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Prime Esperienze

Le mie calde allieve - Capitolo 2


di Giangi57
19.01.2020    |    8.874    |    1 9.9
"Misi a nudo il seno bianco dai capezzoli violacei e aguzzi..."
Le mie calde allieve - Capitolo 2

Dato che l'imprevisto è il condimento del quotidiano fu una terza seduttrice che per prima riuscì a soddisfare i miei desideri colpevoli. Non avrei immaginato che Samira fosse pronta a passare ai fatti. Da tanto tempo si accontentava di sguardi e di sospiri.
Brava negli sport sapeva di essere la mia preferita da quando imprudentemente le avevo lanciato qualche complimento. Era stato più forte di me.
Prima avevo fatto qualche allusione ai suoi denti stupendi, poi ai suoi capelli scuri e vaporosi e, infine, ai suoi occhi color marrone. L'avevo battezzata la mia musulmana"perché era proprio l'immagine delle donne dell'harem che sognavo. Lei era rimasta presa nel gioco e, sapendo di essere apprezzata, esagerava nel guardarmi languidamente, e io, di li a un po', ebbi la debolezza di risponderle mandandole da lontano qualche bacio furtivo.
La situazione non tardò molto ad avere degli sviluppi. Sotto i lunghi pullover che arrivavano a metà coscia intuivo le forme di Samira tenere e generose, come mi piacciono nelle donne. Già grassoccia ma ben fatta, portava in giro le sue rotondità con il fascino impertinente delle ragazze della sua età. Aveva la pelle morbida, natiche un po' abbondanti ma sode che rivelavano una grande femminilità.
Tuttavia il mio desiderio di era tenuto a freno da due ragioni diverse: da un lato l'educazione islamica che lei aveva ricevuto e che mi induceva a pensare intendesse restar vergine sino al matrimonio.
Dall'altro il suo comportamento nei miei confronti mi faceva temere che, dietro quella sua apparenza disinvolta, si celasse un animo molto romantico.
Alla vigilia delle vacanze di febbraio, un venerdì ultimo giorno di scuola, il preside aveva dato il permesso di finire le lezioni un'ora prima. Mi accingevo a chiudere la palestra quando tre ragazze mi si avvicinarono timidamente. Tre delle mie allieve più grandi, e tra queste Samira. Mi chiesero le racchette del badminton e se ne andarono a giocare mentre io ne approfittavo per aggiornare le schede per la valutazione del rendimento sportivo dei miei studenti. Nel giro di qualche minuto una presenza mi costrinse ad alzare gli occhi. Samira si era staccata dalle sue compagne. Le sorrisi e la invitai a sedersi vicino a me.
«Mi vorresti aiutare? Prendi la nota di registrazione dei tempi e dimmi quali sono i voti a lato di ogni prova!-.
Avvertivo vicinissimo il calore del suo corpo. La sentii sussurrare con voce un po' roca i risultati.
Sforzandomi di non commettere errori, non potevo lare a meno di provare una certa irritazione per la presenza delle altre due che facevano risuonare i colpi del volano nella grande sala vuota. Barbara e Silvia, le mie colleghe, se ne erano andate alle quattro.
Mi interruppi due o tre volte per guardarla. I suoi begli occhi castani si alzarono a fissarmi, mentre le sue labbra turgide accennavano a un fremito compiaciuto.
Ansanti e sudate, le altre due ragazze vennero a consegnarmi i volani, lanciando a Samira un'occhiata interrogativa.
Andate pure», disse senza esitazioni. «Vi raggiungo subito!».
La sua reazione mi sorprese. Le ragazze della sua età sviluppano un attaccamento molto profondo per l'amica del cuore e non se ne separano mai, ma quelle due, senza batter ciglio, lasciaronoi volani del badminton sul bordo della panchetta dove c'eravamo seduti e se ne andarono dopo avermi ringraziato.
Mi sentii invadere da una certa inquietudine. Finalmente la situazione che avevo tanto desiderato stava diventando realtà. Pronunciai gli ultimi risultati con un balbettio, poi arrivammo a conclusione del nostro lavoro. Presi le racchette per andare a riporle. Samira mi seguì. Nello spogliatoio l'atmosfera era più intima.
Gli attrezzi sportivi non ingombranti erano sistemati su grandi ripiani a muro e le magliette con i rispettivi numeri erano appese su file di porta-abiti. In fondo avevamo creato un «angolo insegnanti» di cui ci servivamo raramente e che, a sua volta, era invaso da palloni, racchette e cerchi. Samira si fermò nello stretto passaggio di divisione tra le due parti.
