi sarei fatta inculare dal buco fino alla bocca. Credimi, non ce più bel giocattolo, per una bambina, del cazzo».
Distolse gli occhi con un sospiro e il suo sguardo incontrò ciò che aveva dimenticato.
«Oh!» esclamò. «Ti tira?».
«Ma lei ha vent’anni, bambina mia».
«E credi tu che io non sia felice a fartelo tirare?» disse, gettandomi le braccia al collo. «Non rispondi nulla, vuoi che ti succhi?».
«Sì e no».
«Cosa vuoi dire? Io faccio tutto e non ho un briciolo di fantasia… Lili ci ha raccontato a cena quel che ha fatto con te. Vuoi quello? Ne sarò felice, e spero che anche tu lo sarai».
Me lo disse così gentilmente, e io stesso avevo allora così poca fantasia (cosa si può mai fare con una graziosa ragazza a cui non piace chiavare?) che le lasciai fare tutto ciò che volle.
Si rimise esattamente nella stessa posizione di prima. Se stessi scrivendo un romanzo, è ovvio che varierei le situazioni, ma qui racconto le cose esattamente come sono accadute.
In un caso simile (ed è davvero singolare) le donne invece di farsi apatiche diventano appassionate.
Charlotte fu più ardente e soprattutto più loquace, parlò senza sosta con una languida tenerezza oscena di cui non riesco a esprimere l’accento naturale.
Mentre si allungava contro di me voltandomi la schiena, le dissi mentre la baciavo: «Hai delle natiche belle come i tuoi seni».
Questa semplice frase mi valse un fiotto di parole: «Le mie natiche? Come devono esser rosate in questo momento! quanta voglia hanno che tu le inculi! Ma aspetta, aspetta, non entrare, abbiamo tutto il tempo.
Lascia che ti accarezzi l’uccello con le natiche che tanto ti piacciono.
Come sei carino a dirmi questo! E quel che amo di più, di tutto il mio povero corpo».
«Ma tu sei bella, Charlotte!».
«No, no, sono come le altre.
Soltanto… quando vedo altre ragazze nude e quando mi metto davanti allo specchio, credo… vorrei credere… che ho delle natiche graziose… E poiché tu mi hai chiesto prima di tutto la mia gattina, avevo tanta paura che il mio culo non ti piacesse».
«Perché non avrebbe dovuto piacermi?».
«Perché ho tanti peli dietro come davanti. Ho perfino una leggera peluria nera che mi copre la metà di ogni natica» mi rispose ridendo. «Ma, visto che ti piace, va tutto bene. E ti tira… ti tira come a un angelo».
«Se così si può dire».
«Ho una voglia pazza di scrollarmi quando sento che ti tira sotto il mio culo! Una voglia, ma una voglia! Eppure ho goduto quattro o cinque volte quest’oggi.
Non fa niente. Non ne tengo più il conto. Più mi masturbo, più mi rilasso. E quando sono calda come in questo momento, quando sento il grilletto che pulsa e il buco del culo che freme…».
«Ebbene, ormai ti conosco!» la interruppi. «E se ora ti dicessi: “Charlotte, non titillarti il grilletto né il buco del culo, sdraiati tranquilla e lasciami dormire”, mi risponderesti: “Se vuoi!”».
«Oh, se vuoi!» mi disse malinconica.
«E se, al contrario, ti dicessi: “Charlotte, è soltanto mezzanotte e venti; oggi sono venuto quattro volte; un giorno sono arrivato ad otto e voglio battere il mio primato con te. Ho tutti i vizi, tutte le passioni, le manie più strane; ma bisogna che tu mi faccia godere ancora cinque volte prima di lasciare il mio letto…”?».
«Oh! questo, finché lo vorrai!» disse con il suo dolce sorriso. «Vuoi provare? io non ho sonno».
Continuando a parlare… Ho già detto con quanta naturalezza s’inculava Charlotte. Ci eravamo uniti secondo il suo desiderio, e lei metteva tutta la sua grazia nel far sì che questo ripiego mi riuscisse piacevole.
Un bacio profondo ci fece tacere; poi, guardandomi da sopra la spalla con un lungo sorriso degli occhi, quasi materno, sebbene lei avesse la mia età, mi disse (ma con quale inflessione!), con la misericordia, con la pazienza, con la tenerezza che una professionista può avere verso un novizio.
«Hai dei vizi, mio caro? Hai delle manie? Dimmi tutto! sai bene che puoi chiedermi tutto. Non dici niente? ti vergogni? bisogna che sia io a…?».
Non dicevo nulla perché il mio unico vizio era quello di chiavare e disperavo di farglielo capire.
Charlotte, che era la miglior ragazza del mondo, fraintese il mio silenzio. Sempre cercando il mio sguardo con i suoi occhi obliqui che sembravano accordarmi in anticipo il perdono per le mie peggiori tirannie, mi disse tranquilla, senza abbassar la voce: «Cacami in bocca».
Oggi stento a capire come non mi sia infuriato nell’udire quella frase. L’inizio del racconto mi aveva senza dubbio preparato a tutto, persino a quell’imprevisto. E poi la sventurata era così bella, così dolce… Me l’aveva detto come per caso, come se fosse qualcosa di assolutamente naturale… E insistette, nonostante il mio stupore.
«Eh, via! se te lo propongo, non farti pregare. Con questo non voglio dirti che mi piace come a Lili…».
«A Lili piace?».
«Ma certo! Lili! cosa non le piace? A me piace una cosa soltanto, quello che tu mi fai…».
«E allora?».
«E allora sono abituata a tutto.
Non arrabbiarti; più tardi, sul far dell’alba, cacami in bocca, ti tirerà di nuovo».
«Charlotte!».
«E poi non so che cosa mi prende, il tuo cazzo mi mette il fuoco, mi fai venir voglia, voglio la tua merda come la tua sborra».
Disse queste ultime parole con un tono tale che non riconobbi più Charlotte. Lei, così languida, si fece tesa e aspra. La testa nascosta sotto un cuscino, godette senza avvertirmi allungando le gambe fino all’estremità del letto.
Rimase silenziosa per non più di un minuto, poi si ricordò prima di me di quel che era stato convenuto.
Sollevò il volto arrossato e mi disse, a conclusione della sua frase: «Nell’attesa, avrò la tua sborra in bocca».
Ancora sbigottito per quel che avevo appena udito, non mi stupii vedendo che Charlotte, come Lili, faceva passare con tutta semplicità l’organo virile del suo amante dal suo posteriore alla bocca. Anch’io mi stavo abituando a tutto; e se questa volta m’infuriai, fu per un altro motivo.
«Ah, no! non mi devi succhiare così!».
«Perché? Lo faccio male?».
«Non vuoi che ti si lecchi perché la cosa ti stanca, e poi succhi così i tuoi amici? Tu vuoi uccidermi».
«Oh, là là! che cosa diresti se fosse stata mamma a succhiarti…?
Ma come vuoi che faccia?».
«Apri i denti, stringi le labbra, lascia tranquilla la tua lingua e… ti guiderò io».
Così dicendo, le misi una mano tra i capelli, e allora, con la docilità del suo dolce carattere, rallentò e rimase immobile quando glielo ordinai.
Non appena si ritrovò al mio fianco, ancora più bella… poiché una giovane donna che ha appena offerto la bocca ritorna con il viso illuminato, le dissi: «Mia cara Charlotte, ripeti un po’ quel che sei».
«Una povera puttana, che questa notte non è infelice».
«Allora perché succhi come una signorina di buona famiglia?».
«Dici così perché ho bevuto?» disse ridendo. «Taci. Sono più contenta io d’aver bevuto il tuo sperma che tu d’esser stato succhiato».
«Un’altra frase da signorina.
Non soltanto succhi, ma parli anche come una signorina da marito».
«Dev’essere perché ne ho leccate tante» disse Charlotte con un sospiro. «Mi sono talmente bagnata le labbra col succo di vergini che tu mi trovi un’aria innocente».
«Ed è buffo, quel che dici. Ti credi stupida e puttana, e non lo sei per nulla».
«Ahimè!».
E riprese il suo racconto.
«Dunque, a otto anni facevo la puttana con mamma che ne aveva ventiquattro. La piccola Ricette era stata messa a balia, e più tardi andò in collegio. Eravamo sole, la mamma ed io.