Quando tornai, invece di scansarsi, rimase immobile davanti a me, mordendosi il labbro inferiore senza mai togliermi gli occhi di dosso. Le posai le mani sulle spalle con fare piuttosto incerto. Sotto la morbida lana sentii le sue carni tenere e calde, Avvicinai il capo pensando di darle un bacio sulla punta del naso. Lei non si ritrasse e le nostre labbra finirono per incontrarsi. A dispetto di tutta la mia esperienza con le donne mi sembrava di sognare, come ai tempi in cui ero innamorato.
Quella monella riusci a riportarmi subito alla realtà, infilandomi la lingua infantile tra i denti e frugandomi l'interno della bocca avidamente. Mi resi subito conto che non era la prima volta che baciava. Stringendomela forte al petto ebbi modo di apprezzare quel lungo bacio languido e sensuale.
Lei mi aveva afferrato la nuca e mi restava incollata alle labbra come una sanguisuga, conficcandomi i canini nelle carni. Mi lasciai sprofondare nell'abbandono e presi a carezzarle il corpo dalle spalle alle reni, sfiorandole le natiche tonde e sode, stringendole i fianchi e risalendo sino ai capelli.
Lei, vorace, non mi dava un attimo di tregua.
Forse non voleva che io parlassi. Mi succhiava la lingua e poi le labbra, e il suo appetito non accennava a diminuire. Eccola li, la mia musulmana, la mia piccola adorabile Beur, travolta dalle pulsioni del sesso, pronta a offrirmisi, deliziosa!
Mi ricordai che alle diciassette dovevano arrivare gli allievi del corso di judo. Mi strappai delicatamente al suo abbraccio e mi avvicinai alla porta per chiuderla. Lei rimase assolutamente immobile. Fino a che punto aveva intenzione di spingersi?
Il mio sesso eretto gonfiava la tuta da ginnastica ma lo spettacolo di quel turgore non parve impressionarla più di tanto. La spinsi verso il fondo della stanza e, schiacciandola contro la parete, presi a palpeggiarla metodicamente dalla testa ai piedi.
Le labbra schiuse in un sorriso vizioso, lei si lasciò fare, ansimando. Infilai le mani senza difficoltà sotto il pullover e la maglietta e intrapresi un dolce viaggio sulla pelle morbida e vellutata. L'odore di sudore che saliva dal suo corpo a ogni mio gesto non faceva che aumentare la mia eccitazione. Avevo per le mani una gran bella femmina! Le mammelle erano calde. Le pizzicai i capezzoli inturgiditi ed ebbi l'impressione che le piacesse. Sorrise a denti serrati, quasi volesse incoraggiarmi a continuare. Il termosifone alla mia sinistra mandava un gran calore e a me parve che il corpo della giovane, o per il caldo o per le mie carezze quasi si sciogliesse. Le sue carni erano morbide e al contempo sode, appetitose e voluttuose. Sotto le ascelle umide intuivo la presenza di abbondante peluria e mi rammentai che le donne della sua razza erano più precoci delle europee. Avevo voglia di vederla tutta e le sollevai il pullover. Misi a nudo il seno bianco dai capezzoli violacei e aguzzi. Presi a succhiarli, prima l'uno poi l'altro, con avidità. Samira sembrava godere del dolore che la mia voracità le causava.
Poi cominciai a titillarglieli con le labbra, a tirarli e a mordicchiarli. Questa volta lei ruppe il silenzio e lanciò dei gridolini illanguiditi che erano quasi un lamento. Quando le punte furono arrossate, tornai alle sue labbra e gliele schiacciai con violenza. Con la mano destra ero sceso tra le cosce e ora le massaggiavo il pube sopra la tuta. Di nuovo emise gemiti che io soffocai con i baci. Le sue braccia mi restarono allacciate al collo e in quel momento mi resi conto che il semaforo era scattato al verde. Infilai abilmente la mano sotto l'elastico delle mutandine e cominciai a carezzarle il ventre tondo e setoso, per poi scendere sino al pube gonfio. Era molto ben dotata li, accogliente e calda. Mi offri la fenditura senza la minima reticenza. Ficcai le dita in quella umida grotta. Samira si era aperta e mi inondò la mano senza pudore. Turbato nel vederla così disponibile, mi misi in ginocchio e le abbassai i pantaloni della tuta a metà coscia. Un odore acre mi colpì le narici, un odore di sesso unito ad effluvi di sudore. Era a scuola sin dal mattino, aveva giocato a pallavolo per un'ora e adesso mi si offriva al naturale, senza profumi, senza deodoranti, senza essersi neppure fatta una doccia all'ultimo momento. Era fantastico! Le allargai leggermente le cosce e le affondai la lingua nelle grandi labbra spalancate.