La mamma non mi stancava. Mi teneva solo in esercizio. Un’inculata al giorno, come media. Se ne venivano di più, si diceva loro che ero uscita. Se rimanevo due giorni senza far nulla, m’inculava lei stessa con un godemiché perché non mi restringessi. Non la leccavo quasi mai. Mi rispondeva sempre: “Sei davvero gentile, piccola mia, ma preferisco scrollarmi”.
La leccavo, certo, quando aveva finito di godere, ma nient’altro.
A quell’epoca, avevo quattro abiti che indossavo secondo i casi. Il primo, una veste da bimba molto elegante con una larga cintura di seta. E poi una vestaglietta da bordello con falsature di trina. E poi un grembiule nero da scolaretta; quando lo indossavo mi pettinavo con le trecce. E infine un abito da maschietto che indossavo con una parrucca. E tutto ciò mi divertiva molto più delle inculate.
Mamma non mi lasciava mai sola con un uomo. Ogni volta che mi inculavano, era lei a tenermi le chiappe, era lei che m’infilava l’uccello nel culo, affinché non mi fosse fatto del male. Eppure quanti cazzi ho preso a quell’età! Gli uomini che inculano le ragazzine sono quelli con i membri più grossi, non è buffo? Però, grazie a mamma, non ho mai sparso sangue.
Nello stesso tempo imparavo ad aiutare mamma.
Quando la inculavano davanti a me, succhiavo i coglioni del suo amico oppure facevo… quel che fa ora Lili… è difficile da spiegare… ficcavo la mano nella fica di mamma e impugnavo il cazzo che lei aveva nel culo, stringendolo nella pelle che separa la fica dal culo, capisci? e così masturbavo l’uccello che l’inculava. Lili te lo farà domani, se vuoi.
Questa vita andava avanti ormai da un anno, quando mi accadde la cosa più straordinaria della mia vita. Eppure ne ho viste, in seguito! e ne ho da raccontartene, vedrai!
Ma questo è da non credersi, se non te lo giurassi…».
Charlotte alzò il braccio.
«Ti giuro sulla testa di mamma che è vero.
Avevo nove anni. Era in luglio.
Avevamo pranzato con un signore di cui ricordo bene il nome. Alle quattro eravamo tutti e tre nudi sopra il letto. Mamma era ubriaca, non le accade spesso. Ricordo che nel mettersi a letto mi disse: “Oh, la tua lingua! sono troppo ubriaca per scrollarmi!”. Mentre lo facevo, quel signore mi ha inculata e (forse era ubriaco come mamma) mi ha detto prima di godere: “Fai un figlio a tua madre col culo, cacale questa sborra nella fica”.
Non avrei mai voluto fare una cosa simile; però mamma aveva bevuto champagne, era infoiata, godeva, si è suonati in quei momenti. Figurati che ha detto di sì.
L’abbiamo sistemata col sedere sopra un cuscino, la fica spalancata.
Io avevo il culetto pieno di sborra, pensa un po’!
Mi sono accovacciata… ho fatto quello che lei mi diceva… e poiché non credeva affatto che si potesse fare un figlio in quel modo, sul bidè c’è andata solo due ore dopo.
Ebbene, avrebbe dovuto avere le sue cose due giorni dopo, non le ha avute, è rimasta incinta e incinta di quello, dal momento che non aveva chiavato da sei settimane. E sai chi è nata da questa storia? proprio Lili».
«Lei lo sa?».
«Ti credo che lo sa! L’ho avuta prima io nel culo che mamma nel ventre. Oggi ci sono un mucchio di figli che infilzano le loro madri e che gli fanno far pupi che sono al tempo stesso loro figli e fratelli; ma glieli pisciano dalla punta dell’uccello, così come i loro padri hanno fatto loro stessi, mentre io, Charlotte, io che non so far altro che quello che mi dicono, io che non ho una briciola di vizio né di fantasia, io che… l’hai appena visto, pur avendo dodici anni di pratica, hai dovuto tenermi la testa mentre ti succhiavo perché non so neppure misurare la nervosità d’un cazzo che ho nella bocca. Ebbene! la povera Charlotte che ti annoia raccontandoti tutta la sua storia ha fatto fare una figlia a sua madre, all’età di nove anni, e col culo! Ti sembra possibile che una cosa simile sia capitata proprio a me? E ti giuro sulla testa di mamma che è vero».