L'interno della vagina era carnoso e la mucosa mi accolse generosamente. Presi a lapparla come un cane in fregola mentre lei gemeva e mi fissava. Il suo sorriso aveva ceduto il passo a un'espressione
di sofferenza, e tuttavia godeva della dolcezza delle mie carezze con la lingua.
La guardai in viso, al di sopra delle mammelle turgide ancora lucide della mia saliva. Lei mi aveva afferrato per i capelli e mi artigliava il cuoio capelluto.
«Gianni! Oh, Gianni! Io ti... oh, Gianni!».
La sua bella figa mi eccitava, le sue anche e le sue cosce erano quelle di una donna matura e così pure il suo odore. Mi rialzai, la ribaltai sul ripiano del tavolo che occupava un angolo del locale. Lei si sdraiò docilmente sulla schiena, i gomiti accosto al viso e le mani dietro la nuca. Si lasciò sfilare del tutto i pantaloni.
Le gambe ripiegate, lasciò che gliele divaricassi di nuovo. Mi chinai febbrilmente su quel triangolo scuro e ancora una volta respirai il suo forte afrore.
La rosea conchiglia era rorida di umori luccicanti. Le scostai delicatamente la corolla con la punta delle dita e le infilai la lingua nella fenditura. Era tutta calda. Samira cominciò a muovere lentamente il bacino, sospirando. La sua vagina si dischiuse sotto i miei baci e la mia lingua poté intraprendere un primo viaggio nelle calde intimità. Era bello divorarla, mangiarla in quel modo! Premetti il clitoride arrossato che andava schiudendosi in alto. Samira emise un gemito, accompagnato da un fremito. Le allacciai la parte superiore delle cosce, la strinsi in vita per poterla succhiare in quel punto intimo. Lei tentò di divincolarsi in preda a una forte eccitazione, poi si arrese con un grido soffocato.
I ragazzi del corso di judo erano arrivati e potevamo udire le voci degli istruttori che stavano disponendo i tatami sul pavimento, Avevo il pene duro come un sasso e mi doleva. Me lo massaggiai per trovare un po' di sollievo. Le mascelle e la lingua mi facevano male. Mi rialzai a guardare Samira che aveva il volto coperto dai capelli, ansimava e mi fissava, Manteneva l'oscena posizione nella qua le l'avevo messa. Mi scostai, sempre in piedi, accarezzandole con una mano il seno e con l'altra la vulva.
« Ti piace?».
Lei scosse il capo per dire di si.
« Girati!». Ruotò lentamente sul tavolo. Alla vista del suo culo, il mio desiderio si accentuò. Due belle chiappe morbide, tonde, grassottelle e bianche si dondolavano sotto i miei occhi mentre le gambe di quella troietta si agitavano nel vuoto.
Misi la mano su quelle cupole carnose. Com'erano morbide al tocco! Mi chinai su quei teneri frutti e li leccai tutti, dalla base delle reni inarcate alle pliche della parte alta delle cosce. Lentamente e impercettibilmente mi andavo avvicinando alla nera fenditura, ricoperta da una peluria bruna. Cominciai dall'alto e scesi lentamente.
Con i pollici scostai i glutei nel punto più carnoso e accostai il naso al buco del culo. Un odore forte mi invase le narici. Puntai la estremità della lingua verso quel buchetto e a Samira sfuggì uno stridio da topo.
« Allargati!». Lei obbedì subito.
La sua docilità mi eccitava. « Mettiti carponi!». L'aiutai, afferrandola per i fianchi. Mi offri la grotta scura senza protestare. Ora il cratere anale era totalmente a nudo: faceva pensare a una stella viola posta al centro di una cupoletta di carne più chiara e vellutata. La posizione che le feci prendere provocò l'apertura del diaframma intimo. Prima di assaggiarlo, assaporai con gli occhi quel pezzo di carne selvatica. Subito annusai come un cane. L'ano si dischiuse appena e vidi comparire degli umori luccicanti.