Dopo una pausa di silenzio, riprese: «La gravidanza di mamma non le fu di disturbo; al contrario, le permise di farsi chiavare per nove mesi, senza impedirle di farsi inculare come sempre.
Soprattutto durante gli ultimi due mesi, i suoi amanti abituali venivano a trovarla di continuo.
Certi uomini hanno bisogno di stranezze. Il ventre di mamma era diventato enorme. Questo formava un contrasto ancor maggiore con il mio piccolo corpo. Si poteva inculare a scelta, sopra lo stesso letto, una ragazzina ancora senza un pelo, oppure sua madre che ne aveva tantissimi e che era incinta di nove mesi. Non avrei mai creduto che ci fossero tanti uomini avidi di inculare una donna gravida.
Finalmente Lili venne al mondo.
Mamma si riprese abbastanza in fretta e noi ricominciammo con il mestiere il più presto possibile.
Allora avevo dieci anni. A quell’età, le ragazzine si abituano a certe cose più facilmente delle donne. Le ragazzine sono tutte un po’ sporcaccione.
Si danno appuntamenti d’amore nei cessi. Si fanno pipì sul ventre. Si cacciano un dito nel culo luna con l’altra, e si succhiano. Lo sai bene.
Pensando che in seguito avrebbe potuto servirmi, mamma ha incominciato a farmi giocare con un’amichetta che mi ha insegnato un sacco di porcherie. È buffo, se ci penso; ero puttana da due anni e quella bambinetta, te lo giuro, inventava delle sudicerie che agli uomini non avevo mai visto fare. È stata lei, dopo tutto, che mi ha scaltrita da quel punto di vista, e ciò che avevo iniziato con un’amichetta l’ho poi proseguito con gli uomini.
Mi vergogno a dirti queste cose, eppure… è tanto di quel tempo che non mi vergogno più a farle. Tu non sai che cos’è il mestiere di puttana.
Avevo dieci anni quando mamma ha accettato di far venire a letto con noi un banchiere a cui piaceva… sai che cosa? inculare mamma fino alle viscere, tirar fuori il cazzo e farmelo succhiare. Più il cazzo era merdoso e più provava piacere a ficcarmelo in bocca.
Mi ci sono abituata. E poi, quel che facevo con mamma l’ho fatto con un’altra donna, e poi… una ragazzina la si può addestrar presto per queste cose!
L’altra donna era una lesbica stupenda, di nome Lucette, a cui volevo molto bene, che dormiva spesso da noi e che con gli uomini lavorava solo col culo, come mamma e me. Quando mamma vide che per me andava bene, si mise d’accordo con lei, ed entrambe mi dissero che alla mia età era ormai tempo che imparassi a farmi cacare in bocca, la qual cosa non era più difficile di tutto quello che avevo già fatto, e che Lucette me l’avrebbe insegnata volentieri.
Oh! capisco quel che pensi… che era più facile per Lucette che per me… Ebbene, non è vero. Rifletti un istante: tu lo faresti? Ti conosco, ormai.
Immagina una povera ragazzina di dieci anni che non ha mai sperimentato una cosa simile.
Avresti forse il coraggio…? Io trovo che Lucette sia stata davvero gentile e premurosa.
E lei aveva compassione, poveretta. Ricordo che ogni volta, per non aver l’aria di umiliarmi, mi baciava sulla bocca, dopo. Povera Lucette!
Che vuoi? io faccio tutto ciò che mi dicono. Ho imparato anche questo che ti ho detto, come il resto.
D’altronde non devi credere che lo faccia tutti i giorni. Ma è molto utile saperlo fare, perché si fanno sempre cose che somigliano a questa. Un uomo che prende due lesbiche, che incula la prima e poi le fa cacare la sborra nella bocca dell’altra, è cosa comune… Stasera, a cena, Lili rideva come una pazza per averti scandalizzato quando si è estratta il tuo cazzo dal culo per succhiartelo.
Cosa vuoi che sia! Si vede ben altro, te l’assicuro, nel mestiere di puttana!».
Emise un profondo sospiro, non sul proprio passato, come si sarebbe potuto credere, ma sulla propria mancanza di eloquenza.
Inginocchiata nel mezzo del letto, seduta sui talloni e tenendo tra le mani i capelli corvini che si erano sciolti e le coprivano le cosce, disse con tono disperato: «Non mi so spiegare. Sono idiota come la luna».
«Ancora!».
«E poi… Credo che tu non sappia proprio cosa sia una puttana».
«Che cosa non so? Dimmelo.
Non aver fretta. Riflettici».
«Tu credi che a disgustarci siano le cose che si fanno; ti sbagli, sono gli uomini».
«Vedi che sai spiegarti».
«Prendiamo te, ad esempio, io non ho una cotta per te. Almeno spero di non averla, vedrò domani.
Però in fondo sono contenta, qui nel tuo letto, e… non ti sto facendo una dichiarazione… Cacami in bocca, se vuoi. Preferisco dieci volte far questo con te che succhiare il cazzo a certuni. Sai che cos’è accaduto a Ricette?».
«A Ricette?».
«Non te l’ha detto? Questa ragazzina è rimasta in collegio fino a tredici anni e mezzo. Ne è uscita con tutte le sue verginità e senza saper nulla di nulla al di fuori di ditalini e leccamenti: non le avevano insegnato altro in collegio.
Mamma l’ha fatta subito inculare, e abbiamo capito che quella ragazzina ci avrebbe superate tutte e tre. Una settimana dopo se la cavava meglio di me, si metteva a zampe all’aria nelle centotrentadue posizioni, faceva lo “schiaccianoci” bene quanto mamma e niente vaselina nel culo, nient’altro che una goccia di saliva sulla punta del dito. A quel punto, è ovvio, la si è fatta succhiare, e per sua sventura il primo uomo che le ha goduto in bocca è stato un vecchio che non si svuotava i coglioni da almeno tre mesi… Non puoi capire cosa si prova in un caso simile, è ovvio.
Bisogna esser puttana. La povera bimba ha vomitato tutto quello che aveva nello stomaco, e dopo non c’è stato più verso che imparasse a succhiare. Ogni volta che un uomo le sborra in bocca, lei vomita! E un vero peccato… una bambina così bella, così calda, così allegra quand’è nuda, una bambina che si masturba in tutti i modi, che non pensa che al cazzo e che si fa inculare meglio di me, lo posso ben dire».
«No».
«Perché dici di no? sai bene che è vero».
«Ti parlo semplicemente e sinceramente, come fai tu. Ti dico di no, perché ormai da una mezz’ora stai facendo tutto il possibile per farmi disgustare di te, e con mio grande stupore non ci sei ancora riuscita. Non fai che elogiare le altre e ingiuriare te stessa. Scusi e adori la madre che ti ha prostituita. Dopo dodici anni di mestiere e di tristezza, ti consideri inferiore alla sorellina che è agli esordi e che rifiuta un ricordo commosso e riconoscente per la “povera Lucette” che ha “acconsentito” a…».
«Taci!» mi disse piangendo.
«E tu che parli, se ti si credesse, tu saresti una stupida, un’idiota, una puttana all’ennesima potenza, una ragazza immonda che forse non è neppur degna di ricevere un bacio sulla bocca, perché…».
«No, non ne son degna!» disse lei scuotendo la testa e piangendo più forte.
«E invece vedo, a dispetto di quel che dici, una delle più belle ragazze che sia dato stringer tra le braccia, e sempre più bella via via che la si conosce: una creatura squisita che dall’età di otto anni ha sempre fatto all’amore per l’altrui piacere, che si sacrifica ogni giorno agli interessi di sua madre e ai capricci degli uomini e che si offre tutta, ogni notte, dal profondo del cuore, anche questa notte, a me, che lei non ama».
«A te che non amo?» disse.
«Che non amo?».
E gettandomi le braccia al collo, piangendo sulla mia spalla: «Lo vedi bene, son proprio una stupida, poiché non hai capito!».
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