Ficcai dentro la lingua che penetrò senza difficoltà oltre lo sfintere. Assaporai I'amaro dell'interno del suo culo, le labbra schiacciate sulle chiappe, conficcai dentro il più possibile la lingua, con forza. Potei così avere un primo assaggio delle sue carni intime, dolci e calde. Ma Samira era ancora troppo stretta per consentirmi di placare le mie pulsioni.
Per far riposare la bocca indolenzita feci ricorso alle dita e con il medio penetrai, una seconda volta, quell'ano vergine. La viziosetta prese a gemere mollemente.
«Bruucia!». «Chiudi il becco, puttanella! Il tuo culo mi fa impazzire! È meglio che ti abitui subito... Hai appena cominciato a farti inculare!», Lei smise di protestare e, di li a pochi attimi, spingevo addirittura due dita in quel buco che mi si offriva. L'indice unito al pollice, mi consentirono di ficcarmi ancor più dentro. Giravo e rigiravo la mano esplorandole il retto. Lei si stava dilatando all'interno e sentivo anche che si era bagnata, un succo brillante mi stava colando sulla mano. Ero attanagliato dalla voglia di sodomizzarla, ma non riuscivo a frenare il movimento delle dita. Poi le estrassi e le ficcai di nuovo la lingua nel retto, prendendo a masturbarmi con la mano destra.
Fu questione di pochi secondi. Urlai il mio godimento con la bocca incollata al suo culo succulento. Samira si sollevò e mi si schiacciò addosso.
«Gianni, ti amo!», esclamò nascondendo il viso contro il mio petto.
L'abbracciai, provando per lei una tenerezza vera e profonda.
Non lo manifestai a parole, ma Samira, da quel momento, incendiò il mio corpo.
L'intenzione di asservirla alle mie brame cominciò a ossessionarmi. Non volevo pensare alle conseguenze del mio comportamento. Avevo troppa voglia di lei! Dovevo assolutamente penetrarla, incularla, era fatta per questo!
La settimana di vacanza mi parve interminabile nei giorni successivi non mi diedero l'opportunità di mettere in pratica il mio piano, Lei non aveva tempo, i suoi genitori l'aspettavano a un'ora prestabilita, il fratello minore la spiava, le compagne di scuola la accompagnavano spesso. Per parte mia non volevo che Silvia o Barbara si accorgessero delle mie manovre. In poche parole, la frustrazione cominciava a prendermi alla gola.
Quando, dopo tre o quattro giorni di astinenza, finivo per rivolgere alla mia allieva sguardi carichi di rimprovero, come quel ragazzino che ero tornato a essere, lei veniva a cercarmi, di nascosto, e mi concedeva dieci brevi minuti. Io la aspettavo al solito posto, non appena le aprivo la porta, Samira mi si avventava addosso e, lasciandomi appena il tempo di richiuderla, mi cacciava la lingua in bocca, Senza staccarla da me, la denudavo in fretta, le carezzavo febbrilmente il corpo caldo, per palpeggiarla con entrambe le mani davanti e dietro. Lei, invariabilmente, mi inondava le dita e il suo odore di femmina riempiva il piccolo locale. Finivo per ficcarle il medio nel culo e la masturbavo con violenza, mentre lei faceva andare la lingua senza sosta dentro la mia bocca. Si metteva a muovere il culo e, quando io mi ero bagnato fino al polso, se ne andava, mollandomi di colpo sull'orlo della follia!
Piantato al centro della stanza, sentendo ancora il suo odore di femmina, mi facevo rabbiosamente una sega.
Quella troietta mi aveva intrappolato! Ciò che nessuna donna era riuscita a ottenere in anni, lo aveva fatto lei con una facilità sconcertante. La pensavo mattina e sera. Rifiutavo gli inviti telefonici fatti dalle mie amiche perché avevo voglia solo di lei, della mia musulmana, della mia puttanella dal corpo vergine, dei suoi baci, del suo respiro, della sua pelle, del suo odore, dei suoi orifizi lubrificati e amari! La sua docilità perversa, il suo istinto vizioso di sottomissione mi erano diventati indispensabili. Lei era veramente riuscita nel suo intento!
Quel traffico andò avanti per un bel po'. Io finii per considerare la mia allieva come la mia unica vera donna. La febbre del vizio spazzò tra noi la differenza di età e di educazione.
Per qualche minuto la settimana sprofondavamo in un universo folle e delizioso ai margini della realtà.
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